Titolo:
Commiato
Autore:
Liberty89
Genere:
Introspettivo, Triste
Rating: Verde
Fandom: Jak 3
Personaggi:
Jak, Sig, Daxter
Avvertimenti:
One-shot, Spoiler!, Post-game
Note dell'autrice:
Salve! Ebbene sì, continuo a scrivere sulla bellissima saga
di Jak & Daxter, questa volta ho preso di mira il terzo
capitolo e non sarà l’ultima, almeno spero xD
Spoiler per chi non ha terminato il gioco, visto che è
ambientato proprio dopo il finale, a cui ho voluto dare un continuo
più… “sentito”, ecco. Solo a
me è sembrato buttato lì? Vabbè,
ciancio alle bande, ho parlato anche troppo, quindi buona lettura!
Disclaimer: i
personaggi della storia non mi appartengono. La fic non è
stata scritta a scopo di lucro.
Commiato
Alla fine, i Precursors se n’erano andati senza di lui. Alla
fine, Jak era rimasto e tutti -lui stesso per primo- erano felici della
sua scelta. Tutta Spargus guardò la nave volare alta nel
cielo limpido e diventare sempre più piccola,
finché non divenne un puntino nero e infine, scomparve.
L’Arena si svuotò abbastanza rapidamente, gli
abitanti della città del deserto non erano famosi per il
loro oziare, infatti ognuno tornò alle proprie faccende come
se nulla fosse accaduto.
Jak sospirò, sentendo le spalle liberarsi di un enorme peso,
mentre il sorriso sereno che gli aveva allungato le labbra si spegneva
gradualmente. Quella lunga guerra era giunta al termine e Haven City
avrebbe conosciuto il vero significato della pace che da troppo tempo
aveva dimenticato, tutto grazie a lui e ai sacrifici che erano stati
fatti da molti. Uno in particolare non avrebbe mai potuto dimenticarlo.
-Damas…- pensò tristemente, voltandosi verso il
trono dell’Arena, dove ora sedeva Sig.
Il possente uomo del deserto terminò di discutere con Samos,
che annuì profondamente un paio di volte, trovandosi
d’accordo con le sue parole -quali che fossero-, poi si
voltò verso di lui, rivolgendogli uno sguardo intenso con
l’unico occhio rimastogli. Infine, gli sorrise con calore e
lo invitò a seguirlo con un cenno.
Non del tutto sorpreso, l’eroe lo raggiunse con degli abili
balzi e gli andò dietro, salutando rapidamente il resto
degli amici. Stranamente Daxter non lo accompagnò, forse
perché anche lui aveva compreso di cosa avrebbero parlato i
due uomini e non voleva intromettersi in quelle che erano faccende
strettamente personali. Jak, però, sapeva che il suo
migliore amico sarebbe stato lì per lui, pronto a sostenerlo.
In silenzio, i due Cacciatori attraversarono Spargus e salirono fino
alla sala del trono. Sig camminò tra le vasche e si diresse
a una delle ampie finestre che davano sul deserto e
sull’oceano, rimanendo in attesa del giovane eroe, che si era
invece fermato di fronte allo scranno reale. Il biondo sentì
un nodo stringergli la gola e distolse lo sguardo, affrettandosi ad
affiancare l’uomo dalla pelle scura.
-E così, tu sei il piccolo Mar.- esordì Sig, dopo
un lungo momento di quiete. -Che ironia, ti ho cercato per tutta Haven
City ed eri proprio sotto il mio naso!-
Il ragazzo ridacchiò appena. -Beh, tu cercavi un bambino,
non me.-
-Vero.- concordò l’altro. -L’Ombra,
Samos, mi ha raccontato quello che è successo davvero. Se
Damas avesse saputo…- s’interruppe con un sospiro,
fissando il blu dell’oceano.
Jak strinse i pugni lungo i fianchi. Se il Re di Spargus avesse saputo
tutto su di lui, cosa avrebbe fatto? Come avrebbe reagito?
Probabilmente, si disse, non lo avrebbe mai accettato. Quale padre
accetterebbe un mostro corrotto dall’Eco Oscuro come figlio?
Abbassò lo sguardo sul pavimento di pietra rossa, pensando
che forse era stato meglio per Damas non sapere nulla di ciò
che era accaduto a suo figlio.
