Hai cambiato il mio mondo

di Himeno
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Reid

 

La mia vita era proprio uno schifo. Odiavo quella casa enorme e vuota dove abitavo, odiavo mia madre che era una sgualdrina egoista e… odiavo anche mio padre per avermi lasciato solo. Lui non potrà più tornare da me, se n’è andato per sempre. La guerra me l’aveva portato via.

Mio padre, George, era stata l’unica persona a volermi bene. A me dedicava il suo tempo quando era a casa. A differenza di mia madre, Lady Isobel, che passava più tempo a divertirsi fuori con i suoi amici che assolvere i suoi doveri di moglie e di madre.

Lei era bellissima con ricci capelli castani e occhi azzurro cielo. Già dal suo debutto in società aveva ricevuto tante proposte di matrimonio. Ma alla fine scelse mio padre. Non perché fosse un bell’uomo - con capelli neri e occhi castani – ma per il suo patrimonio. All’epoca mio padre non poteva minimamente sospettare che arpia era mia madre. Un arpia infedele che, appena lui si assentava per i suoi doveri di Generale, lo tradiva con tutti i bei damerini dei dintorni. Bel affare, vecchio mio.

Ed è proprio vedendo come erano i miei genitori che decisi di non lasciarmi ingannare dalle donne. Non volevo essere come mio padre. Per quanto lo stimassi, non volevo diventare succube di una donna. Un debole che si lasciava cornificare alle spalle.

Per natura le donne erano creature false e ingannevoli. Io non ci sarei cascato.

Purtroppo, però, un giorno arrivò un soldato a casa nostra per dare la notizia che mi spezzò il cuore. Il mio amato padre non c’era più. Era morto in guerra.

Sapevo che rischiava ogni giorno la vita sul campo di battaglia però mi aveva sempre promesso che sarebbe tornato da me. Non aveva mantenuto la promessa.

Al funerale, mia madre non versò nemmeno una lacrima e non si finse neanche dispiaciuta per la morte del marito. Per giunta, portò per massimo una settimana i vestiti per il lutto per poi ritornare a mettersi colori sgargianti e a fare la vedova allegra. Mi disgustava. Anche solo il pensiero di avere lo stesso sangue di una persona del genere mi dava il voltastomaco. Speravo di aver preso da lei solo i capelli castani, per il resto mi dicevano che ero la copia di mio padre. Stessi occhi castani, stessa fossetta sul mento, stessi lineamenti.

Era per questo che mia madre ogni volta che mi guardava, mi rivolgeva uno sguardo pieno di disprezzo nonostante fossi una sua creatura.

-Ringrazia tuo padre se sei in questo mondo. Io non volevo figli che rovinassero il mio fisico perfetto. Ma purtroppo un nobile ha bisogno di un erede e ciò mi hai rovinato il corpo-

Queste erano le parole più “carine” che avessi mai sentito dalla bocca della donna che mi aveva partorito. Mai un “ti voglio bene, figliolo”, “sono fiera di te”. Mai.

Ormai ci ero abituato a lei ma il fatto di aver perso mio padre mi rendeva tutto più difficile. Non avevo più nessuno che mi volesse bene. Ero solo.

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In un giorno di estate, però, la mia vita cambiò. Mia madre mi aveva portato ad una festa e lì incontrai Shade, il nipote del governatore Roman. Vidi nella sua espressione la mia stessa solitudine e tristezza e perciò provai ad avvicinarmi a lui. Feci subito amicizia e mi sentii in sintonia con lui.

Da quel giorno, io e il mio nuovo amico passammo molto tempo insieme. Sgattaiolavamo dalle nostre case e ci davamo appuntamento in spiaggia. Che giornate felici erano. Entrambi amavamo il mare e ci divertivamo un mondo a giocare con l’acqua, a costruire castelli di sabbia, a fingersi capitani di una nave. Grazie a Shade avevo ricominciato a vivere. Se fossi rimasto ancora da solo in quella casa enorme sarei impazzito.

Il cobalto era una persona molto introversa. All’inizio era difficile capirlo ma poi col tempo ci riuscii ad entrare nella sua mente. Più il tempo passava e più gli volevo bene e lo ammiravo. Eravamo simili ma allo stesso tempo diversi. Lui era un ragazzo molto attraente con i suoi capelli e occhi cobalto e già alla sua età aveva gli sguardi di molte femmine sia piccole che adulte. Anch’io potevo vantarmi di avere successo con il gentil sesso ma i nostri due caratteri erano diversi e di conseguenza anche i nostri modi di approcciarsi. Io ero gentile e accettavo tutti i complimenti che mi facevano mentre lui ignorava o faceva dei brevi cenni solo per educazione. Non era interessato a quel genere di cose e sapevo che odiava i nobili. Mi diceva spesso che avrebbe preferito nascere contadino piuttosto che un pomposo ed egoista gentiluomo. Io non ero così nonostante fossi anch’io un nobile. Non ero capriccioso, egoista e arrogante. Sarà stato per questo che è diventato mio amico, mi vedeva diverso da quella mandria di pecore.

Il tempo passò e purtroppo i momenti con Shade stavano per finire. Sono bastate poche parole da parte di mia madre per farmi crollare di nuovo a pezzi come quando è morto mio padre.

