contest
Once upon a time
[But
not The
Right Time]
Naruto
accelerò il passo attraverso i corridoi del castello.
L’imperatore e sua moglie erano assenti: lui e la principessa
non potevano assolutamente perdersi un’occasione del genere.
Arrivò di fronte alla stanza di Sakura. La porta era
socchiusa.
Quando la spalancò, trovò la principessa ad
attenderlo, stesa sul suo letto a baldacchino e libera dagli sfarzosi
abiti che era costretta ad utilizzare in pubblico. Indossava una
semplice vestaglia bianca che fasciava delicatamente le sue tenere
forme e lo guardava con una punta di malizia che lo fece fremere di
desiderio.
Sembrava una dea.
Sakura si affacciò dalla finestra ammirando estasiata il
panorama. Era la mattina di Natale e stava nevicando.
Svelta si infilò il cappotto, la sciarpa e i guanti,
e percorse gli intricati corridoi del castello fino a
scendere nel parco.
Attraversato il viale ricoperto di neve, raggiunse il grande cancello
che la divideva dal resto del mondo.
Era tutto imbiancato e i bambini del villaggio, in lontananza, si
divertivano a fare pupazzi di neve o a lanciarsi palline ghiacciate.
Avrebbe tanto voluto uscire a giocare con loro, ma non le era permesso
frequentare la gente del popolo.
Avvertì gli occhi farsi lucidi e probabilmente avrebbe anche
pianto se non le fosse arrivata una palla di neve dritta in faccia.
Un bambino biondo la fissava oltre il cancello. Doveva avere
più o meno la sua stessa età.
Indossava abiti vecchi e trasandati: non poteva essere un nobile. La
sua risata cristallina le perforò le orecchie.
«Come... come ti sei permesso, razza
d’idiota?!».
«Oh, avanti, lo so che muori dalla voglia di
oltrepassare quel cancello!».
Sakura sgranò gli occhi per poi asciugarsi una lacrima
impigliata tra le ciglia.
«Come ti chiami?», chiese, nascondendo il viso nel
cappotto, un po’ imbarazzata.
«Sono Uzumaki Naruto, Sakura-hime!», rispose il
biondino, sorridendo raggiante.
Sakura non si stupì. In fondo chi era che non conosceva il
suo nome? Era la figlia dell'imperatore!
«Perché sei qui? A voi del popolo non è
concesso stare in questa zona».
«Ti guardo spesso da lontano e ho pensato che devi sentirti
molto sola».
Sakura abbassò lo sguardo, stringendo le sbarre del
cancello.
Quanto avrebbe voluto una vita normale, una vita come quella di
Naruto...
Quando rialzò gli occhi, un’altra palla di neve la
colpì sulla fronte e la risata di Naruto, questa volta, non
poté che contagiarla.
«Vuoi la guerra? E guerra sia!».
Naruto le si avvicinò, salendo sul morbido
letto, e Sakura lo attirò a sé cingendogli il
collo con le braccia.
Le loro labbra si cercarono, affamate, desiderose le une delle altre.
Naruto sentì le dita della principessa affondargli tra i
capelli, carezzandoli, tirandoli, mentre il ciondolo del braccialetto
che portava al polso gli solleticava la nuca. Si fermarono un momento e
si sorrisero, bocca contro bocca.
Nonostante gli anni, nonostante gli ostacoli, la promessa era ancora
lì, legata a quel bracciale, nei loro cuori.
Naruto era tornato il giorno dopo Natale e anche quello dopo e quello
dopo ancora.
Sakura gli portava qualche leccornia rubata dalla cucina del castello e
lui le insegnava ogni volta un gioco nuovo. Parlavano, parlavano e
parlavano.
Sakura pensava che gli occhi di Naruto fossero belli e che le sarebbe
piaciuto oltrepassare quel cancello e scappare via con lui, verso una
vita normale.
«Sakura-chan», le disse quel giorno con aria
triste, «ormai ho raggiunto l’età per
iniziare a guadagnarmi da solo il pane».
A Sakura parve surreale che un bambino di appena dieci anni potesse
lavorare.
«Mio zio mi ha trovato un lavoro decente fuori dal villaggio.
