L'errore di Sherrinford
Nota autore: Per prima cosa, salve a
tutte/i! ^^
Sono
tornata (per vostra fortuna o sfortuna) con il seguito di “The third brother”.
Prima di iniziare volevo di nuovo ringraziare chi ha commentato quella storia
perché, come ormai sapete, mi avete regalato delle parole bellissime, dei
pensieri e degli scambi di opinioni interessanti e stimolanti e perché avete
amato Sherry quanto se non più di me. ^^
Ed
ora, come al solito, una mia premessa biblica che siete liberi di ignorare.
Ho
deciso di continuare questa storia, a differenza dei miei racconti precedenti,
perché i tempi ed i cambiamenti dei personaggi, questa volta, sono stati lenti
e più fedeli a quelli della BBC (o almeno credo!). Per quanto io sia legata
alla mia prima ff ed a “Perché non provi Sherlock?”, entrambe hanno un finale
preciso che non vorrei travalicare perché il rischio dell’OOC sarebbe veramente
alto e non voglio rovinare un bel ricordo che quelle storie hanno lasciato in
me e nelle persone che le hanno seguite. La storia di Sherry, al contrario, è
stata meno “violenta” verso l’IC dei personaggi, soprattutto per quanto
riguarda Sherlock e Molly, ed ho ancora un margine per scrivere altro e
completare l’insoluto rimasto dopo la fine. Questo non elimina il fattore “ma
sei sicura? Guarda che sta venendo una schifezza? Ma dai, è irreale?
Vergognati!” che mi urla contro la mia anima critica/paranoica.
Al
termine di questo discorso prolisso e per certi versi illogico, cosa intendo
dire: spero che questa storia non sia una schifezza e che riesca a mantenere lo
stesso interesse/affetto della prima storia. ^^
Ma
ora, basta blaterare e, come al solito, a voi l’ardua sentenza! Mi raccomando,
criticate!
A
presto,
Anne
^^
Ps:
Per chi non avesse letto la storia precedente e non ne abbia voglia, la trama base
è: il terzo fratello nominato da Mycroft durante l’ultima puntata della terza
stagione, in realtà, è una donna di nome Sherrinford (anche se lei preferisce
esser chiamata Sherry) ed è mediana dei due Holmes. Ha passato gli ultimi 16
anni della sua vita in un ospedale psichiatrico, non perché sia realmente pazza
ma perché così facendo si è salvata dalla pena di morte. Del suo passato si sa
che si è innamorata e fidata di un uomo sbagliato e che per colpa di questo
fantomatico uomo è stata accusata di alto tradimento. E’ molto legata ad
entrambi i fratelli, anche se ha un affetto speciale per il “piccolo di casa”
ed è preoccupata dell’incapacità dei due Holmes di rapportarsi sentimentalmente
con gli altri. Alla fine di “The Third Brother” lascia in fretta e furia casa
Holmes, doveva aveva trascorso il natale insieme alla sua famiglia, ai Watson e
a Molly, per un non specificato problema…
L’errore di Sherrinford Holmes
Selrock Hommles
Molly Hooper era seduta da almeno un’ora in un angolo di quella
grande sala.
Era eccezionalmente truccata, eccezionalmente elegante ed
eccezionalmente triste. Le unghie laccate intente a strappare in pezzi
minuscoli un tovagliolo di carta rosso, le labbra, con ormai solo un’ombra del
rossetto che aveva messo, erano inespressive e gli occhi lanciavano sguardi al cellulare poggiato accanto a sé che
tuttavia non reagiva. Non si aspettava grandi cose ma almeno la risposta agli
auguri di buon anno, si.
Il telefono vibrò e lo sguardo della patologa si illuminò.
To Molly Hooper:
Buon anno cara.
Un abbraccio,
Mr & Mrs Holmes
Nonostante la delusione per il mittente differente dallo sperato, la
patologa accennò un sorriso ed iniziò a rispondere al messaggio.
Una donna, chiaramente alticcia, si buttò, più che sedersi, sulla
sedia di fianco alla sua. Molly le lanciò uno sguardo fugace prima di tornare a
dare attenzione al proprio telefono. L’altra si avvicinò maggiormente facendo
stridere le gambe della sedia sul pavimento di marmo. La patologa sospirò
pesantemente.
«Si, Meena*?»
La donna guardò prima l’amica e poi il telefono.
