Due cose: Prima di tutto
una precisazione
doverosa. Questo capitolo è molto spoiler per chi non ha
visto il film Cloud
Atlas, nel senso che ci sono più citazioni del solito,
questa volta inserite
proprio nel capitolo, come parte della narrazione, le riconoscerete
subito, ma
vi avviso per correttezza. Come quote invece ho ripreso la canzone che
considero colonna sonora di questa storia e da cui ho tratto il titolo.
Quindi
sì, fatela partire come sottofondo e buona lettura. Le note
vere sono a fine capitolo
perché non volevo farvi spoiler.
5.
It's all about your cries and kisses
Take all your
chances
while you can
You never know
when they'll
pass you by
Like
a sum the mathematician cannot solve
Like
me trying my hardest to explain
It's
all about your cries and kisses
Those
first steps that I can't calculate
I
need some more of you to take me over
Chances,
The Athlete
La
prima volta che Elsa e Hans si incontrano non c’è
Anna a presentarli.
Al
giovane basta intravederla da lontano per riconoscerla; ha sempre gli
stessi
capelli biondi e la postura elegante, come se a piegare le spalle
dovesse
venire schiacciata dal peso del mondo.
La
chiama per nome, anche se non è davvero sicuro che quello
sia il suo nome, ma
questa vita sembra una eco di quella in cui ha rovinato ogni cosa e di
conseguenza le parole gli escono spontanee e naturali.
«Elsa?
Sai dov’è Anna?»
Quando
la ragazza si volta verso di lui sgrana gli occhi e piega la bocca in
una
smorfia.
«Tu!
Avrei dovuto immaginarlo che fossi tu. Rapunzel era così
entusiasta quando mi
ha parlato del ragazzo con cui usciva Anna che avrei dovuto capirlo, ha
sempre
avuto un debole per te».
Hans
non sa bene cosa rispondere. Si trova in uno stramaledetto campus
universitario, circondato da ragazzine che gli lanciano sguardi
languidi,
cercando di spogliarlo con gli occhi, e l’unica persona che
riconosce, e a cui
chiede un’informazione, è pronta a scavargli una
fossa e buttarcelo dentro.
Ehi! Oggi deve essere il suo giorno fortunato!
«Mi
sembrava strano non avervi ancora viste» borbotta sconsolato,
tira fuori le
sigarette dalla tasca dei pantaloni e ne accende una.
«Fammi
il piacere e stai zitto» esclama la ragazza mentre indica a
una matricola la
direzione corretta per la segreteria. È arrabbiata, Elsa,
è furibonda e non
tanto per la scelta compiuta da Hans durante la loro vita ad Arendelle,
quanto
per le conseguenze di quella stessa scelta. E alla fine lei
è stata fortunata,
lei non ha mai visto Anna morire, non ha mai dovuto stringere il suo
fragile
corpo tra le braccia, né sentire le sue urla, ma non per
questo è stato più
semplice, non per questo è stato facile vivere senza di lei.
Quando
torna a voltarsi verso di lui ha un’espressione severa
dipinta sul volto e il
suo sguardo si è fatto di ghiaccio (come quello di una
regina o di una
guerriera, come tanti anni prima); gli si avvicina e, ignorando gli
sguardi
perplessi delle studentesse al loro passaggio, lo prende sotto braccio,
trascinandolo verso la caffetteria del campus: «Dobbiamo
parlare».
Lo
scruta da dietro la tazza di caffè e Hans si chiede come
faccia a bere qualcosa
di così caldo quando ci sono trenta gradi
all’ombra, ma non fa domande. In
silenzio, stringendo tra le dita sottili la sua birra gelata, aspetta
che la
ragazza parli; è abbastanza contento di averla trovata,
anche se si è trattato
di un caso, anche se questo vuol dire che arriverà in
ritardo da Anna, perché
ci sono problemi che solo Elsa può risolvere, domande di cui
solo lei conosce
la risposta. E gli dei sanno quanto Hans abbia bisogno di risposte.
