That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Habarcat - I.007
- I Compleanni di Casa Black
Sirius
Black
12, Grimmauld Place, Londra - sab. 23 gennaio 1971
Per il 10° compleanno di Regulus si
lavorò alacremente, per giorni, al 12 di Grimmauld Place:
mia madre terrorizzò gli elfi, promettendo una decapitazione
di massa se le cose non fossero state di suo gradimento, e
poiché cambiava idea ogni mezzora, fu un’ardua
impresa per loro mantenere la testa al proprio posto. Alla fine,
però, casa nostra era davvero incantevole, ed io mi sentivo
stranamente felice. Scendendo la scalinata vidi le orchidee annodate da
nastri di seta verde/argento lungo i corrimani, le piante che
decoravano ogni angolo, le luci fatate che svolazzavano
nell’aria dando un’atmosfera strana per casa
nostra, solitamente lugubre persino la mattina di Natale, e mi ritrovai
a odorare, rapito, le rose di vario colore che allietavano tutti i
punti strategici. La festa si sarebbe tenuta nel salone più
grande, ma anche la Sala dell’Arazzo era stata addobbata e
arricchita di fiori e luci: non sembrava più casa mia e, se
non ci fossero stati i miei, mi sarebbe sembrata straordinariamente
bella. Gli ospiti arrivarono alla spicciolata: i miei nonni paterni
erano arrivati la sera prima e alloggiati nella camera degli ospiti, al
secondo piano, i nonni materni si presentarono con zio Cygnus, zia
Druella e Bellatrix. Zio Alphard apparve via camino e subito si
imboscò con Crabble e Lestrange, elegantissimo, accompagnato
da moglie e figli. Zia Lucretia e i parenti MacMillan arrivarono quasi
per ultimi, in contemporanea. Mia madre era radiosa ma anche tesa,
perciò decisi di apparire quando ero chiamato, e sparire se
era la cosa migliore da fare: sembrava preoccupata per qualcosa, come
se dalla buona riuscita di quella festa dipendesse la sua stessa vita,
il che era assurdo perché era solo il compleanno di un
bambino. Quando arrivarono gli Sherton rimasi piacevolmente
meravigliato dal vedere la figura, peraltro abbastanza scocciata, di
Mirzam: lo stato mentale di mia madre era peggiorato ulteriormente,
presa tra l’entusiasmo per una presenza tanto attesa e la
paura che qualcosa andasse storto. Lasciai da parte rapidamente queste
considerazioni e feci la mia comparsa, ufficialmente per la gioia dei
miei genitori, in realtà nella vana speranza di potermi
accaparrare un po' dell’attenzione di Sherton o di suo
figlio. Mio padre, non si sa per quale motivo già entusiasta
di suo, ci sorrise orgoglioso quando vide me e mio fratello apparire
senza bisogno di essere richiamati con urla o minacce, elegantemente e
perfettamente vestiti, deliziosi nei gesti e nelle carinerie che
facemmo agli ospiti, e galanti soprattutto con Deidra e sua figlia,
Regulus per cancellare la sua bravata, io per consolidare il vantaggio
acquisito una settimana prima.
“I miei giovani
Black!”.
Papà si mise tra mio fratello e me, poggiando raggiante le
sue mani ingioiellate sulle nostre spalle, mentre salutava il suo
migliore amico e la sua famiglia. Rivolsi loro il mio sorriso migliore
ma mi resi subito conto che Meissa era completamente presa da
Bellatrix, che la squadrava con un ghigno da belva, peggiorato
ulteriormente quando vide mio fratello farsi avanti con aria contrita e
in mano un mazzo di Aspodelus, i fiori del perdono. Per il resto della
giornata, mentre l’attenzione di tutti era rivolta a mio
fratello, cui furono regalati libri, dolci, giochi, denaro e alcuni
oggetti particolari, come l’antico orologio da taschino di
nonno Pollux, l’orrida collezione di boccette di zia Lucretia
e la mia maestosa scatola di Dulcitus, mi godetti l’ottimo
buffet e il succo di zucca, nel disinteresse generale, chiacchierando
con zio Alphard, nonno Arcturus e ammirando Alshain, che ogni tanto mi
rilanciava delle occhiate complici: ridacchiai tra me, osservandolo in
quella folla di Black, sembrava un unicorno capitato in mezzo a un
branco di ronzini. Mirzam, preso da una discussione divertente con
Rodolphus Lestrange, di cui scoprii essere un buon amico, si teneva
lontano dalle grinfie di mia madre, che non gli staccava gli occhi di
dosso, e rifuggiva, chissà perché, la famiglia di
zio Cygnus, evitando con particolare cura mia cugina Bellatrix.
“Tua madre ti cerca,
tesoro”.
Nonna Melania, stupenda nel suo abito turchese pieno d pizzi,
mettendomi una mano ossuta sulla spalla, mi spinse attraverso la sala
fino a mia madre che, seduta in poltrona, teneva banco tra le nostre
ospiti più importanti, investendole con la sua falsa risata.
Seduta dietro a sua madre, Meissa aveva un’espressione
insofferente almeno quanto la mia, e sorrisi tra me e me,
immaginandomela mentre sputava in faccia a Malfoy, quando mia madre mi
riportò bruscamente alla realtà.
“Sirius caro, invita la
piccola Meissa a rivedere l’arazzo dei Black, temo si stia
annoiando ad ascoltare noi vecchie comari...”.
Si rivolse a me con voce flautata, ridacchiando, ed io rischiai quasi
di strozzarmi con la poca saliva che avevo in gola, imbarazzato e
terrorizzato, quando Deidra fece cenno a sua figlia,
dall’espressione interdetta almeno quanto la mia, di seguirmi
nell’altra stanza.
“Non fate i timidi, giocavate
assieme anni fa, come dei veri demonietti, ricordi Deidra? Per me
c’è un motivo se questa bellezza è
venuta al mondo un mese dopo la nascita dell’erede dei
Black!”.
Vidi Regulus sbuffare a quelle parole e non potei che trovarmi
d’accordo con lui: come se non bastasse mia madre, nonna Irma
ci mise del suo, facendo sì che Meissa le lanciasse uno
sguardo carico d’odio, prendendo la mano che gli avevo porto
non troppo convinta: appena mi passò accanto fui inebriato
dal suo profumo di fiori; aveva una scamiciata verde scuro, vaporosa,
sopra un abitino bianco di pizzo, con le maniche lunghe fino ai polsi e
la gonna che arrivava a lambirgli le scarpe, cinta alla vita con una
fascia di seta argentata, i capelli erano intrecciati, lasciando
scoperto il viso dai tratti delicati. Al collo portava un ciondolo
d’argento, due serpenti avvinghiati per le bocche, tra le
quali era serrato uno smeraldo, sulle mani, oltre alle rune, spiccava
una piccola fedina d’argento, antica, su cui era inciso lo
stemma degli Sherton. Scivolammo fuori della stanza, sotto lo sguardo
di tutti, i brusii compiaciuti di nonno Pollux e lo sguardo non troppo
soddisfatto di suo padre: quando compresi quale fosse l’idea
che serpeggiava tra gli ospiti, divenni porpora e m’impuntai
non appena fuori dal salone. A peggiore il senso di soffocamento,
Meissa mi guardava come fossi un pesce palla al punto che avrei
desiderato solo correre in camera mia, a barricarmi dietro tonnellate
di mobili. Ma sospirai e mi rifugiai nella galanteria, mio padre mi
aveva insegnato perfettamente cosa ci si aspettava da un Black. E se
avessi fatto disastri stavolta non mi avrebbe salvato nessuno dalla sua
ira.
“Hai sete? Kreacher ci
porterà dell’altro succo di zucca, o qualsiasi
altra cosa tu desideri”.