Parto domani».
La principessa avvertì gli occhi farsi lucidi, per la prima
volta dopo tanto tempo [con Naruto aveva dimenticato cosa fosse la
tristezza].
«E... non ci vedremo più?».
«Mi dispiace tanto, Sakura-chan. Però guarda, ti
ho portato una cosa!».
Infilò la mano in tasca e ne estrasse un braccialetto con un
ciondolo di legno.
«L’ho fatto io... per te»,
spiegò passandoglielo attraverso la sbarre.
Sakura lo afferrò e lo guardò estasiata, per poi
infilarselo al posto. «Grazie, è
bellissimo!».
A quel punto Naruto si mise in piedi sollevando un pugno in maniera
teatrale. «Io, Uzumaki Naruto, giuro solennemente su quel
braccialetto che sposerò la principessa Haruno Sakura portandola via dal suo
castello! Questa è la promessa di una vita!».
Sakura scosse la testa. «Apparteniamo a ranghi troppo
diversi, Naruto! Mio padre non lo permetterà
mai...».
«Te l’ho promesso ed io mantengo sempre le mie
promesse, Sakura-chan».
La principessa sorrise tra le lacrime. «Non ti
dimenticherò mai, Naruto».
«Nemmeno io, Sakura-chan. Ci vediamo presto», le
rispose lui, allontanandosi con un sorriso.
Sakura si strinse il polso al petto. Lo avrebbe aspettato.
Sakura lo spinse a sé per la nuca, baciandolo con tutta la
passione di cui era capace. Come aveva solo potuto pensare di poter
sposare un altro uomo?
Il solo pensiero la faceva rabbrividire. Si impose di non pensarci e
voltò la testa di lato per permettere a Naruto di baciarle
il collo, ma la verità era che non sapeva quanto sarebbe
potuta durare quella relazione. Suo padre esigeva ancora una
spiegazione sul perché avesse improvvisamente disdetto le
nozze con Sasuke Uchiha.
«No, no e no!».
Kizashi afferrò la figlia per il polso prima che potesse
allontanarsi.
«Tesoro, è per il tuo bene! Gli Uchiha sono una
tra le famiglie più ricche del paese. Il conte Sasuke ti
assicurerebbe un futuro felice e...».
«Non sarò mai felice con un uomo che non
amo!».
Anche a distanza di dieci anni, la promessa di Naruto era ancora
lì, impressa nel suo cuore.
Era da stupidi pensare che un giorno avrebbe potuto sposare un ragazzo
del popolo che oltretutto non vedeva da anni e forse si era persino
dimenticato di lei, ma solo così Sakura riusciva a sfuggire
al clima monotono e opprimente della vita di corte.
Naruto infilò le mani sotto la vestaglia di
Sakura, accarezzandole i fianchi sinuosi e le gambe snelle.
Il solo pensiero che una
come lei amasse uno
come lui lo mandava in estasi.
Un umile servo non meritava tanta bellezza, tanta fortuna.
Non meritava la principessa Sakura, ma per qualche scherzo del destino
lei lo ricambiava.
E Naruto ancora stentava a crederci.
Sakura si sedette a tavola per la cena. Il vecchio servo Jiraya era
andato in pensione, sostituito da uno più giovane, e
già sentiva la sua mancanza.
Era un brav’uomo, forse un po’ pervertito, ma le
aveva insegnato che bisognava seguire il proprio cuore.
«Oh, sei quello nuovo! Come ti chiami?»,
sentì dire a sua madre, seduta dall’altra parte
del tavolo.
«Uzumaki Naruto, sua maestà», rispose
una voce calda e accogliente.
Sakura rialzò di scatto gli occhi. Non poteva crederci.
Era lui, era proprio lui. Alla fine era tornato, come le aveva promesso!
Non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Nonostante fosse vestito
di stracci, era bellissimo.
E non le sfuggì l’occhiata che le aveva rivolto
prima di portare via i piatti sporchi dal tavolo.
Significava che non si era dimenticato di lei.
Finita la cena, Sakura corse tutta eccitata a lasciargli un biglietto.
“Raggiungimi alle 9 in punto nella mia stanza. S.”
