Bordell
Il cliente che
urto mi da della troia e mi avvio verso il bancone. Evito qualche altro ubriaco
e mi siedo. Chiedo da bere e so bene che il locandiere non negherà un
bicchiere: la brodaglia che versa è verde: le luci della ribalta mi riflettono
ombre psichedeliche. Invece dalla ribalta vedo luci rosse quelle che dal
palchetto gettano colori gradevoli e poco lucinosi verso i comodissimi
letti/sofà: utili per sonno male sesso dolore sbornie overdose.
«VORRE…U…HOL…CALD…»
credo di sentire Violet dietro e attorno a me. Forse uno di quei bestiosissimi
maschioni mi sta colla bava sul collo e sento lo sgradevole puzzo di tabacco:
quello della peggior specie: m’immagino un bel cartello con la scritta qui
vendesi solo sigarette appesa dietro al banco. Ci vedo doppio o triplo o nulla
affatto. Certo è che le serate sono sempre le stesse cose: entra gente esce
gente sta male la gente urla la gente s’eccita la gente s’alza s’abbassa si
rialza si scalcia si picchia si urta ci si fa male e si vuol star bene ma forse
l’unico focus è: la gente.
Dietro al
banco il machosissimo barista si riflette verde e blu nello specchio dietro di
lui: sembra più bello il suo di dietro peloso e senza occhi che il suo davanti
che scruta sempre nella scollatura. Mi sento toccare sulla spalla: mi volto ed
un energumeno punta dritto in faccia a me un paio di banconote urlando qualcosa
tipo «COSA NE DICI…TU IO…LA CAMERA?» e non me lo faccio ripetere per quella
cifra. Prima mi guardo attorno: non ci sono Teresa Carmela Hille e Sence
attorno: forse occupano una saletta con qualcuno. Non me lo faccio ripetere e
seguo il maschione.
Mentre cammino
i miei piedi pestano pezzi di bicchieri e di cibarie, liquidi strani e di
dubbia provenienza. Mi sorreggo ad un tavolino per poi notare che è occupato da
una coppia di femminili donzelle che mi squadrano malissimo: il loro volto si
specchia rossastro nel bicchiere pieno di qualcosa che di sicuro non raffredda
i bollenti spiriti: saranno cavoli loro pensa Violet mentre si rialza e segue
con gli occhi il maschione. Di certo gira la stanza: ferma non è e i camerieri
diventano or grandi ed ora piccoli segno che l’aria è stantia e viziata.
L’orologio
segna forse le ventisette ed il piccolo schermo sotto a quello trasmetteva
notizie allarmanti: cerchi nei campi coltivati e mostruosità che lasciano
devastazioni dietro di loro in non si sa quale stato, spaccio di non si sa
quale droga su quale pianeta per quale prezzo, ma fa notizia, come lo sbarco di
quel presidente o meno. Poco male: sto al sicuro protetta da protettori che
sanno cosa darmi e cosa invece evitarmi di darmi.
Metto un piede
avanti all’altro e rido perché il buffissimo cliente del locale alla sua destra
ha un cappello giallo a pois rosa che sembra molto fuori moda. Urlo e
schiamazzo; dalla cucina un’inserviente col culo bello rotondo esce con dei
piatti contenenti roba rossa molle e viscida: un incrocio tra liquami e erbe
amarissime con un odore stupendo che irrompe nei polmoni: olio di quale pesce
di quale oceano di quale? Il maschione non è contento che mi si fermi ogni
minuto a guardarmi intorno e si spazientisce tanto che se ne va senza prendersi
i soldi e vorrei fermarlo ma sono troppo stanca ed è lui che tornato mi guarda
bene dentro l’orecchio e nell’occhio e poi chiama un tizio e poi tornano e se
ne vanno. Poi entro nel salottino pensando che non se ne sia andato ma che sia
soltanto andato avanti a me per non si sa quale motivo forse è innocente oppure
pretende qualcosa: ma quando entro vedo rosso e la testa gira.
Sangue carne
ossa fuori posto ricordi intensi sprazzi verdi luci allucinanti urla
profondissime: persone mostri gente donne robot cuochi baristi ballerine
donzelle carine medici poliziotti. Sopra sangue cantano vedono tutto niente. Io
conosce mostri intensi tanti possono godere solo egli immune perplesso plesso
poteri plesso inutili comandi plesso
insufficienti plesso viola rosso viola.
*
* *
Bijnghs e
Stando si guardarono in faccia: evitarono di pestare il budino di Cor versato
sul pavimento del locale ed andarono dritti dal tizio dietro al bancone, un
Eviliano massiccio e bluastro con uno sguardo a tre occhi molto esplicativo «di
là c’è un bordello! Sangue ovunque e una delle mie ragazze seviziata ed uccisa!
Non si può star più tranquilli qui! Sapete chi l’ha trovata, eh? Una delle mie
robotiche! Cioè, è perfino entrata in tilt per questo. Già non era a posto
granchè, l’ho presa per favore del suo protettore! Però che squallore!». A
Stando sembrava che gli Eviliani parlassero troppo. Bijnghs entrò nella stanza
e guardò la robotica «Tutto bene…» cercò il nome sugli appunti «…Violet?».
