Autore: Alexiel Mihawk
| alexiel_hamona
(LJ)
Titolo:
Caffé nero e semi di melograno
Fandom: Mitologia Greca
Personaggi: Ade, Thanatos,
Persefone, Ecate
(Hypnos, Radamante)
Genere: generale,
commedia, sentimentale
Rating: verde, sfw
Avvertimento:
one shot,
implied!Incest, modern!AU
Parole: 4243
Prompt: Mitologia,
Ade/Persefone, modern
AU, scappare di casa
Note: Prompt di kuma_cla,
nato da
un’iniziativa su LJ che si chiama FanFiction Meme. Funziona
così, io dò una
lista di fandom e il mondo mi lascia dei prompt su quei fandom/quelle
ship, in
modo che io possa poi scriverci. Trovate la mia lista qui
sul mio Livejournal,
se volete passare e lasciare dei prompt sentitevi liberi di farlo.
Ora,
come sempre le note tecniche.
Ho cercato di dare agli dei una caratterizzazione particolare, senza
lasciarmi
influenzare da altri fandom o dal luoghi comuni, sono contenta che mi
abbiate detto che sono IC, ma IC rispetto a cosa? Perché non
esiste un vero canone per la mitologia e credo di essermi permessa un
po' di uscire dai confini con questo capitolo (e ricordo che il fandom
è Mitologia Greca!).
Quindi sì, Ecate è molto
diversa da come ve l’aspettate, ha l’aspetto di una
ragazzina, ma non solo
quello, ha un pessimo gusto: guarda soap opere americane, si veste come
una
rockettara senza soldi e le piacciono il rosa e l’animalier.
Non solo questo
però, siccome mi piace molto il concetto di Ecate come dea
trimorfa ho deciso
di applicarlo qui, anche se per ora si vede solo un assaggio della dea
cambia
età, diventato più giovane. Siccome Ecate
è fanciulla, madre e anziana (wicca,
sì, e nel prossimo capitolo rinfaccerà la cosa a
chi di dovere) e ha influenza
sia sulla terra che sul cielo che sul mare, ho deciso di darle la
possibilità
di cambiare età; quando cambia la sua età
cambiano anche i suoi gusti e di
conseguenza l’intero mobilio delle sue stanze si trasforma.
Inoltre la dea si
incazza quando viene definita semplicemente dea dei crocevia,
perché lei dei
crocevia se ne sbatte, ma a quanto pare gli Olimpi si dimenticano
sempre
(apposta) che è la dea della magia e degli spettri e
soprattutto una divinità
psicopompa. A parte Ade con cui sono amiconi (sì, 100 Days
of Night, questa è
colpa tua). Per quanto riguarda altre cose tecniche: Ecate è
figlia di Perse e
Asteria che sono due titani; Selene ed Eos sono sorelle, figlie dei
titani
Theia e Iperione; Thanatos e Hypnos, la morte e il sonno, sono
fratelli, figli
di Nyx, la notte, ed Erebo, le tenebre; Eaco, Minosse e Radamante sono
i tre
giudici degli inferi. E credo avere finito.
Detto
ciò buona lettura e mi spiace
se ci sarà meno sarcasm!Ade e più dork!Ade, ma in
questo capitolo me lo sono
troppo immaginato alle prese con Persefone. In casa sua. Sotto lo
stesso tetto.
Ansia.
Caffè
nero e semi di melograno
Capitolo
secondo: in cui Ade rischia una crisi di nervi e Persefone scopre che
il mondo
dei morti è più vivo di quanto pensasse.
«Scusa,
dove ti lascio?»
«Cosa?
Da nessuna parte! Quella ha
orecchie dappertutto!»
«Mica
posso portarti con me negli
inferi!»
«Veramente
mi sembra un’idea
eccellente».
Ovviamente
non lo fu.
Al
contrario di quello che pensano
in molti, l’Averno non è un brutto luogo in cui
vivere. Il grande errore dei
mortali, così come di quasi tutti gli dei, è
confondere il regno dei morti con
il Tartaro, che non è che una piccola parte di un territorio
più vasto; certo
il Tartaro è uno schifo, sporco, buio, umido, affitti
carissimi e punizioni
atroci, ma il resto? Il resto è solo diverso dalla
superficie.