Poi si ritirò in camera da letto, ad attenderlo.
Allo scoccare delle 9 la porta si aprì lentamente, rivelando
una zazzera bionda e un paio di occhi azzurri luminosi.
«Ha chiesto di vedermi, Sakura-hime?».
Sakura lo raggiunse, divertita. «Cosa sono questi formalismi,
Naruto?».
Gli sorrise, mostrandogli il braccialetto al polso. Naruto lo
guardò, ma la sua espressione non fece una piega.
«Sono contento che l’abbia tenuto,
Sakura-hime».
La principessa lo guardò basita. «Naruto...
perché ti comporti così?».
Lo vide sospirare, abbassando lo sguardo.
«Eravamo bambini... ed io non potevo capire. Si dimentichi di
quella promessa, Sakura-hime. Io non potrò mai renderla
felice. Lei sposerà un uomo adatto al suo
rango». Non era lui che manteneva sempre le
promesse? Cosa ne era stato del suo Naruto?
«Sparisci dalla mia stanza».
Naruto la guardò implorante.
«Sakura-hime...».
«Vattene o chiamo mio padre!».
Sakura si buttò sul suo letto e si strinse nelle coperte,
sentendo la porta chiudersi e avvertendo le lacrime inondarle gli occhi.
Sakura gli sfilò la casacca e Naruto le tolse a
sua volta la vestaglia, per poi stringersi la principessa a
sé, come se avesse paura di perderla ancora.
I seni nudi di lei premettero contro il suo torace, le loro labbra si
cercarono ancora.
E pensare che aveva rischiato di perdere la sua unica ragione di vita
per una stupida regola imposta dalla società...
Ottenere quel posto era stata la cosa migliore e peggiore che gli fosse
mai potuta capitare: avrebbe convissuto con la bambina, ora donna, che
aveva sempre amato, ma al prezzo di vederla andare in sposa ad un
altro. Cosa poteva saperne lui, a dieci anni, di come andava il mondo?
I ricchi sposavano i ricchi e i poveri sposavano i poveri, era risaputo.
E lui, per quanto amasse Sakura, non avrebbe mai potuto renderla
felice. Non avrebbe mai potuto mantenere la promessa.
Tuttavia era straziante vederla tutti i giorni senza poterle rivolgere
parole diverse da «Cosa ordina, Sakura-hime?» e
ricevere in risposta occhiate piene di rancore. Cercava di
autoconvincersi che avesse fatto la scelta giusta, che solo in quel
modo avrebbe potuto vedere felice la sua Sakura-chan, ma quella sera accadde la goccia che fece traboccare il vaso: Naruto si ritrovò ad
origliare una conversazione tra l’imperatore e la figlia.
«Sposerò Sasuke Uchiha, padre».
«Oh, tesoro, che gran bella notizia mi stai dando!».
«Ma voglio farlo subito. Il mese prossimo, anche la settimana
prossima se fosse possibile».
«Perché tutta questa fretta, figlia
mia?».
«Non voglio più sprecare il mio tempo. Voglio
delle certezze per il mio futuro... e Sasuke Uchiha è
l'unico in grado di darmele».
Stava succedendo tutto troppo in fretta. Naruto sentiva il cuore
sgretolarsi al solo pensiero che a distanza di un mese o forse solo di
pochi giorni la principessa Sakura si sarebbe lasciata andare tra le
braccia di un altro.
Quella notte bussò alla porta della sua stanza e quando
Sakura gli aprì, la prese per le spalle guardandola dritta
negli occhi.
«Sakura-hime, ho sbagliato a lasciarla andare. Non ho mai
dimenticato la mia promessa e giuro di mantenerla, fosse
l’ultima cosa che faccio».
Lo sguardo di Sakura era duro, ma nascondeva tanta tristezza.
«Quella notte hai infranto un sogno che durava da dieci
lunghi anni, il mio più grande sogno. Come pretendi che io
possa perdonarti?».
Naruto la guardò con una devozione tale che Sakura
sentì le gambe molli.
«Io la amo, Sakura-hime, l’ho sempre amata. Le
basta questo?».
Sakura lo attirò a sé per il colletto della
casacca.
«Chiamami pure Sakura. E ora baciami, stupido di un
servo».
