SONATA
‘Era
il suo calmante. La medicina per tranquillizzare un fenomeno esagitato
come quello.’
Le dita
correvano sui tasti bianchi e neri del pianoforte a coda.
Appena entrata,
Nicole sentì subito le note chiare e limpide dello strumento e si
precipitò nella sua direzione seguita dall'affannata amica. Arrivata a
destinazione, un pianobar completo di pianoforte al centro, esclamò
estasiata:
- Oh... un
piano... -
Ironica l'amica
dai capelli rossi rispose:
- Magari c'è
anche un pianista che suona... non vedi? -
- Grazie
dell'informazione preziosa Erika... -
Ma non le badò
più di lì. Si sedette in un tavolino, proprio quello davanti al piano,
e si mise a fissare il ragazzo che suonava.
Dopo un istante
mormorò:
- Ma è
bellissimo... -
- E quando mai!
-
Ridacchiando le
diede corda ben sapendo che non la stava ascoltando.
Si chiuse in un
ostinato mutismo derivato dall'analisi accurata che stava facendo al
pianista.
Era giovane,
sulla ventina, per suonare in quel modo doveva avere delle mani
splendide e gli occhi erano… a mandorla!
Era un
giapponese o forse un euro asiatico. Indossava una cuffia che gli
copriva gran parte del capo e della fronte. Intuiva che doveva
trattarsi di occhi piuttosto scuri ma li teneva abbassati. I capelli
che spuntavano da sotto gli accarezzavano il collo ed erano
rigorosamente neri.
Non c'era
dubbio, era splendido... ricopriva tutti i suoi gusti fin lì. Era
sicuramente un artista quindi il carattere lunatico e strano avrebbe
gareggiato col suo, ma un pianista che suonava a quel modo
difficilmente poteva essere anche aggressivo e grezzo quanto lei.
E chissà che
vestiti indossava, sembrava molto magro e non muscoloso, lei in quel
senso non aveva preferenze, l'importante diceva sempre che erano le
mani, la bocca, gli occhi e il sedere. Ma Nicole, era risaputo, per il
Giappone e i giapponesi e gli orientali in generale, aveva un debole.
- Ma senti come
suona divinamente? -
- Si...
improvvisa... -
La bionda
guardò spaesata l'amica esperta in musica classica... lei rapper e
rockettra non ci capiva nulla.
- Non vedi che
suona senza spartito? Le crea lui sul momento le sue composizioni... è
molto bravo. -
Assorta su
quanto appreso tornò guardarlo, poi soddisfatta disse:
- Certo...
piace a me, è ovvio che è bravo! -
Poi ci pensò su
un attimo e trionfante disse:
- Chissà se
suonerebbe la Sonata al chiaro di luna di Beethoven. -
Lo disse con
l'aria da esperta nel campo, invece era solo una profana del genere.
Lei ascoltava i Metallica, Eminem, i Nirvana... certamente musica
classica non era nel suo repertorio, ma avendo un amica che se ne
intendeva, due canzoni di numero le conosceva: quella e 'Per Elisa'
sempre di Beethoven. Erika sapeva com'era la sua amica tornado e non
andò oltre ridacchiando fra sé e sé.
-
Chiediglielo... -
Alle parole lei
si illuminò.
- Certo! -
Così dicendo si
alzò dal tavolino e si diresse allo strumento facendosi notare non poco
per il suo abbigliamento. Indossava una salopette larga e cadente che
mostrava i suoi slip neri sotto, il cavallo le arrivava al ginocchio,
sopra una maglia a maniche lunghe che le coprivano le mani, abbastanza
larga anch'essa, in testa un cappello nero largo che le copriva gli
occhi, i capelli biondi lisci le arrivavano disordinati a metà schiena.
Nulla di speciale, non era una bellezza particolare... conciata a quel
modo poi... ma si notava eccome.
- Scusa,
potresti suonare la Sonata al chiaro di luna? -
Lui la guardò
attentamente per un brevissimo istante e pronto le rispose gentilissimo
con una voce sottile e chiara:
- Certamente. -
Così dicendo si
abbassò a prendere nella sua borsa degli spartiti e li posizionò sul
legno del leggio. Nicole tornò a sedersi alla sua sedia e rimase
incantata per tutto il tempo a fissarlo estasiata ancor più di prima.
Quel ragazzo
era incredibile.
Suonava
divinamente sia opere famose che quelle inventate da lui. Era di una
bravura struggente e disarmante, eppure era giovanissimo. Bellezza a
parte, l'aveva rapita.
Mosse quelle
dita esperte lungo i tasti creando subito l'atmosfera che la sonata
richiedeva. Tristezza e malinconia uscirono da quelle corde. Una magia
ultraterrena in grado di calmare ogni animo.
Furono dei
minuti lunghi e importanti che lasciarono Nicole sospesa e in religioso
silenzio, mentre si premeva le mani sulla bocca rapita del tutto e
quasi commossa da quanto ascoltava. Era fantastico.
Quando smise di
suonare fu subito nostalgia e dispiacere.
Lui la guardò e
la indicò con la mano come a voler dire che non dovevano applaudire lui
perché glielo aveva chiesto lei. Lo sguardo come a chiedere se era
soddisfatta e lei battendo le mani con un largo sorriso spontaneo,
chinò il capo alla giapponese in segno di ringraziamento.
