Che
dire, se non che come
tante prima di me, anch'io non ho digerito la fine che hanno fatto fare alla
coppia Daryl/Beth. Così ho deciso di rimischiare le carte in
tavola e dare vita a questa one-shot (da cui, tempo permettendo, vorrei
far partire una long), dove ovviamente le cose prendono una piega
diversa.
Se vorrete farmi sapere che ne pensate, ne sarò molto
contenta.
Ciao
Laura
Sono più di cinque
minuti che Daryl è immobile in quella posizione, spalle al
muro e braccia
incrociate sul petto. La balestra da cui non si separa quasi mai, tanto
che pare l'estensione naturale del suo braccio, giace
dimenticata ai suoi piedi.
Il silenzio spettrale di quell'ennesima casa abbandonata è
rotto
soltanto dal pianto sommesso, a tratti soffocato, che giunge da dietro
quella porta che lui ancora non ha trovato il coraggio di aprire.
Guarda
un'altra volta fuori
dalla finestra che ha di fronte, e su cui qualcuno è
riuscito a
saldare delle sbarre di ferro, pensando per un attimo
che preferirebbe trovarsi ancora fuori nella foresta, nonostante il
buio la stia piano piano inghiottendo, piuttosto che essere
lì dentro
ad affrontare un pericolo che giudica mille volte più grande
di
una mandria di erranti.
Che cazzo dovrebbe fare, ora?
Sente scricchiolare i denti che sta stringendo con troppa
forza,
ma non trova altra maniera per sfogare la tensione che gli percorre il
corpo come corrente elettrica, perchè non vuole ancora
muoversi e
rischiare così di rivelare la sua presenza alla persona
rinchiusa
nella piccola cucina.
Porca puttana, Daryl,
come cazzo è potuto succedere?
Lo domanda a se stesso, sapendo bene che le risposte sono
tutte
lì a portata di mano, se solo non stesse cercando di
soffocarle
sotto tutta quella merda che da sempre lo accompagna e che fa di lui
quello che è: un fottutissimo stronzo.
Fottutissimo stronzo,
fottutissimo stronzo, fottutissimo stronzo...
Se
lo ripete come se fosse un mantra in grado di riportare a galla del
tutto quel Daryl Dixon capace di fregarsene del mondo intero, quello
che prima dell'apocalisse si guardava in uno specchio e non gliene
importava un cazzo di cosa ci trovava riflesso.
Sì,
decisamente da qualche
parte ci doveva essere un Dio che se aveva deciso di farsi vivo con
lui, aveva proprio scelto il momento peggiore.
L'ultima cosa di cui ha bisogno,infatti, è di
lasciarsi
andare a delle emozioni che lo renderebbero solo più
vulnerabile
e confuso.
Lui non può permetterselo, proprio no.
Così si china a recuperare la balestra, impugnandola con la
solita presa sicura e traendo conforto dalla sensazione del freddo
metallo sotto le dita.
Poi apre la porta e lo fa volutamente senza nessuna delicatezza, tanto
che la manda a sbattere contro uno sportello rimasto aperto, producendo
uno schiocco secco.
Ovviamente è riuscito a spaventare la ragazza rannicchiata
sulla
sedia, ma intuisce che è più dovuto al fatto che
l'ha
sorpresa a piangere, che non all'idea di trovarsi davanti un errante
affamato.
Infatti la vede scattare in piedi, mentre cerca di ripulirsi
velocemente le guance imbrattate di lacrime e sporcizia, nel tentativo
di nascondergli quell' ennesimo sfogo.
- Se vuoi che accendiamo quelle candele, devi trovare qualcosa per
coprire le finestre.
Nella penombra che ormai avvolge la cucina, Daryl le indica con il capo
le due finestre anche loro munite di sbarre. Quando hanno trovato
quello chalet, nel primo pomeriggio, ha pensato che si trattasse di un
colpo di fortuna, ma ora che ci si deve chiudere dentro con lei non ne
è più tanto sicuro.