«E’ lui?» Il fiato alcolico non sfuggì alla patologa che inviò il
messaggio e la guardò con disapprovazione.
«Credo sia ora di andare!»
Meena si alzò con aria innervosita.
«No! E’ ancora presto e poi tu hai passato gran parte della serata
seduta qui senza interagire con nessuno.»
Molly mise il telefono nella borsa, e si alzò lentamente.
«Meena, io domani devo lavorare e anche tu.»
La donna sbuffò annoiata ma poi le si avvicinò con fare speranzoso.
«Ma, almeno, ti interessa qualcuno degli uomini che ti ho fatto
conoscere?»
Molly
sbatté le palpebre con fare dubbioso. In realtà le aveva presentato qualsiasi
tipologia di uomo single presente: cinquantenni depravati (“è un uomo stabile,
Molly!”), trentenni depressi (“sai, è un intellettuale…molto
introverso…affascinante, no?!”), avvocati sovraeccitati, con la cravatta e
l’abito a righe anche a capodanno (“Soldi, Molly!...Tanti, tantissimi
soldi!!”).
La patologa scosse amaramente la testa e spostò
la sedia incamminandosi verso l’uscita.
«Forza andiamo, io intanto chiamo un taxi.»
Non appena l’auto si fu accostata di fronte al
suo palazzo Molly scese rapidamente e stava per salutare l’amica quando
quest’ultima la seguì uscendo con decisamente poca eleganza dal taxi. La
patologa corrugò le sopracciglia.
«Che stai facendo? Abiti a tre isolati da qui.»
La donna rise traballando sui tacchi e poi le si
avvicinò con occhi sbarrati ed aria divertita. La voce che avrebbe dovuto
essere un sussurro per le sue orecchie alticce si propagò fino ad arrivare
all’autista.
«Lo sooooo. Pensavo di dormire da te. E’ che non
ho più soldi e non vorrei che quel grassone mi facesse problemi.»
L’uomo si voltò con aria irata in direzione
delle due donne. Molly lo guardò con un sorriso nervoso e imbarazzato e tacitò
l’amica.
«Va bene, va bene.»
La patologa pagò l’autista scusandosi ma tutto ciò che ebbe in cambio
fu un grugnito nervoso e il motore dell’auto che partiva rapidamente.
Molly Hooper alzò gli occhi a guardare il cielo nero. Da lì non si
vedeva neanche una stella.
Un tonfo sordo alle sue spalle la fece voltare di scatto. L’amica era
rovinosamente caduta a terra mentre tentava di salire i gradini che portavano
al portone.
La patologa espirò profondamente prima di correre in suo aiuto. Come
inizio dell’anno era a dir poco pessimo!
«Che stronzo!»
«Meena! Smettila di urlare o sveglierai tutti!»
«E’ capodanno, nessuno dorme a capodanno, tutti sono felici a
capodanno, tutti sono gentili a capodanno. Tutti tranne quel pomposo Selrock
Hommles!»
La patologa alzò gli occhi al cielo. Stava faticosamente aiutando
l’amica a salire le rampe di scale che portavano al suo appartamento e, a
quanto pare, la donna non aveva avuto idea migliore che affrontare la vita
sentimentale della patologa urlandola nelle tromba delle scale.
«Meena, si chiama Sherlock Holmes e ora, per favore, potresti
abbassare il volume della voce.»
La donna sbuffò sonoramente.
«Non mi importa come si chiama, so solo che è uno stronzo. Non ti ha
risposto per capodanno: è un segno rivelatore.»
La patologa si fermò un attimo prima di riprendere a salire le scale.
Un po’ per la fatica del sostenere l’amica un po’ per capire che cosa
intendesse dire.
«Segno rivelatore di cosa?»
Meena spalancò gli occhi come a sottolineare qualcosa di ovvio.
«Di stronzaggine, è evidente!» La patologa sorrise e riprese a salire
le scale. «Ammettilo Molly è così. Prima passi il natale a casa dei suoi
genitori, cioè capisci a casa dei suoi, e poi non ti risponde neanche…»
Molly si era bloccata. La voce dell’amica era diventata un sottofondo
lieve che ronzava nelle sue orecchie disattente.
C’erano delle gocce di sangue! Sugli scalini di fronte a loro c’erano
delle gocce di sangue.