- Grazie. -
Non si seppe se
fu per quella suonata speciale o per le altre, o per quel non so che
d'artistico, ma Nicole ebbe l'impressione di aver perso subito la testa
per lui. Per quanto si potesse perderla per uno appena conosciuto...
Doveva tornare
a sentirlo e rivederlo.
Su questo ne
era convinta.
Lei decisa e
caparbia, sempre sicura di sé, tornado e combinaguai, spesso rissosa e
aggressiva, brusca e assolutamente mai riflessiva... proprio lei
sarebbe tornata a sentir suonare un pianista per il gusto di rivederlo!
Era il suo
calmante. La medicina per tranquillizzare un fenomeno esagitato come
quello.
Tornò diverse
altre volte in quel posto, sempre sugli stessi orari.
Lo trovò
sempre, ormai aveva imparato quando poteva trovarlo.
Si sedeva
sempre davanti al pianoforte, lo fissava suonare e ad un certo punto
gli chiedeva di suonarle una composizione famosa, chiesta prima di
venire lì alla sua amica Erika per fare la bella figura di esperta.
Per lui era una
piacevole compagnia per cui suonare. Aveva capito che tipo era e che si
sforzava di mantenere una certa apparenza davanti a lui... si sforzava
anche di amare la musica che lui suonava. Ma era interessante vedere
come si vestiva, come si conciava, le espressioni rapite e gli inchini
di ringraziamento. Era un tipo stravagante e particolare e gli avrebbe
fatto piacere parlare di più con lei. Però si contraddiceva scappando
sempre via... forse aveva il terrore di parlare di più con lui, ma di
fatto lei andava via appena lui finiva la sua oretta di piano. Era
molto strana.
Nessuno dei due
sapeva il nome dell'altro e se lo erano inventati mentalmente.
Lui per lei
aveva trovato Kira, mentre lei per lui Shin. Entrambi nomi giapponesi
derivati dalla stessa passione per quel posto.
Fu per una
volta che lui non potè venire a suonare e per la successiva che lei non
riuscì a venire ad ascoltarlo, che ad entrambi venne una voglia
fortissima di parlare l'uno con l'altro, conoscersi ed instaurare
finalmente un rapporto.
Presero
l'iniziativa entrambi, insieme, lo stesso giorno. Si chiesero i nomi e
bevvero qualcosa insieme. Lui ringraziò lei che veniva sempre a
sentirlo, lei ringraziò lui perché sapeva suonare così bene.
Da cosa nacque
cosa e si conobbero bene.
Ma fu strano
perché lei indomabile e terribilmente selvatica si fece domare subito
alla prima parola solo da lui... anzi, alla prima sonata.
Lui fu capace
di tirare fuori i lati più nascosti e miti di lei.
Una sera, in un
quartiere malfamato della città, lei tornava a casa dal lavoro e notò
un certo movimento in una delle stradine sempre piene di gentaglia e
teppistelli da quattro soldi. Nicole non ne aveva paura, ne aveva messi
a bada parecchi coi suoi modi.
Non seppe dire
cosa fu a spingerla a guardare meglio con chi ce l'avevano quella
volta, ma lo fece e vide uno a lei conosciuto.
Era Shin (ormai
lo chiamava così) che veniva aggredito da quel gruppo.
Le prese un
colpo e spalancando gli occhi cominciò ad insultarli pesantemente, non
aspettò oltre e correndo a rotta di collo, istintivamente e furiosa,
intervenne d'istinto senza pensare.
- Bastardi...
cosa volete da lui? -
Fece la sua
voce dura e lo sguardo minaccioso. La conoscevano e sapevano che non
era solo scena.
- Sai chi è
questo tipo? -
- Certo che lo
so... è la persona più mite e stupenda di questo pianeta e se lo
toccate con un dito la vostra pellaccia non basterà a ripagarlo del
tempo che gli farete perdere! -
Discorso
complicato ma comprensibile come: 'lasciatelo in pace!’
Shin la guardò
accigliato chiedendosi come le venisse in mente di provocarli, non era
consapevole della totalità della sua persona… poi la vide e comprese di
cosa era capace veramente quella strana creatura.
- Ehi,
bellezza, lascia che per una volta ti faccia vedere io di che sono
capace... -
Così dicendo
partì a menar le mani nel modo che lei tanto sapeva far bene. Era il
suo pane, il suo mondo, il suo vivere... grezza, rozza, istintiva,
selvatica, violenta... nessuno l'avrebbe mai calpestata, ma aveva
dentro un altro lato da scoprire, un lato che solo una persona poteva
tirarle fuori.
Quando tutti se
ne furono andati lei si asciugò il mento gocciolante e il labbro
spaccato, poi sputò a terra e disse ghignando...
- E la mia
immagine è andata del tutto nel cesso! -
Shin si
avvicinò porgendole un fazzoletto di carta, infine le sorrise come lui
sapeva fare.
- Finalmente ti
sei fatta vedere, sei venuta allo scoperto... -
Era in senso
metaforico e Nicole riuscì a capirlo.
- Sai, non
avrei sopportato se ti avessero fatto qualcosa, specie a quelle manine
d’oro che c'hai! -
Ma quello, come
si usa dire in questi casi, fu solo l'inizio di tutto e per primo del
domare e addomesticare una creatura di strada.
Tutto con
semplici e armoniose sonate al pianoforte.
|