Accampati nel bosco, come hanno fatto nelle notti precedenti, non hanno
potuto abbassare la guardia nemmeno per un attimo, rimanendo entrambi
concentrati e silenziosi, ma lì, relativamente
più al
sicuro, ha paura che non sarà così.
- Forse c'è qualcosa di utile nella camera da letto. Vado...
vado a vedere.
La voce le è uscita leggermente arrochita, ma meno tremante
di come lo è stata nei giorni scorsi.
Sente su di sè quello sguardo che cerca di evitare il
più
possibile, perchè ci vede dentro delle emozioni che lui non
sa
come affrontare, prima che lei lasci la cucina per andare in cerca di
ciò che le ha chiesto.
Solo i pisciasotto e le
checche piangono davanti al dolore, e tu non lo sei, vero ragazzo?
La voce del suo vecchio gli risuona nelle orecchie proprio
come
se fosse ancora lì a tenerlo per le palle, mentre gliele
strizza
talmente forte che per non piangere lui si deve mordere le guance sino
a farsele sanguinare.
Lezioni di vita, così le chiamava suo fratello Merle, dopo
che
aveva iniziato anche lui ad impartirgliele quando il loro vecchio aveva
tirato le cuoia.
Però, adesso, non vuole ricordare, così appoggia
la
balestra sul tavolo e si mette a rovistare nei cassetti, in cerca
di tutto ciò che possa essere utile alla loro sopravvivenza.
Sta valutando l'idea se prendere o meno il piccolo apriscatole che ha
trovato, quando la sente tornare.
- Ho trovato questa coperta... pensi possa bastare se la tagliamo a
metà?
Ovviamente sta chiedendo la sua approvazione, come è
avvenuto
per ogni maledetta decisione che hanno dovuto affrontare da quando sono
rimasti soli.
E siccome non vuole pensare nemmeno a quello, alla
responsabilità che sente inevitabilmente di avere nei
confronti
di quella ragazzina, reagisce nell'unica maniera che gli consente di
tenerla alla larga, ossia strappandole di mano la coperta e
apostrofandola duramente.
- Da qua, ci penso io.
Ha visto comparire la smorfia frustrata che sempre le distorce
il viso quando la tratta così, ma anche questa volta non
reagisce e si limita a guardarlo tagliare la coperta.
Non è che sta
cercando di fare
proprio questo, spingerla a reagire contro di lui, in maniera che si
possano liberare
di quelle emozioni che entrambi, per ragioni diverse, si stanno tenendo
dentro?
Il pensiero lo colpisce come una frustata, e lui sa bene
che
sensazione sia, dal momento che ha assaggiato la cinghia del vecchio in
più occasioni di quelle che si meritava veramente.
Se così fosse, è davvero in pericolo,
perchè non
ha la minima idea di cosa possa succedere se lei dovesse spingerlo in
un luogo dove non vuole mettere piede neanche da morto, ossia se stesso.
Lui
vuole solo continuare ad agire secondo lo schema che si è
instaurato
da quando la prigione è caduta e loro sono fuggiti:
camminare,
saccheggiare, mangiare, bere, pisciare, dormire, uccidere gli zombie.
Solo questo, sopravvivere soddisfacendo i bisogni primari. Mettere in
fila un giorno dopo l'altro,
senza pensare a nient'altro.
- Ho trovato della carne in scatola e del mais ancora buoni.
Glielo
comunica con un tono di voce
sottile, ma che non nasconde una certa soddisfazione per il fatto che
non dovranno digiunare.
Daryl capisce che non lo sta accusando di essere tornato dalla caccia a
mani vuote, sa anche lei che gli ci vuole più tempo di
quello
che aveva a disposizione prima che facesse buio, però parte
lo
stesso in quarta aggredendola.
- Che cazzo vuoi, anche le mie scuse perchè non sono
riuscito a trovare niente?
Ha picchiato un pugno sul tavolo e lei è sobbalzata
indietro, lo sguardo incupito.
- Non intendevo certo accusarti di questo e credo tu lo sappia
benissimo, Daryl.