La guardai speranzoso, cercando di comportarmi come se fosse una
situazione normale, non il peggiore test che mia madre potesse farmi di
fronte a tutti. Meissa annuì e mi sorrise, io chiamai
l’elfo e gli dissi di portarci del succo nel Salone
dell’Arazzo, poi galantemente l'invitai nella stanza: quando
entrai, mi accorsi con sgomento che non c’era nessun altro
oltre a noi due, mia madre aveva organizzato la sua trappola per bene.
“Come hai visto
l’altro giorno, questo è l’Arazzo con
tutti i componenti della famiglia Black, se vuoi te lo
illustro”.
Indicai la parete di sinistra da cui si dispiegava in senso orario il
nostro albero genealogico, poi mi ritrassi alle sue spalle, lasciandole
la libertà di studiarlo come voleva, ma rimanendo comunque
vicino se avesse voluto chiedermi informazioni: lei avanzò
verso la parete, scorse lungo l’intera lunghezza, dandogli
una rapida occhiata e, arrivata alla fine, si voltò con
cipiglio aristocratico e autoritario. Mi preparai a recitare la storia
che avevo propinato a vari altri ospiti nel corso degli ultimi mesi,
sperando di non diventare rosso pomodoro sotto il suo sguardo altezzoso.
“Le nostre
famiglie…”.
Andai a indicare una delle zone più antiche, dove era
ricordato un matrimonio che aveva legato gli Sherton ai Black nel XVI
sec. Mi bloccai subito, non mi sembrava nè impressionata
nè interessata, era anzi annoiata e inacidita per qualcosa.
Mi diede di nuovo le spalle dirigendosi verso la finestra da cui suo
padre, alcuni mesi prima, aveva osservato Londra sparire tra le nebbie,
rientrando nella nostra vita dopo anni.
“Guarda che lo so. Nel 1578
Iris Black sposò Reginald Sherton ed ebbero un figlio,
Donovan Sherton, da cui deriva la mia famiglia, dal fratello di Iris,
Castor Black, attraverso Phineas Nigellus Black, deriva doppiamente la
tua. Recentemente ci siamo imparentati attraverso i MacMillan, tua
nonna è la cugina di primo grado di mia nonna, Ryanna Meyer,
tu e tuo fratello siete perciò miei cugini di terzo grado.
Anche a Herrengton abbiamo questi arazzi, e l’altro giorno mi
sono già annoiata a sufficienza a fingere di studiarlo.
Perché tua madre ci ha spedito qua?”.
Sorrisi: non era arrogante con me, era infuriata con mia madre, proprio
come me. Scoprire che arrossiva per rabbia, non per paura o vergogna,
davanti alle macchinazioni di Walburga Black, me la fece sentire simile
a me e l'ammirai: l’inizio era stato ruvido, la settimana
prima, vedendola fare la smorfiosa con quel cretino di mio fratello,
aveva perso molti punti ai miei occhi, ma ora mi accorgevo che avevamo
qualcosa in comune, che potevamo essere amici, ne ero più
che certo.
“Li hai sentiti anche tu... io
sono il primogenito di Orion Black e tu la preziosa figlia del suo
migliore amico, e in questo momento, tutti i nostri parenti e tutte le
persone che contano nel mondo magico sono di là a discutere
del fatto che ci hanno visto andarcene via da soli, e staranno facendo
duemila congetture su un nostro futuro glorioso”.
“Starai scherzando! Mio padre
non è uomo da fare o subire questi stupidi
scherzi!”.
Mi guardava rossa in viso, con gli occhi che, se avessero potuto, mi
avrebbero incenerito, saettando fiamme.Io volevo solo rassicurarla che
la pensavo allo stesso modo, al contrario dei miei.
“Il tuo magari no, ma puoi
star certa che i miei adorano questi scherzi. E ti assicuro anche che
per mia madre questi sono tutt’altro che scherzi”
Le offrii del succo, lei mi guardò perplessa, poi le apparve
un ghigno sarcastico. Non bevve.
“L’altro giorno
l’avevo già intuito, ma ora so per certo che tu
sei davvero come dice tuo padre!”
Arrossii mentre sorrideva strana: era un commento di mio padre che per
una volta non aveva una valenza spregiativa o forse, anche per lei, il
disprezzo di Orion Black era motivo di vanto? Provai a indagare, ma
qualcosa mi diceva che forse avrei dovuto lasciar correre, non era
saggio cercare di sapere cosa mio padre diceva di me agli estranei.
“ Ovvero?”
“Un ragazzino viziato e
arrogante, che si crede di essere chissà chi. E ho visto
benissimo da me cosa sei, nient'altro che un piantagrane, sei stato tu
a mettere nei guai tuo fratello l'altro giorno!”.
Mi sembrò di avere addentato un limone: Salazar, allora
l'avevo giudicata bene fin dal primo momento, quando avevo concluso che
era graziosa, vero, ma tanto altezzosa da essere sospetta. E ora vedevo
che era proprio così. Era identica ai miei, non era come suo
padre.
“Hai le idee confuse, Sherton
se ti avveleni per i giochetti di mia madre e poi le dai ragione quando
m considera un arrogante viziato!”
“Parlo di tuo padre non di tua
madre!”.
“Allora, oltre che odiosa, sei
pure tarda, se non capisci che quei due sono fatti della stessa pasta!
La tua!”.
Non seppi se e cosa aveva da rispondermi, zio Alphard ci interruppe per
dirci che dovevamo tornare nel salone: era il momento della torta. Mai
interruzione fu più gradita, me ne andai di volata,
lasciando da parte tutte le raccomandazioni dei miei e le norme e le
etichette che apprendevo da anni. Per me, quella là, poteva
anche andarsi a fare... un giro nel Tamigi! Per il resto del pomeriggio
l’evitai come la peste, calorosamente ricambiato. Avrei
dovuto passare l’estate con quell’arpia in
miniatura? Merlino! Sarebbe stato come restare a Grimmauld Place! Fu
allora che me ne resi conto: nulla mi garantiva che ora non sarebbe
corsa a lamentarsi di me con Alshain, lui avrebbe ritirato
l’invito e papà m avrebbe punito! Mentre mi
angosciavo sempre di più, mio fratello trovò il
modo di farle dimenticare la disavventura della settimana prima tanto
che, fino a cena, rimasero a giocare a scacchi davanti al caminetto,
mentre gli ospiti bisbigliavano del loro affiatamento e della mia aria
da cane bastonato. Se non avessi rischiato la ghigliottina, avrei
attuato un paio di micidiali vendette per rivalermi di tutti loro!
Razza di cariatidi mummificate!
“Sirius va a chiamare tuo
padre e il signor Sherton, sta per essere servita la cena”.
Mi riscossi dai miei pensieri fumosi ed eseguii entusiasta gli ordini
di mia madre, per mettere più distanza possibile tra me e
l’orrida congrega: avevo ascoltato alcuni che dicevano che mi
stavo facendo bello ed elegante, ma che avevo anche un pessimo
carattere ed ora sentivo ribollirmi il sangue nelle vene. Mi avviai
risoluto verso lo studio, al primo piano, a cui di solito non potevo
neppure avvicinarmi: non mi ero accorto che Sherton e papà
si erano ritirati in privato a fumare i loro sigari babbani, ma potevo
comprenderli, era impossibile stare troppo a lungo in mezzo a quegli
spaventapasseri senza avere crisi di rigetto.
Quando arrivai al pianerottolo mi fermai, si sentivano le loro voci
oltre la porta, priva di protezioni muffliato e non sapevo cosa fare,
restare ed essere accusato di spiare o entrare e disturbare. In
entrambi i casi, mio padre aveva una buona occasione per punirmi, erano
ormai settimane e settimane che non gliene davo più motivo.
