ACQUE
ASSASSINE
Era una notte buia e tempestosa. Fuori dal castello una terribile
tromba d’aria rischiava di sradicare gli alberi del parco.
Persino il grande e possente Platano Picchiatore era in
difficoltà davanti alla furia della natura.
Ma dentro le mura di Hogwarts un ragazzo camminava ostentando una
parvenza di tranquillità. Dentro di sé,
però, sentiva l’ansia crescere, anche se non ne
capiva l’origine. Aveva affrontato Lord Voldemort in persona,
ucciso uno dei suoi horcruxes. Di certo non era quel semplice temporale
a spaventarlo. Eppure c’era qualcosa che non andava, lo
sentiva, e il suo sesto senso si sbagliava raramente.
Percorreva il quinto piano con finta sicurezza, per poi fermarsi di
fronte ad una porta ben precisa, come faceva spesso: quella del bagno
dei prefetti. Lui non era prefetto, ma aveva la fortuna che quelli
della sua casa fossero suoi grandi amici, disposti a dargli la parola
d’ordine anche sapendo che non era una procedura consentita.
Sapevano che a volte aveva bisogno di solitudine, di riflessione, e
data l’alta frequentazione della Stanza delle
Necessità, gli concedevano quel favore per il quale lui non
avrebbe mai finito di ringraziarli.
Entrò senza esitare per evitare di farsi scoprire ad
indugiare lì dove non sarebbe dovuto essere. Solo quando fu
oltre la porta si guardò intorno per assicurarsi di essere
solo. Una volta gli era capitato di trovare già dentro
Malfoy e per sua grande sfortuna la cosa fu utilizzata contro di lui
per molto tempo. Malfoy era un vero demonio.
Quando fu certo dell’assenza di qualsiasi altro essere
vivente ancora respirante (non era raro che Mirtilla facesse una
capatina, a volte), si decise ad avvicinarsi alla vasca e a svestirsi.
Si era tolto solo le scarpe e la camicia con le rifiniture rosso-oro
quando si accorse del suo riflesso nello specchio. Non era un
narcisista, ma a volte gli piaceva osservarsi per ricordare a se stesso
il grande cambiamento che aveva effettuato, sul suo corpo certo, ma
anche sul suo modo di fare e di agire. Un tempo era il timido e
impacciato ragazzino estremamente sbadato, che veniva rimproverato
dalla nonna di fronte a tutta la scuola per mezzo di atroci
strillettere. Ma poi aveva iniziato a crescere, a forgiare il suo
carattere prima di tutto. Con il tempo era diventato forte, in grado di
resistere e controbattere attacchi anche molto potenti. Ora, Neville
era un bel ragazzo. Certo, non aveva un fisico atletico e scolpito come
Harry o Ron, ma non poteva più essere messo
all’angolo da tutti solo giudicandolo dalle apparenze.
Era immerso in questi pensieri quando un lampo più potente
degli altri illuminò a giorno la stanza dove si trovava,
facendolo trasalire e riportandolo con la mente al presente.
Si guardò intorno per qualche secondo, giusto per riprendere
il contatto con la realtà, poi decise che era arrivato il
momento di farsi il tanto agognato bagno. In fondo era lì
per quello, no?
Ma qualcosa glielo impedì.
Proprio nel momento in cui un fortissimo rombo di tuono riempiva le sue
orecchie, il ragazzo fu spinto nella vasca, ancora con i pantaloni
addosso. Cercò di riemergere, e annaspando riuscì
a tirare fuori la testa dall’acqua per qualche frazione di
secondo, prima di sentirsi di nuovo risucchiare verso il fondo. Una
strana forza, non meglio identificata, lo tirava sempre più
in basso. Sentiva come una morsa potentissima chiusa sulla caviglia
destra. Come una mano di un gigante. Non per dimensioni, ma almeno per
potenza.