«Sai
vero» inizia la ragazza con voce fredda «Che
è solo colpa tua?»
«Come
dimenticarlo» borbotta lui, ripensando agli orribili incubi
degli ultimi
giorni.
«Hans
–»
«No,
ascolta, so che ho sbagliato, ma ho bisogno di aiuto, Elsa. Non posso
continuare a vederla morire».
«Guarda
che non sono qui per farti la paternale» risponde
ridacchiando «Sono ancora infuriata
con te, ma mi sono stufata di questa catena di sangue e morte. E anche
lei si è
stufata».
«Anna?
Anna si è ricordata di… Di Arendelle?»
domanda titubante il giovane, mentre un
brivido gelido gli percorre la schiena.
«Non
mi stavo riferendo ad Anna, Hans» Elsa sospira e il suo
guardo si perde nel
vuoto, mentre cerca di decidere se sia o meno il caso di raccontargli
la
verità, o almeno quella parte di verità di cui
lei è a conoscenza.
Scuote
il capo, non è ancora il momento.
Presto, dice una voce
dentro di lei.
«Anna
è nel dormitorio femminile, in quella direzione, oltre la
biblioteca, il primo
edificio di mattoni rossi. Sali al secondo piano, la sua stanza
è la quarantadue».
Hans
osserva per un secondo il liquido ambrato nel suo bicchiere,
domandandosi a cosa
sia servito seguirla fino a lì; si alza in piedi e
silenziosamente rimpiange di
non avere fatto a tempo a finire la birra, ma Elsa lo trattiene per un
polso.
«Finiremo
questa conversazione, Rekkr, quando
lei avrà recuperato ognuno dei suoi ricordi».
«Come
desideri, Fetils Svell».
Si
allontana a passi veloci, nella direzione indicatagli dalla ragazza,
mentre la
sua mente vaga e ritorna ad Anna, a tutti gli anni trascorsi assieme, a
ogni
vita passata al suo fianco. Ha bisogno di vederla, di vedere i suoi
occhi
celesti, di sentire la sua pelle calda e sapere che è viva;
sempre più spesso,
ultimamente, ha bisogno di rassicurazioni di questo tipo,
perché troppo di
frequente si sveglia nel cuore della notte dopo avere sognato le sue
ossa
sporgenti e il suo sguardo spento.
Bussa
piano alla porta della stanza e si trova di fronte a una cascata di
capelli
biondi e uno sguardo allegro.
«Oh,
Vænn! E pensare che stavo per dirti io di venire
qui!» esclama Rapunzel, che in
quella vita è la prima volta che lo incontra, ma si comporta
come se fossero
amici di vecchia data.
Hans
sorride, vedendo tra le mani della ragazza il cellulare rosa di Anna,
glielo
sfila delicatamente dalle dita, mentre la ragazza lo lascia entrare in
camera.
«Sei
sempre iperattiva, Vǫlva. Posso restare
da solo con lei?»
domanda quindi lanciando uno sguardo ad Anna, addormentata nel suo
letto.
Rapunzel
annuisce: «Stai attento però, i suoi sonni non
sono tranquilli da qualche
tempo. Lei sogna e ricorda, ho paura che tra non molto
sognerà solo morte».
Hans
sente tutti i muscoli irrigidirsi, mentre la porta si chiude; quando si
gira
verso Anna nota che il suo sonno è davvero agitato, si muove
leggermente e si
rannicchia su se stessa. Senza fare rumore si sdraia al suo fianco e
l’abbraccia, il letto è stretto e ci stanno
appena, ma al contatto con il suo
petto e le sue braccia la ragazza si rilassa, inconsciamente si gira
verso di
lui, cercando maggiore contatto. Hans le accarezza i capelli, mentre le
sussurra dolcemente all’orecchio, minn
ást, le bacia la fronte e la nuca, mentre la sua
mano segue la linea della
schiena, minn líf.
Anna
apre lentamente gli occhi, inspira profondamente il profumo di
deodorante e
tabacco, e sorride.
«Stavo
avendo un incubo. È finito di colpo quando sei arrivato
tu» gli sussurra piano
strofinando il naso sul suo mento.