La
reggia di Ade sorge tra le
praterie degli Asfodeli e i Campi Elisi, si tratta di un enorme palazzo
in
ossidiana nera, illuminato da innumerevoli fiaccole celesti e verdi e
decorato
di pietre preziose; ampi giardini ed edifici di dimensioni
più basse lo
circondano, dando vita a una vera e propria città
sotterranea.
Persefone
non sapeva bene cosa
aspettarsi quando era entrata nella macchina di Ade, ma di una cosa ora
è certa:
non si aspettava quello.
Come
l’uomo in completo scuro scende
dalla vettura e le apre la portiera con fare gentile, la ragazza si
trova di
fronte un nugolo di facce curiose, perché “Ehi!
Il capo ha portato qualcuno a casa!”, e vorrebbe
avvicinarsi e vedere chi
abita in quel luogo, ma la sua attenzione viene catturata dalla Volvo
che si
trasforma lentamente in un carro trainato da cavalli neri.
«Ma
cosa!» esclama la ragazza
sorpresa andando a sbattere contro qualcuno.
«Fai
attenzione!» borbotta Thanatos
seccato, ci mette qualche secondo per metterla a fuoco e riconoscerla e
quando
lo fa inizia a indicarla boccheggiando e fissa Ade così a
lungo che il dio dei
morti è quasi tentato di prenderlo a schiaffi.
«Dentro.
Tutti e due» sibila tra i
denti imboccando l’ingresso del palazzo e dirigendosi a passo
spedito verso il
suo ufficio.
«Quindi
fammi capire» gli dice
Radamante dopo averlo raggiunto assieme ad Hypnos «Lei
è salita sulla tua
macchina, ti ha detto di partire e tu, come un povero fesso, le hai
dato
retta?»
Ade si
passa le mani sulle tempie,
il suo mal di testa sta aumentando esponenzialmente da quando la stanza
si è
riempita; annuisce e lancia uno sguardo di fuoco a Thanatos che gli
scoppia a
ridere in faccia.
«Senti,
capo, posto che avevo
ragione io e non è umana, non credi che sia stata una
scelta, come dire, del
cazzo, quella di portarla qui?» domanda il dio della morte,
senza lasciarsi
sfuggire la possibilità di rimarcare che lui glielo aveva
detto.
Radamante
agita una mano, come a
scacciare un insetto fastidioso e riprende il discorso da dove si
è interrotto.
«Ade,
non voglio mettere in dubbio
le tue decisioni, ma ti sei completamente bevuto il
cervello?» esclama il
giudice degli Inferi saltando in piedi «Hai idea di quali
ripercussioni dovremo
aspettarci da quella psicopatica di Demetra?»
«Beh»
interviene Hypnos per la prima
volta, cercando di non addormentarsi sulla poltrona, perché
a lui proprio
quella faccenda non interessa «Poteva andare
peggio».
«Ah,
sì? E in che modo, fratello?»
domanda Thanatos sarcastico.
«Immaginate
se al posto di Demetra
ci fosse stata Era».
Nessuno
osa discutere su questo
punto, perché i problemi di gestione della rabbia della
regina degli dei sono
cosa nota a tutti; che poi lei ci ha anche provato a darsi agli
ansiolitici, ma
non è che stiano funzionando benissimo.
«Beh,
lei vuole restare, quindi
resta. E tu» dice indicando Thanatos «Tu andrai a
procurarle del cibo in
superficie. Due volte al giorno».
«Cosa?
Perché io? Vacci tu!»
«Con
Demetra che mi cerca per farmi
fuori? Ho scritto beota in fronte,
per caso?»
«No,
hai scritto “pollo”»
risponde Radamante fissandolo
con scherno «E dove hai lasciato la fanciulla?».
«Con
Ecate, qui fuori».
«Fantastico»
borbotta Hypnos «Perché
non l’hai lasciata con mia madre già che
c’eri? Affidiamo pure la gente a Ecate,
tanto lei è così simpatica».