L’ossigeno nei suoi polmoni stava terminando, lo sapeva, ma
cercò di continuare a mantenere la mente lucida. La gola
bruciava, mentre nella sua testa ripensava ai momenti migliori passati
con quel gruppo di pazzi caccia guai che erano i suoi amici. Gli
passarono davanti i volti di tutti. La nonna, Harry, Ron, Luna, Ginny,
Dean, Seamus.
Allora è
così che si muore? Senti che tutto brucia, senti che stai
ardendo dentro di te, e non puoi fare nulla. Ma almeno puoi vedere
un’ultima volta i volti delle persone che hai sentito
più legate a te. Forse questo è
l’ultimo dono di qualsiasi dio ci sia per i morenti.
Sapeva che non era il caso di ragionare su pensieri del genere, ma era
più forte di lui.
Cercò di concentrarsi ancora sulle scene di vita quotidiana,
sulle lezioni, alla ricerca di un qualsiasi modo per salvarsi. Gli
volevano bene tutti lì, doveva uscirne fuori in qualche modo!
Vide finalmente una immagine che lo avrebbe potuto aiutare.
Il volto di Hermione, l’unica che ancora non aveva rivisto in
quel suo delirio, era nitido di fronte a lui. Rideva e raccontava
qualcosa. Qualcosa della sua infanzia, di quando era una comunissima
babbana all’oscuro di tutto. Quella sera lui e gli altri le
avevano chiesto di descrivere come era la vita di una bambina senza la
magia. E lei raccontava di una serie di cartoni babbani, gli sembrava
di ricordare il nome Sakura, in cui una ragazzina catturava delle carte
che governavano gli elementi. Ricordò che l’amica
aveva detto che spesso fantasticava di avere poteri come quelli della
protagonista quando aggiunse che quando la carta diventava di
proprietà della ragazzina poteva farle fare quello che
voleva, come con i nostri incantesimi. Poteva persino crearsi uno
spazio per respirare sott’acqua.
Illuminazione.
Neville sgranò gli occhi sentendoli bruciare in quella
distesa di liquido buio. Sapeva che ormai gli sarebbero bastati pochi
secondi di resistenza e poi avrebbe potuto di nuovo respirare. Adesso
doveva solo riuscire a prendere la sua bacchetta.
Dove stava? Se l’avesse ricordato avrebbe potuto fare
l’incantesimo testa-bolla e riempire di nuovo i polmoni di
ossigeno.
Per riflesso incondizionato, a questo pensiero inspirò,
tirando dentro tanta acqua e sentendo le vie respiratorie che
bruciavano sempre più. Il rogo che lo divorava era sempre
più esteso e sempre più forte. Doveva darsi una
mossa se voleva sopravvivere e uscire fuori da quella vasca.
Vasca? Un momento, quale vasca? Ricordava perfettamente che nonostante
l’oscurità della sera, la stanza da bagno era
illuminata da candele. Perché ora si trovava nel buio
completo?
Decise di pensarci in un secondo momento. Pochi istanti lo dividevano
dall’incoscienza. Come gli avrebbe fatto comodo un
po’ di alga branchia in quel momento! Ma non
l’aveva. Nelle sue tasche c’era solo… la
bacchetta!
La prese alla svelta non appena ricordò dove fosse. Fortuna
che durante le esercitazioni con l’ES aveva imparato a
governare un po’ gli incantesimi non verbali. Parlare in quel
momento, anche se fattibile, gli avrebbe fatto ingoiare altra acqua e a
quel punto non sapeva se ce l’avrebbe fatta.
Respirava di nuovo e la sua prima emissione d’aria diede vita
ad un sospiro di sollievo. Quel primo ostacolo poteva dirsi superato
con successo.
Fece un po’ di luce con un lumos ben effettuato, per cercare
di capire quale strana creatura fosse quella che lo tirava. Ma non vide
nulla. Cercò di ragionare, inutilmente, mentre andava sempre
più giù. Era ormai certo di non essere
più nel bagno. Quello che vedeva gli faceva pensare a un
enorme tubo. Come ci fosse finito, però, rimaneva un mistero.
