Ti
offro un me!
Dino era stravolto.
Mezzo sdraiato sulla panca in legno del bar, fissava con occhi vacui il
menù che gli avevano messo davanti al naso, ma non era in
grado di concentrarsi abbastanza per mettere a fuoco le lettere.
Dopo tre giorni di veglia ininterrotta, con i pomeriggi passati a
lavorare e le notti a studiare per il maledetto esame che aveva dato
quella stessa mattina, ciò che aveva sperato, uscendo,
bianco cadaverico, dall’università, era di potersi
fiondare a casa, chiudersi a chiave in camera e dormire. Recuperare il
sonno perduto e dormire per una settimana.
I suoi amici, tuttavia, non erano stati d’accordo.
Borbottando e miagolando (si, la sua migliore amica miagolava!),
lamentandosi che era da più di una settimana che non si
vedevano, e che doveva festeggiare il pieno punteggio
all’esame, l’avevano trascinato verso un baretto
lì vicino, che conoscevano loro.
Lui non è che si fosse impuntato più di tanto,
rincoglionito com’era.
Ed ora si ritrovava con la testa ciondolante e completamente vuota, che
risuonava dei discorsi allegri dei suoi amici.
Non capì nulla di quello che dissero.
Fu in quello stato semi comatoso che lo sorprese il cameriere, quando
si avvicinò per prendere le ordinazioni.
Ovviamente, lui non aveva ancora idea di cosa scegliere.
Il giovane biondo sorrise, armandosi di penna e blocchetto e
interrogando gentilmente i suoi amici.
- Io prendo un the caldo.- trillò la sua migliore amica.
- Birra media.- borbottò il suo migliore amico.
Per quel che riguardava lui, invece, rimase semplicemente a fissarlo
con lo stesso sguardo vacuo con cui prima aveva guardato il
menù.
- Tu non vuoi nulla?- gli domandò il cameriere, sorridendo
gentile.
Dino aprì leggermente la bocca, senza sapere bene cosa dire.
Poi le parole sgorgarono.
- Voglio te.- dichiarò.
Le teste dei suoi amici scattarono nella sua direzione, il cervello
parve riprendere a funzionare un minimo e la faccia gli si tinse di
rosso. Tutta.
Poi i suoi amici ridacchiarono, divertiti, e lei disse qualcosa che non
capì al cameriere, che annui. Aveva ancora il sorriso in
volto, ma non era più gentile.
Lanciandogli un’occhiata, si voltò e
sparì in cucina.
Stavano ancora ridendo di lui, prendendolo in giro, e il suo volto
manteneva una vivace sfumatura rosa, quando il cameriere
biondo tornò con un vassoio.
Posò la birra e il the davanti ai suoi amici, poi
guardò lui.
Dino, invece, distolse lo sguardo, ancora imbarazzatissimo per la
figuraccia di poco prima.
- Eccoti un “me”! Offerto dalla casa. Spero ti
piaccia!- disse il cameriere, posandogli davanti una tazzona fumante di
cioccolata bianca e panna. Tanta, tanta panna.
Sollevò gli occhi su di lui, che ancora sorrideva.
- Ehm… mi dispiace per prima…-
mormorò, furiosamente imbarazzato. – La pago,
comunque!-
Il cameriere strinse gli occhi e ampliò il sorriso.
- Figurati. Te la offro io, ti ho detto.- ripeté. Gli
strizzò l’occhio e se ne andò.
Dino lo seguì con lo sguardo.
- In effetti, non l’ha segnata sullo scontrino.-
constatò la sua amica, osservando il foglietto.
- Fai una figuraccia e rimedi una cioccolata gratis. Che culo!-
commentò l’altro ragazzo, tirandogli
scherzosamente un pugno sulla spalla.
Lui era ancora perplesso. Stava fissando la cioccolata.
- Ma come faceva a sapere che adoro il cioccolato bianco?-
domandò, a tutti e a nessuno.
Una risatina neanche troppo nascosta gli rivelò la
colpevole.
Fissò stralunato la sua migliore amica.
Poi posò lo sguardo sulla tazza. Prese il cucchiaino e lo
immerse nella panna.
Non si accorse che i suoi amici si scambiavano un’occhiata
divertita.
Avevano terminato da un pezzo, ma erano rimasti seduti al bar a
chiacchierare.
Grazie alla figuraccia, Dino si era quasi completamente svegliato.
Non disse granché, comunque, troppo impegnato a cercare la
figura del cameriere nella sala.
Ma lui non lo degnava di un’occhiata.
Allora si mise a giocherellare con la tazza, mentre i suoi migliori
amici replicavano per l’ennesima volta la sua faccia da pesce
lesso davanti al ragazzo biondo.
Arrossì nuovamente, al pensiero. Prese a strappare il
tovagliolo sotto la tazza.
Uscì fuori un biglietto, che volò vicino alla
mano della sua amica. Lei lo prese, incuriosita.
Dino nemmeno se ne accorse.
Poi, una pacca sulla schiena e una risata sguaiata lo risvegliarono.
Lei gli stava passando il foglietto.
Toris, 3*********, lesse.
- Adesso capisco perché ti ha offerto la cioccolata.- rise
l’amica.
- Sicura che è suo il numero?- chiese il suo migliore amico,
un ghigno in volto.
Dino rimase imbambolato a fissare la scritta.
- Toris, vai a prendere le ordinazioni all’altro
tavolo!- gridò una voce alle loro spalle.
Si girarono contemporaneamente, mentre Toris, il cameriere biondo,
annuiva e si precipitava all’altro lato della sala.
Quando tornarono a guardarsi in faccia gli amici ridevano, mentre Dino
era color rosso peperone, di nuovo.