La vede stringere forte i pugni, prima che faccia dietrofront per
uscire dalla stanza.
- Stronzo paranoico.
E' stato appena un sussurro, ma lui l'ha sentito benissimo, proprio
come se gliel'avesse urlato dietro. La segue come un fulmine e la
blocca battendole due dita su di una spalla.
- Che cosa hai detto?
Lei si è voltata e adesso sono uno di fronte all'altro,
pronti per che cosa non lo sa nemmeno lui.
- Hai capito benissimo: non ti stavo accusando di niente.
Ormai è buio, quindi la intravede appena nella penombra
alzare il mento e raddrizzare le spalle.
- Io ho capito invece che mi davi dello stronzo paranoico.
Cristo, ma lo sta
facendo davvero?
Sta attaccando briga con lei come se fosse uno di quei
tizi con cui ha fatto a botte in ogni bar dove si è
sbronzato?
- E se anche fosse?
A quel punto nessuno di quei tizi sarebbe più stato ancora
in piedi
davanti a lui, ma è Beth quella che gli ha risposto a muso
duro.
- E se anche fosse... avresti fatto bene a dirmelo.
Il più sorpreso per quella risposta è lui,
ovviamente,
non lei che ormai sembra essersi abituata ai suoi sbalzi d'umore
improvvisi.
Non è la prima volta che hanno un battibecco del genere, ma
è la prima che lui esprime ad alta voce quelle che
sembrano essere delle reali scuse, nè più
nè meno.
Le altre volte si è limitato semplicemente ad allontanarsi
in
silenzio, lasciando che entrambi sbollissero ognuno alla sua maniera:
lui uccidendo e lei piangendo.
Impedendosi
di approfondire il perchè del suo comportamento, torna
in cucina per finire quello che stava facendo, mentre sente che lei
traffica nella stanza accanto. Alla fine è riuscito a
coprire le finestre
fissando la coperta con del nastro adesivo che ha trovato nel capanno
degli attrezzi, così ora può accendere le candele
che
già c'erano sparse in giro.
A
quel punto si ritrova senza più nulla da fare e non
è una
buona cosa, perciò si siede intorno al tavolo e decide di
controllare la balestra, per assicurarsi che sia tutto a posto.
Sono gesti che ha compiuto migliaia di volte e che hanno sempre avuto
il potere di rilassarlo, creando una sorta di rifugio da tutto il caos
che lo circondava, sia prima che dopo l'apocalisse. Quella sera,
però, non sembra funzionare a dovere, perchè
c'è
una parte di lui che rimane sintonizzata sui rumori soffocati che sente
provenire dall'altra stanza.
Non può smettere di
preoccuparsi per lei, questa è la verità.
Ammettere quel pensiero gli costa una fitta
allo stomaco
che lo fa agitare oltre misura, tanto che si inceppa nel caricare la
balestra, facendolo sentire impacciato come non gli capitava da quando
lo aveva fatto le prime volte.
Non riesce a scacciarla
dalla mente.
Ecco un'altra verità per lui agghiacciante,
perchè
implica il fatto che il suo legame con lei abbia già
superato un
punto di non ritorno.
Vorrebbe potersi convincere che è solo per il fatto che ora
possono contare solo l'uno sull'altro, ma è una balla troppo
grossa da raccontarsi, così quella fitta allo stomaco
diventa
una voragine dove si sente sprofondare.
Quel
buco nello stomaco glielo ha aperto lei, quel suo sguardo che sembra
spogliarlo di ogni corazza, mettendogli a nudo l'anima.
- Daryl, senti...
E' ricomparsa sulla soglia della stanza, il suo viso illuminato dalla
luce tenue delle candele mostra un'espressione stanca e abbattuta.
- Ho fame. Voglio mangiare.
La interrompe perchè non riesce a rimanere seduto a
fissarla,
così ha trovato l'unica scusa che gli permette di darle le
spalle per rovistare nella dispensa a caccia di quel cibo ancora
commestibili.
- Non possiamo andare avanti così.
Ha preso della carne in scatola e ha iniziato ad aprirla come se fosse
un'operazione che richiede tutta la sua concentrazione.