Un nuovo problema iniziava a sorgere. La pressione dell’acqua
aumentava e nonostante la bolla intorno alla testa, sentiva comunque le
tempie pulsargli dolorosamente. La paura stava prendendo il sopravvento
su di lui. Non vedeva neanche la punta del suo naso. Non aveva la
più pallida idea di dove si trovava. Né del
motivo per cui era trascinato a quel modo.
Passarono ancora lunghi minuti prima che finalmente riuscisse ad
arrestarsi di colpo, spalancando gli occhi per lo stupore.
All’improvviso era comparsa anche la luce. Poca, certo, ma
c’era, e gli permetteva di guardarsi intorno per analizzare i
dettagli. Era un luogo dove non era mai stato, di questo non poteva
esserne più sicuro, eppure gli sembrava estremamente
familiare.
Le piante che vedeva intorno a sé erano decisamente
acquatiche. Su questo non aveva alcun dubbio, anche perché
era in acqua che si trovava in quel momento.
Le alghe coprivano interamente il fondale. Erano talmente tanto
sviluppate da somigliare a enormi cespugli. Le loro foglie fluttuavano
nella corrente, senza però esserne trascinate.
Il colore della luce, lì sotto, sembrava di uno strano
verdognolo. Osservando l’atmosfera lugubre e tenebrosa
ricordò perché quel posto gli sembrava di non
vederlo per la prima volta. Si trovava immerso nelle
profondità del Lago Nero. Harry glielo aveva descritto
così dettagliatamente dopo il Torneo Tremaghi che gli era
sembrato di vederlo con i suoi occhi.
Ma adesso arrivava il peggio. Doveva muoversi senza svegliare le
creature che vivevano lì. Senza contare il terrore che un
fulmine cadesse sulla superficie agitata del lago. Non era il migliore
del suo corso di Difesa, ma ricordava perfettamente le lezioni del
professor Lupin. Avvincini e Kappa potevano rivelarsi molto pericolosi.
Il dubbio di cosa o del perché fosse finito lì lo
aveva accantonato, relegandolo ad un angolo della sua mente. In quel
momento doveva prima uscire fuori, e probabilmente era molto
più facile a dirsi che a farsi.
Quello che lo spaventò di più fu il passaggio,
sopra la sua testa, di un’immensa ombra scura. La Piovra
gigante l’aveva superato senza accorgersi della sua presenza,
e di questo ringraziò la sua stella guardiana.
Iniziò a muoversi e a nuotare con molta cautela, cercando di
non avvicinarsi alle piante, ma di salire verso l’alto.
Qualcosa però andò storto.
Una corrente imprevista lo spostò con una forza che lui non
si sarebbe mai aspettato e lo catapultò dritto tra le foglie
verdi.
In un secondo sentì le sue caviglie imprigionate.
Guardò in basso e vide dei demoni cornuti di colore verde,
le lunghe dita sottili avvolte intorno alla parte finale delle sue
gambe.
Uno solo di quelli lo teneva, gli altri lo guardavano, i volti
trasfigurati in una smorfia di rabbia. Gli Avvincini erano pronti ad
attaccarlo.
Sentì i loro sibili di guerra fuoriuscire dalle bocche con
lunghi denti aguzzi. Gli fecero ricordare dei vampiri, e il paragone
non contribuì di certo ad alleviare la sua preoccupazione.
Tra le due creature non riusciva a decidere quale era meno pericolosa.
Forse nessuna delle due!
Uno dei demoni si avventò verso di lui. Con un Protego
riuscì a creare un debole scudo. Tutto quella tensione,
tutto quel tempo passato senza respirare, l’avevano privato
di molte energie. Ma non cedeva.
Un altro si scagliò contro il ragazzo che stavolta non fu
altrettanto pronto a parare l’affondo. Con gli artigli
riuscì a scalfire l’incantesimo testa-bolla,
creando immediatamente un senso di bruciore lancinante nelle narici di
Neville che aveva respirato un’ultima dose di ossigeno mista
ad acqua prima di iniziare a trattenere il fiato.