«Senza
contare che adesso tempo due
ore e tutto l’Ade saprà della sua presenza, quella
non sa stare zitta» borbotta
Thanatos a sua volta.
«Fuori.
Tutti. Adesso» esclama Ade
sull’orlo di una crisi di nervi.
Persefone
non ha mai visto nulla di
così imponente.
La casa
di sua madre a Efeso è un
semplice edificio di mattoni bruciati dal sole, con tegole rosse e muri
di
legno; gli appartamenti in cui ha vissuto girando per il mondo, senza
meta e
senza sosta, sono sempre stati piccoli e accoglienti, dipinti in colori
caldi e
decorati con fotografie e stoffe aranciate. Il palazzo di Ade
è su un altro
livello, è la casa di un re e per la prima volta nella sua
vita la giovane
prova un moto di ammirazione. L’ossidiana nera riflette la
luce e la cattura al
suo interno, rifrangendola in bagliori colorati che illuminano le alte
volte e
le stanze che sembrano non finire mai, è fredda al tatto, ma
Persefone ne
rimane ugualmente affascinata.
«Un
po’ troppo nero per i miei
gusti, ma quando ho provato a colorare le lanterne di rosa Ade mi ha
ignorata
per una settimana, per non parlare di quando abbiamo provato col rosso:
sembrava un film horror di pessimo gusto».
Una
ragazza con un corto caschetto
nero e una frangetta sfilata le si avvicina, indossa stretti pantaloni
di pelle
e una canotta rosa fin troppo larga; il rossetto sul suo viso
è rosso come il
sangue, e il trucco sugli occhi scuro e pesante, assomiglia a una di
quelle
persone che sua madre le ha sempre sconsigliato di frequentare e a
Persefone
piace immediatamente.
«Sono
Ecate» si presenta la mora «Tu
devi essere Kore».
La
giovane storce il naso e le
stringe la mano.
«Persefone,
preferisco Persefone».
Ecate
la studia per un momento
quindi annuisce: «Ti si addice di più».
La
prende sotto braccio e se la
trascina dietro attraverso un lungo corridoio, fino a giungere in un
piccolo
salotto con divani zebrati e mobili dai colori sgargianti.
«Vuoi
un tè, cara?» le domanda
mettendosi ad armeggiare con una credenza «È
importato, è puro tè del
Cachemire, non come quel pezzentone di Ade che si fa solo
caffè nero
annacquato. Comunque non devi preoccuparti, non succederà
niente se lo bevi,
anche l’acqua che uso è imbottigliata e proviene
dalla superficie».
Non sa
esattamente cosa potrebbe
succederle, perché non le sembra che il sottosuolo sia
così pericoloso come
glielo aveva descritto sua madre, quindi accetta volentieri e si siede
all’estremità di un divanetto.
«Tu
vivi qui?» domanda esitante.
«Sì,
non amo gli dei e sull’Olimpo
non mi vedono di buon occhio, nessuno apprezza i parenti anziani che ti
dicono
cosa fare e Zeus è sempre stato troppo arrogante per
accettare i suggerimenti. No, Ecate. Stai
zitta, Ecate. So come si
combatte un centimano, Ecate. Sparati! Biscottino?»
«Sì,
grazie, ma io credevo che fossi
una dea anche tu. Mia madre ti ha nominata qualche volta, sei la dea
dei
crocevia, non è così?»
La
ragazza scoppia a ridere e a
Persefone sembra proprio che ora sia più piccola di prima,
ma non si spiega
come sia possibile.
«Oh,
tesoro! Tua madre è una
stronza, non devi ascoltare tutto quello che dice».
Persefone
rimane a bocca aperta con
il biscotto ancora stretto tra le dita e la mano a mezz’aria,
non può credere
che l’abbia detto davvero.
«Oh,
scusa, ti sei offesa?»
«No,
no, è che non ho mai sentito
nessuno parlarne così; sono d’accordo, credo.
Cioè le voglio bene, ma per tutti
i Titani se sa essere irritante!»