Meena smise di parlare non appena percepì il disinteresse dell’amica
e ne seguì lo sguardo. Si sentì trascinare dalla patologa per i gradini che li
separavano dal pianerottolo.
Le gocce aumentavano sino a raggiungere una figura che dava loro le
spalle. Appoggiata con una spalla alla porta di casa sua, si voltò non appena
percepì lo sguardo delle due donne.
Molly sorrise istintivamente ma ben presto capì che qualcosa non
andava.
«Ciao Molly. Perdona l’invadenza ma non potevo che venire qui.»
Molly vide quell’ammasso di vestiti scuri iniziare ad accasciarsi
lentamente ed istintivamente le corse incontro urlando un preoccupatissimo
“Sherry!”.
Aveva sempre saputo che lavoro facesse Molly ed ormai si era
decisamente abituata all’idea ma un conto era la teoria ed un conto la pratica.
Certo, quella donna che Molly aveva fatto sdraiare sul tavolo di cucina non era
un cadavere ma non ci voleva un genio per capire che se avesse continuato a
sanguinare a quel modo lo sarebbe presto diventata.
«Meena, aiutami!»
La donna si riscosse alla voce perentoria dell’amica. Molly aveva un
tono perentorio, quindi? Non glielo aveva mai sentito usare.
Si avvicinò lentamente al tavolo osservando quella donna che vi era
distesa sopra a pancia in giù. Gli occhi chiari della Holmes si posarono su di
lei ed accennarono un sorriso.
La patologa rientrò nella stanza con tutto il necessario per la
medicazione e notò lo sguardo imbarazzato dell’amica.
«Meena, Sherry.»
«No, grazie»
Molly e Sherrinford si guardarono per poi guardare con aria
interrogativa la donna. Lei si strinse nelle spalle.
«Beh, cosa c’è?! Sono già abbastanza sbronza, se prendo pure uno
cherry stai pur certa che non ti sarò di alcun aiuto!»
Molly scoppio a ridere seguita dalla bella Holmes che tuttavia si
bloccò emettendo un suono basso. La patologa si ricompose immediatamente e
scoprì la ferita che la donna aveva precedentemente bendato.
Un taglio non particolarmente profondo ma netto e preciso le
deturpava parte della schiena. Meena si avvicinò osservando con vivo
raccapricciò la scena ed emettendo un sibilo basso per accompagnare il lento
scoprire della ferita.
La patologa guardò attentamente il tutto ed iniziò a disinfettare con
cura e delicatezza il taglio.
«Non è profonda ma deve comunque essere ricucita. Dobbiamo portarti
in ospedale.»
Sherry voltò la testa, le braccia incrociate sotto di essa.
«No Molly, non posso.» La patologa arcuò le sopracciglia con fare
interrogativo e la donna sospirò. «Diciamo che avendo “contrattato” la mia
uscita da tu sai dove, non sono proprio regolare, ecco.»
Meena guardò Molly con un’espressione sorpresa e confusa. Ma di che
stavano parlando?!
La patologa lanciò un’occhiata alla ferita e poi tornò a guardare la
sua paziente.
«Non ho l’anestetico.»
«Non preoccuparti. Ho un’alta soglia del dolore.»
«Non lavoro su persone vive da anni.»
«Hai sicuramente più esperienza di taglio e cucito tu che un
dottorino qualsiasi di pronto soccorso.»
Molly era ancora incerta.
«Chiamo John!»
Sherry la guardò con aria vagamente spaventata.
«No! Sherlock non deve sapere che sono qui e John non saprebbe tenere
il segreto.»
Meena aggrottò le sopracciglia: che ruolo aveva quello stronzo in
tutta quella storia?
«Pensi veramente che non lo chiamerò non appena avrò finito?»
Sherry la guardò con malizia.
«Quindi stai ammettendo che mi ricucirai, Dottoressa Hooper?»
La patologa la guardò con finto rimproverò e portò la sua attenzione
alla ferita.
«Meena, reggi il filo e tampona dove ti indico.»
La donna ingoiò sonoramente ma, presa un’espressione decisa, si
accostò completamente al tavolo per aiutare l’amica.
Molly stava per iniziare a lavorare quando si bloccò.
«Sei sicura che non vuoi nulla per il dolore? Magari qualcosa di
alcolico?»
La bella Holmes, che era tornata a guardare di fronte a sé, sorrise.