- Ho preso il maiale, il pollo mi ha sempre fatto schifo.
Non fa nemmeno finta di cercare una forchetta, caccia dentro
direttamente le dita e si riempie la bocca, godendo della prima
sensazione che gli procura quel cibo sul palato.
- Dobbiamo parlare, Daryl.
- Sto mangiando.
Gli risponde con la bocca piena, praticamente mugugnando, nella
speranza
che capisca che è meglio se lo lascia in pace. Solo che
sente
ancora la pelle formicolare, segno che i suoi occhi sono ancora posati
su di lui.
- E invece andremo sino in fondo...
Sente una prima nota stonata in quella voce che vorrebbe poter ignorare
e che invece lo fa tendere come la corda della sua balestra.
- Perchè fingere che non sia successo nulla come stai
facendo tu, non serve ad un emerito cazzo!
Le ultime parole le ha dette come se gliele volesse scagliare addosso
al pari di frecce acuminate.
- Io voglio poterti dire che mi manca Maggie come se mi mancasse l'aria
per respirare, e che penso a lei
e a tutti gli altri praticamente sempre, in continuazione, chiedendomi
se sono ancora vivi o se invece sono... sono...
La voce le si incrina, e qualcosa dentro di lui anche, ma non si
trasforma nel pianto che si aspettava, perchè la sente di
nuovo
esplodere con più rabbia.
- Se sono morti, cazzo! Morti come tutti gli altri a cui volevo bene e
che questo maledetto inferno mi ha portato via senza che potessi farci
nulla!
Parlarne è
l'esatto opposto di quello che vuole lui.
Lo pensa mentre quasi stritola la scatoletta che sta
tenendo in
mano, cercando di non far crollare quelle barriere che ha eretto per
trovare la forza di andare avanti.
- Ho visto morire mio padre per mano di quel bastardo psicopatico solo
tre
giorni fa, e ogni volta che ho pianto per questo, tu mi hai guardato
come se fossi solo una ragazzina troppo viziata a cui avevano tolto il
suo giocattolo preferito!
La sua voce è salita ancora di tono, sino a diventare un
fiume di parole inarrestabili che lo stanno travolgendo.
- Guardami, cazzo!
Lo ha strattonato con una forza che non si aspettava da lei,
ritrovandosi a fissare due occhi pieni di rabbia e
disperazione.
- Guardami e dimmi come fai a non provare niente! Rick,
Carol, Michonne, Glenn, Maggie... mio padre! Erano tutte persone che
sarebbero
morte per te, e tu invece non le trovi nemmeno degne di essere almeno
compiante? Piantata davanti a lui, lo sta spingendo sempre
più sull'orlo di quel baratro in cui non può
cadere.
E' questione di
sopravvivenza non cedere, qualcosa in cui lui è sempre stato
un esperto.
- Se fossi impegnata anche tu a salvarci il culo come sto facendo io,
credo ti rimarrebbe meno tempo per tutte queste stronzate...
Lo schiaffo lo colpisce in pieno viso, arrivando a fargli sbattere la
testa contro il pensile al suo fianco.
Ma non c'è nessuna espressione di rimorso sul viso di Beth
per
quell'atto di violenza, anzi gli sembra che sia pronta a replicarlo,
così ha fatto due passi indietro, fissandola con quello che
spera sia uno sguardo di ammonimento a non proseguire su quella strada.
- Non ho paura di te, sai? Sono capace di parlare la tua stessa lingua,
Daryl Dixon. Perchè è questo che sei, no? Un
coglione
bifolco che capisce solo la violenza. Allora forza, parliamo a modo tuo.
Ha ascoltato la sua
conversazione con Carol...
Quello che gli ha appena detto ne è la prova
certa, ora
sa chi quel giorno si è trovato nella condizione di sentire
quanto stava confessando all'unica persona che sembrava essersi accorta
che lui era molto di più di quanto non desse a vedere.
- Avanti, forza! Non avrai paura di me, la ragazzina che non
è capace di salvarsi il culo da sola...