Attesi. La voce di Alshain si librava, ansiosa per qualcosa.
“... per questo preferisce
evitare chiunque: era un interesse serio il suo, ed io avevo accolto
con gioia una prospettiva del genere, Salazar, poteva essere una
soluzione perfetta! Così giorni fa, per assicurarmi che il
padre non avesse già altri piani, sono andato a parlarci,
non mi piace intromettermi, ma per Merlino! se non mi espongo per lui,
per chi altro? Il padre, quando ha capito cosa volevo proporgli, mi ha
guardato in lacrime, pieno di vergogna, e mi ha raccontato la
verità, stava per prendermi un colpo all’istante e
ancor peggio è andata quando ho dovuto riferirlo a Mirzam:
è stato umiliante per entrambi, ammettere interesse per una
ragazza che ... non farmelo nemmeno ripetere, per piacere!”.
“Ti giuro che non avevo idea
che fosse lei, Al, se avessi saputo! Ora penserai che volessi
trascinare tuo figlio, il mio figlioccio in una situazione indecorosa!
Ma te lo giuro…".
“No, no, Orion, so bene che
non avresti mai fatto volontariamente qualcosa che lo danneggiasse! non
t accuso di niente, ci mancherebbe”.
“Salazar, se non fossi stato
così ottuso. E anche Walby! Eravamo convinti che fosse
restio a esporsi per il carattere impetuoso della ragazza. In fondo
però, fisicamente si assomigliano, sono
sorelle…e…".
“Ti ho già detto
perché m opporrei all'altra, Orion, sono motivi seri che
dovresti comprendere da te. E col padre ci siamo lasciati in amicizia,
perciò chiudiamo qui questi discorsi, che col tempo
potrebbero generare malintesi anche tra di noi”.
“Hai ragione, la sorte di
quelle ragazze infondo è problema del loro padre, non mio,
io ho già i miei figli di cui occuparmi… Mi
spiace solo che Mirzam abbia dovuto soffrire per quella
snaturata!”.
“Non crucciarti per lui,
Orion, sarà presto solo un brutto ricordo, mio figlio ha il
Quiddicht e tornerà presto sereno. Da te, però,
voglio una cosa importante: devi promettermi che metterai un freno a
tua moglie, non voglio che giochi ancora con i miei figli, per nessun
motivo.“.
“Lo sai che non posso impedire
a mia moglie di macchinare, ma ti farò sapere qualsiasi cosa
gli passi per la testa.”.
“Vedrò di farmelo
bastare, per ora…. Naturalmente, mi aiuterai anche a mandare
a monte i suoi piani, se non sono di mio gradimento”.
Non sentii la risposta di mio padre: la porta si aprì di
colpo e mi ritrovai di fronte a Sherton, sbalordito di vedermi, seguito
da papà, poco contento d avermi trovato là
dietro. Dovevo avere la faccia inebetita tipica di chi si è
fatto beccare ad ascoltare tutto, senza capirci nulla.
“Cosa ci fai qua? Piccolo
ficcanaso! Lo sai che devi girare alla larga dal mio studio!”.
“Io…. La mamma mi
ha detto…per la cena…”.
“Salazar! Non sa nemmeno
spiccicare una parola di senso compiuto! Vedi perchè ti dico
che mi fa sempre vergognare!?”.
“Orion, sei tu la vecchia
capra sorda! Tuo figlio ci ha portato un messaggio di tua moglie,
aspettano noi per servire la cena! Andiamo Sirius, ho qualcosa per
te…”.
Alshain mi sorrise e si sfilò dal panciotto un libercolo
pieno di appunti scritti fitti fitti.
“E' un prestito, me lo
renderai a Herrengton; nel frattempo cerca di trarne
beneficio!”.
Guardai la prima pagina, era una raccolta di incantesimi scritti da
Alshain in persona: persi subito interesse per quanto avevo ascoltato,
per Meissa, per mio fratello, là dentro c'erano cose
meravigliose. Lo ringraziai: come al solito quell'uomo era riuscito a
riportare il sole tra le ombre della mia vita.
Il resto della serata scivolò velocemente, tra brindisi,
chiacchiere, risate, solo l’occhiataccia che si scambiarono i
miei non prometteva nulla d buono. Quando la maggior parte degli ospiti
tornò alle proprie dimore, e in casa rimasero solo i parenti
più stretti, entrai nel Salone dell’Arazzo per
salutarli, deciso a salire di sopra quanto prima: ero stanchissimo.
Notai che Zio Cygnus aveva una faccia funerea e zia Druella sembrava
sul punto di piangere, Bella stava alla finestra, con il solito
cipiglio altezzoso, zio Alphard osservava il bicchiere di whisky, zia
Lucretia andava avanti e indietro stringendosi le mani convulsamente, i
nonni, gravi e arcigni non sorridevano più.
“Prima che saliate di sopra,
ragazzi, c’è una cosa importante che dobbiamo
dirvi. Sedetevi.”.
Io e Reg ci guardammo e andammo a sederci sul divano, nostro padre si
mise seduto, a capotavola, i gomiti sul legno antico, le dita delle
mani intrecciate a sostenere il viso, gli occhi persi
nell’arazzo. Era pallido, più vecchio di quanto
non fosse.
“Abbiamo aspettato, abbiamo
pazientato, ma ora è il momento, o la vergogna ricadrebbe
pesantemente su tutti noi. La decisione è presa. Andromeda
non fa più parte della nostra famiglia, non è
più figlia di Cygnus e Druella, non è
più una Black. Per tutti noi non è mai neppure
esistita”.
"NO!".
Balzai in piedi, con le lacrime agli occhi, i pugni serrati sulla
stoffa dei pantaloni, tremavo e guardavo supplice tutti loro,
perché dicessero che non era vero. Reg mi guardò
incredulo, nel silenzio generale, mia madre si avvicinò, e
ci abbracciò, stringendoci forte al suo seno, ci avevano
detto in passato cosa significasse quella formula, quando guardando
l'arazzo avevo chiesto il significato di alcune macchie sul tessuto. E
ora lo vivevo con i miei occhi. Nostro padre si alzò, si
avvicinò alla parete, estrasse la bacchetta e fulmineo
bruciò il viso di Andromeda, cancellandone anche il nome
dall’arazzo.
“Questo è il
destino che attende chi tradisce il sangue dei Black: esilio e
oblio”.
Poche, secche parole, pesanti come macigni: zia Druella non tratteneva
più il lamento da bestia ferita. Nonna Irma la soccorse, uno
dei pochi gesti di compassione che le vidi fare in tutta la mia vita.
“Druella, Druella, respira,
Salazar…. Kreacher portaci dell’acqua!”.
“Tutte queste storie per una
sporca traditrice del sangue!”.
Bella si voltò, gli occhi ardevano come fiamme, il ghigno le
deformava i tratti del viso.
“Come potete piangere per lei?
Per una che giorno dopo giorno si fa disonorare da un sangue sporco,
sputando sulle proprie origini! Per una che forse ha già nel
ventre un bastardo mezzosangue, figlio della feccia! E' fuggita d casa,
ha svergognato tutti noi e ancora, madre, tu piangi per lei?”.
Regulus si mise a frignare, nascondendo più a fondo il viso
nel seno di nostra madre, le mani a tapparsi le orecchie, io guardavo
Bella, con odio.
"Stai zitta! sei solo una bugiarda!
Smettila! Smettila!".
Non riuscivo a trattenermi più, volevo divincolarmi da mia
madre, saltarle addosso e graffiarla, morderla, farla smettere di dire
quelle bestemmie, ma l'unica cosa che riuscivo a fare era piangere e
distruggermi nei singhiozzi.
“Ora basta! Per Salazar,
smettetela tutti e due! E tu, almeno tu, porta rispetto per il dolore d
tua madre!”.