«Magari uno cherry.»
Meena guardò con aria interrogativa prima l’una e poi l’altra di
quelle due donne che ridevano senza che lei sapesse il perché.
Molly chiuse lentamente la porta della sua camera dove la Holmes
dormiva ormai serena. Meena uscì dal bagno, dove era andata per ripulirsi.La
patologa le fece segno di seguirla ed andarono in salotto.
Meena osservò l’amica estrarre il cellulare dalla borsa.
«Che stai facendo?» Molly non le prestò attenzione intenta a cercare
un numero nella rubrica ma l’amica le si avvicinò con aria minacciosa. «Non
dirmi che lo stai chiamando?! Quella donna ti ha chiesto di non farlo, era
terrorizzata solo all’idea che quell’uomo sapesse che fosse qui. Chissà che
cosa le ha fatto!»
La patologa sorrise e la guardò con aria divertita.
«Meena, Sherlock non le ha fatto proprio nulla.»
La donna mise le mani sui fianchi.
«E tu come fai a saperlo?» Molly sbatté le palpebre con fare
dubbioso. «Si, non puoi saperlo. Tu ne sei convinta solo perché stravedi per
quel tizio, nonostante il modo orribile in cui ti tratta. Magari è stato lui a
farle del male!»
La patologa scosse la testa.
«Non essere irrazionale. E’ solo che non vuole che lo venga a sapere
perché sa che lui le rimprovererà di essere venuta qui invece di andare in
ospedale.» L’altra fece per risponderle ma Molly alzò un dito per tacitarla ed
avvicinò l’apparecchio all’orecchio. «E comunque devo avvertirlo. Adesso sta
bene ma potrebbero esserci delle complicazioni.»
Meena strinse le labbra innervosita.
«Beh, se ci dovessero essere delle complicazioni tu sei un medico e lui
no!»
Molly sorrise.
«Si, ma io non sono suo fratello.»
La donna spalancò le labbra per la sorpresa e rimase con la medesima
espressione anche quando una leggermente incerta Molly iniziò a parlare.
Il rumore all’altro capo del telefono era confuso. Un insieme di voci
e suoni facevano da sottofondo alla voce di Sherlock Holmes.
«Si, Molly, auguri anche a te. Ora devo lasciarti, a quanto pare
qualcuno si è preso la briga di venire a svaligiare Baker Street.»
La patologa tentennò un attimo. Lui pensava che lei lo avesse
chiamato per redarguirlo della mancata risposta al suo messaggio?! Egocentrico!
Il pensiero fu subito rimpiazzato da un altro.
«Qualcuno è entrato in casa?»
L’uomo sbuffò sonoramente.
«A quanto pare qualche ora fa, si. Mrs Hudson ha ritenuto bene di
chiamare la polizia invece di informarmi ed ora Lestrade con tutti i suoi
esseri inutili sta ficcando il naso ne….ehi, tu! Mettilo subito giù: è del 600,
con il tuo quoziente intellettivo non saresti in grado neanche di toccarlo,
figurarsi leggerlo!»
Molly percepì la risposta nervosa dell’agente e la voce di Lestrade a
tentare di calmarlo. Poi il consulente investigativo si rivolse nuovamente a
lei.
«Devo andare!»
La patologa si riscosse.
«No Sherlock, aspetta!» Il silenzio dall’altra parte dell’apparecchio
le fece capire che lui, seppur controvoglia, era in attesa di ciò che lei
voleva dirgli. Se c’era una cosa che più o meno conosceva di quell’uomo, erano
i suoi silenzi. «Tua sorella è qui da me. E’ ferita.»
Una leggera incertezza e dei passi rapidi fecero capire alla patologa
che l’uomo si doveva essere allontanato dagli altri per prestarle maggiore
attenzione.
«Da quando? E’ grave?»
Molly sorrise di quella preoccupazione che Sherlock manifestava così
raramente.
«No, non è grave. Ha un taglio di una ventina di centimetri sulla parte
sinistra della schiena ma non è profondo e l’ho ricucito senza problemi.»
Riprese fiato e sentì lui fare la medesima cosa. «Sono rientrata un’ora fa e
l’ho trovata di fronte alla mia porta…»
Sherlock percepì l’insicurezza della donna e prese un tono più
gentile.
«Molly, che altro c’è?»
La patologa si morse il labbro.
«Mi aveva chiesto di non dirtelo.»
