LETTERA AD UN'AMICA SOLA

di sweetstronglady
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Ho visto nei tuoi occhi un triste oceano di solitudine.

Ho letto il tuo romanzo di parole mute che mi urlavi addosso mentre, con voce controllata e pacata, mi raccontavi la tua pena di amore, piccolo iceberg della tua pena di vita in solitudine.

Con noncuranza, mi narravi dell’umiliazione provata nel vedere la persona che amavi attorcigliata alla nuova compagna, esibita senza preavvisarti – e perché mai avrebbe dovuto farlo, visto che siete solo amici – mentre rovesciava il suo vile imbarazzo su di te con insulse e vuote scuse, durante la solita festa con i soliti noti, tutti molto in ma dentro molto out, anzi, empty.

E tu, da signora quale sei, hai reagito con indifferente cortesia e regale educazione, mentre dentro ti sentivi morire.

Un’altra opportunità di amore che eri convinta di aver trovato e che invece ti ha ferocemente illusa e poi delusa.

Si, perché, lo sai, sarà l’ennesimo Natale da sola.

Sarà un’altra notte in compagnia solo delle parole del tuo fedele libro, costante amico tuo nelle tue ore libere, e nient’altro.

Saranno altre notti, altre settimane ad aspettare che questa maledetta solitudine finisca.

Perché sei brava a raccontartela, si, hai il lavoro che ti appaga, tanti amici e tanti interessi, ma ti pesa come un macigno.

Perché la solitudine è brutta, è la compagnia che ti fa la morte, con i suoi silenzi, i suoi pianti nascosti, le sue paure del buio o dei rumori di notte, tanto non c’è nessuno a rincuorarti, a tranquillizzarti, nemmeno a prenderti in giro, la solitudine ti lascia nudo con te stesso di fronte alla vita e basta, sono tutti cavoli tuoi.

E’ l’assordante ed insopportabile rumore che fa il silenzio che proprio non sopporti più !

Amica mia, che ti sei confidata con me in un improvviso impeto di sincerità ma che, sicuramente, una volta giunta a casa te ne sarai pentita perché ti sei fatta vedere per quella che sei, piccola e dolce, indifesa e attaccabile, hai in me un’ignota sostenitrice che mai ti confesserà di aver vissuto  i tuoi stessi e strazianti patemi  – legati all’inutilità dell’esistere senza amare ed essere amati – che mai ti narrerà dei capodanni solitari in compagnia di altri solitari a parlare di niente e, soprattutto, a far finta che tutto fosse normale, mentre dentro volevo solo morire.

Tu non lo saprai mai,  ma io pregherò per te, perché questo vuoto finisca, perché anche tu, come un’araba fenice, possa rinascere e trovare – o ri-trovare – la luce, quella splendida, calda ed armoniosa luce che regala l’amore, sotto qualunque forma esso si manifesti, ma che tanto riscalda il cuore.

Da un’amica tornata alla vita.





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