Non è la prima volta che si trova davanti ad una femmina
incazzata con lui, anche se per motivi che ora gli appaiono
insignificanti, ma nessuna l'ha mai guardato come sta facendo lei ora,
come se lui fosse la sua ultima speranza di rimanere aggrappata a
qualcosa che le permetta di non arrendersi definitivamente alla
disperazione più assoluta.
Non è l'unico
che ha pensato di provocare nell'altro una qualsiasi reazione per
liberare le emozioni represse.
E' questo pensiero a tenerlo inchiodato dov'è,
mentre lei invece ha afferrato la balestra che lui ha lasciato sul
tavolo.
Se la vede puntare contro con determinazione, sebbene la presa di Beth
vacilli sotto il peso dell'arma.
- Ma forse potrei dimostrarti che non è così
proprio ora...
Per un attimo rivede in lei un bambino gracile che tenta di fare centro
al primo colpo, mentre suo padre e suo fratello non fanno altro che
sfotterlo, sicuri che non sarà capace nemmeno di scoccare il
colpo.
Invece era andato molto
vicino dal
colpire il bersaglio nel centro, tanto che si era guadagnato la sua
prima lattina di birra da scolare mentre ascoltava i vaneggiamenti del
vecchio su future battute di caccia che sarebbero state un vero sballo.
Ma ora si ritrova ad osservare Beth non con la paura di essere colpito,
ma con il timore che lei sia ad un passo dall'ottenere ciò
che
vuole da lui: farlo crollare.
- E dovresti farmi paura? Sei patetica...
La sua è una chiara provocazione, perchè alla
fine forse
è davvero stanco anche lui ed è meglio farla
fuori tra di
loro una volta per tutte, piuttosto che consumarsi in quell'attesa
logorante.
- Vai all'inferno, Daryl Dixon!
Tutto succede velocemente, ma lui lo vive come se fosse una di quelle
scene che nei film scorrono al rallentatore.
Il dito di Beth si flette per far partire il colpo, ma quando la
freccia è libera di volare via, lui è
già fuori
tiro e le sta strappando di mano la balestra, riappoggiandola sulla
tavola con un tonfo sordo.
- Tutto qui?
La schernisce ancora, assecondando quell'istinto meschino di volerla
umiliare per riuscire di nuovo a respingerla nel suo guscio.
Ha paura di lei, una
paura fottuta.
- Fai un favore ad entrambi e vai avanti a fare solo quello che ti
viene meglio: frignare.
Lei reagisce vacillando indietro, quasi l'avesse colpita fisicamente e
non solo a parole, facendogli sperare che la sua prossima mossa sia
quella
di schizzare via, lontana da lui.
Le volta anche le spalle, riprendendo la scatoletta e affondandoci
dentro di nuovo le dita per tirare su un altro boccone da ingoiare per
spingere giù quel nodo che gli si è formato in
gola. Sta
da cani per come l'ha trattata, ma non cederà, non
tornerà indietro.
Quello è un mondo dove non c'è più
spazio per le
emozioni, è una lezione che Beth deve imparare, altrimenti
non
sopravviverà se lui dovesse morire.
Sa che è una scusa di merda quella che sta cercando di
rifilarsi, un'altra stronzata sul fatto che la
responsabilità
verso di lei si limiti soltanto a quello, farla sopravvivere e che,
quindi, non abbia niente a che fare con i sentimenti che lei invece gli
suscita.
- Maledetto stronzo...
Il primo pugno lo colpisce sulle reni, ma è troppo debole
per
dire che gli abbia fatto male, ma poi ne arriva subito un secondo, un
pò più forte del primo, e il terzo gli prende il
fianco
perchè si sta voltando, il quarto gli fa perdere la presa
sulla
scatoletta, il quinto finisce nella sua mano, che si richiude su quella
più piccola di Beth, bloccandolo mentre tentava di salire
verso
il suo viso.
