Walking Outside

di Dead_Poet_Charlie
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Walking Outside

WALKING OUTSIDE

(Générique)


Sta piovendo.
E io mi sto bagnando fino al midollo. Mi dovrei maledire. Ho scordato l’ombrello a casa sua. Ma non solo quello: ho lasciato lì tutta la mia vita.
Non voglio tornarci, nemmeno per riprendermi quel fottuto ombrello. Troppi ricordi riaffiorerebbero. Ricordi che fanno male quanto un pugnale nel cuore. Preferisco infradiciarmi sotto la pioggia piuttosto che mettere piede di nuovo in quel posto.
Un’auto passa a gran velocità su una pozzanghera, schizzando acqua dappertutto. Ecco fatto: adesso sì che sono proprio fradicio! Fanculo tutto!
Mi scuoto l’acqua dai capelli e riprendo a camminare. C’è un vecchio sotto una tettoia. Si sta preparando per suonare la tromba. Mi avvicino, ben consapevole che non potrò dargli niente: anche il mio portafoglio è in quella casa, e io non voglio andare a riprendermelo. Tutti i passanti ignorano l’uomo, ma io sono l’unico fermo sul marciapiede a guardarlo. Lui si accorge di me e mi fa cenno di avvicinarmi.
«Ragazzo, cosa fai sotto questa pioggia? Non vorrai mica buscarti un raffreddore!» mi chiede con tono paterno,
«Ho dimenticato l’ombrello» rispondo io; il mio tono di voce sfiora l’indifferenza. Ormai non m’importa più un cazzo di niente.
«Capisco. Beh, se ti va puoi stare qui con me finché non smette»
«Grazie!».
Armeggia ancora con la tromba poi mi guarda.
«Vuoi che ti suoni qualcosa in particolare?»
«Beh, ecco…non so. Faccia lei. Per me non fa nessuna differenza»
«D’accordo. Suonerò qualcosa che si addice ad una persona come te» mi dice sorridendo. E inizia a suonare.
Il mio cuore fa un balzo…
Générique!

Senza nemmeno accorgermene, lacrime sottili cominciano a rigarmi il volto. Era proprio ciò che non volevo. Dannazione! Preferirei non provare nulla.
Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo e ancora cazzo!
Il suo ricordo riaffiora alla mia mente. Le immagini si susseguono come un film in bianco e nero: tutti i momenti passati insieme, il suo viso dolce quando si svegliava, le sue labbra, la sua pelle vellutata che freme sotto il tocco delle mie mani, i suoi occhi blu cobalto, i suoi capelli morbidi, la sua risata…
Il mio cuore s’infrange in mille pezzi. Sento ancora lo stridio dei freni sull’asfalto e il suo grido lacerante: quell’incidente! Quel fottutissimo incidente! Se non fosse morto anche lui, avrei già ammazzato io quel figlio di puttana che guidava ubriaco. Spero con tutto me stesso che ora stia arrostendo a fuoco lento all’inferno. Lo spero davvero!
Générique!
Proprio la sua canzone preferita. Colonna sonora di tutti i nostri momenti insieme. Facevamo l’amore ascoltandola su quel giradischi mezzo rotto, sotto quella coperta di lana ispida, in un appartamento che ci crollava addosso. E mentre lei dormiva io scrivevo su un vecchio tavolo traballante, sotto una luce fioca, per evitare di svegliarla.
Ma adesso è finito tutto…
Vorrei tornare indietro nel tempo, ma so che non posso. Sono rimasto solo…solo con générique. Solo con quell’appartamento in rovina. Solo con quel fottuto tavolo fracassato. Solo con quelle coperte fastidiose. Solo con quel vecchio giradischi.

Il vecchio finisce di suonare e mi osserva. Un minuto? Due? Non lo so. Mi mette una mano sulla spalla, come se comprenda quanto dolore sto provando in questo momento. Non proferisce alcuna parola. Io lo guardo e sorrido. Per l’ultima volta. Perché oramai ho deciso. Fanculo a tutto e a tutti!
Mi asciugo gli occhi. Riprendo a camminare. Verso quella casa. È lì che tutto è cominciato. Ed è lì che tutto finirà.

Mentre cammino fischietto générique.





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