-Lascia che ti dica una cosa, ragazzo.- riprese il Cacciatore del
Deserto, richiamando l’attenzione delle sue iridi blu. -Damas
sarebbe stato felice di sapere chi eri e sarebbe stato orgoglioso del
giovane uomo che sei diventato.-
Il biondo trattenne il fiato a quelle parole. -C-Come fai a dirlo?-
L’uomo ghignò. -Che domande, lo conoscevo da una
vita, avrei potuto leggergli il pensiero, ma non è servito.
È stato lui stesso a dirmi che avrebbe voluto tanto che il
suo piccolo Mar crescendo, diventasse come te.-
-Ma io sono-
-Coraggioso, leale, forte, un ottimo guerriero e…
spericolato al punto giusto, esattamente come lui quando era giovane.-
lo frenò Sig, sorridendo di cuore di fronte al suo stupore.
-No…- disse Jak, deglutendo e scuotendo il capo.
-Lui… Damas non mi avrebbe mai accettato!-
replicò.
-Perché?-
-Perché sono un mostro! Il bambino che sperava di ritrovare
non esiste più! Adesso ci sono solo io, il mostro corrotto
dall’Eco Oscuro!-
-Strano.- asserì il Cacciatore con voce tranquilla. -Io
davanti a me vedo solo un abile guerriero che ha salvato il mondo
un’altra volta, e terribilmente cocciuto, esattamente come
sua madre.-
Di nuovo, il biondo rimase senza fiato. -Mia… cosa?-
Questa volta, Sig rise, sinceramente divertito. -Già, tua
madre. Testarda come uno yakow, lasciatelo dire!-
-Ho… anch’io una…?-
-Santo cielo ragazzo, ovvio che hai una madre! Da dove pensi di essere
uscito? Da sotto una roccia?- domandò il signore di Spargus,
che scoppiò in un nuovo attacco di ilarità nel
vedere le guance dell’altro colorarsi di rosso.
Superato l’imbarazzo, Jak fece un passo in avanti, ansioso di
sapere. Forse era possibile recuperare qualcosa della sua famiglia
originaria? Tuttavia, gli sembrava strano non aver visto tracce della
Regina di Spargus e quando giunse al termine di quella riflessione, il
suo viso impallidì.
-Sig… dov’è mia madre?-
L’amico lo guardò con dispiacere per poi
concedersi un sospiro. -Purtroppo, è perita la notte in cui
ti rapirono. Le sue ultime parole sono state d’amore per te e
per Damas, lo supplicò di ritrovarti e riportarti a casa e
di starti vicino, perché avevi visto…-
L’eroe comprese immediatamente la fine di quella frase anche
senza sentirla. Lui, però, non ricordava nulla di quella
notte, di Spargus o di Haven City, prima di arrivarci da Sandover.
Forse aveva dimenticato tutto a causa dello shock e forse era quella la
causa del suo mutismo. Istintivamente si portò una mano alla
gola e la sua espressione dovette farsi ancora più grave,
perché Sig gli posò una mano sulla spalla per
scuoterlo.
-Tutto bene?- chiese, accennando al suo gesto.
-Io… sì. È solo che… ero
muto, da bambino. Ho cominciato a parlare solo due anni fa…-
L’omone annuì. -Capisco. Ascolta Jak, so che non
è molto, ma voglio che tu prenda questa.- disse poi,
prendendo una fotografia da una tasca e porgendola al ragazzo.
Jak studiò l’immagine con occhi larghi e lucidi.
Un giovane e sorridente Damas era in piedi accanto a una donna che
l’eroe poté solamente definire bellissima. Non era
molto alta, ma non l’avrebbe mai detta fragile, con indosso
l’armatura tipica di Spargus e armata di un lungo fucile,
simile al Pacificatore di Sig, sembrava in grado di affrontare
chiunque. Il viso era sottile, illuminato da un sorriso allegro, che
accendeva anche gli occhi, identici ai suoi, esattamente come i lunghi
capelli biondi sfumati di verde sull’attaccatura e sulle
punte. Il ragazzo sentiva che avrebbe potuto guardare quella foto anche
per giorni interi, non poteva separarsi da quel sorriso, da
quell’espressione dolce, né dalla
felicità di entrambi i suoi genitori, che si stringevano la
mano, intrecciandone le dita.