«Visto?
In ogni caso non sono
propriamente una dea tesoro, e di sicuro non solo la dea dei crocevia,
quello è
venuto dopo. Rimango una degli ultimi discendenti dei Titani che
camminano
sulla terra» esclama lasciandosi cadere sul divano al suo
fianco e porgendole
una tazzina rosa shocking.
«Persino
tuo padre aveva rispetto
per me, certo prima di iniziare a provarci con qualsiasi cosa si
muovesse e
venire preso a pesci in faccia quando si è presentato alla
mia porta dicendo “Ehi, lo sai che
Era è in vacanza?”. Ehi,
lo sai che sei un vero bastardo?! Ma non siamo qui per parlare di me,
né di
quel porco di Zeus, dimmi un po’, carina, come ci sei finita
qui?»
Persefone
si torce nervosamente le
mani, perché vorrebbe dire la verità, ma non
vuole nemmeno mettere nei guai
Aidoneo. Può ancora chiamarlo Aidoneo? Perché ora
che sa che il suo nome è Ade
la cosa suona troppo strana. Senza contare che non dovrebbe essere il
capo lì
sotto, perché tutti sembrano fare quello che vogliono?
«Ecco
io –»
«Oh.
Mio. Dio! Non me lo dire, Ade
ti ha rapito! Oh, sapevo che prima o poi sarebbe successo! Non poteva
rimanere
single a vita!»
«No,
veramente no, cioè sono salita
a forza sulla sua macchina e l’ho costretto a
partire» la corregge Persefone
arrossendo leggermente.
«Tesoro,
nessuno costringe Ade a
fare niente. Una volta Thanatos ha provato a obbligarlo a uscire per un
doppio
appuntamento con Selene e Eos, si è ritrovato a ripulire la
barca di Caronte.
Con uno spazzolino da denti».
La
ragazza scoppia a ridere
divertita e in parte sollevata all’idea che, dopo tutto, Ade
è esattamente come
l’aveva immaginato in quei mesi che si sono incontrati al
bar, certo con in più
il fattore dio dell’oltretomba, ma quello è
secondario. O forse non lo è, ma di
sicuro a Persefone non dà fastidio.
Ecate
sta per lanciarsi di nuovo in
una serie di domande quando la porta del salottino si apre e ne entra
Ade in
persona con un’aria esasperata e la cravatta leggermente
allentata.
«Tu,
con me» borbotta indicando
Persefone «E tu, muta. Come un pesce, e– Oh, per
Urano! Ma le hai dato da
mangiare?»
«Rilassati,
Ciccio» e c’è un che di
comico nel vedere il re degli inferi chiamato ciccio
da una ragazzina che dimostra appena sedici anni «Tutta roba
di sopra. Non dirmi che non glielo hai ancora spiegato, sei un pessimo
ospite».
«Spiegato
cosa?» domanda la figlia
di Demetra.
Ade le
offre il braccio e, mentre
Ecate li saluta agitando una mano, la conduce verso la porta.
«Tutto
ciò che di commestibile è
prodotto in questa terra, l’oltretomba, è, come
dire, vincolante. Se mangi
qualcosa del mondo dei morti sei costretto a vivere nel mondo dei
morti, ne
diventi parte. È per questo che quelli di noi che vivono qui
difficilmente si
allontanano a lungo».
Persefone
annuisce, domandandosi
però se sia davvero un posto così brutto in cui
vivere, l’Averno. Lei si
immaginava un antro buio e freddo, ma lì di buio
c’è solo in cielo, e non è
nemmeno sicura che sia un cielo vero, anche se la volta si eleva per
chilometri
sopra il suo capo ed è costellato di luci verdi e bianche e
rosa che le
ricordano le stelle.
«Aidon-,
no, zio, posso chiederti –»
Il dio
dei morti si blocca
all’improvviso e la interrompe con una smorfia di disgusto
stampata in viso.
«Ti
prego, chiamami Ade. Sentirmi
chiamare zio è imbarazzante e mi irrita».
Scopre
di essere d’accordo e scopre
di non voler pensare alle strane relazioni di parentela della loro
disfunzionale famiglia divina.