Non poteva muoversi. La superiorità numerica era a suo netto
svantaggio.
E di nuovo iniziò a ragionare su cosa significava morire,
quali sensazioni si provavano.
Il fuoco che l’aveva iniziato a divorare quando era caduto in
acqua all’inizio aveva ripreso il suo lavoro.
I momenti belli e quelli brutti ripassarono nuovamente davanti ai suoi
occhi.
Ma stavolta non riusciva più a reagire. Era troppo debole.
Così lasciò che le fiamme lo divorassero
completamente, scivolando lentamente nel buio.
Il suo ultimo pensiero fu rivolto alla natura che aveva reso quella
giornata triste così perfetta per lo scenario che lo
avvolgeva.
- Si sveglierà?
- Non lo sappiamo, signor Weasley. I suoi polmoni erano pieni
d’acqua. Non sappiamo quanto la mancanza di ossigeno abbia
danneggiato il cervello.
Le voci gli arrivavano ovattate, ma percepiva comunque il tono
angosciato di chi gli era intorno.
- Forza, Ron. Dobbiamo continuare a sperare.
- Harry, non ce la faccio.
- Siamo sempre stati uniti, un gruppo. E lo saremo ancora. Neville lo
sa e si sveglierà solo per questo.
La voce speranzosa di Luna gli fece battere forte il cuore.
Erano un gruppo unito, non poteva abbandonarli. Era come privare un
corpo di un arto. E lui, anche se non era uno di quelli principali, era
comunque un pezzo di quel corpo.
Mosse leggermente le dita, sentendo sulla sua mano il peso leggero di
qualcosa. Una pelle calda. Un’altra mano.
- Si è mosso!
L’urlo di Hermione. Sentì che tutti si facevano
più vicini, in attesa. E non volle deluderli. Strinse le
palpebre per qualche secondo, poi aprì definitivamente gli
occhi e li vide, tutti i suoi amici, attorno al suo letto, in
infermeria.
Non ricordava nulla al momento di quello che era successo, e
pensò che era meglio così. La sensazione che
sentiva addosso era di terrore puro.
- Come sono arrivato qui?
Questo non poté evitare di chiederlo.
- Sei svenuto, nel bagno dei prefetti, Neville. – gli rispose
Hermione. – Quando abbiamo visto che non tornavi siamo venuti
a controllare se era tutto ok, e ti abbiamo trovato a terra, il volto
nell’acqua. Non respiravi più. Ci hai fatti
spaventare!
Lui spalancò gli occhi, improvvisamente memore di tutto
quello che aveva visto. L’avevano trovato svenuto nel bagno?
Allora non era vero tutto quello che aveva passato?
Si accinse a raccontare quello che secondo lui gli era accaduto e la
risposta chiarificatrice di Madama Chip fu che quando un cervello non
riceve più ossigeno, crea immagini non sempre reali. Anzi
quasi mai.
Dopo qualche giorno quella brutta avventura fu solo un ricordo, e il
corpo che era quello formato da quel gruppo di amici
ricominciò a girare per i corridoi tranquillo e sereno.
Almeno finché una nuova catastrofe non si fosse abbattuta su
di loro.
Saku's
Space
Eccomi
qui con questa one-shot. L'ho scritta per un concorso Halloweenesco nel
forum dove ormai praticamente "vivo". XD Il sito è
www.diagonalley.it un forum dove gli appassionati di Harry Potter
possono trovarsi, farsi smistare e vivere la vita di torre,
chiacchierando, scherzando e seguendo le lezioni.
Ok,
dopo questa piccola spiegazione passiamo oltre.
Spero
vi piaccia e che mi lasciate qualche commentino. Fanno sempre piacere e
aiutano soprattutta a migliorare, quindi vi aspetto!!
Vi
saluto, e vi attendo nelle mie altre storie.
Un
abbraccio.
Saku
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