Naruto si chiuse la porta alle spalle e non se lo fece ripetere due
volte.
Si ritrovarono entrambi nudi, stretti in un abbraccio che
sapeva di imbarazzo e di proibito.
«Sakura-sama...», sussurrò Naruto con
impazienza a un centimetro dalla bocca della principessa.
«Quante volte... ti ho detto... di chiamarmi... solo
Sakura?», ribatté lei con poco forza, cingendogli
la vita con le gambe.
«“Sakura-sama” è
più eccitante,
non trovi?».
Sakura arrossì, aggrappandosi alle sue spalle e affondando
la testa tra le sue clavicole.
Naruto le baciò la fronte, quella fronte spaziosa che aveva
amato fin dal primo momento, ed entrò piano in lei,
sussurrandole «Ti amo, Sakura-chan».
Ogni volta era come la prima e Sakura non riusciva a non farsi sfuggire
un gemito avvertendo l’amore e la passione prorompente di
Naruto travolgerla e sconvolgerla, lasciandola piacevolmente stordita.
«Shhh», le sussurrò lui, mettendole un
dito sulle labbra. «Ci sentiranno».
Sakura si spinse maggiormente contro di lui. «I miei non sono
a casa».
«Ma ci sono le guardie e il resto della
servitù».
La principessa lo zittì con un bacio, infine raggiunsero
insieme l’estasi.
Naruto si accasciò al suo fianco e la tirò a
sé con un braccio.
Sakura poggiò la testa sul suo petto chiudendo gli occhi, la
mano del suo amato che le accarezzava amorevolmente i capelli.
«Scappiamo insieme». Era stato poco più
di un sussurro.
Sakura sollevò di poco la testa per guardarlo negli occhi.
«C-Cosa?».
«Solo così potrò mantenere la mia
promessa».
Era ciò che aveva sempre sognato: sposare un uomo che amava
e vivere una vita normale.
Ma Naruto era un servo, era
solo un servo.
«Come faremo a mantenere una famiglia?».
Naruto le sorrise, come se fuggire da quella prigione dorata fosse la
cosa più semplice del mondo.
«Ho accumulato del denaro in questi anni. Mi
troverò un altro lavoro, ce la caveremo».
Sakura lo guardò negli occhi. Era una pazzia... ma lei lo amava.
«Scappiamo», ripetè, sorridendo
emozionata.
Naruto la attirò a sé per poterla baciare, ma un rumore di passi li
costrinse a dividersi.
Le guardie sfondarono le
porta e irruppero nella stanza, afferrando la principessa e bloccando a
terra il ragazzo.
«Naruto!».
«Sakura!».
Lo stesso crudele destino
che li aveva fatti innamorare, ora li stava dividendo.
Quella notte, due giovani
amanti morirono insieme, mano nella mano.
Non c'era spazio per
loro. Non in quella vita.
Forse in un altro tempo, avrebbero potuto amarsi senza ostacoli.
Note
dell'autrice:
L'immagine qui a fianco è l'unica che
rispecchia più o meno i ruoli di Naruto e Sakura in questa
fanfiction, ma in realtà c'entra poco... è
più una cosa per sdrammatizzare, visto l'angst dilagante del
finale.
IMPORTANTE:
le parole in
grassetto sono state fedelmente riprese dalla one shot The
right time di Jeo
95 (che vi consiglio!), dove è descritto il finale
della storia tra la principessa
Sakura e il servo
Naruto. Spero che non mi accusiate di plagio: la storia
appena accennata da Jeo mi ha così affascinato che ho
pensato di scrivere una sorta
di PREQUEL.
E spero che piaccia anche a voi, gradirei sapere la
vostra opinione!
Ringrazio infinitamente
tutti coloro che mi seguono e commentano le mie fanfiction.
Rinnovo il mio appello: coloriamo il fandom di ROSA!
Una drabble, una one shot, una long, una raccolta, un AU... tutto
quello che volete. Scrivete,
scrivete, scrivete, perchè Naruto
e Sakura
hanno bisogno di stare insieme almeno nelle fanfiction. E noi abbiamo
bisogno di loro! Alla prossima.
Soly Dea
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