A fregarlo, però, è la ginocchiata che lo
colpisce
all'inguine, facendolo piegare in due per il dolore, permettendo a quel
pugno che ha lasciato andare di centrarlo su una spalla, strappando
alla sua proprietaria un gemito di dolore che però non la fa
desistere, perchè viene colpito ancora sulla spalla e poi
sul
torace.
Beth, ora, è una furia scatenata e lui tenta di
arretrare,
per distanziarla, ma si trova quasi subito con le spalle al muro e a
quel punto è abbastanza incazzato da reagire con
più
forza. Quando un altro pugno tenta di raggiungerlo al volto, lui le
afferra il polso e le fa compiere un giro su stessa, imprigionandola
contro di sè, dal momento che la tiene saldamente anche per
l'altro polso adesso.
- Piantala, Beth...
Glielo ringhia mentre lei tenta di divincolarsi con tutte le sue forze,
costringendolo a serrare la presa, perchè evidentemente
l'adrenalina sta tirando fuori risorse inaspettate da quello scricciolo
di ragazza.
- Vaffanculo, Daryl...
La testata che gli arriva subito dopo sul naso è
più il
frutto della lotta che è in corso tra di loro, che non di un
vero colpo messo a segno volontariamente, ma questo non rende meno
forte il dolore che gli esplode nel cervello e che lo fa crollare a
terra, trascinandola con se.
Il naso gli fa un male cane e sta sanguinando, ma non osa ancora
lasciarla andare, nonostante lei stia dando segni di cedimento
ora che seduta tra le sue gambe ha meno possibilità di
muoversi.
- Lasciami andare!
Glielo ordina mentre con qualche ultimo strattone cerca di fargli
abbandonare la presa sui suoi polsi, ma lui non è
così
convinto che sia tornata del tutto lucida, quindi non molla e continua
a tenerla prigioniera.
- Prima devi calmarti, cazzo! Mi hai quasi rotto il naso, porca puttana!
Sente gli occhi lacrimare tanto gli fa male, ma siccome se
l'è
già rotto una volta, sa che sarebbe cento volte
più forte
il dolore se fosse successo ancora.
- Almeno, adesso, non sono più la sola a soffrire...
La voce di Beth gli giunge soffocata e un pò tremante, ma
non
sembra più contenere quella rabbia cieca che l'ha spinta ad
aggredirlo.
-
Lasciami andare, Daryl, ti prego.
La sente irrigidirsi, e non ne capisce il vero motivo, sino a che un
primo singhiozzo non la scuote.
Cazzo, cazzo, cazzo!
Non può fargli quello, non ora che
quell'abbraccio forzato tra loro ha iniziato a fare breccia nelle sue
difese.
Quanto tempo era che non
sentiva il conforto di un contatto così ravvicinato?
Proprio da quel giorno in cui ha confessato a Carol i suoi
tormenti e lei lo ha abbracciato facendogli sentire un affetto che
poteva essere quello della sorella maggiore che aveva desiderato poter
avere un tempo lontano.
Dovrebbe respingerla, scappare lontano da Beth e da quello che
rappresenta, ma ora che si è abbandonata contro di lui,
piangendo nuove lacrime, scopre di non averne la forza.
Maledizione, non vuole
perdere anche lei!
Eccola la verità nuda e cruda.
Non
succederà, lo giura sulla sua testa, per nessuna ragione al
mondo.
Ecco la promessa che Daryl fa a se stesso, mentre lascia
finalmente libere le sue emozioni di trasformare quell'abbraccio con
Beth in una stretta protettiva capace di cullare il dolore di
entrambi.
XXXXXXXXXXXXXXXX
Beth intuisce di trovarsi in quella condizione a
metà tra
il sonno e la veglia, cioè quando ancora non sai bene se
quello che
stai provando fa parte di un sogno o è già la
realtà.
E' una sensazione piacevole quella che sente, perciò la
parte
più cosciente di lei, la porta a credere che sia lo
strascico di
un sogno di cui però già non ricorda nulla.
Prova a stringere forte gli occhi, come quando era bambina e sperava di
potersi riaddormentare per continuarlo, ma sa
già che non funzionerà.