Zio Cygnus prese Bella per un braccio per trascinarla via e farla
smettere, ma lei urlò più forte contro di me,
deridendo il mio attaccamento per Meda. Ormai nessuno pensava
più al compleanno di mio fratello, alla buona riuscita di
quella giornata, io avevo lo stomaco chiuso, sapevo che, una volta
solo, avrei pianto fino a vomitare l'anima. Tutte le domande avevano
trovato le risposte: ora sapevo cosa turbava mia cugina,
perché era scomparsa, perché la consideravano
peggio che morta. Aveva tradito il nostro sangue, aveva sputato sulla
nostra purezza, amando un sangue sporco: per alcuni, meritava la morte,
per me.... non sapevo cosa pensare, per ora provavo solo dolore,
perché non l'avrei più vista. Mai più.
Mi rendevo conto dell’enormità di quello che era
successo, e qualsiasi cosa avessi detto o fatto, la furia dei miei in
quel momento mi avrebbe spazzato via, perciò mi chiusi nel
mio dolore, sentendo però in me quella voce che da mesi
faticavo a far tacere, una voce che gridava che era così che
si doveva fare: rinunciare a tutto per il vero amore e la
libertà. Attorno a me regnava il caos: zio Cygnus sbraitava
ancora contro Bella, sfogando il dolore e la propria vergogna
prendendosela con le parole irriguardose d sua figlia; zio Alphard e
zia Lucretia erano attoniti, ma anche sollevati che non fosse capitata
loro una disgrazia simile. I nonni piangevano. Zia Druella, pallida,
sul punto di svenire era sostenuta da mia madre, che la
accompagnò al divano, lì si accorse che eravamo
ancora tra i piedi, così ci intimò di andarcene:
avevamo assistito alla lezione, altro non dovevamo ascoltare.
“Andate di sopra e riflettete
sulla vergogna che si è riversata sulla nobile casata dei
Black per colpa di quella snaturata! Ora da ciascuno di voi due,
perchè è su di voi che poggia il futuro della
nostra famiglia, ci si aspetta un segno forte: dovete dimostrare con la
vostra vita che il nostro sangue non si è indebolito, che
Noi siamo ancora “TOUJOURS PUR”, non dimenticatelo
mai!”.
Salendo li sentii ancora discutere, nonno Pollux diceva a mio padre che
per lo meno questa disgrazia era servita a dimostrare che io fossi a
posto, visto che avevo appreso la notizia decisamente male, dimostrando
tutto il mio disgusto per quella faccenda. Ero nauseato da tutti loro,
era questo quindi il modo per ottenere il loro consenso, rinnegare
l'unica persona della famiglia che m avesse amato mai... Mi facevano
schifo, tutti, indistintamente. E quando sentii mia madre mi si
gelò il sangue: quale devastante odio dimorava nel sangue
dei Black? Mi rigirai nel letto per ore, insonne, piangendo e tremando
d paura, con la voce di mia madre e dello zio che mi rimbombavano nelle
orecchie.
“Cygnus, sei un Black, non si
torna indietro! Mi sono esposta in prima persona, per l’onore
della tua casa, ma non è servito a nulla, anzi, per quella
maledetta ho messo a rischio persino i miei piani! Se qualcosa andasse
storto, se perdessi quanto m spetta a causa di questa storia, ricordati
che tua figlia me la pagherà e tu non ti intrometterai! E'
chiaro?”.
“Puoi fare quello che vuoi,
Walby, davvero, puoi anche ammazzarla come un elfo qualsiasi se ti
diverte, io ho solo due figlie ormai, il resto per me vale meno della
feccia!”.
***
Sirius
Black
Zennor, Cornwall - dom. 21 febbraio 1971
Quando Kreacher entrò ad aprire le
tende gli avrei volentieri tirato un pugno sul naso: stavo sognando di
essere un famoso cercatore di Quidditch, che sollevava la coppa
attorniato da una folla rumorosa e festante, una folla che mi chiamava
solo Sirius, non Sirius Black. Stiracchiandomi tra le lenzuola di seta, guardai
fuori: dopo settimane finalmente da qualche giorno non nevicava
più, c’era anzi un bel sole alto nel cielo, a
indicare una giornata rigida ma luminosa. Era il giorno della festa per
il mio compleanno, avrei compiuto 11 anni l’indomani.
Già da un paio di giorni eravamo a Zennor, la residenza
estiva dei Black, nel Cornwall, dove erano stati invitati letteralmente
tutti, per un ricevimento che, a detta di mia madre, sarebbe stato
sulla bocca del mondo magico per almeno 20 anni, il tempo necessario a
regalare a mia volta ai Black un erede. Inutile dire che la sola idea
di tutto ciò mi mise addosso un senso di profonda
disperazione. Non era solo colpa sua: nonostante il calendario
dicesse che dovevo essere felice, non sapevo cosa provavo, preso
com’ero tra pensieri tutt’altro che piacevoli. Dopo
quanto era accaduto al compleanno di mio fratello, era stato un mese
per me difficile, dovevo fingere di non essere triste, dovevo fingere
di disprezzare mia cugina, e questo non era vero, anzi mi mancava
sempre di più. Inoltre mi chiedevo come sarei sopravvissuto a due
mesi in Scozia con Meissa Sherton: la odiavo per aver trasformato la
prospettiva di una vacanza in un motivo d’ansia. Dopo quel
giorno, l’avevo vista ad Amesbury, due settimane prima e la
situazione era peggiorata ulteriormente. Quando arrivammo, apparve sulla scalinata simile a
una principessina, con il vestito color rubino, senza maniche, sopra
una tunica di pizzo, e i capelli legati in una treccia. Era odiosa, ma
solo un idiota non poteva accorgersi di quanto fosse bella,
così maledii me stesso per la mia debolezza, dovevo odiarla,
quella piccola arpia, non farmi abbindolare da lei, come mio fratello.
Quel giorno, forse su invito di sua madre, Meissa era stata gentile
anche con me, non solo con mio fratello, così alla fine mi
ero fidato e li avevo seguiti nella stanza accanto a giocare, sperando
di superare indenne la giornata e di far ricredere Meissa nei miei
confronti: magari era solo prevenuta a causa di mio padre. Giocammo a
biglie e provammo a fare piccole magie da principiante, trascorrendo
serenamente quel pomeriggio almeno fino a quando, per far colpo, finii
col provare una cosa letta nel libercolo di Alshain e colorai di blu la
coda di Klothes, la sua gatta soriana, senza riuscire a riportare le
cose come stavano. Mentre io maledicevo la mia incapacità di
tenermi lontano dai guai e Reg cercava di trattenersi dal ridere,
avendo dimostrato quanto fossi solo un pallone gonfiato, Mey perse il
suo autocontrollo, mi urlò contro, disperata per il felino. Deidra e mia madre, accorse per le urla, cercarono
d rimediare, invano, finché la signora Sherton decise di
cambiare la tonalità di grigio a tutto il pelo della gatta,
sotto gli occhi disperati d Mey e la mia totale umiliazione: sarei
stato per tutti, per sempre, un reietto avvelenatore di gatti da
compagnia! Vedendomi afflitto, Deidra cercò di consolarmi,
ricordandomi che situazioni del genere erano capitate a tutti ed io
dimostravo di avere già l’inventiva tipica di un
grande mago, mi mancava solo l'esperienza. Avrei voluto crederle, ma se
anche fossi diventato un mago portentoso, la verità era che
mai sarei stato nelle grazie dell’unica persona di cui m
interessasse qualcosa! La realizzazione di quel pensiero mi
spaventò, non potevo avere pensieri simili, non per
quell’odiosa ragazzina, non per qualcuno che tra
l’altro piaceva anche a mio fratello! Per il resto della giornata tra noi ragazzi
l’aria fu elettrica: Mey voleva insultarmi, ma non poteva
nulla, vista la posizione assunta da sua madre nei miei confronti,
così si limitava a lanciarmi occhiate di fuoco, Regulus era
preso tra il giubilo per la lezione che avevo rimediato,
l’ilarità per il colore del gatto e la
necessità d fingersi partecipe del dolore d Mey per
approfittare fino in fondo del regalo che gli avevo fatto. Io ero
schifato dall’assoluta sfacciataggine con cui aveva
approfittato dei miei guai, e preoccupato per i pensieri che si stavano
facendo largo nella mia testa. Tornati a casa, parlando con mio padre, appena
tornato da un incontro con Lestrange, mia madre aveva descritto Meissa
come futura fidanzatina di mio fratello: lo vidi compiaciuto nel
sentire che tra il suo figlio più piccolo e la figlia del
suo migliore amico c’era una certa alchimia, che se
opportunamente favorita, poteva dare non poche soddisfazioni alla
nostra famiglia. Mio fratello ascoltava compiaciuto tutto questo
accanto a me, nascosti all’ombra del secondo pianerottolo, e
per un attimo io pensai di considerare finita la mia vita. Rimisi a
fuoco questo pensiero e mi ritrovai a rabbrividire. Cosa mi stava
succedendo? Ero ossessionato da Mey, che odiavo, ma non
potevo immaginare tanto vicina a me eppure irraggiungibile,
perché di Reg; pressato dalla voglia di farla pagare a mio
fratello, che mi guardava di sottecchi gongolante, e disperato al
pensiero dell’incubo che sarebbe stata l'estate in Scozia.