«Cosa
stavi sognando?» le domanda l’uomo baciandole le
gote.
«Il
cielo si era tinto di grigio e la città era in fiamme. Come
nubi le bombe
oscuravano il cielo e ricadevano per le strade, disseminate di morte.
Tu
leggevi, leggevi per me, leggevi per farmi addormentare e per scacciare
la
paura» si interrompe, la sua voce ha un tremito
«È successo davvero?»
«Sì,
tanto tempo fa».
«E
come… Come è finita?»
«Non
è mai finita, Anna».
La
bacia con delicatezza e la invita a venire a cena da lui quella sera.
«Se
vuoi» le dice con voce calda mentre con le labbra le sfiora
il lobo
dell’orecchio «Puoi fermarti a dormire».
E
non c’è malizia in quelle parole, ma Anna riesce a
leggervi lo stesso il
disperato bisogno che Hans ha di lei e sorride, mentre con le braccia
gli
circonda il collo.
«Solo
se compri del vino».
Hans
ha pulito la casa, ha riordinato la camera, cambiato le lenzuola e
lavato i
pavimenti; sua madre sarebbe fiera di lui, ma non è certo
per fare un favore a
lei che il ragazzo si è dato alle pulizie a metà
luglio, quando avrebbe solo
voglia di fare un bagno gelato o di stravaccarsi sul divano davanti al
ventilatore.
Lo
ha fatto per Anna.
C’è
qualcosa di cui vorrebbe parlarle quella sera, qualcosa che non
può aspettare.
Le ha comprato dei fiori e nel frigo li aspetta una torta al
cioccolato, non ha
intenzione di cucinare (anche perché rischierebbe di
avvelenarla), ma ha già
deciso che ordineranno una pizza, ha perfino comprato un film adatto.
Gliel’ha
consigliato Rapunzel quando è uscito dalla stanza,
dicendogli: «Oh, Vænn,
lo conosci quel film che è
praticamente la storia della tua vita? Perché dovresti
vederlo. Con Anna».
Grazie tante, pensa il
ragazzo, lanciando
un’occhiata al dvd di Cloud Atlas sul tavolino del salotto,
se scopre che c’è
gente che continua a morire la va a prendere a calci!
Quando
la ragazza arriva Hans rimane senza fiato, perché Anna
è sempre bellissima, ma
quella sera lo è di più, forse perché
gli ricorda una notte di tanti anni prima
quando ha danzato con lui in una sala affollata; il suo vestito verde
è lo
stesso che ha indossato al loro primo appuntamento e il ragazzo sente
il cuore
sciogliersi un pochino.
«Ho
portato le pizze» esclama sorridendo.
«Avremmo
potuto ordinarle» risponde Hans ridendo.
«Ma
così avremmo dovuto aspettarle, invece ora sono
già qui e sono calde e senti
che profumino!»
«Se
ti sei fatta fare la pizza alla nutella, giuro che non ti bacio. E
nemmeno se
hai preso quella col gorgonzola».
«Uomo
di poca fede! Ho preso qualcosa di semplice e di digeribile!»
Ride
di nuovo, mentre Anna si fa strada verso la cucina dove la tavola
apparecchiata
la lascia senza parole: Hans non apparecchia mai la tavola. Di solito
si
limitano a fare take away da qualche parte e a mangiare sul divano
mentre
guardano un film, come due beceri della peggior specie.
«Aspettavi
qualcuno?» domanda incerta.
«Sì,
Anna, aspettavo te» risponde Hans ridendo e prendendole i
cartoni dalle mani
per sistemarli sul piano «Siediti».
«Pizza
e vino, che accoppiata vincente. La tua eleganza e il mio entusiasmo,
credo»
ridacchia, inconsapevole di quanto siano vere le sue parole.