Sentì l’uomo ridere sommessamente per poi parlare con voce quasi
carezzevole.
«Non preoccuparti Molly, non potrebbe mai avercela con te per
questo.» La patologa espirò pesantemente. «Sarò lì fra 20 minuti.»
La donna si ricompose e schiarì la voce.
«Va bene».
Chiusero entrambi la conversazione senza salutarsi, non era necessario.
Molly sorrise osservando il proprio telefono ma lo sguardo di
rimprovero che percepì sulla propria nuca la riscosse dai suoi pensieri.
Meena la guardava con nervosismo e biasimo.
«Non posso crederci! Di là c’è una donna ferita, la tua cucina sembra
un mattatoio e tu, tu sei felice perché lui sta venendo qui. Non ho parole,
veramente!»
Le due donne si guardarono per qualche attimo prima di scoppiare a
ridere sommessamente.
Meena si sedette sul divano e Molly le si mise accanto. La prima
lanciò un paio d’occhiate alla seconda prima di parlare.
«E quindi…quella è sua sorella.»
«Già.»
«Più giovane, suppongo.»
Molly si morse un labbro e sorrise in direzione dell’amica.
«No, più grande di 5 anni.»
L’amica strabuzzò gli occhi.
«Che cosa?! Quella donna…» Molly annuì divertita e Meena arcuò un
sopracciglio. «Devo chiederle che crema viso usa!»
Scoppiarono a ridere nuovamente.
«E, come si chiama?»
Molly sorrise.
«Sherry.»
«Come il liquore?!»
«No, Sherry con la esse.»
Meena fece vagare lo sguardo per la stanza con fare sorpreso.
«Mi domando che problema avessero i loro genitori.»
Molly corrugò le sopracciglia.
«Che intendi dire?»
L’altra si strinse nelle spalle.
«Beh, un figlio l’hanno chiamato Sherlock, l’altra Sherry. Non sono
proprio dei nomi normali, ecco.»
La patologa sorrise passando le dita sullo schermo del telefono con
noncuranza.
«Beh, tecnicamente il suo nome completo è Sherrinford.» Meena corrugò
la fronte con aria disturbata. «Ma a lei non piace, le sembra poco femminile.»
La donna annuì con fare deciso.
«Assolutamente! Sherry è decisamente meglio.»
La patologa sorrise e poi le lanciò un ennesimo sguardo divertito.
«Se è per questo, il fratello maggiore si chiama Mycroft.»
La donna spalancò nuovamente gli occhi per poi appoggiarsi
pesantemente sullo schienale del divano.
«Ed io che pensavo che il mio nome fosse assurdo.»
Le due donne si ritrovarono a ridere ancora una volta. I tre fratelli
Holmes non avrebbero mai potuto pensare di poter essere così divertenti!
Quando il campanello suonò con tono alto e deciso, sussultarono
entrambe.
Molly corse al citofono per aprire il portone e poi tolse il
chiavistello e socchiuse la porta del suo appartamento. Sentì i passi di
Sherlock salire le scale rapidamente.
Perché si sentiva in ansia? Perché era così imbarazzata? Non era la
prima volta che veniva a casa sua, dopotutto.
Molly intravide prima i suoi capelli far capolino dalle scale e poi
tutta la sua figura. Lui accennò un sorriso nella sua direzione e lei fece la
medesima cosa. Beh, dopotutto, era un miglioramento rispetto al passato!
Entrò in casa e senza degnare d’attenzione l’amica della patologa,
che seduta a gambe accavallate sul divano lo guardava con astio, scrutò dalle
finestre il marciapiede e la strada sotto di loro.
«Dov’è?»
Molly si irrigidì un attimo per il tono basso dell’uomo.
«E’ in camera mia. Sta dormendo.»
L’uomo si voltò ed andò con passo sicuro verso la camera. Molly lo
stava seguendo con lo sguardo quando Meena la strattonò per un braccio, gli
occhi ridotti a due fessure e la voce pari ad un sussurro.
«Perché sa dov’è camera tua?»
Molly guardò prima lei e poi l’uomo che, senza alcuna esitazione,
apriva la porta della camera per poi richiuderla dietro le proprie spalle.
«Ma l’hai visto questo appartamento?! E’ piccolo, non ci vuole un genio
per…»
L’altra la bloccò guardandola con disapprovazione.
