Nel
luogo meno adatto di tutti
I capelli le
sfioravano le spalle e le nascondevano a tratti.
Mentre camminavano,
Naruto li guardò ondeggiare, la mano di
Hinata che lo tirava leggermente, allontanandolo dal ristorante in cui
avrebbe avuto intenzione di portarla se avesse avuto i soldi necessari,
ma essere l’eroe di Konoha non lo aveva reso automaticamente
ricco, cosa di cui si era accorto troppo
tardi.
“Hinata, sei
sicura di voler andare da Teuchi?”
chiese di nuovo, seguendola docilmente, un filo d’imbarazzo
nella voce.
Hinata si
voltò verso di lui e annuì con un
sorriso. “Sì, oggi ho voglia di mangiare ramen.
Non va anche a te?”
“Sì,
mi va…”,
l’Uzumaki le strinse la mano con maggior convinzione, pur
avvertendo che qualcosa non quadrava nella sua proposta.
Lui avrebbe
mangiato
ramen a ogni costo.
Ma Hinata?
Il giorno del loro
primo appuntamento l’aveva immaginato in
maniera estremamente differente, nella testa i suggerimenti contenuti
nei noiosissimi libri di Sai – abbassarsi a leggerli lo aveva
fatto sentire in qualche modo inadeguato, giacché non aveva
mai avuto problemi relazionali come l’ex ninja della Radice
– e la consapevolezza di star uscendo proprio con Hinata
Hyuuga, la figlia del capoclan della nobile casata della Foglia, non
aveva migliorato la situazione.
Un chiosco del ramen,
nella sua semplicità, non sembrava
abbastanza per lei.
Ne prese
consapevolezza osservandole minuziosamente la schiena, per poi
far scivolare lo sguardo sulle dita che affondavano dolcemente nella
sua mano, trasmettendogli un calore da cui non si sarebbe voluto
separare mai.
Le aveva stretto la
mano anche prima di allora, anche se in situazioni
piuttosto pericolose e non esattamente in luoghi in cui dar spazio al
romanticismo.
Quel giorno era
diverso: niente guerre, niente inutili spargimenti di
sangue, solo loro due e un’esperienza del tutto nuova per
entrambi.
Lì essere
ninja non contava nulla.
Da Teuchi erano tutti
allegri.
Naruto si sedette
osservando le ciotole che aveva vicino, la pancia
brontolante e il profumo di Hinata che si confondeva con quello del
manzo e dei vapori che riempivano il chiosco, rendendo le figure dei
clienti vaghe e quasi irreali.
Hinata
salutò timidamente Ayame e si accinse a guardare il
menù, una mano fra i capelli per impedire a una ciocca di
ricaderle prepotente sul viso, gli occhi chiari concentrati sulle varie
pietanze elencate nelle due pagine che aveva di fronte.
Non sembrò
notare lo sguardo di Naruto, che la studiava
intensamente fra una chiacchierata con Teuchi e
un’ordinazione non troppo convinta del suo ramen preferito;
solo quando ordinò a propria volta, la Hyuuga parve
avvertire il suo sguardo addosso: si voltò interrogativa e
gli regalò un altro sorriso, l’ennesimo.
Bastava
così poco, per scaldare Naruto.
“Mi sembri
strano, oggi”, si ritrovò a
dire Hinata, spezzando il silenzio.
L’Uzumaki
tossì appena, dissimulando
un’ondata di disagio che non era decisamente da lui.
“No, sono sempre il solito. Stavo solo pensando a…
questo appuntamento. E al ramen.”
Beh, il suo stomaco
brontolava, appuntamento o meno!
Hinata si morse il
labbro – gli occhi di Naruto si piantarono
sulla sua bella bocca quando lo fece – e un lieve rossore le
imporporò le guance.
Le risate di due
ragazze disturbarono a stento quella visione, mentre
Ayame posava sul bancone le loro ciotole e Naruto la ringraziava
distrattamente con una mano.
“Anche io ci
stavo pensando… e ho pensato che sono
felice. Davvero felice.”
Lo disse senza
balbettare, Hinata, senza la minima insicurezza, come se
il solo vacillare per l’imbarazzo avesse potuto sminuire
l’ondata di emozioni che aveva riversato in quelle parole.
Naruto se ne accorse.
Era una cosa tutta
nuova – un’altra, a ben pensarci
– perché da quando si era reso conto dei
sentimenti di Hinata ogni cosa aveva cominciato a mutare, e tutto
ciò che per così tanto tempo aveva ignorato si
stava stagliando davanti ai suoi occhi chiaramente, con
intensità.
Amarla – e
quindi arrivare a comprenderla, alla fine
– era un qualcosa che lo colpiva profondamente.
In un maledetto
chiosco del ramen, un altro posto poco adatto per
simili pensieri.
Eppure bastava che ci
fosse lei per mettere in secondo piano il luogo,
contava che lei continuasse a guardarlo in quel modo, come aveva fatto
in tutti quegli anni.
Contava, infine, che
lui finalmente lo notasse, quello sguardo.
E che lo volesse tutto
per sé.
Naruto prese fra le
mani le bacchette e puntò gli occhi sul
proprio ramen, cercando le parole adatte per dire cosa provava.
Le aveva parlato della
fine del mondo, del voler passare tutta la vita
con lei; aveva rischiato il tutto per tutto pur di dirle che
l’avrebbe sempre amata, che lei lo volesse o no.
Sebbene niente fosse
all’altezza di ciò che aveva
già detto in precedenza, lasciò che fosse quel
che provava a intensificare la risposta che diede, mentre Hinata
abbassava leggermente lo sguardo, incerta.