«Si quello…mio
nome…ma no…cioè…forse…ecco…tizio..io e lei…morta amica…non…non riesco» era
ovviamente in tilt.
«Non ti
preoccupare Violet: abbiamo esaminato la tua memoria prima: sappiamo cosa hai
visto. Ora riposati e riprenditi» Bijnghs cercava di rassicurarla ma sapeva che
il Demiurgo non avrebbe eliminato la sua memoria: era proibitivo ed i costi
assurdi per poi giungere a quale risultato?
Stando
nell’altra stanza urlava con il Troichano che gli rispondeva in modo poco
garbato «I…NO…AVER…VIST…NULL…ER…INTENT…BERM…U…HOL…CALD…»: e Stando odiava anche
quel modo di fare, Bijnghs lo sapeva. Però non riusciva a scostare gli occhi da
quella robotica che stava lì in mezzo a liquidi e quant’altro, tra
cuscini-giocattolo e contraccettivi strausati.
«Tu sai
chi è stato» chiese l’agente gentilmente.
«Io sospetto.
Cioè raccontato a me. Da gente. Che come me esiste. Forse, è lui. Un essere
forse perfetto. Inutile a dirlo. Immune piacere. Uccide noi. Non lo aggradiamo.
Perché pensa errore nostro. Ma dicono essere lui. Senza genitali. Dico,
leggenda. Forse esiste. Forse» la robotica era sconclusionata, non c’era altro
da dire o scrivere nel verbale. Un altro caso irrisolto.
Bijnghs
conosceva la storia di Frigido: sei stupromicidi, sei vittime, sei luoghi
caotici, sei luoghi perfettamente puliti, non un pelo, una ciglia, una
qualsiasi prova. Ma forse non era stato lui. Certo era che alle robotiche poche
persone riuscivano a resistere quando lavoravano: gli ormoni giravano nel
locale e sia lui che Stando, lo sapeva, sentivano ancora nell’aria l’ebbrezza
del piacere. Forse tutto sarebbe andato via con una birra ed una doccia. Forse
avrebbero noleggiato un paio di robotiche di lusso. Forse sarebbero tornati
dalle mogli.
La scena era sicuramente
disgustosa: un braccio era stato messo sopra ad una lampada, cosparso di una
strana e misteriosa poltiglia appiccicaticcia; le gambe erano sul letto aperte,
mostranti ogni possibile innesto biologico della robotica, senza alcun ritegno
seviziati, lacerati, forse perforati, forse consumati, forse bruciati. Il corpo
era intanto dal pube fino al collo, dove finivano gli impianti biologici: il
seno aveva ancora la pelle eccitata e le mammelle erano dure, si vedeva fin da
lontano. Di certo uno spettacolo disgustoso proprio per il modo con cui era
stata lasciata la vittima: aveva ancora il preservativo in bocca e Bijnghs
avrebbe scommesso due Dracme Getoniane che dentro c’era qualche ricordino.
Almeno sperava: poteva archiviare il caso e passarlo agli Hockolf che avrebbero
cercato in lungo ed in largo l’assassino. Forse l’avrebbero trovato con un poco
di fortuna. Lo colpirono ancora gli occhi, aperti in un ultimo atto di
compiacimento e dolore allo stesso tempo. Quella robotica non sarebbe più stata
la stessa dopo il ripristino probabilmente: l’agente sperava che il Demiurgo
decidesse di ricostruire almeno la memoria neurale della poveretta a sue spese,
almeno per eliminare quella sera disgustosa. Di sicuro non era stato piacevole
per nessuno.
«Senti vuoi venire alla centrale?
Hai un posto dove dormire, dove andare?» sapeva, Bijnghs, di mettersi nei guai
ma si ripeteva che le robotiche quello avevano: ormoni, corpi mozzafiato,
comportamento semplice, a livello due o tre.
Stando stava
ancora discutendo con l’Eviliano, che uscito dal bancone lo stava spingendo
verso il budino di Cor «E chi mi ripulisce tutto? Perché non viene qualcuno qui
a prendere reperti, a prendere qualcosa, a pulire, a rimettere in ordine
tutto?».
«Non saprei.
Io vorrei. Posti: nessuno dopo ora. Perché scotto come merce. Sono alla mercé
della probabilità. Forse è utile la sua proposta. Ha un fazzoletto?» l’agente
non se lo fece ripetere due volte e gli asciugò una lacrima, artificiale ma
reale.
L’Eviliano non
voleva saperne e Stando stava per perdere la pazienza «Perché non viene
qualcuno qui a prendere reperti, a prendere qualcosa, a pulire, a rimettere in
ordine tutto? Insomma, non è possibile: lei è un Oxiliano, faccia qualcosa!».
«Stando, non
farti prendere per il culo perché sei un Oxiliano: digli che qui se non se n’è
accorto il caro amico blu è tutto un bordello!» rispose Bijnghs.