Per il
concorso Nonsense indetto da Setsuka, Be Mine ed Emily ff sul forum. Grazie della
spintarella, ragazze, casca a fagiolo! È da mo' che tiro
avanti a dire che tale e talaltro gioco 'mi fanno nonsense da morire'
e Katamari è sempre stato in cima alla lista –
chissà
perché, uh? (seguono, in stretto ordine: FFX-2, LocoRoco,
Patapon, Myst, ICO, Shadow of the Colossus, Unlimited:SaGa,
Lemmings...)
Piccolo giochino vezzoso:
ognuna delle storie ha una citazione implicita a un videogioco
abbastanza famoso per Amiga, Mac, PSX, PS2 o DS. Qualcuno le coglie?
:3
Esplodono le stelle
Il Principe del Cosmo
osserva la notte dal suo pianetino, soddisfatto. La volta celeste,
nelle sue splendide tonalità di nero che già
racchiudono i colori di tutti i mondi, questa notte risplende di
stelle. Le stelle!
Il Principe non è
un grande Re del Cosmo, uno che sa
le cose – quello è suo padre e il
ruolo gli calza a
pennello almeno quanto la calzamaglia che tanto ama indossare. Lui
rimane un piccolo Principe e questo significa che le cose le conosce.
Anche quando insegue un vitello, la cuccia del cane e un mulino a
vento, il Principe del Cosmo e delle piccole cose porta con
sé
il ricordo del topo che ha incontrato da pari a pari e che non si
è
mai sentito veramente parte della famiglia, nonostante vivesse in
casa. O dei due calzini che si vantavano di essere il paio
più
hip dell'armadio perché non avevano buchi, ma che
guardandosi
continuamente l'un l'altro non si erano mai resi conto di essere uno
rosso e uno blu. E certo non avrebbe mai dimenticato che la statua
del pesce, quella che un tempo era al porto, sotto sotto avrebbe
preferito essere immortalata in un'altra posa e faceva da anni buon
viso a cattivo gioco.
Il principe osserva
soddisfatto le stelle brillare giovani nel cielo con la
consapevolezza che, ora, è tutto finito. Tutto per il meglio.
***
Conosceva un placido
sushi di polpo. Per via di certi filmacci era temuto ed emarginato
dal resto della cucina ma in verità, nonostante il suo polpo
fosse stato grosso e minaccioso (almeno per il metro di una pallina
di riso) quand'era in vita, lui non avrebbe mai attaccato nessuno.
Men che meno divorato –
quello, neanche il polpo.
Il
placido sushi aveva infatti un solo desiderio: vedere altri mondi.
Le
sue ricerche lo portarono ad armarsi di righello e mappamondo per
scoprire come sfuggire alla terra. I righelli, però, perdono
d'efficacia quando si deve misurare qualcosa di troppo grande o
piccolo e un pianeta intero in scala era entrambi. Come poteva
sperare di effettuare misurazioni rigorose e scientifiche quando la
sua unità minima era pari a un piccolo Stato?
Così
lasciò perdere quell'area di studio e si tormentò
rimirando le antenne che svettavano dai tetti fuori dalla finestra.
Immaginava le onde invisibili che quegli apparecchi meravigliosi
dovevano ricevere e immaginava di riuscire un giorno a cavalcarle fin
sulla luna e oltre, ma era ben conscio di essere solo un piccolo
sushi di polpo e che quelle erano destinate a rimanere
fantasticherie.
S'innamorò
perdutamente di un takoyaki sognatore e desistette dalla sua ricerca.
“Ho
fatto un sogno”, raccontò un giorno il takoyaki.
“Il sogno
parla di una stella...”
E
lui tornò con la testa fra le stelle, scrisse i suoi mondi e
divenne un caso letterario, anche se taluni lamentavano uno stile
troppo descrittivo.
“Sei
una stella di mare!”, gli disse il takoyaki stampandogli un
sonoro
bacio sul riso.
***
Conosceva una cassetta
degli attrezzi il cui problema era, come d'altronde accade a ogni
cassetta degli attrezzi da che mondo è mondo, quello di
contenere tutto tranne quello che al suo proprietario serviva in quel
momento. E al suo proprietario, in quel momento, serviva una moglie.
Era un bravo ragazzone, un contadino onesto, ma proprio non riusciva
a trovarne una. La cassetta lo sentiva esercitarsi ogni giorno:
“Ciao stella, tutto
bene e tu? Mi manchi, amore...”
Oppure:
“Ti amo
stellina mia!”
Ma nessuno rispondeva ai
suoi richiami. La cassetta degli attrezzi prese l'iniziativa.
“Dove si trova una
stella?”, chiese a un fiorellino giallo che cresceva ai suoi
piedi,
ma quello non le rispose. La cassetta si risentì un po' per
quella scortesia, ma guardandolo meglio vide che era giallo
perché
aveva mangiato troppi mandarini e lo lasciò a smaltire
l'indigestione.
“Dove si trova una
stella?”, chiese a un fiorellino bianco, compagno del primo,
che si
nascose dietro a un fungo tremando come una foglia. Poveraccio,
è
sbiancato dal terrore,
si disse,
e cercò altrove.
“Dove
si trova una stella?”, chiese a un fiorellino rosa
lì vicino
che sembrava colorito dall'eccitazione. Il fiorellino la
guardò
con determinazione ultraterrena e rispose:
“Non
ne ho idea. Ma ti incoraggerò finché non l'avrai
trovata!”
E
ondeggiò per farle forza, presto seguito dai suoi due
compagni.