Finii col passare le giornate chiuso in camera mia, fingendo di
studiare e lasciando in realtà vagare la mente in pensieri
folli: m’immaginavo impegnato a fuggire in luoghi lontani
affrontando avventure straordinarie …. ma alla fine, nella
mente ,avevo sempre il viso di Meissa Sherton.
E quel giorno l’avrei dovuta incontrare
di nuovo.
***
Meissa
Sherton
Zennor, Cornwall - dom. 21 febbraio 1971
Odiavo Amesbury. Contavo i giorni che mi
separavano dal ritorno a quella che era la mia unica, vera casa:
saremmo ripartiti a metà marzo, per festeggiare il mio
compleanno a Herrengton, dove m aspettavano i miei spazi infiniti, le
nuvole del nord, i miei ippogrifi e le mille avventure che riuscivo a
crearmi con facilità. Il Wiltshire si era rivelato una
prigione piena di gente che non sopportavo; il malumore di mio padre
inoltre peggiorava, sempre più spesso capitava che, leggendo
la Gazzetta del Profeta davanti al caminetto, si alzasse di colpo e
gettasse arrabbiato il giornale nel fuoco, borbottando, in gaelico,
termini poco edificanti riferiti a un certo ”bastardo
mezzosangue”. Poi filava d sopra, senza guardarci in faccia e
rimanendo scontroso sempre più a lungo. La cosa peggiore però era che nelle
ultime settimane avevamo frequentato spesso Walburga Black, una megera
capace solo di impicciarsi dei nostri affari: sembrava avesse lasciato
in pace mio fratello per concentrarsi su di me, e tenendo conto d
quanto aveva detto suo figlio… Già, il suo detestabile figlio, Sirius:
non mi ero mai sbagliata tanto su una persona, era altezzoso,
antipatico, mi faceva i dispetti e combinava sempre guai, si era
pavoneggiato davanti al suo stupido arazzo spiegandomi che sua madre
aveva già pianificato le nostre vite, come se la
volontà di noi Sherton non contasse nulla! E per finire,
aveva anche mutilato la mia gatta! Mentre sprecavo gli ultimi mesi di
libertà prima della partenza per la scuola, ero nella mia
camera, a fantasticare: compiuti gli anni, mi aspettava una vita nuova,
avrei sperimentato capacità che ancora non conoscevo, avrei
provato la magia di mio padre, lui diceva che le mie
potenzialità erano enormi, esaltate ulteriormente
dall’essere nata il primo giorno d primavera. Kreya
entrò, discreta ed efficiente, aprì
l’armadio e tirò fuori un vestitino blu notte,
regalo londinese di mio padre, mi aiutò a indossarlo, m
pettinò e legò i capelli in una treccia, poi
inchinandosi con i grandi occhi adoranti mi disse che ero attesa di
sotto, in partenza per Zennor. Merlino! La festa di compleanno
dell’odioso! Ero convinta che sarebbe stato il giorno
seguente, ma dovevano avermi “ingannato”,
perché negli ultimi giorni mi ero comportata in un modo che
mio padre aveva definito“bizzarro”: avevo chiesto
di poter evitare i Black, ma, secondo la mamma, mio padre c teneva
molto che facessi amicizia con i figli di Orion. Ribattei che avevo
fatto amicizia con Regulus, ma non sopportavo l’altro,
talmente detestabile che avrei preferito non fosse invitato nemmeno a
Herrengton per i riti del solstizio: i miei si erano scambiati uno
sguardo strano, poi m avevano detto che entrambi i Black sarebbero
rimasti in Scozia da noi per ben due mesi. Ed io lì, dopo lo
smarrimento iniziale, avevo perso la testa, ribellandomi
all’idea di avere quei due rammolliti in casa nostra per
tutta l’estate, l’ultima che potevo passare in pace
con la mia famiglia: mio padre a quel punto m aveva spedita in camera
mia, in punizione, a scontare quegli sciocchi capricci da ragazzina
viziata, decretando inoltre che avrei dovuto accompagnare mia madre
durante i viaggi strani che faceva sempre più spesso negli
ultimi tempi. Anche quella era una disgrazia dovuta a Sirius Black. E
quel giorno l’avrei dovuto rivedere, Salazar! Pensai di
fingere un malore, ma mia madre non m avrebbe permesso né
perdonato un ammutinamento del genere. Così alla fine mi
decisi a scendere, cercando di farmi forza.
Ci smaterializzammo, mia madre e Mirzam per conto
proprio, io attraverso l’abbraccio di mio padre: arrivammo ai
piedi di una magnifica scalinata, dietro d noi, a chiudere lo sfondo
per 2/3, c’era un fitto bosco, da cui si snodava un viale
alberato che arrivava fino alla corte ai nostri piedi, dinanzi a noi si
apriva un meraviglioso portale di pietra, scolpito secondo motivi
romanici, la cui porta reggeva un battente di bronzo con lo stemma dei
Black. L’elfo domestico ci accolse, ci
accompagnò attraverso un imponente atrio su cui s apriva una
maestosa scalinata d marmo, quindi entrammo nel gigantesco salone: c
investirono musica, risate, voci, odori di cibo, d persone, d profumi
ricercati. La vista della signora Black mise fine alla speranza che
fosse solo un brutto incubo: erano tutti lì, ancor
più numerosi che alla festa di Regulus. Se la festa a Grimmauld Place era stata magnifica,
quella di Zennor era letteralmente fastosa: compiere 11 anni era un
traguardo importante tra i maghi, era l’ingresso in
società, d lì a breve si era smistati a Hogwarts,
dando un primo segno del ruolo che si sarebbe assunto nel mondo magico.