Mentre
l’accompagna per le strade di
quella città sotterranea Ade gliene racconta le origini e le
parla a lungo
della struttura dell’Averno; la conduce lungo le praterie
degli Asfodeli, dove
anime in pena camminano senza sosta su campi fioriti. Le indica le
porte dei
campi Elisi dove riposano le anime dei giusti e degli eroi e la porta a
vedere
i fiumi degli inferi, che imponenti e vorticanti scorrono in un
tripudio di
fiamme, ghiaccio e grida.
Persefone
è affascinata da quello
spettacolo, ma anche intimorita. Vede per la prima volta dinnanzi ai
suoi occhi
la potenza della morte, e scopre che la sua mente è
attraversata da pensieri
che non l’hanno mai sfiorata prima: quel luogo è
vivo e in costante movimento e
i suoi abitanti sono gentili e caldi. Per una dea della primavera come
lei la
morte è sempre stata sinonimo di annullamento, di oblio, non
ha mai pensato che
potesse esserci qualcos’altro dopo, non ha mai pensato che
l’Ade potesse essere
abitato da persone in carne ed ossa, da qualcuno che non vuole
lasciarlo e,
intimamente, scopre di apprezzarlo. Scopre che quel paesaggio freddo,
in cui
aleggia una vaga nebbia biancastra e in cui si muovono le anime dei
morti,
riflette molto della personalità del suo sovrano, basta
guardare oltre la
superficie per scoprire particolari che a prima vista sfuggono.
Ade
veste Armani, ma se potesse
tornerebbe al chitone; Ade è sempre serio, ma cerca in ogni
modo di strapparle
un sorriso con il suo sarcasmo pungente; Ade è freddo come
il ghiaccio e
respinge chiunque cerchi di avvicinarsi, ma in quei tre mesi che
è venuto a
trovarla al caffè è sempre stato gentile e ha
sempre avuto un sorriso per lei.
Persefone ha imparato a non fermarsi alla prima occhiata e non ha
intenzione di
farlo nemmeno con l’Averno che, a modo suo, la sta stregando
più di quanto credesse
possibile, nonostante non ci siano fiori colorati, né alberi
in fiore, né
grano, né frutti.
«Capo».
«Capo».
«Che
palle, Ade! Mi stai ascoltando,
si o no?» domanda Thanatos scocciato.
Sperava
che ora che Persefone si
trova lì, la concentrazione del dio dei morti sarebbe
migliorata, ovviamente la
sua era una pia illusione, perché ora Ade è
ancora più distratto di prima. Non
riesce a pensare ad altro che alla giovane dea che cammina lungo i
corridoi,
che dorme sotto il suo stesso tetto, che mangia alla sua tavola;
ripensa a come
si è presentata quella mattina a colazione, con i capelli
rossicci raccolti in
una morbida treccia oltre la spalla, un vestito bianco a papaveri rossi
e gli
occhi ancora semichiusi; ripensa a come gli abbia versato il
caffè, senza
nemmeno pensarci, nero e bollente come piace a lui, augurargli una
buona
giornata e a come sia uscita dalla porta, per poi tornare subito
indietro con
il giornale in mano: «Cerbero ha portato questo, ed
incredibilmente non è
sbavato. Ho pensato lo volessi».
Thanatos
si sbatte una mano sulla
faccia e molto lentamente la fa scivolare verso il basso, non stanno
andando da
nessuna parte e quella situazione non si smuoverà da sola.
Forse è il caso di
fare al capo un discorsetto.
«Ade»
comincia il dio della morte,
scuotendolo per le spalle per richiamare la sua attenzione
«Dobbiamo parlare di
come si fanno i bambini».
L’uomo
sgrana lo sguardo, quindi arrossisce
leggermente, per poi rischiare di cadere dalla sedia.
«Sei
completamente deficiente? So
come si fanno i bambini».
«Perfetto!
Quindi sai che serve un
essere del sesso opposto! Ora» continuò Thanatos
facendo un passo di lato per
evitare di essere colpito da un libro «Dovresti chiedere a
Persefone di
uscire».