«Non provarci Molly! Sarà anche piccolo ma non così tanto da non
potersi sbagliare. Lui sapeva dove andare!» La patologa si liberò ed andò verso
la camera. La voce dell’amica, ancora un sussurro seppur leggermente più alto,
la raggiunse.
«Lui è già stato qui! E’ già stato qui e non mi hai detto niente!»
La patologa le lanciò uno sguardò per farla tacere e stava per
raggiungere la camera dove erano i due Holmes quando la porta si aprì ed una
traballante Sherry uscì seguita da uno Sherlock a dir poco irritato.
«Molly, perché lo hai chiamato?»
La patologa si sentì in colpa per via del tono supplichevole e triste
della donna e stava per scusarsi quando la voce dell’uomo la interruppe.
«Secondo te perché, Sherry?! Ti sembra una cosa normale tornare a
casa e trovarsi una moribonda alla porta?»
La donna si voltò e lanciò uno sguardo astioso al fratello.
«Ma senti da che pulpito! Io almeno non sono scappata da un
ospedale.»
L’uomo la ignorò e la superò per andare ad aprire la porta di casa.
Lo sguardo irrequieto e nervoso.
Sherry, nonostante l’implicito invito del fratello a sbrigarsi, si
fermò per salutare le due donne.
«Grazie Molly e scusami per il disturbo.»
La donna le sorrise scuotendo la testa.
«Nulla, piuttosto perdonami tu per…»
La patologa lanciò uno sguardo all’uomo e Sherry fece lo stesso, per
poi tornare a guardarla e a sorriderle con benevolenza.
L’uomo sospirò pesantemente.
«Guardate che io sono qui!»
La bella Holmes sbuffò divertita in direzione delle due donne per poi
voltarsi ed incamminarsi traballante oltre la porta.
Una volta arrivata alle scale, Sherry si bloccò e guardò il fratello
con l’aria di chi attende qualcosa. Lui le donò un sorriso falso, non intendeva
aiutarla.
Le altre due donne, ancora sulla porta di casa, guardavano la scena
preoccupate. Molly percepì la voce di Meena sussurrarle “hai visto che stronzo,
si?!”.
Sherry rese il suo volto una maschera seria e decisa ed iniziò a
scendere i gradini con incalcolabile lentezza.
Molly trattenne una risata quando vide l’uomo irrigidire la mascella per poi prendere la
sorella fra le braccia con aria palesemente irata. La donna, tuttavia, invece
di ringraziarlo gli sorrise malignamente.
«Mi sono dimenticata il cappotto!»
Lui stava per risponderle malamente quando la voce di Molly evitò la
lite.
«Ci penso io.»
«Non ci posso credere! Che ci fai qui?»
Mycorft Holmes, completo d’alta sartoria, ombrello fedele e postura
elegante le sorrise sarcasticamente.
«Si, Sherrinford è un piacere anche per me rivederti così presto!»
La donna lanciò un’occhiata al fratello minore che per tutta risposta
la mise a terra guardandola con aria disinteressata.
«Siete veramente incredibili voi due. Normalmente non vi sentireste
neanche per Natale ma se dovete allearvi contro di me fate a gara.»
Il maggiore degli Holmes le si avvicinò con aria cordiale.
«Ci preoccupiamo per te.»
La donna lo guardò con fare divertito.
«Si, certamente…e comunque no, non sta succedendo nulla che possa
interessare i tuoi protetti Mike.»
L’uomo si irrigidì al soprannome ma per tutta risposta aprì la
portiera della macchina nera per farla salire.
La Holmes si voltò verso le due donne che li avevano seguiti. Prese
il cappotto che Molly le porgeva con un sorriso, l’abbracciò, lanciò un finto
sguardo d’odio al fratello minore e salì.
Mycroft si voltò verso il fratello.
«Suppongo tu voglia tornare a Baker Street.»
Il detective incrociò le mani dietro la schiena e sorrise
sarcasticamente.
«Precisamente, divertiti a fare la tata.»
«Quanta simpatia!»
La voce di Sherry riecheggiò nella strada vuota.
Il maggiore degli Holmes strinse le labbra innervosito prima di
riprendere uno dei suoi sorrisi di circostanza.
«Vuoi un passaggio?»
Il detective gli rispose con la medesima espressione.
«No, ti ringrazio. Prenderò un taxi.»