C’erano tutti i loro parenti, e molte famiglie amiche,
c’era un’aria anche più gioiosa
dell’altra volta: ci avvicinammo per fare gli auguri a
Sirius, dopodiché mia madre si avviò verso
Walburga, con me al seguito, mio padre e Mirzam rimasero con Orion e
Sirius. Io m guardavo attorno leggermente sperduta: Walburga stava
seduta sul divano assieme a mia madre, aveva un abito lungo e nero, i
capelli legati in una crocchia, il viso bello e altero pervaso dal
solito senso di superiorità verso tutto e tutti, con la sua
voce profonda e nasale si stava complimentando con la mamma facendo
apprezzamenti sul suo aspetto, su come stava crescendo bene Wezen. Per me tutto questo, però, era solo un
brusio confuso, rapita com’ero dalla figura di Sirius. Quel
giorno indossava un completo verde scuro: era alto per la sua
età, visto da lontano si poteva pensare che avesse
già 13 anni, aveva i capelli lunghi e scuri, lievemente
mossi, il viso dai lineamenti perfetti, gli occhi, color grigio cenere,
sorridenti e vivaci, il naso dal profilo armonioso, e le labbra ben
tornite e rosse. Appena aveva avvertito la mia presenza, mi aveva
puntato gli occhi addosso, come un predatore fa con la sua preda.
Regulus era la versione più piccola del fratello, senza
ancora raggiungerne né la bellezza né la grazia:
stava in piedi accanto al caminetto, insieme al figlio di Nott, intento
a smontare un vecchio caleidoscopio di suo padre e sembrava non essersi
neppure accorto del mio arrivo; meglio così, pensai, se
continuava a passare tutto il tempo con me, sua madre sarebbe stata
capace d designarmi già come la sua fidanzata ufficiale. Sospirai e dopo aver salutato con tutta la falsa
gentilezza che possedevo le odiose megere presenti, m sedetti vicino a
mia madre, lontana da attacchi, che non fossero le attenzioni odiose di
Walurga. Bellatrix, presa dai suoi pensieri che sembravano
tutt’altro che piacevoli, non m rivolse nemmeno
un’occhiataccia: sorrisi tra me, forse in fondo
c’era qualcosa di buono da festeggiare. Col passare delle ore, mentre la maggior parte dei
ragazzini presenti era uscita nel parco a giocare, io rimanevo in casa,
dando prova della mia affabilità e gentilezza, tutto pur di
non dover affrontare quella peste di Sir, ma sapevo che non sarei
riuscita a rimandare lo scontro in eterno.
“Mi scusi
Signora Sherton, Mey può venire a giocare in giardino con
noi?”.
Eccolo: la voce alle mie spalle mi fece trasalire,
soave, gentile, spudoratamente falsa, perfetta per ingannare gli adulti
che lo trovavano un ragazzino delizioso, nonostante avesse dimostrato
ampiamente la propria malafede. Che intenzioni aveva stavolta?
perchè voleva attirarmi fuori? E, Salazar, quanto odiavo i ghigni ammiccanti di
sua nonna e di qualche altra befana sua parente!
“Vai pure
Mey, è un peccato stare chiusi in casa con una giornata
così bella”.
Dopo le nevicate abbondanti, negli ultimi giorni
c’era stato sempre un bel sole, perciò Orion aveva
voluto festeggiare il compleanno del suo primogenito nella loro casa
nel Cornwall, dispiegando sulla tenuta un incantesimo che garantiva una
temperatura primaverile. Uscii, come un condannato che va al patibolo,
risoluta però a vendere cara la pelle: per lo meno dovevo
provarci. Dal salone delle feste, una terrazza immetteva nel
parco, racchiuso tra il bosco che avevo notato all’arrivo e
la costa a picco sull'oceano, a garantire
l’inaccessibilità della tenuta: mi resi subito
conto che, così abbarbicato su una scogliera, il maniero
assomigliava alla mia adorata Herrengton. Il terreno saliva lievemente,
fino a formare una collina da cui s poteva ammirare il paesaggio,
sovrastata nella parte estrema da un albero solitario; guardandomi
attorno, raggiunsi la panchina sotto un platano, in una posizione
riparata da cui fossi ben visibile agli adulti, rimasti in casa, ma
defilata rispetto a dove giocavano i ragazzini, non volevo farmi notare
da loro, erano insulsi piantagrane, come avevo sperimentato in quei due
mesi di orrende visite agli amici di mio padre. Dalla mia posizione potevo ammirare il mare e le
bianche vele che si muovevano leggiadre al largo: anche i babbani, quel
giorno, approfittavano della bella giornata. Mi sedetti e chiusi gli
occhi, beandomi del calore del sole sul viso, forse l’inverno
era davvero finito, ed io, con la primavera, avrei ripreso a vivere.
“Va tutto
bene? Sei tanto silenziosa oggi!”.
Sobbalzai, non mi ero accorta che Sirius mi aveva
seguito: mi stava sorridendo tranquillo, sembrava innocuo, avrei osato
dire timido, forse voleva farsi perdonare per Klothes. Era il caso di
dargli un’opportunità? Non mi fidavo di lui, ma se
avessimo trovato il modo d firmare una tregua prima della mia partenza
per la Scozia, forse l’estate non sarebbe stata
l’inferno che si prospettava: feci buon viso, speranzosa.
Quando però si sedette, e a sorpresa mi cinse le spalle con
un braccio avvicinandomi a sé, facendo sfoggio del suo
fascino infantile, occhi ridenti, voce canzonatoria e buon profumo, mi
resi conto che aveva in mente un’altra delle sue diavolerie.
“Cosa
Merlino credi di fare, Black? Toglimi subito questa zampaccia di
dosso!”.
Mi trattenni dal dargli uno schiaffo e cercai di
reprimere l’inflessione allarmata nella voce. Ero allibita
dalla sua sfacciataggine: speravo d'aver sfoderato il mio miglior
cipiglio, bastava quello a mettere in fuga i rompiscatole come lui,
l’avevo sperimentato con quel deficiente di Avery quando
aveva provato a fregarmi la bacchetta giocattolo che mi avevano
regalato i miei a Natale, era bastata un’occhiataccia, forse
perché l’avevo già fatto cadere a terra
il giorno del compleanno d Regulus, quando m aveva dato una spallata
per tuffarsi sul buffet.
“Salazar,
Sherton, perché devi essere sempre così ostile
con me?!”.
Ritrasse il braccio, sembrava triste e
amareggiato, si mise a strappare ciuffi di erba dalla siepe dietro d
noi, gli occhi persi chissà dove. Era incredibile, sapevo
bene che era lui il pazzo, eppure mentre faceva quella faccia da
cucciolo bastonato , sentivo io la necessità di
giustificarmi… cosa Merlino voleva insinuare? Io non ero
ostile con lui, era lui che si comportava…. Dovevo e volevo
controbattere, e invece sospirai, piano, un “Salazar, sarei
io quella ostile!” che forse nemmeno sentì. Dopodiché cambiò tutto. Cogliendomi alla sprovvista, Sirius si
voltò di colpo e, attirandomi a sé, mi diede un
bacio che per puro caso riuscii a deviare su una guancia, girandomi d
scatto. Cercai di schiaffeggiarlo ma lo mancai, saltai in piedi,
strofinandomi energicamente la pelle del viso col dorso della mano.
Divenni rossa di vergogna al pensiero che qualcuno da casa avesse visto
la scena: Merlino! Quelle vecchie megere avrebbero fatto i salti d
gioia e applaudito. Che schifo!
“Tu sei
un pazzo, Black, davvero … sei completamente pazzo! E se
vuoi saperlo, quello che hai fatto mi dà il ribrezzo ! E tu
mi fai anche più schifo!!”.
Strinse i suoi occhi, sembravano fuoco e ghiaccio
che si fondevano, mentre mi guardavano, il ghigno ormai noto a dargli
l’aria pestifera da divinità dei boschi.
“Hai ragione, devo essere
pazzo a baciare te, una che non griderebbe se fosse stato mio fratello
a farlo. In quel caso non t saresti nemmeno schifata, vero
principessina?”.