“Io sono
felice. Però penso di essere stato un
vero idiota, Hinata. Per tutto questo tempo non ho capito i tuoi
sentimenti, mi sono semplicemente avvicinato a te senza afferrare i
tuoi sguardi o le tue azioni. E quando hai detto di amarmi è
stato anche peggio. Voglio dire, se penso a cosa ho provato
nell’essere respinto, giorni fa… capisco cosa devi
aver provato tu”, Naruto affondò le bacchette
nella propria ciotola, “e mi dico ‘Naruto, sei
proprio una testa quadra come dice Sasuke’. Beh, non
è solo quello… sono passati anni e malgrado tutto
tu hai continuato ad amarmi, e io l’ho capito solo alla fine,
quando ho rischiato di perderti.”
“Naruto…”
“Aspetta!
Voglio solo dire… che sono felice di
poter finalmente comprendere i tuoi sguardi, la tua timidezza, le tue
parole. E di poter ricambiare quello che provi, perché ora
so con chiarezza che anche io provo lo stesso.”
Alcuni clienti
pagarono il conto e se ne andarono, altri invece
continuarono a parlare fra un boccone e l’altro, uno sfondo
allegro su di una scena soffusa.
La prima cosa che
Naruto pensò dopo aver finito di parlare
– il vapore che saliva dalla ciotola che gli schermava a
tratti la vista – fu che Hinata era rimasta senza parole.
Persino lui non sapeva
più che dire, un nodo alla gola e la
netta impressione che Ayame e Teuchi lo stessero fissando.
Hinata, invece, si era
messa a osservare qualcosa di indefinito
all’interno del chiosco, riponendo la propria attenzione
lì anziché su di lui.
Quella mattina
evitavano spesso di guardarsi – e al tempo
stesso non potevano non farlo.
Passarono infatti
pochi secondi, poi Hinata cedette e lo
guardò.
“Non hai mai
rischiato di perdermi e non importa se sono
passati anni, ho sempre pensato che prima o poi ti saresti accorto. Non
ho smesso di sperare nemmeno quando abbiamo rischiato che il mondo
finisse.”
“Hai una
fede più salda della mia; questo
è poco ma sicuro”, mormorò Naruto,
afferrando il kamaboko
che guarniva il suo ramen, la piccola spirale da
cui aveva preso il nome.
Si stava riferendo a
Pain, ma anche e soprattutto a Obito.
Dopo la morte di Neji,
aveva quasi lasciato che il suo sacrificio
venisse sminuito, arrivando a non contare nulla.
Ma Hinata non aveva
perso la speranza e con tutta la volontà
che possedeva era riuscita a farlo tornare in sé –
lei era molto più forte di quanto immaginasse, malgrado lo
nascondesse dietro a quella maschera di timidezza e
fragilità che la distingueva da qualsiasi altro Hyuuga delle
due casate.
“Sono forte
grazie a te, Naruto!”,
esclamò Hinata, strappandolo da quei tetri pensieri,
“Ho sempre pensato che valessi più di molti altri,
pur con le tue debolezze. Hai sempre lottato, anche quando non eri
all’altezza delle aspettative. Ed è per questo che
non mi sono mai arresa. Per questo… mi sono innamorata di
te.”
Il kamaboko cadde con
un piccolo tonfo nella ciotola, affondando fra
gli spaghetti e i pezzi di manzo, e Naruto sussultò.
Essere amati e sentire
quel sentimento così vicino,
così diverso dall’amore di un genitore, ma
più vicino a esso di qualunque altro.
“Ti vado
bene così?” domandò
Naruto, allungando una mano per prendere quella di Hinata, un
po’ goffamente, ma con un trasporto di cui non si
vergognò affatto.
“Sì.”
Hinata rispose alla
stretta con un sorriso, poi accennò al
ramen che attendeva di essere mangiato.
E mentre Naruto
ignorava i sorrisetti di Teuchi e Ayame –
unici spettatori di quello scambio di sentimenti – e si
preparava a riempirsi la pancia della sua pietanza preferita, non
poté non pensare, per un’ultima e serena volta, di
essere stato proprio un idiota per aver capito di amarla solo e
soltanto alla fine.
F i n e
Note dell'autrice:
il
contest ha ben due temi: il NaruHina e la Fine.
La mia fine è legata ai sentimenti di Naruto, che dopo anni
e proprio mentre il mondo sta quasi per finire, capisce di amare Hinata
(è un riferimento anche alla fine del manga, visto che si
vede qualcosa giusto alla fine, maledetto Kishi! XD). Un tantinello in
ritardo, devo dire. Ma gli si può perdonare anche questa
mancanza, è pur sempre Naruto e ci piace così!
Piccolo appunto:
questa storia nasce dal mini-capitolo disegnato da
Kishimoto per The Last. Possiamo definirlo un seguito, più o
meno!
Questa storia è stata betata da Black_Hunter e
Layla_Morrigan_Aspasia.
Bene, credo di aver detto tutto! xD
Un bacione,
Mokochan
Edit del 22/12/2014
Non c'è che
dire, partecipo per la prima volta a un NaruHina
contest (non indetto da me o Yume o ValeHina, visto che stiamo facendo
le edizioni, tant'è che difficilmente ne compaiono altri, di
contest a tema) e arrivo prima. Immensa giuoia, contando che questa
è la mia OTP e che ho scritto questa storia in un'ora,
cioè l'ultima ora prima della scadenza del contest!
X°° quindi... niente, ringrazio Ayumi per il bellissimo
giudizio e ritorno a ballare la conga per la
gioaaa! XD
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