Per
tutta la durata della cena Hans l’ascolta parlare, e Anna non
si ferma mai, gli
racconta dei corsi, della bibliotecaria strabica, del ragazzo che ci ha
provato
con Rapunzel ed è stato pestato da Flynn, del tizio del
corso di scrittura
creativa che è inciampato nella sua stessa sciarpa ed
è caduto lungo e disteso
per terra. Gli racconta di Elsa, che è a capo del dormitorio
e che è stata un
po’ la ragazza che si è presa cura di lei e di
Punzie da quando sono arrivate,
gli racconta dell’ultima telefonata con sua madre e del
matrimonio di sua
cugina che si è tenuto il weekend precedente.
Per
tutto il tempo lui ascolta, ascolta la sua voce, ride delle sue
battute, la
prende in giro e le risponde raccontandole della sua giornata,
dell’ufficio,
del suo capo e dell’ultimo articolo che ha scritto.
Quando
si spostano sul divano Anna emette un gridolino di gioia.
«Ho
sempre voluto vedere quel film! E tu hai una televisione da
quarantacinque
pollici! Finalmente potrò godermi Ben Winshaw in alta
definizione!»
«Ehi!»
si lamenta il ragazzo, che non sa se essere offeso e divertito.
Anna
si accoccola contro di lui, il bicchiere di vino in mano, una leggera
brezza
che entra dalla finestra insieme al frinire dei grilli, quando il film
comincia
Hans la sente trattenere il fiato e le passa un braccio lungo la vita
con la
ferma intenzione di tenerla il più vicino possibile a
sé.
Ci sono interi
movimenti dell'Atlante che ho scritto immaginando nostri incontri e
incontri in
vite diverse, epoche diverse.
Anna
gli stringe la mano e Hans si accorge che i suoi occhi sono umidi, le
bacia i
capelli e riprende a guardare il film.
Vorrei poterti
fare
vedere tutta questa luminosità, non preoccuparti, va tutto
bene, va tutto così
perfettamente maledettamente bene. Capisco ora che i confini tra rumore
e suono
sono convenzioni. Tutti i confini sono convenzioni, in attesa di essere
superate; si può superare qualunque convenzione, solo se
prima si può concepire
di poterlo fare. In momenti come questi, sento chiaramente battere il
tuo cuore
come sento il mio, e so che la separazione è
un’illusione. La mia vita si
estende ben oltre i limiti di me stesso.
Anna
sta piangendo e le lacrime scendono silenziose lungo le guance, le
ciglia
bagnate brillano illuminate dalla luce della televisione e i capelli
della
ragazza, prima ordinatamente legati in una crocchia sul capo, sono
scivolati in
ciocche scomposte lungo le sue spalle.
Il rapporto
dice che
il Comandante Chang è stato ucciso nell'assalto.
Questo
è esatto.
Anna
trattiene il fiato, non se ne è resa conto, ma si
è affezionata a questa storia
quasi quanto a quella di Frobisher e Sixsmith, appoggia il bicchiere
sul tavolo
e stringe i pugni per la tensione.
Potresti dire
che
l'amavi?
...Sì,
lo amo.
Vuoi dire che
sei
ancora innamorata di lui?
Hans
le passa le mani lungo la vita e se la trascina in braccio, torace
contro
schiena, non importa se fa caldo, non gli importa di niente, vuole solo
sentire
Anna vicina in quel momento.
Voglio dire che
lo
sarò per sempre. La nostra vita non è nostra. Da
grembo a tomba, siamo legati
ad altri passati e presenti... E da ogni crimine e ogni gentilezza
generiamo il
nostro futuro.
Anna
si appoggia a lui e Hans sente che sta continuando a piangere,
più forte di
prima, le appoggia il viso su una spalla e lascia che lei inclini il
capo
contro il suo.
Nella tua
rivelazione
hai parlato delle conseguenze della vita di un individuo che si
spandono per
tutta l'eternità... Questo vuol dire che credi a una vita
nell'aldilà? Nel
Paradiso e nell'Inferno?
«Ti
amo» le sussurra piano e la sente rilassarsi sotto di lui.
Non le vede il viso,
ma sa che sta sorridendo tra le lacrime.