Seduto, mi guardava divertito di sotto in su,
mentre diventavo porpora. Non era vero! Merlino! Se anche fosse stato Reg,
mi avrebbe fatto schifo lo stesso! Non mi era mai passato nemmeno
lontanamente per la testa che Regulus potesse baciarmi! A dire il vero credevo che nessuno avesse il
coraggio d farmi un affronto simile! Sirius era malato, quella era
l’unica possibilità ed io…
”Hai
perso la voce, Sherton? Chi tace acconsente, lo sai? O cerchi
l’offesa suprema? Ma sai, per quanto tu possa sforzarti, non
riusciresti mai a essermi più odiosa di
così…”.
Sirius si alzò, canzonatorio, e questa
volta lo centrai in pieno, lasciandogli l’impronta delle mie
cinque dita sulla sua guancia sinistra; dopo lo shock del momento,
cercò di prendermi per la treccia, ma io scappai via, verso
casa, senza sapere dove nascondermi, sperando solo di trovare un bagno
per lavarmi la faccia ed eclissarmi fino all’ora di cena.
Merlino! Non riuscivo a credere che stesse succedendo a me: correvo,
l’aria sembrava farsi spessa, palpabile, avevo
difficoltà a respirarla, come se fossi salita tra le nuvole
e di colpo fossi stata gettata a terra; ero talmente agitata da non
riuscire a controllarmi, trovai un’entrata secondaria,
m'intrufolai nella cucina degli elfi, chiesi e ottenni
l’indicazione per un bagno e m ci barricai dentro. Poi furono solo oggetti che cadevano dalle
mensole, acqua che usciva colorata dai rubinetti, ancora chiusi,
tappeti che svolazzavo fino a posarsi sui ripiani più alti
dei mobili che avevo intorno. Rimasi relegata in bagno per un tempo
indefinito, fuori di me, in una specie di limbo. Poi sentii bussare
alla porta, aprii e m ritrovai d fronte mio padre.
“Che
succede qui? Non credo sia stata Walby a far mettere le saponette
lassù! Giusto?”.
Mi sorrise indicando un paio d saponette alla lavanda che
occhieggiavano tra i cristalli lavorati a motivi floreali del maestoso
lampadario. Entrò, s sedette alla consolle accanto a me, m
posò una mano sulla testa, accarezzandomi, e con dolcezza m
impose d guardarlo in faccia, ma io non volevo, avevo pianto. Mi tuffai
tra le sue braccia, respirando il suo profumo a pieni polmoni e
riprendendo a piangere in silenzio.
“Cos’è successo Meissa? Cosa sono queste
lacrime?”.
“Nulla… è … ho litigato con
Black, è … Sirius è odioso…
e cattivo!”.
“Capisco.
E questo che vedo qua dentro cosa sarebbe? l’effetto della
tua rabbia o del tuo dispiacere?”.
Mi sollevò appena un pò e mi
sorrise. Mi guardai attorno: no, quella non era una stanza che aveva
subito l’attacco di una strega arrabbiata, tutt’al
più quello di una strega confusa. Molto confusa. Mi rifugiai
di nuovo sul suo petto.
“Non
volevo…. Io… si è messo a girare
tutto, ma… non l’ho fatto apposta!!”.
“Capisco.
Forse neanche Sirius voleva… ma ne parleremo a casa, con
calma, ora sistemo qui, ti metto in ordine e usciamo, Orion deve fare
un discorso, oggi è doppia festa”.
Tirai su col naso, mentre restavo affondata col
viso sul suo petto, lui m massaggiava piano la schiena, ridandomi
calore fino a che i singhiozzi repressi finirono e io ebbi il coraggio
di guardarlo in faccia. Mio padre estrasse la bacchetta e con un paio
di colpi riordinò la stanza, poi la rivolse a me,
riannodò con cura la mia treccia, fece sparire dal mio viso
le lacrime e gli occhi pesti di pianto, risistemò i miei
vestiti, infine mi accarezzò il viso con la sua mano che mi
dava sempre il coraggio di affrontare qualsiasi cosa. Lo guardai, era la persona più
meravigliosa che esistesse.
“Cosa si
festeggia?”.
Mi aveva incuriosito, e la sua espressione carica
d promesse alla fine m aveva in parte rallegrato.
“Vedrai…
è un evento importante, molto importante … forse
ti farà persino sognare un pò. Ne hai davvero
bisogno, piccola mia.”
Rientrai nel salone con lui, gli ospiti non si
erano accorti della mia scomparsa, solo mia madre lanciò uno
sguardo a mio padre, e lui gli rispose con un sorriso rassicurante,
Sirius si avvicinò, io m’irrigidii e lo fulminai
piena d’odio, ma Black guardò papà,
supplice, divenne rosso in viso e mi disse alcune parole d scusa.
“Mi sono
comportato in maniera pessima, scusami, ti giuro sul mio onore che non
succederà mai più”.
Mi tese la mano, avrei voluto insultarlo, non poteva giurare su un
onore che non aveva, e schiaffeggiarlo di nuovo, magari, ma lo sguardo
eloquente d mio padre m fece capire che dovevo accettare le scuse e non
fare scenate lì. Acconsentii e mi rassegnai a sedermi
accanto a lui, mentre Orion faceva cenno d volere
l’attenzione d tutti noi: mi guardai attorno, il livello di
eccitazione dei Black era superiore alla norma, c’erano
pressoché tutti, parenti più o meno stretti,
molte famiglie amiche. Il misterioso evento era fondamentale per i
Black.
“Sono
veramente lieto di ospitare qui, in questo giorno già
rilevante perché segna l’ingresso nella
società magica di mio figlio Sirius, tutti quanti voi, amici
e parenti, perché oggi ho anche l’onore di
annunciare, io, a tutti voi, ufficialmente, il fidanzamento della
nostra adorata Bellatrix, figlia di Cygnus Black e Druella
Rosier….”
Guardai preoccupata all’indirizzo di mio
fratello, nulla faceva presumere che c’entrasse qualcosa, non
si erano visti altri Black oltre i figli e la moglie di Orion, a casa
nostra, e ricordavo i discorsi dei miei genitori, poco entusiasti di
Bella. Da allora non se n’era parlato più. Mirzam
stava serio e compito accanto a nostro padre, guardando privo d
emozioni palesi verso Cygnus e Bella. Quella megera non sarebbe stata
una Sherton, no, mio padre e mio fratello non m avrebbero mai fatto un
torto simile!
“… con il nobile Rodolphus Lestrange. Un brindisi
a questa felice unione, unione, ricordo, di due anime, certo, ma anche
di due tra le più antiche e nobili e pure famiglie
Slytherins che da sempre condividono valori, aspettative e progetti. Un
brindisi a questa meravigliosa coppia!”.
Tutti applaudirono, io ripresi colore, mio
fratello fece calorosi complimenti a un Rodolphus particolarmente
emozionato, erano amici da una vita e benché non
l’avessi visto che rare volte, sapevo che mio fratello lo
frequentava spesso. Cygnus Black e Roland Lestrange si sedettero a
firmare il contratto, redatto insieme, in privato, nei giorni
precedenti, davanti a tutti noi, poi si strinsero la mano e tutti
applaudirono, fioccarono baci e abbracci, complimenti e auguri: tutti
erano radiosi e soddisfatti, soprattutto quando finalmente Rodolphus
ebbe il “diritto” di baciare la sua fidanzata, a
dire il vero non molto entusiasta né particolarmente felice.