Quasi timoroso di rovinare quel momento congelato nel tempo, Jak
accarezzò la foto con un indice tremante, scorrendo i volti
sorridenti. -Come… Come si chiamava?-
-Leena.-
Il biondo si ripeté continuamente quel nome nella mente, non
voleva correre il rischio di dimenticarlo un’altra volta.
-Grazie Sig.-
-Di nulla, ragazzo.- disse il Cacciatore, scrutandolo con
l’unico occhio e dicendosi che stava facendo i passi giusti
con quell’anima caparbia. -Cosa pensi di fare d’ora
in poi? Tornerai a Haven?-
-Credo che rimarrò qui. La vita del deserto mi si addice di
più.- ammise con un piccolo sorriso.
-Felice di sentirlo!- esclamò Sig. -Ho una casa
giù in città, non è molto grande, ma
per te andrà benissimo.- aggiunse. -Non fare quella faccia
da lucertola essiccata, avrai bisogno di un posto dove vivere, no? Io
d’ora in poi vivrò qui, quindi sarebbe un peccato
lasciarla vuota. È tutta tua.-
-Io… non so cosa dire…- balbettò Jak.
-Grazie ancora Sig…-
-È il minimo. Sei il salvatore del mondo, figlio del mio
caro amico Damas e mio amico a tua volta, questo è davvero
il minimo per ringraziarti. Se hai bisogno di qualcosa, non esitare a
chiedere.-
Il ragazzo annuì, tornando a guardare la fotografia. Non
poteva domandare niente di più. Finalmente aveva una casa,
un luogo a cui fare ritorno, dove nessuno lo avrebbe inseguito
né additato come mostro. Tuttavia, più guardava
quell’immagine più sentiva che gli mancasse
qualcosa da fare. Fu dopo molti minuti che trovò il pensiero
giusto.
-Dimmi Sig…- iniziò, carezzando di nuovo il
rettangolo di carta. -Dov’è sepolta mia madre?-
Il nuovo sovrano di Spargus aveva quasi temuto quella domanda,
poiché non sapeva per certo se il ragazzo avrebbe accettato
la risposta.
-Devi sapere, Jak, che noi non abbiamo la tradizione di seppellire i
nostri morti.- rivelò, fissando gli occhi blu
dell’altro, ora larghi di stupore e smarrimento. -Quando un
nostro guerriero incontra la morte, che essa avvenga in battaglia, nel
proprio letto per una malattia o la vecchiaia, noi lo bruciamo su una
pira eretta sulla scogliera, in modo che le sue ceneri possano
scegliere se restare nel deserto o gettarsi nell’oceano per
raggiungere altri luoghi.-
Jak annuì. Aveva compreso e quasi gli piacque il risvolto
preso dagli eventi. Non avrebbe avuto tombe su cui ricordare il passato
che aveva perduto e immaginare quello che non aveva mai avuto, tutto
ciò che aveva era una singola fotografia. Si disse che forse
era meglio così, che quella doveva essere
un’ulteriore spinta a guardare sempre avanti e pensare al suo
futuro, mentre il passato stava bene dov’era.
Quando alzò lo sguardo per porre l’ennesima
domanda, il Cacciatore del deserto lo precedette. -Questa sera ci
riuniremo per l’ultimo saluto a Damas, sarò io ad
accendere la pira per primo. Se vorrai, potrai lanciare anche tu una
torcia.-
Con un lungo sospiro, il biondo ringraziò l’amico
e lo salutò, quindi lasciò la sala del trono per
andare alla ricerca di Daxter e raccontargli le novità.
Quando le mani della notte si allungarono, coprendo l’oro e
l’azzurro del giorno, le stelle si accesero una a una, prima
lentamente, poi sempre più veloci, finché il
cielo non divenne un brillante tappeto nero. Un lieve vento soffiava
sia dal mare che dal deserto, carezzando Spargus e i suoi abitanti, ma
soprattutto il caduto che avrebbe raccolto tra le braccia.
Jak era già lì dall’imbrunire, insieme
a pochi altri, quando l’area attorno alla scogliera si
riempì e i suoi amici lo raggiunsero. Sentì la
mano del Saggio Verde posarsi sulla sua spalla in un silenzioso gesto
di conforto a cui annuì con gratitudine, ma nessun altro
osò andargli vicino, nemmeno Daxter, che fermo accanto alla
sua compagna, lo guardava da dietro, attento e pronto a farsi avanti se
fosse stato necessario. Gli occhi del ragazzo erano fissi di fronte a
sé, dove era stata eretta la pira su cui Damas era stato
posato. Il vecchio Re pareva dormire, con le mani giunte sul petto,
strette attorno all’elsa di una spada, il suo viso era pulito
e sereno.