...Io credo che
la
morte sia solo una porta. Quando essa si chiude, un'altra si apre. Se
tenessi
ad immaginare un Paradiso io immaginerei una porta che si apre e dietro
di essa
lo troverei lì, ad attendermi.
Gira
lentamente il capo verso di lui, che le passa una mano sul viso ad
asciugarle
le lacrime.
«Ti
amo anche io, Hans» risponde baciandolo.
È
la prima volta che se lo dicono, in questa vita per lo meno, e mentre
le scene
finali del film si susseguono sullo schermo, il ragazzo si domanda
perché abbia
aspettato così tanto. Lo ha capito nel momento in cui
l’ha vista per la prima
volta, quel giorno di sole, attraverso le lenti scure degli occhiali,
che lei
era quella giusta, era la donna che aveva bramato per tutta la vita
senza
sapere di starla cercando.
Spegne
il televisore, mentre i titoli di coda si susseguono sulle note
dell’Atlante
delle Nuvole, e le sorride, mentre Anna cerca nella borsa un pacchetto
di
fazzoletti.
«Ho
pianto così tanto» dice «Che mi
è colato tutto il trucco».
«E
allora vai a struccarti, panda» ride Hans baciandole la
guancia.
La
segue in camera da letto e la guarda mentre appoggia le cose in giro,
mentre si
muove come se quella fosse casa sua e fosse abituata a vivere
lì.
«Anna».
«Sì?»
borbotta lei impegnata a passarsi una salvietta struccante sotto gli
occhi.
«Stavo
pensando. Sei sempre qui di recente».
«Se
vuoi me ne vado» e il suo tono è contrariato.
«No,
preferirei il contrario. Vorrei che ti trasferissi qui, cioè
a vivere qui, con
me. Cioè se vuoi».
Silenzio.
«Aspetta,
cosa?»
Hans
arrossisce, ma non fa in tempo a ripetersi
perché lei ha lasciato andare qualsiasi cosa avesse in mano
per gettarglisi con
le braccia al collo e stampargli una scia di baci sul viso.
«Certo
che sì! Sempre» esclama ridendo felice.
A quel
punto Hans non riesce più a resistere e il
suo bacio non ha niente a che vedere coi precedenti: è
profondo, passionale,
morde le labbra di Anna e se ne impossessa con foga, bisognoso di
sentirla
vicino, di sentirla sua. Lei ne coglie tutta la prepotenza, percepisce
l’urgenza di Hans, che non è solo fisica,
è qualcosa di diverso, di più
profondo: è una necessità, ed è anche
una sua necessità.
Lascia
che le sue mani la spoglino e le accarezzino
la schiena e il ventre, lo guida fino al letto e mentre lo bacia,
mentre sente
i muscoli guizzare sotto il suo tocco, mentre la pila degli abiti sul
pavimento
aumenta, sente il suo cuore battere all’impazzata e
l’eccitazione farsi largo
dentro di lei.
Quella
notte fanno l’amore, ed entrambi hanno già
avuto altre esperienze, altri compagni, ma, come dicono alcuni, la
verginità è
uno stato mentale e per loro risulta più che mai vero. Ogni
volta che si
ritrovano, in ognuna delle loro vite, è come se fosse la
prima volta.
Quando
Anna raggiunge l’orgasmo qualcosa dentro di
lei esplode, un muro si infrange e insieme al piacere si sente inondare
da
schegge di ricordi, come un torrente in piena.
Hans
non smette mai di sussurrarle che la ama, e
ogni scheggia è una vita diversa, e ogni scheggia
è un amore diverso, ma è anche
sempre lo stesso amore.
«Ti
amo» le dice Hans baciandola sul collo.
Ed
è ancora in Aulide, ed è di nuovo a Roma e Nero
le sussurra il suo nome all’orecchio.
«Ti
amo» le dice Iason baciandole la clavicola.
E lei
è in Anglia, mano nella mano con un
legionario dagli occhi verdi.
«Ti
amo» le dice Eadwig baciandole un seno.
E
davanti ai suoi occhi c’è York, e Venezia, e Rouen
e tutte le vite in cui non è
riuscita a incontrarlo.