Passarono tra gli ospiti, parlarono per la prima volta come coppia con
pressoché tutti noi, mio padre e mia madre fecero loro i
complimenti, Rodolphus era raggiante, mentre Bella continuava a
guardarsi attorno come assente, attratta solamente da mio fratello cui
lanciava occhiatacce piene, sembrava, di risentimento. Il resto della serata scorse rapidamente: dopo il
brindisi per Bella e Rod ci fu il banchetto finale, al termine del
quale ce ne andammo subito perché mia madre era stanca. Evitai Sirius, snobbai suo fratello e, alla fine,
salutai freddamente persino Orion, lasciandolo perplesso. A casa, stanca, mi ritirai subito in camera,
evitando di parlare con mio padre dei Black: questa volta non me
l’ero cavata con poco, non era stato solo un gioco,
né un incantesimo finito male, o una disattenzione. Non potevo smettere di pensare a Sirius e al bacio
che solo per caso era finito sulla mia guancia. In pigiama scesi dal
letto, mi misi alla finestra finché non m si gelarono i
piedi: era da lì, da quella finestra, che l’avevo
visto la prima volta, lui era nel parco, era arrivato al platano e si
era messo a guardare la casa, aveva alzato gli occhi verso la mia
finestra ed io, dopo aver notato i suoi occhi stupendi alla luce delle
torce, avevo abbassato in tutta fretta la tenda della mia stanza, col
cuore che mi batteva stranamente più rapido.
E oggi Sirius Black
ha osato toccarmi e mi ha baciato!
“Sei solo
parte di un incubo, Black, presto tornerò alla mia vita,
sarò felice e dimenticherò … tu
tornerai nell’oblio che meriti, lontano da me e dai miei
pensieri”.
Sospirai sollevata e mi ributtai sul letto, ma mi
assalì presto una nuova ansia: potevo evitarlo facilmente
per due mesi a Herrengton, era il mio regno, sapevo sparire persino
agli occhi d mio padre quando volevo, ma dopo l’estate
saremmo andati a Hogwarts e lì… quella scuola
già m angosciava per tante cose, lo smistamento,
Malfoy… Come sarei sfuggita alla pazzia di Sirius se fossi
entrata anch’io a Serpeverde? Come avrei evitato per sette
lunghi anni i suoi stupidi scherzi? E come potevo evitare che sua madre, con le sue
macchinazioni, m rovinasse la vita per sempre?
***
Sirius
Black
Zennor, Cornwall - dom. 21 febbraio 1971
“Sirius,
hai idea di dove sia finita mia figlia?”.
Stavo ritornando indietro, ancora confuso, con
ancora le cinque dita d Meissa stampate in faccia, rosso come un
papavero, furioso per come m aveva trattato, senza rendermi conto di
come me la fossi cercata, quando a peggiorare le cose, sentii la voce d
Sherton che m apostrofava senza tanti preamboli.
“Io…ecco…. Lei…”.
“A
guardarti si direbbe che abbiate bisticciato di nuovo. Sai dirmi dove
s’è nascosta?”.
Mi guardava divertito, ero ammutolito, m
vergognavo come un ladro: compresi che non potevo dire la
verità, nemmeno io sapevo perché mi ero
comportato a quel modo, ma era evidente che non era il tipo di azioni d
cui andare fieri e di certo non era il tipo d situazione su cui Alshain
si sarebbe fatto una sonora risata. Anzi, se volevo uscire del tutto
dalle sue grazie, il modo migliore era fare e pubblicizzare proprio il
genere d bravate d cui mi ero reso protagonista quel giorno.
“L’ho vista sparire là dietro, credo sia
passata per le cucine… Signore…..
io…Mi dispiace, sono stato un cretino, io.…. le
ho tirato la treccia, e…”.
“Non
entro mai nelle beghe d voi ragazzi, Sirius, ma se accetti un
consiglio, se hai qualcosa in sospeso con mia figlia, è
meglio che la risolvi in fretta, il 1° di marzo torniamo a
Herrengton, non hai molto tempo per chiarirti con lei. E usa prudenza,
perché l’ho allevata come i suoi fratelli, sa
difendersi molto bene! Ma a quanto vedo questo l’hai
già sperimentato da te”.
Mi aveva afferrato il viso e stava ammirando il
segno della mano ancora pulsante sulla mia faccia: non disse altro, se
ne andò in silenzio, senza rimproveri nè domande,
lasciandomi lì da solo, come uno stupido. Ed ora ero in camera mia, a ripensare a quel
pomeriggio così ricco d eventi: avevo ricevuto molti regali,
libri, giochi, dolci, vestiti, denaro e oggetti magici di origine
più o meno discutibile, i miei m avevano trattato come fossi
un figlio d cui essere orgogliosi, poi tutti si erano occupati del
fidanzamento di Bella con quel cascamorto di Lestrange. Sicuramente
erano una coppia di pazzi sanguinari ben assortita, almeno prendendo
per buoni i discorsi recepiti sottovoce su Rodolphus da parte d qualche
invitato. Mi stesi nel mio baldacchino, con in mano
l’anello dei Black che m aveva regalato mio padre, lo
rigiravo tra le dita, osservando lo stemma, ma vagavo in un brodo
caotico d pensieri, che tornavano sempre a Meissa. Solo, lì,
nel buio della mia stanza, m resi conto: Salazar, cosa diavolo avevo
fatto? Dovevo chiederle scusa, scusa davvero, ero stato un villano, non
m ero mai reso pienamente conto dell’enormità
delle bravate che ero riuscito a combinare in quei due mesi. E la cosa
straordinaria era che me l’ero sempre cavata senza punizioni
d alcun tipo. Avrei colto l’ultima
possibilità prima della partenza degli Sherton, per mettere
fine a quella disputa che avevo creato dal niente, non importava se mi
avrebbe insultato, io non potevo lasciar andare Alshain con
l’idea che fossi un vigliacco, meschino e bugiardo, e Meissa
con la certezza che fossi, come m aveva definito, un arrogante viziato?
Inoltre m tormentava da giorni una
realtà, mi chiedevo perché non m avesse mai
tradito: se s fosse lamentata d me con i suoi o con i miei genitori, a
quest’ora mio padre m avrebbe impiccato in mansarda per gli
alluci, anzi, per qualche altra estremità ben più
dolorosa, era poco ma sicuro!. Perché non l’aveva
fatto? Alshain aveva detto che l’avevano abituata a
difendersi da sola dai fratelli, questo significava che magari avrebbe
provato a vendicarsi da sola, non avrebbe agito come i fratelli Black,
presso i quali la delazione era una pratica diffusa, anche se spesso
controproducente, soprattutto se la utilizzavo io. Il giorno dopo, di ritorno a Grimmauld Place,
nostro padre ci comunicò che eravamo invitati ad Amesbury
per il sabato seguente e che gli Sherton sarebbero poi ripartiti in
anticipo per la Scozia: m sentii sollevato, convinto che di
lì a giugno sarei riuscito a chiudere nel cassetto gli
strani pensieri che mi turbavano dalla notte di Yule. D’altra
parte, avevo meno d una settimana per tentare d ricomporre i pezzi, e
nessuna idea su come fare per farmi perdonare, risultando convincente. Regulus non prese bene l’idea che gli
Sherton sarebbero partiti prima, tornò a incupirsi e provare
scarso entusiasmo per tutto quello che facevamo: durante quelle uscite
si era divertito e si era affezionata a Meissa, cosa davvero inusuale
perché mio fratello difficilmente si appassionava a qualcosa
o si legava a qualcuno che non fosse nostra madre. Sapevo che, come me, ormai viveva
nell’attesa del viaggio nelle Highlands, e pur invidiandolo,
per com’era riuscito a fare amicizia con Mey, provai pena per
lui, perché io sarei presto fuggito a Hogwarts, mentre lui
avrebbe dovuto affrontare i fantasmi della nostra famiglia ancora per
un altro anno, tutto solo con nostra madre, nella nostra tetra casa.”.
*continua*
NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc,
hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui
migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio 2010).
Valeria
Scheda
Immagine
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