Questo vuol dire che nel giro di qualche attimo si ritroverà
di
nuovo catapultata in un mondo dove ormai esiste solo dolore e vuota
disperazione.
Il solo fatto di aver formulato quel pensiero, le dice che ormai
è irrimediabilmente sveglia.
Ma allora,
perchè quella piacevole sensazione ancora non l'ha
abbandonata?
Sta cercando di scrollare via del tutto gli ultimi
strascichi di
quel risveglio che la vede particolarmente confusa, quando è
un
leggero movimento alle sue spalle a farla piombare di colpo nella piena
consapevolezza della situazione in cui si trova.
Tra le braccia di Daryl, ecco
dove si trova!
I ricordi della sera precedente la investono
con la forza
delle emozioni che ha provato in quei momenti, paralizzandola
lì
dov'è.
Ha tentato di infilzarlo
con la balestra!
Quel pensiero ha il potere di gettarla nell'ansia
più
assoluta, ma quando poi ricorda anche la lotta che ne è
conseguita subito dopo, vive un vero momento di panico.
L'ha anche picchiato
più forte che poteva!
E' sconvolta da quello che è stata capace di
fare, dalla violenza gratuita con cui lo ha assalito.
Proprio in quel momento lui si agita alle sue spalle, stringendola
più forte e mormorando parole sconnesse.
Vorrebbe cercare di guardarlo in viso, ma nello stesso tempo ha il
timore che muovendosi lo possa svegliare, e lei non è ancora
pronta ad affrontarlo.
Non ha la minima idea di chi si troverà davanti, se il Daryl
Dixon chiuso e scontroso, o quello che è stato capace di
mostrare che anche lui prova dei sentimenti. Non ne è
pienamente sicura, ma crede che le sue lacrime non fossero tutte dovute
al dolore per il colpo al naso.
Dio, non
gliel'avrà rotto sul serio!
Non può fare a meno di preoccuparsi, specie
perchè
il senso di colpa per le sue azioni violente è ancora
schiacciante, per cui alla fine decide che deve dargli un'occhiata
subito.
Così prova a scostarsi da lui scivolando un pò in
avanti
col sedere, cercando di voltarsi per poterlo guardare, ma le
braccia che le stringono la vita la riportano indietro, contro il suo torace.
Si sente arrossire, perciò ringrazia il fatto che lui
sia ancora profondamente addormentato e che non si renda conto, quindi,
di come la stia mettendo in difficoltà.
Daryl non l'ha mai
sfiorata prima d'ora, nemmeno per sbaglio.
E la mette in difficoltà, perchè
quel contatto
ravvicinato le ha fatto provare per qualche minuto la sensazione di
essere al sicuro e protetta, proprio come quando c'era ancora la sua
famiglia a vegliare su di lei.
Suo padre, sua madre,
Sean,
Maggie... loro non ci sono più, ora è davvero
sola.
Sente gli occhi pizzicare, le lacrime premono per uscire,
ma lei non ne vuole più versare, a cosa servirebbe?
Niente e nessuno potrà riportarle indietro le persone che ha
amato, deve imparare a convivere con quell'idea... deve imparare a
mettere da parte la speranza e pensare solo a sopravvivere.
Ma sopravvivere per
cosa, per chi?
- Sei sveglia da molto?
A strapparla da quei cupi pensieri è la voce leggermente
impastata di Daryl, che le pone quella domanda all'apparenza innocua.
Perchè non le è sfuggito, infatti, il modo in cui
si è
irrigidito probabilmente nello scoprire che la sta tenendo ancora
stretta a lui.
- Qualche minuto...
- Potevi svegliare anche me.
Beth non sa bene se il tono con cui glielo dice sia accusatorio o solo
oggettivo, ma non è che faccia molta differenza dopotutto.
- Ci ho provato, ma dormivi profondamente, credo stessi sognando...
parlavi, ma non ho capito cosa stavi dicendo.
Come risposta ottiene un grugnito e contemporaneamente sente le braccia
di Daryl scivolare via, lasciandola libera di potersi allontanare.