Non fu l’ultima volta che tornarono in quel locale.
La notizia si sparse presto in casa. (La sua migliore amica era la
migliore amica di sua sorella maggiore!) Sua madre iniziò a
cicalare, ridacchiando e sbattendogli in faccia il foglietto col numero
ogni volta che poteva. Suo padre sghignazzava senza ritegno,
rimproverando i suoi amici di non aver fatto una foto alla sua faccia
da “salame”. Sua sorella rompeva l’anima,
cercando di convincerlo a rimettere piede nel bar.
Due estenuanti settimane e mezzo dopo, Dino, sua sorella e la migliore
amica di entrambi erano di nuovo nel bar, allo stesso tavolo della
prima volta.
Questa volta, il ragazzo si era mantenuto lucido.
Non solo, aveva fatto in modo di sedersi dando la schiena
all’entrata, in modo da poter individuare subito il cameriere
biondo.
Toris entrò dalla porta di servizio, li notò,
fece un gran sorriso e si diresse ad un altro tavolo per depositare le
ordinazioni.
Poi corse da loro, blocchetto già in mano.
- Ciao. Cosa vi porto?- domandò, sorridendo gentile.
Non gli toglieva gli occhi di dosso.
Dino si concentrò per non arrossire.
- Per me un the freddo alla pesca.- ordinò la sua migliore
amica.
- Io vorrei un caffè macchiato.- disse sua sorella.
Dino aprì la bocca, ma il cameriere lo precedette.
- Ti porto un “me”?- gli propose, tra il serio e il
faceto.
Sentì il calore salirgli alle guance, ma ricambiò
il sorriso e annuì.
- Questa volta lo pago, però!- ci tenne a precisare.
Il sorriso dell’altro si allargò. Raccolse i
menù e si allontanò.
- Avevi ragione, è carino!- commentò subito sua
sorella, allungandosi sul tavolo e mettendosi a confabulare con
l’altra ragazza.
Dino fece un sospiro, nervoso ed esasperato, e incrociò le
braccia, in attesa.
Non ci volle molto prima che il cameriere biondo tornasse con le loro
ordinazioni.
Depositò la tazza davanti a Dino, che tenne ostinatamente lo
sguardo fisso sulla tovaglietta, poi sembrò esitare un
secondo, incerto.
Lo chiamarono dal tavolo accanto, e Toris fu costretto ad allontanarsi.
Quelle che invece non esitarono furono le sue accompagnatrici, che si
fiondarono sulla sua cioccolata. Sollevarono la tazza, rischiando di
rovesciargli il contenuto sulla camicia e si appropriarono del
tovagliolo.
Ma dentro non c’era nulla, constatarono deluse.
Dino sospirò di nuovo, poi sollevò lo sguardo.
Il cameriere stava prendendo le ordinazioni al tavolo davanti al loro,
ma non staccava loro gli occhi di dosso.
Gli fece un mezzo sorriso, quando si accorse che Dino lo guardava.
Veloce, terminate le ordinazioni, si avvicinò nuovamente a
loro, strappando un fogliettino dal blocchetto.
Glielo mise davanti al naso.
- Scusami se ti sembro un po’ insistente, ma mi piacerebbe
avere il tuo numero. Me lo puoi scrivere qui?- gli domandò.
Dino divenne viola, strabuzzò gli occhi e fissò
il foglietto bianco.
Quando sollevò lo sguardo, incerto su cosa dire, Toris era
già sparito.
Le ragazze sghignazzavano senza ritegno.
- Smettetela!- sbottò, imbarazzato. Stavano attirando
l’attenzione.
- Comunque, se ti interessa, è diventato tutto rosso anche
lui.- lo rincuorò sua sorella, togliendosi malamente i
capelli che le erano finiti davanti alla faccia.
- Che cariniiiiiii!- trillò l’amica e
metà del locale si girò a guardarli.
Dino sprofondò sulla panca, tornando a fissare il foglio
bianco.
Poi si decise, frugò nello zaino, agguantò una
penna e scrisse.
Dino Anastasi, 3*********
Piacere di conoscerti!!
Sulle due amiche calò il silenzio, mentre lo
infilava tra la tazza e il piattino.
Incrociò le braccia, soddisfatto.
- Oh oh! Quindi è una cosa seria!- commentò sua
sorella, gongolando.
Dino non rispose, tenendo gli occhi fissi sulla porta di servizio.
Sentì distrattamente che la sua migliore amica aveva fermato
un cameriere e gli aveva chiesto il conto, precisando che voleva fosse
Toris a consegnarlo.
Si torse le mani, nervoso.
Toris entrò nella sala, evitando accuratamente di guardare
nella sua direzione. Venne bloccato dal collega, che gli mise tra le
mani un biglietto e fece cenno verso di loro.
Il cameriere annuì e si avvicinò.
Solo allora Dino notò che aveva le orecchie rosse e sorrise,
compiaciuto.
- Ecco il conto. Posso portar via?- chiese, incrociando fugacemente il
suo sguardo e raccogliendo tazze e bicchieri sul vassoio.
Attorno al tavolino non volava una mosca.
Toris notò subito il foglietto. Tenendo il vassoio su una
mano, armeggiò fino ad aprirlo.
Sorrise, occhieggiando Dino, che non si era mosso e lo fissava, in
attesa.
- Puoi cancellare il “me” dal conto? Te lo offro
io.- dichiarò, strizzandogli l’occhio, prima di
voltarsi e allontanarsi.
Attorno al tavolino scoppiarono a ridere, mentre sua sorella barrava la
cioccolata sullo scontrino.
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