«Ti
amo» le dice Laurens, o forse è Jan, mordendole il
lobo dell’orecchio.
E
Anna è a Parigi e Jean le stringe la mano.
«Ti
amo» le dice Hans «Ti ho sempre amata».
Anche
ad Arendelle, Arendelle che invade i suoi
ricordi come una pugnalata, che le mozza il fiato e le toglie il
respiro, e
quando il ragazzo si lascia cadere su di lei affondando il viso
nell’incavo
della sua spalla, Anna vede un castello di ghiaccio e una sala da ballo.
«Ti
amo» le dice Hans, ma nella testa di Anna sono
altre le parole che risuonano, parole che sanno di veleno e di menzogna
e che
lei riconosce come false, ma non riesce comunque a fermare quei ricordi.
«Ti
amo» le dice Hans, che forse è Seán, o Ivan, o Jon.
Ed
è di nuovo Londra, con i balli e lo champagne,
ed è di nuovo Leningrado, e Dio! Anna non è
sicura di riuscire a resistere a
Leningrado, alle bombe, al dolore, ma soprattutto alla morte, alla
morte e
all’amore, che in quei giorni sono stati così
intrecciati e così vicini; e le
lacrime iniziano a scorrerle lungo le guance e non riesce a fermarle.
E poi
arriva Berlino e il pianto non si ferma più,
ed Hans la guarda, preoccupato di avere fatto qualcosa di sbagliato,
perché non
capisce altrimenti per quale motivo Anna dovrebbe piangere.
Non
capisce o non vuole capire, finché lei non si
mette a sedere, il lenzuolo pallido le scivola sotto il seno lasciando
esposta
la sua carnagione candida, i suoi occhi luccicano e le guance sono
bagnate di
lacrime; si stringe le ginocchia al petto e quando Hans
l’abbraccia chiamando
il suo nome con tono preoccupato, Anna si volta a guardarlo e la voce
le trema.
«Ricordo
tutto. Ricordo ogni cosa».
Affonda
il viso nel suo petto e lascia che le sue
braccia la stringano a sé, più forte, sempre
più forte, sempre più vicino.
«Ti
amo» le dice Hans.
Anna
continua a piangere.
Note: Questa volta
non sono cinque pagine,
quando dico che Rapunzel ha un debole per Hans non intendo a livello di
attrazione, ma nel senso che, siccome è quella che lo
conosce da ancora prima
di Elsa, è sempre stata lei a insistere per cercarlo
affinché lui e Anna
potessero re-incontrarsi (è una fangirl, insomma). Il ruolo
di Elsa e Rapunzel
sarà più chiaro dal prossimo capitolo. Non so
bene come sia venuta la scena di
intimità tra i due (in cui il sesso non è
propriamente descritto perché voglio
mantenere il rating basso e perché proprio non è
quello il punto della storia)
ma spero riusciate ad apprezzarla comunque. E non so come vi
immaginaste Anna
che ricorda, io avevo pesato a diverse situazioni, ma alla fine ho
optato per
questa scena, e spero che soddisfi voi come ha soddisfatto me. Le altre
alternative erano troppo angst e ne hanno già passate troppe.
Alcune
precisazioni di lingua:
- fetils svell –
spada di neve
- rekkr –
guerriero, uomo
- vǫlva
–
strega,
profetessa, maga, veggente
- vænn –
bello, affascinante, bello da guardare
- minn
ást, minn líf – mio
amore, mia vita
Sono
una sorta di reminiscenza della vita “Vichinga” in
cui Elsa, Hans e Rapunzel
sono cresciuti e vissuti insieme fin dall’inizio, la lingua
usata è antico
norvegese, ma ho fatto riferimento a un dizionario on-line e non ci
metterei la
mano sul fuoco, ecco.
Il
prossimo sarà il capitolo spiegone in cui si tutta la
faccenda delle vite
parallele diverrà chiara, richiederà un
po’ più di tempo però,
perché ancora
non l’ho scritto.
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