Per un attimo si sente persa, poi si rimprovera per quella debolezza e
si scosta da lui, per poterlo finalmente guardare.
- Oh Dio, Daryl... cosa ti ho fatto!
Inginocchiata davanti a lui, non è riuscita a trattenere un
moto
di orrore nel vedere la sua faccia: ha il naso gonfio e gli occhi sono
contornati da lividi scuri.
Istintivamente fa per toccarlo, ma lui è svelto a
trattenerla per il polso.
- Meglio non toccare...
Vede passare un'emozione intensa in quegli azzurri, ma è
troppo veloce per capire cosa sia.
- Pensi che sia rotto?
- No, mi è già successo e ti garantisco che stavo
molto peggio di così...
Coglie perfettamente la nota amara nella sua voce, ma non ha ovviamente
intenzione di approfondire intuendo subito che sia un argomento ostico.
Soprattuto non vuole rompere quella tregua che pare
essersi instaurata tra loro grazie proprio allo scontro che hanno avuto
ieri
sera e che li ha anche portati ad addormentarsi in quella maniera
così... intima.
Non trova altro modo per
definire quell'abbraccio in cui si è risvegliata.
- Mi dispiace, Daryl. Sul serio, ieri sera ho perso... ho
perso la testa.
Ecco, scusarsi le sembra un buon modo per iniziare a parlare con lui di
quello che è successo, ma quando lo vede rabbuiarsi di
colpo,
non ne è più tanto sicura.
- Non è stata colpa tua. Sono io che ho fatto lo stronzo una
volta di troppo.
Quell'ammissione la lascia per un attimo senza parole.
- Bè, ma sono io quella che ha tentato di infilzarti con la
balestra... e sempre io quella che ti ha fatto quello.
Con la testa accenna al suo naso, mentre Daryl cambia velocemente
espressione un'altra volta, sorprendendola con una smorfia che
assomiglia tanto ad un sorriso ironico.
- L'unico colpo che non mi hai dato volontariamente, è
quello che ha fatto più danno.
Incredibilmente
viene da ridere anche a lei, forse perchè lui pare davvero
non avercela con lei per quel suo sfogo.
- Rimane il fatto che non avrei dovuto reagire
così... mi dispiace.
Le emozioni sul viso dell'uomo che ha di fronte cambiano davvero alla
velocità della luce, perchè adesso è
tornato alla
sua solita espressione indecifrabile e questo le fa pensare che anche
lui sia in difficoltà nel gestire quel nuovo inizio tra di
loro.
Ma cosa sta pensando? Un
nuovo inizio tra di loro?
Eppure, più passano i minuti, più ha
la sensazione
che qualcosa tra loro sia successo veramente, e che se anche non ne
parleranno apertamente, le cose non torneranno più come
prima. O
si sta solo illudendo che Daryl possa arrivare a mostrarsi
più
umano con lei?
- Okay, Beth, va bene così. Però
adesso devo proprio andare a pisciare.
Ecco, appunto, questo è il "Dixon pensiero" a cui
è
abituata, anche se lo ha esternato in una sfumatura meno sgarbata e
arrogante rispetto a prima.
Forse può
davvero sperare che le cose tra loro possano prendere una piega diversa.
Intanto si è alzata per permettere anche a lui
di farlo,
e soltanto per un attimo si fissano ancora negli occhi, quasi come se
ci fosse qualcosa da aggiungere, ma poi è come se entrambi
si
rendessero conto che per il momento è meglio non mettere
altra
carne al fuoco, hanno già fatto abbastanza passi in avanti.
- Io penso che mangerò quel pollo che ti fa schifo, ho una
fame da lupo.
E' vero, dopo giorni che non ha quasi toccato cibo, adesso sente di
nuovo i morsi della fame.
- Pollo a colazione, neanche se stessi veramente crepando di fame...
Daryl lo dice mentre sta lasciando la cucina e lei si ritrova di nuovo
a sorridere.
Sì, forse dopotutto, quello può considerarlo
davvero un nuovo inizio.
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