All’improvviso il suono di un tamburo squarciò
l’aria della notte e Sig si fece largo tra la gente di
Spargus, con una torcia già accesa in mano. I tamburi
diedero il ritmo al suo passo, intonando una marcia solenne, come se
dovessero tutti prepararsi per una battaglia imminente. Il Cacciatore
si fermò accanto al biondo, ponendogli una muta domanda con
l’occhio buono. Ottenuto l’assenso che si
aspettava, porse la fiaccola al figlio del suo vecchio amico e con una
leggera spinta alla spalla, lo invitò a proseguire al posto
suo.
Deglutendo, Jak compì un passo dietro l’altro,
finché non fu vicinissimo alla catasta di legna e paglia.
Avvertì la gola stringersi in una morsa e la mano libera
fare lo stesso contro il suo fianco. Il suono dei tamburi gli
martellava nelle orecchie insieme al battito del proprio cuore, ed
erano così forti da parergli un’unica cosa. Una
lacrima sfuggì al suo controllo e seppe che quello era il
momento giusto.
-Addio, padre.- pronunciò in un soffio, avvicinando la
torcia alla legna.
In un attimo, il fuoco attecchì e i tamburi si zittirono. Il
crepitio delle lingue rosse e gialle colmò il silenzio che
era calato come una pesante coltre, e quando cominciarono a ingrandirsi
sempre di più, l’eroe indietreggiò fino
a una distanza di sicurezza, lasciando il posto ad altri. Non seppe
quante persone gli passarono accanto per dare da vicino
l’ultimo saluto al vecchio Re di Spargus, non si accorse del
tempo che scorreva, perché la sua mente pareva essersi
fermata. Riempitasi di “se” e di
“ma”, continuava a mostrargli il momento in cui
Damas gli aveva chiesto di trovare suo figlio Mar, lo stesso in cui
aveva scoperto di avere un padre per perderlo quello seguente.
Maledisse tutto. I Precursors, l’Eco, ma soprattutto se
stesso. Se fosse stato più capace nell’uso
dell’Eco Luce, probabilmente avrebbe potuto guarire le ferite
di suo padre, esattamente come faceva con le proprie. Di nuovo,
però, si trattava di un’infinita serie di
“se” che non gli avrebbe ridato indietro Damas.
Fu allora che Daxter si arrampicò sulla sua spalla.
L’aveva visto irrigidirsi, chinare il capo e stringere i
pugni così forte da conficcarsi le unghie nei palmi e farne
gocciolare il sangue, quindi l’aveva raggiunto. Avvolse la
coda attorno al suo collo e posò la testa contro la sua
guancia, bagnandosi con le lacrime che non avevano più
smesso di cadere.
-Sono qui con te, amico.- soffiò al suo orecchio per poi
guardargli il viso immobile, che mostrava il dolore solo
perché rigato di lacrime. -Non è stata colpa
tua.- aggiunse, leggendo nel mutismo del biondo, per lui era come se
stesse gridando a squarciagola. -Sono certo che nessuno ti incolpa,
nemmeno l’uomo della sabbia.-
Stava per scuotere la testa per negare, quando sentì un
forte schiocco, che gli fece alzare lo sguardo. Il legno stava cedendo,
del corpo di Damas non c’era traccia e il vento aveva preso a
soffiare un poco più forte, pronto a portare con
sé le ceneri del defunto. Sentì
l’Ottsel stringersi al suo orecchio e trattenne il fiato
quando scorse della polvere luccicante sollevarsi in aria. La
seguì con gli occhi finché gli riuscì:
la scia di cenere sembrava giocare sui turbini di vento, saltava da una
parte all’altra come se fosse indecisa su quale direzione
prendere. Infine, la vide correre verso il buio deserto per unirsi alle
sue dune.
Un piccolo sorriso gli illuminò il volto e
percepì quello di Daxter sulla propria guancia.
-Alla fine è rimasto qui anche lui, visto?-
mormorò l’Ottsel, divertito.
Jak assentì, finalmente sereno come avrebbe dovuto essere:
suo padre non l’avrebbe mai davvero lasciato.
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