Rincuorata,
chiese a un fiore di loto, che si dice cresca anche in Cielo e ne
avrebbe dovuto saper qualcosa. Quel particolare fiore però
era
cresciuto solo nella serra e delle stelle non sapeva nulla.
Trovò infine, con
grandi difficoltà, un vecchio puntale fra le decorazioni
natalizie di famiglia, sepolte nell'armadio da tempo immemore. Lo
scartò e pose con cura la stella cometa che lo decorava nel
suo cassetto esterno, fra i chiodi e la tenaglia.
Le si spezzò il
cuore quando il suo amato padrone infine vide la sua stella, la prese
e la rimise nell'armadio senza una parola. L'aveva deluso ancora una
volta.
***
Conosceva il palloncino
verde che concupiva la luna. Disdegnava la compagnia dei suoi simili,
ben conscio che lui e solo lui aveva in sé i gas necessari
per
ascendere al cosmo. Ogni suo pensiero era diretto al grande
palloncino argenteo nel cielo e avrebbe fatto qualunque cosa pur di
potersi distendere al suo fianco.
Se per servire questo
scopo devo essere disprezzato, il mio corpo gonfio e schiarito,
così
sia!, era giunto a dirsi. Se per servire questo
scopo devo
ricorrere ad arti proibite, così sia! Che ne vada del mio
corpo o della mia anima, a lei dedico ogni mio istante. Questo giuro
come giurerebbe un dio...
L'unico ostacolo restava
il prosaico spago che lo costringeva al suolo, lui anima nobile e
sublime.
Corteggiò le
forbici che un giardiniere distratto gli aveva lasciato a fianco,
promettendo loro di farle brillare per sempre fra le stelle. Quando
però quelle frivole giovini risposero alle sue lusinghe e
suppliche tagliando lo spago lui si librò da solo verso
l'empireo, fremente di eccitazione.
Ma, ahimè, che
speranza ha un palloncino da solo di raggiungere la luna?
Scoppiò
e i suoi resti verdi discesero nell'atmosfera fino a tornare nel
prato, dove furono ordinatamente raccolti e buttati nella spazzatura.
***
Conosceva un cabinato di
quel Gradius che delle stelle non aveva capito proprio nulla, ma lui,
il cabinato, ogni notte quando si spegnevano le luci della sala
giochi sognava romantici pixel bianchi a punteggiare la volta
celeste.
Il suo migliore amico –
l'unico, in un'era di poligoni e simulatori – era un bambino
di
dieci anni che si fermava a fargli compagnia per una partita o due
ogni volta che tornava dalla piscina. Fra un livello e l'altro il
bambino gli confidava tutti i suoi segreti: l'odio per il padre
scomparso, la determinazione nel superarlo nello sport a costo di
diventare una rana a forza di restare in acqua ad allenarsi.
Piangeva, piangeva sempre nel raccontargli gli insuccessi grandi e
piccoli e il cabinato, che era di buon cuore, si struggeva nel non
saper consolare un bambino-rana. Ma col tempo si fece saggio e
capì
che non era una rana quella che il suo piccolo amico voleva
diventare, bensì una stella, come suo padre prima di lui.
Decise di precederlo per dargli il buon esempio e salì lui
stesso alle stelle, nel modo che più gli era congeniale:
cinque gettoni a partita.
Il bambino non tornò
più. Scoprì un altro mondo oltre la
città e
terminò altrove il suo sogno.
***
Conosceva una pecora nera
molto coscienziosa, che ben sapeva quanto fosse importante che lei e
le sue compagne venissero contate ogni notte da migliaia d'insonni.
Così, mentre camminava in fila da un sogno all'altro, da una
botola a una porta attraverso campi, burroni e fiamme ardenti, non
poteva fare a meno di pensare che non stava svolgendo al meglio il
suo lavoro. E se qualcuno non mi vedesse?,
pensava. Se mi cercassero, nel loro limitato
orizzonte, e
io fossi sempre loro preclusa?
Se
solo fosse stata in cielo, come già erano l'Orsa, i Pesci e
il
Capricorno (che è una specie di pecora, in fondo, ma
più
portato al Futuro che al misero riposo), non ci sarebbe stato sonno
fuori dalla sua portata.
Salutò
quindi il gregge e partì alla ventura.
Incontrò
una studentessa su un ponte al tramonto.
“Perché
sei triste?”, le chiese.
“Sono
troppo alta, nessuno mi vuole. ”
“Vieni con me, allora.”
“Che
fai tu?”
“Cerco
le stelle. Da lassù vedrai certamente qualcuno di abbastanza
alto per te.”
S'incamminarono
fianco a fianco, la pecora e la ragazza, con la mano di lei ad
accarezzarle il vello più nero della notte scura.
Una
notte, la pecora si accorse di essere rimasta sola. La ragazza era
rimasta indietro di qualche passo e a vedersela sempre davanti era
caduta addormentata sul ciglio della via. Belò la sua
solitudine e proseguì.
Giunta
di fronte a un tombino, decise che se non era riuscita a salire alle
stelle da su avrebbe provato l'altra strada e sarebbe passata da
giù.
In fondo, a un umano era già riuscito. Con immensi sforzi lo
aprì e vi si inoltrò speranzosa.
Non
trovò una strada per il cielo né resti di una
civiltà
perduta che le aprissero le porte di altri mondi. Era però
appena passato Carnevale, le strade della città
rigurgitavano
nel sottosuolo coriandoli e stelle filanti e la pecora, ricoperta da
queste, credette d'essere arrivata e lì attese.
***
Si ritrovarono alla fine
di ogni storia e si presero per mano, rotolando insieme ed esplodendo
in una girandola di bellezza e speranze.
È il potere del
Cosmo!
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