Molly guardò prima l’uno e poi l’altro. Era ovvio che Mycroft volesse
coinvolgerlo in qualche modo in quello che stava succedendo ed era anche
altrettanto ovvio che Sherlock non ne avesse alcuna intenzione.
«Io invece un passaggio lo accetterei volentieri!»
La voce di Meena fece voltare tutti i presenti verso di lei. Molly
alzò un sopracciglio con fare dubbioso.
«Non volevi restare da me?»
La donna scosse le spalle ed arricciò le labbra per il ribrezzo.
«Non in quella casa, con tutto quel» mosse la mano come per
cancellare l’immagine dai suoi occhi «sangue.»
La patologa la guardò scuotendo la testa ma Mycroft si ricompose e le
sorrise con educazione.
«Credo non ci abbiano presentati Miss…?»
La donna sorrise porgendogli la mano.
«Meena!»
Molly trattene una risata per l’espressione quasi sconvolta dell’uomo
al non rispetto dell’etichetta da parte dell’amica.
Sherry si affacciò, sorrise e fece segno alla donna di salire.
Sherlock indietreggiò di qualche passo sino ad essere vicino alla
patologa e mentre lei salutava con un sorriso le due donne e Mycroft, lui
sorrideva con malizia al nervosismo palese del fratello maggiore.
Non appena la berlina fu partita, il detective si riavvicinò al
marciapiede guardando in entrambi i sensi di marcia alla ricerca di un taxi
senza, tuttavia, alcun successo. Prese il cellulare per chiamare la società
competente ma si bloccò quando vide la patologa allontanarsi con un sospiro dal
portone di casa e prendere anche essa il cellulare. La guardò con un sopracciglio
arcuato e fare interrogativo, lei sorrise, telefono all’orecchio.
«Le chiavi…sono a casa.»
Il detective comunicò l’indirizzo al centralinista ed attaccò
l’apparecchio avvicinandosi alla porta. Molly lo guardò con aria interrogativa
e premette il tasto rosso del telefono.
Lo vide guardarsi intorno con aria circospetta mentre estraeva un
astuccio nero dalla tasca del cappotto; poi si avvicinò alla porta e dopo
qualche tentativo fallito girò la maniglia ed il portone si aprì.
Molly guardò alternativamente la porta spalancata e l’uomo che
accennava un sorriso.
«Prego, dopo di te.»
Lei lo redarguì con uno sguardo.
«Avrei chiamato i pompieri.»
«Sono le 5 di mattina del primo dell’anno…»
Molly sorrise scuotendo leggermente la testa ed entrò. Si guardarono
per qualche attimo poi le distolse lo sguardo e lo riportò nuovamente su di
lui.
«Quanto devi aspettare?»
Sherlock alzò il bavero guardandosi in giro.
«Mezz’ora….assurdo!»
Molly accennò una risata.
«Sono le 5 del mattino del primo dell’anno….»
L’uomo arcuò semplicemente un sopracciglio con aria divertita.
«Sali per un caffè?»
Lui la scrutò con espressione leggermente sorpresa e lei non poté
evitare alla proprie guance di colorarsi. Come le era uscito? Era impazzita o
cosa?
Si guardò in giro imbarazzata.
«Cioè, dato che devi aspettare, si, insomma fa freddo, ecco.»
Lui accennò un sorriso mentre l’attenzione della patologa era altrove
e si avvicinò di un passo.
«Suppongo ti serva il mio aiuto per entrare in casa, non credi?!»
Lei sorrise e si incamminò su per le scale mentre Sherlock chiudeva
il portone dietro di sé e la seguiva.
Nota autore:
*Meena viene citata, come amica/confidente, nel “Blog di Molly
Hooper” appositamente creato dalla BBC successivamente alla serie. L’ho trovato
per caso e sinceramente mi sembra un po’ troppo ridicolo per ciò che riguarda
Molly o comunque per come si è evoluto il suo personaggio nelle serie
successive (da quello che ho potuto capire il blog fa riferimento solo alla
prima serie) ma ovviamente mi attengo ai fatti; del resto io ho creato una
sorella per Sherlock. ^^
So che per essere un primo capitolo è poco “appariscente” ma mi
rifarò con il prossimo…purtroppo.
L’aggiornamento temo non sarà costante ma cercherò di fare del mio
meglio.
A presto,
Anne ^^
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