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Ok, sembra proprio che questa storia non vi piaccia più di
tanto!!! Le soluzioni sono due: o tolgo anche gli altri capitoli e cerco un
altro sito, oppure continuo sperando che prima o poi cominci a piacervi! In
realtà non ho molti dubbi, e sicuramente la mia scelta sarà la seconda opzione!
Comunque sia spero veramente che prima o poi vi ispiri e vi diverti come mi
diverto io a scriverla!
Tra parentesi un mega grazie a Bily e a Leuconoe
che, invece, hanno dimostrato il loro interesse!!! Grazie mille e mille baci
V° CAPITOLO
99 LUFTBALLONS
Hast du etwas Zeit
für mich
Dann singe ich ein Lied für dich
Von neunundneunzig Luftballons
Auf ihrem Weg zum Horizont
Sheril e Asriel stavano aspettando gli altri, comodamente
seduti sulle poltrone della hall dell’albergo.
La donna, come sua abitudine, si era impegnata con molta
dedizione a rendere il suo aspetto il più perfetto possibile. Il suo sguardo
aveva assunto una lieve sfumatura di mistero, grazie alla frangia tagliata a
ciuffo che le copriva l’occhio sinistro. Il resto dei capelli tagliati corti e
scalati erano stati ingellati dietro la testa. Il mascara aveva accentuato
maggiormente le ciglia già notevolmente lunghe; mentre l’ombretto violetto
sfumato con il colore mattone e il piccolo aiuto della matita nera, accentuava
l’iride marrone della donna. Per quella serata tranquilla, tra colleghi, Sheril
aveva scelto il rossetto rosa, la tonalità più tranquilla a sua disposizione.
La maglietta nera senza maniche scendeva larga sul seno,
mentre la fascia elastica le avvolgeva il ventre, mettendo in mostra un lieve
cenno di pancetta, ricordo di gioventù che, però, le faceva tutt’altro che
difetto. I jeans a vita bassa, per contrasto, erano chiari e abbastanza stretti;
nulla di troppo sfarzoso: niente stampe né fronzoli vari. Senza indecisione,
sicura come sempre, aveva preso dalla sua valigia dei sandali neri con qualche
brillantino sul laccetto che le avvolgeva la caviglia. Essendo, per sua natura e
costituzione, molto alta (solo Richard la superava con il suo metro e
novantacinque) le sue scarpe non superavano il tacco 10, e quelle che si mise
per uscire non fecero eccezione.
Asriel, al contrario del collega, era decisamente meno
curato. Adorava indossare dolcevita dai colori scuri, ma essendo in una città
molto calda, aveva momentaneamente abbandonato il suo stile per una maglia più
fresca e leggera, ma comunque rigorosamente sobria. I capelli lisci e lunghi
unicamente dietro la schiena erano stati raccolti in una coda si cavallo bassa.
“Jack e Savannah?” chiese Sheril quando li raggiunse
Richard senza la compagnia dei due ragazzi.
“Savannah si è ubriacata” rispose accigliato, infilandosi
la giacca di jeans dimessa e scolorita, avviandosi verso l’uscita.
I due uomini avevano scelto di cenare in un ristorante
cinese, relativamente vicino all’alberghetto dove soggiornavano. Per strada il
trio non passò inosservato; la gente si voltava chiedendosi che cosa centrasse
una così bella donna in compagnia di un uomo abbastanza avanti con l’età da
poter essere suo padre, ma visibilmente diverso fisicamente per poterlo essere
veramente, e con un tipo talmente mal vestito da sembrare un senza tetto. I tre
non si curarono degli sguardi che stavano attirando; camminavano sicuri per la
loro strada dritti verso destinazione, parlando del più e del meno.
Entrati nel ristorante, Richard richiese il tavolo più
appartato a disposizione. Solo una volta seduti e dopo aver controllato che
nessun orecchio troppo lungo potesse sentire, si misero a parlare del giorno
dopo.
“Il numero di telefono che ho trovato appartiene ad una
stireria. Il gestore conosce solo di fama la famiglia Rizzo; l’ho trovato
sinceramente stupito quando ho chiesto del capofamiglia proprio a lui. Dopo un
po’ sono riuscita a farmi dare il numero di cellulare del proprietario che,
ovviamente, conosce la persona che stiamo cercando” raccontò Sheril.
“Non mi stupisce che questa famiglia sia caduta in
disgrazia. Dare in gestione la stireria ad un uomo che non ha nulla a che vedere
con i traffici non è una mossa sbagliata, ma personalmente avrei fatto in modo
che fosse più difficile avere un contatto con il proprietario” commentò Asriel.
Richard rivolse all’uomo un lieve sorriso, per poi
ritornare a guardare la donna dandogli il permesso di proseguire.
“Non ho potuto evitare di dire chi siamo. Mi dispiace
Richard, ma se non lo avessi fatto non ci avrebbero concesso di andare a casa
loro e parlare con il patriarca” si scusò la donna.
“Immaginavo, speravo diversamente, ma ero scettico” la
tranquillizzò il capo. “La cosa importante è che non sappiano che siamo venuti
per il Trojan.”
“Hai intenzione di essere diretto o hai deciso di non
scoprirti subito?” si informò Asriel, mentre inforchettava il suo primo raviolo
al vapore.
“Prima voglio scoprire dov’è il Trojan.”
“Non sarà una cosa facile” ribatté Asriel.