«Per
andare dove!? È scappata di
casa!»
«Come
se non l’avessi notato»
borbotta l’amico «Senti portala a spasso, portala a
cena fuori, a Venezia di
notte, a Parigi, a fare un pic-nic sui campi elisi, basta che tu faccia
qualcosa perché non ti si può veder in queste
condizioni, ti sei completamente
bevuto il cervello».
«Io
mi sono bevuto il cervello? Ma
ti senti parlare? Non ho tempo da perdere, ho un regno da portare
avanti,
Minosse che è sparito di nuovo ed Eaco che non lo trova,
Cerbero ha mangiato di
nuovo la posta e ho duecento mail di preghiere da leggere. Fammi un
favore e
sparisci, tu e le tue idee del cazzo» ringhia per tutta
risposta il Re degli
inferi sistemandosi il nodo della cravatta per darsi un tono e
cacciando in
malo modo Thanatos dallo studio.
«E
non tornare finché non avrai
finito di prelevare le anime della giornata!» sbotta
chiudendo la porta con un
tonfo.
Ade sa
che Thanatos ha ragione, e se
Persefone fosse stata una semplice mortale forse l’avrebbe
già invitata ad
uscire; in realtà il fatto che sia una dea semplifica di
molto tutta la parte
del ti spiego che sono il dio degli
inferi, per piacere non dare in escandescenze, peccato che
fosse anche sua
nipote e lui non era come Zeus. Per Gea! Forse avrebbe davvero avuto
bisogno
del consiglio dei suoi fratelli, lui non era mai stato tipo da darsi a
grandi
avventure romantiche, anche perché nessuna dea, ninfa e
nemmeno figlia di
titani aveva mai voluto avvicinarsi a qualcuno con il dominio
sull’Oltretomba. Inquietante,
dicevano sempre; e un po’
Ade ci rimaneva male, perché insomma ha sempre saputo di non
essere
affascinante come Zeus, né carismatico come Poseidone, o
biondo come Apollo, né
schifosamente bello come Thanatos o Eros, ma, insomma, era pur sempre
un Re e,
a dirla tutta, non era un brutto uomo. Sì, forse il suo naso
avrebbe potuto
essere un po’ più piccolo e la sua carnagione un
po’ meno pallida e i suoi
occhi un po’ meno neri, ma insomma, la genetica mica
l’aveva decisa lui e
nemmeno il suo dominio, a dire la verità.
Perché
in realtà il cielo, l’oceano
e il sottosuolo lui e quei mentecatti dei suoi fratelli se li erano
giocati a
dadi una sera che erano troppo ubriachi per pensare lucidamente (ma
forse Zeus
non era poi così ubriaco
come aveva
fatto loro credere), quando ancora si stavano dando ai bagordi per
festeggiare
la vittoria su Crono.
Decide
che chiederà a Persefone se
vuole cenare con lui sulla terrazza quella sera, perché,
anche se non possono
uscire, non è giusto che la ragazza passi le sue giornate ad
annoiarsi da sola.
«E
quindi poi Cerbero ha passato il
pomeriggio con me e ha rincorso le anime sulle praterie degli Asfodeli,
e sì,
all’inizio mi sentivo in colpa per averlo trascinato
lì e ho cercato di
fermarlo, ma –, Ade mi ascolti?» domanda Persefone
mentre racconta con tono
entusiasta come ha trascorso la giornata.
No,
scusa, sono troppo impegnato a contare le lentiggini sul tuo naso
perché ho
appena realizzato che amo le donne con le lentiggini.
«Sì,
certo, continua ti prego»
risponde l’uomo felice anche solo di poterla ascoltare.
«Ecco,
e quindi si è messo a
rincorrere le anime come fossero palline e io volevo tanto sentirmi in
colpa,
ma alla fine ho iniziato a trovarlo divertente. Oddio, sono una persona
orribile?»
Ade
scoppia a ridere e Persefone
pensa che sia veramente bello quando ride.
«Tu?
Una persona orribile? Ma se sei
la persona più bella che abbia mai incontrato!»
