Teneva una mano sul cuore mentre l'altra si muoveva sinuosa a sfiorare i tasti bianchi e neri del pianoforte, una melodia triste quasi quanto lo spettacolo che riusciva a scorgere dalla finestra: la luna piena accarezzava il terreno con la sua luce fioca, a quella carezza non sfuggì quella bara immersa in quel bosco.

Ormai erano passati già due anni, eppure il dolore era sempre così vivo, anche da così lontano riusciva a scorgere il coperchio di legno intagliato con lo stemma di famiglia e quel dieci in un numeri romani.

"Decimo." Fu un sospiro, una scintilla che lo fece scoppiare in lacrime, la sua mano si fermò premendo con forza sul tasto greve del Do, un lamento del pianoforte simile al lamento della sua anima immersa nel dolore.

Gokudera si asciugò le lacrime che stavano scorrendo sul suo viso poi si alzò lentamente dal pianoforte e fece qualche passo verso la finestra, vicino alla bara vi erano alcune ombre strane, gli parve quasi di scorgere una figura umana.

Velocemente si precipitò fuori correndo verso la bara del suo amato boss, fu un attimo, lo vide lì seduto ad occhi chiusi mentre la luna rischiarava il suo viso chiaro.

"Decimo!" Questa volta fu un urlo disperato, persino il vento smise di soffiare, il silenzio ormai regnava in quel luogo.

L'ombra aprì gli occhi guardandolo e gli sorrise, vide le sue labbra muoversi e sussurrare qualcosa, Gokudera impallidì sentendo ormai le lacrime calde farsi strada lungo le sue guance.

Dopo pochi secondi l'ombra svanì come se non ci fosse mai stata, il vento tornò a soffiare e il cuore del guardiano stava piangendo tutte le sue lacrime.

Le parole che quell'ombra aveva sussurrato erano dolci e senza risentimento: "Grazie per essere stati la mia famiglia."