Richard evitò di rispondere, limitandosi a infilare in
bocca un pezzo eccessivamente grande del toast di gamberetti; masticandolo con
gusto e fissando, con il suo solito sguardo giocoso e ironico, il serioso
tedesco.
“Sei piuttosto ottimista Richard” notò Sheril. “Dimmi la
verità, hai già calcolato le tue mosse e hai previsto una partita facile!”
“Affatto” rispose l’uomo, portandosi il bicchiere di birra
annacquata che aveva ordinato. “Se fosse per i Rizzo effettivamente prevedo una
giocata facile, veloce e indolore. Mi preoccupa Savannah.”
“Non è la prima volta che alza il gomito.”
“Sheril ha ragione. Questi americani…prontissimi a bere
superalcolici, ma non riescono poi a gestirli.”
“Cosa che invece voi tedeschi sapete fare bene” rispose
ironico il gallese. “Comunque non si è mai lasciata andare durante i viaggi di
lavoro; sa bene che proprio non lo tollero. No, sono sicuro che lei sappia chi
sono questi Rizzo. Il problema è che ora è tardi. Anche se la mettessi sotto
torchio questa sera, sarebbe troppo ubriaca per rendersene conto.”
“Vai sul sicuro e lasciala in albergo domani mattina”
consigliò Asriel.
“Potrei, ma ho bisogno di lei. E’ americana e, se il mio
istinto continua a sostenermi, è cresciuta con degli italo-americani. Sarà più
facile per lei che per noi capire i discorsi sotto banco.”
In quel momento alla donna tornò in mente la promessa che
Jack aveva fatto a Savannah sull’aereo. Il cervello della donna cominciò a fare
velocemente i calcoli, soppesando i pro e i contro nel caso avesse informato
Richard. Alla fine decise di tenersi la cosa per sé, cercando, per quanto le era
possibile, di gestire autonomamente la questione, nel tentativo di evitare alla
ragazza una sonora strigliata. Sheril Water era il superiore dell’americana, ma
c’era una cosa chiamata complicità femminile, che spinse la donna a prendere la
parte di Savannah.
In quel momento Asriel si alzò e senza dire una parola, si
avvicinò al proprietario.
“Cosa stà facendo?” chiese Sheril perplessa, con il
sopraciglio destro alzato.
“Non ti sei accorta che stava tenendo d’occhio il karaoke?”
E di fatto, avvicinatisi al computer, mentre il cinese
picchiettava sulla tastiera, Asriel prese in mano il microfono.
Hast du etwas Zeit für mich
Dann singe ich ein Lied für dich
Von neunundneunzig Luftballons
Auf ihrem Weg zum Horizont
Denkst du vielleicht g'rad an mich
Singe ich ein Lied für dich
Von neunundneunzig Luftballons
Und daß so was von sowas kommt
Neunundneunzig Luftballons
Auf ihrem Weg zum Horizont
Hielt Man für Ufos aus dem All
Darum schickte ein General
'Ne Fliegerstaffel hinterher
Alarm zu geben, wenn's so wär
Dabei war'n da am Horizont
Nur neunundneunzig Luftballons
Neunundneunzig Düsenflieger
Jeder war ein großer Krieger
Hielten sich für Captain Kirk
Das gab ein großes Feuerwerk
Die Nachbarn haben nichts gerafft
Und fühlten sich gleich angemacht
Dabei schoß man am Horizont
Auf neunundneunzig Luftballons
Neunundneunzig Kriegsminister
Streichholz und Benzinkanister
Hielten sich für schlaue Leute
Witterten schon fette Beute
Riefen "Krieg!" und wollten Macht
Man, wer hätte das gedacht
Daß es einmal so weit kommt
Wegen neunundneunzig Luftballons
Wegen neunundneunzig Luftballons
Neunundneunzig Luftballons
Neunundneunzig Jahre Krieg
Ließen keinen Platz für Sieger
Kriegsminister gibt's nicht mehr
Und auch keine Düsenflieger
Heute zieh' ich meine Runden
Seh' die Welt in Trümmern liegen
Hab' 'nen Luftballon gefunden
Denk' an dich und laß' ihn fliegen
Quando il tedesco concluse la sua performance, accolse
l’applauso con un mezzo sorriso gelido, il più radioso del suo repertorio.
“Allora?” richiese informazioni Richard, incuriosito
dall’attacco d’arte del collega.
“Non la conoscete? Eppure era piuttosto famosa.
“Si intitola 99 Luftabballons risale al 1983, quando
io avevo 30 anni, un periodo di profonda crisi; a dire il vero è una canzone di
protesta.
“Si dice che sia nata durante un concerto dei Rolling
Stones a Berlino. Vennero liberati dei palloncini e il chitarrista della band di
Nena, l’interprete della canzone, mentre li osservava allontanarsi, gli sembrò
che stessero assumendo la forma di un’astronave. Immaginò che cosa sarebbe
potuto accadere se avessero oltrepassato il Muro, sconfinando nella Berlino Est.
“La musica fu composta da Uwe Fahrenkrog-Petersen, il
tastierista; mentre il testo fu scritto dallo stesso chitarrista, Carlo Karges.”
“E cosa sarebbe successo se questi 99 palloncini avessero
sorpassato il muro?” chiese curiosa e interessata Sheril.
“Secondo la canzone avrebbero scatenato un’esagerata
reazione da parte delle forze militari.”
Richard sorrise:
“Speriamo di avere più fortuna di quei poveri palloncini!”
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