Silenzio.
«Cioè
la dea. Cioè bella dentro.
Voglio dire anche fuori sei bellissima» Ade arrossisce
leggermente, non sa cosa
dire per non fare la figura del perfetto imbecille «Credo che
mi stiano
chiamando. Sì, sì, tu non senti che mi chiamano?
Torno subito».
Ecco,
perfetto, ora ha fatto la figura
del perfetto
imbecille.
Persefone
trattiene a malapena una
risatina, rendendosi conto di quanto le abbia fatto piacere quel
complimento;
realizza anche che Ade non deve essere molto abituato a trattare con le
donne,
perché sì, insomma, è così
impacciato che quasi le fa tenerezza. C’è qualcosa
di incredibilmente dolce in un omone altro un metro e ottanta, pallido
e serio,
che cerca di lodare le grazie di una donna, si impappina e assume lo
stesso
colore dei papaveri in primavera. Alla dea si scalda un po’
il cuore e mentre
le sue dita si stringono attorno al bicchiere di vino sorride
leggermente.
Scappare di casa non è stata una brutta idea, dopo tutto.
Quando
il dio dei morti ritorna (dopo
avere sbattuto ripetutamente la testa contro un muro) ha la cravatta
leggermente allentata e un’espressione nuovamente seria, sta
cercando
disperatamente di darsi un contegno, per non far vedere a Persefone che
è
completamente perso per i suoi capelli fulvi e i suoi occhi verdi: la
cosa,
purtroppo per lui, non gli riesce molto bene.
Si
appoggia al parapetto della
terrazza e riprende in mano il suo calice di rosso, mentre lancia un
sorriso
timido alla ragazza, incoraggiandola a riprendere il discorso di prima.
Lei gli
si avvicina e si sporge a guardare il panorama, che a dispetto
dell’oscurità e
delle nebbie mozza il fiato, perché da lì si
vedono gli immensi prati di
Asfodeli (e potrebbero risultare rossi quella sera, invece che bianchi,
perché
Persefone si è divertita a giocare con i fiori quel
pomeriggio) e il grande
albero che sorge nel mezzo.
«Chi
ti chiamava?»
«Radamante»
inventa l’uomo sul
momento, cercando una scusa a cui non ha pensato quando ne aveva la
possibilità
«Aveva delle notizie su Demetra».
«Credi
che mi stia cercando?»
Ade
vorrebbe passarle la mano
attorno alla vita e abbracciarla perché in quel momento la
giovane dea sembra
così piccola da non riuscire a gestire il pensiero di sua
madre preoccupata.
«Sei
scappata di casa, Persefone,
certo che ti sta cercando, ti starà cercando per tutta la
terra. Chiunque lo
farebbe».
«Tu
lo faresti?» domanda la ragazza
fissandolo negli occhi e prendendolo in contropiede.
«Beh,
se avessi una figlia, può
essere».
«No,
intendevo cercare me, per tutta
la terra» arrossisce leggermente, ma sostiene il suo sguardo
mentre il viso del
re dei morti vira leggermente verso il fucsia.
«Sì»
borbotta piano distogliendo lo
sguardo e fissando i fiori rossi in lontananza «Per tutta la
terra».
Persefone
sorride, gli appoggia le
mani sul petto per poi stringere gentilmente la cravatta e fissare il
nodo.
«Forse
dovrei davvero tornare a
casa» mormora, le mani ancora strette intorno
all’indumento e la testa piegata
verso il basso.
Ade
sente il cuore perdere un
battito, il che è assurdo visto che fino a mezzo secondo
prima stava battendo
come un tamburo suonato da un rockettaro ubriaco fatto di acidi. Ecco,
fantastico, ora se ne sarebbe andata e lui si sarebbe ritrovato con il
cuore
spezzato, venticinque maledizioni di Demetra e Thanatos a insultarlo
per
l’eternità: complimenti, Ade, tu sì che
sai sempre cavartela in ogni circostanza.
Cosa
farebbero i suoi fratelli in una situazione come quella? Pensa facendo
funzionare il
cervello alla velocità della luce, scarta subito la voce di
Zeus che urla “Trasformati in
animale e fecondala, subito!”,
decide anche di evitare il suggerimento di Poiseidone perché
“Cantale una serenata con
l’ukulele e
mostrale i pettorali” non è proprio cosa
che si adatta alla sua persona;
gli dispiace di non essere più in confidenza con Afrodite,
perché avrebbe
potuto chiamarla e farsi dare qualche consiglio. Forse no, poi
l’avrebbe saputo
l’intero Olimpo e sarebbe stato preso in giro a vita. Sospira
sconsolato e
passa le mani lungo le braccia di Persefone che solleva il viso e gli
sorride.
«Puoi
sempre restare» le dice piano
con voce gentile «Può essere anche casa tua, se lo
vuoi».
Sente
la giovane dea irrigidirsi e
pensa di avere detto la cosa sbagliata, ma quando lei alza il viso i
suoi occhi
brillano e Ade pensa che sia bellissima. Non sa bene cosa lo spinga in
quel
momento, ma sente l’impulso di baciarla (ed è la
quindicesima volta quella
sera) e, una volta tanto, si lascia guidare dall’istinto e,
dopo averla
avvicinata leggermente a sé, le chiude le labbra con le
proprie.
È
un bacio leggero, gentile e in
qualche modo casto e per Persefone è anche il primo bacio
della sua vita. Mentre
chiude gli occhi si immagina come debba essere approfondire quel
contatto e si
domanda che sapore abbia Ade, perché baciarlo davvero deve
essere un’esperienza
incredibile. Anche se al momento, con il cuore che batte
all’impazzata e il
sangue che affluisce alle guance, la ragazza fatica ad immaginare
qualcosa più
incredibile di quello.
Quando
il dio dei morti si stacca la
dea legge nei suoi occhi un misto di amore e desiderio e si chiede come
abbia
fatto a non accorgersene prima.
«Io.
Io ci penserò» risponde piano,
ma dentro di sé sa di avere già deciso.
Quando
si ritira in camera sua
quella sera sente le rotelle del suo cervello che girano vorticosamente
e
capisce che le serve qualcosa, qualcosa che convinca sua madre a
lasciarla
andare, a lasciarla lì, altrimenti Demetra non si
arrenderà mai.
Thanatos
si è addormentato sul
divano.
La
televisione mortale prende
abbastanza bene in quella parte dell’Averno, per lo
più grazie ai ripetitori
che Efesto ha installato su richiesta di Ecate (che dal 1963 non si
può perdere
nemmeno un episodio di General Hospital), e il dio della morte spesso
finisce
con l’assopirsi mentre rumorosi mortali discutono le notizie
del giorno.
Ovviamente
non si accorge che
qualcuno bussa alla porta; non è come Hypnos che non si
sveglia nemmeno con le
cannonate, ma ha il sonno pesante. Quando, però, Persefone
spalanca la porta e
la sbatte rumorosamente per richiuderla, il ragazzo salta
sull’attenti sul divano,
bofonchiando qualcosa riguardo al fatto che è sveglio e no,
non stava
assolutamente dormendo.
«Oh,
sei tu» borbotta mettendo a
fuoco la ragazza «Che ci fai qui? Se Ade ti trova in camera
mia mi uccide, poi
mi riporta in vita e mi uccide di nuovo. O peggio, mi spedisce a lavare
Cerbero».
«Ho
bisogno del tuo aiuto» risponde
la ragazza raggiungendolo e sedendosi su una poltrona di fronte a lui.
Thanatos
alza un sopracciglio e sta
per dirle che no, lui non commette omicidi su commissione, ma quando
Persefone
gli spiega il suo problema allora cambia tutto. Perché nel
momento in cui la
ragazza dice: «Devi aiutarmi a trovare un modo per rimanere
qui». Thanatos
capisce solamente che, finalmente, dopo secoli di noia, può
tornare a
divertirsi alle spalle degli altri dei.
«Dimmi»
dice il dio della morte «Hai
mai sentito parlare di semi di melograno?»
|