-Sei fortunato, Reid. Ti ho iscritto ad una buona scuola in Inghilterra. Andrai ad abitare con tuo zio Charles nella sua residenza a Londra. Ho già pensato ad avvisarlo che tra pochi giorni prenderei la nave- mi disse ad un tratto mentre stavamo cenando. Eravamo seduti ognuno alla parte opposta del tavola, lontani tra di noi.

Lo zio Charles era un uomo buono come lo era mio padre nonché suo fratello. Non si era sposato e non aveva figli. Con lui la vita non sarebbe stata male ma… qui c’era Shade.

-Cosa? Ma, madre, io sto bene qui. Non potete aver deciso al posto mio- mi ribellai.

-Oh sì che posso. Sono pur sempre tua madre e finché non avrai raggiunto la maggiore età, sono io che prendo le decisioni per te. Andrai in Inghilterra, fine della storia-

-Non voglio!-

-Non osare contraddirmi, Reid. A parte il fatto che ti farebbe bene cambiare aria e maniere, era desiderio di tuo padre che frequentassi quella scuola nella sua madre patria. Vuoi forse andare contro il suo volere?-

Mi irrigidì. Vipera. Era un colpo basso usare mio padre per farmi andare via. Tuttavia aveva ragione. Mio padre voleva che studiassì lì e che andassi a conoscere meglio le mie origini inglesi. Non potevo rifiutarmi. Col cuore pesante, mi arresi. Avrei fatto quello che voleva.

-No, madre. D’accordo, mi trasferirò dallo zio-

-Bravo bambino- mi porse un sorriso freddo per poi continuare a mangiare.

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-Ehy Shade- cominciai titubante. Stavamo giocando con la sabbia e finalmente presi il coraggio necessario per dirgli del mio traferimento.

-Dimmi Reid-

-Ecco io… devo andare via per un bel po’. Mia madre mi ha iscritto in una scuola in Inghilterra-

Eo molto amareggiato e combattuto. Non volevo lasciare il mio migliore amico ma non potevo sottrarmi a questa decisione di andare via.

-Capisco- disse solamente. So di avergli fatto male. Sarebbe stato di nuovo solo una volta che me ne fossi andato e di conseguenza anch’io. Solo che io avrei avuto il buon Charles con me mentre Shade sarebbe stato ancora in compagnia di quel verme di Roman. Mi sentivo così inutile, non potevo aiutarlo in alcun modo a liberarsi di lui.

-Ma ti prometto che tornerò. Quando saremo adulti entreremo nella Marina. Ricordi? Ne avevamo parlato- dissi porgendomi la mano per stringerla. Sì, una volta adulti staremo insieme per sempre. Gli inseparabili Shade e Reid. Al diavolo mia madre e suo zio, decideremo noi del nostro destino una volta maggiorenni.

-Già. Una volta adulti nessuno ci dirà cosa dobbiamo fare. Né mio zio né tua madre. Fuggiremo per arruolarci nella Marina- disse e mi strinse la mano.

La nostra era una promessa.

-Per adesso addio, amico mio- dissi abbracciandolo.

-Addio, Reid-

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Il tempo in Inghilterra era pessimo. Quasi sempre cupo al contrario dei Caraibi dove faceva un gran caldo.

Come immaginavo, vivere con lo zio Charles era piacevole. Era simpatico e tutti nei dintorni gli volevano bene.

Il primo giorno di scuola fu dura essendo l’ultimo arrivato ma col tempo riuscii ad adattarmi. Trovai dei nuovi amici ma nessuno poteva eguagliare Shade. Il legame che avevo con lui era speciale e più forte.

Ormai avevo quasi 10 anni. Erano passati due anni da quando mi sono trasferito e Shade mi mancava tantissimo.

In uno dei pochi pomeriggi soleggiati, decisi di andare al parco. Purtroppo ero lontano dal mare e anch’esso mi mancava terribilmente. Mi dovevo accontentare dell’acqua del Tamigi e dei laghetti al parco. Stavo passeggiando tranquillamente quando sentii delle voci femminili.

-Signorina, la prego! Non può andare là, si bagnerà il vestito- disse una donna piuttosto anziana che stava cercando di fermare una bambina che si stava sporgendo sul bordo del lago. Vidi ciò che voleva prendere. Era un cappellino bianco con dei fiori di campo. E quelle due persone dovevano essere una governante con la sua protetta.

-Ma signora Green, quel cappello è un ricordo della mamma. Non posso lasciarlo lì- protestò la bimba dai capelli corvini.

Senza stare a sentire oltre, andai verso di loro per poi entrare in acqua e recuperare il cappello sotto gli occhi stupefatti delle due femmine.

Presi il cappello e ritornai a riva. Lo porsi alla bambina. Ora che la guardavo in viso, dovevo ammettere che era molto carina. Sembrava una bambola di porcellana con i suoi boccoli neri a incorniciarle il viso e grandi e luminosi occhi viola. Doveva avere all’incirca la mia età.

-Salve. Dev’essere suo, immagino- dissi. Ovvio che era suo, che stavo dicendo?

-S-sì, grazie mille!- esclamò la bambina sorridendogli per poi riprendere il suo cappellino. –Oh ma è tutto bagnato! Mi dispiace, è colpa mia- disse guardando i miei vestiti zuppi.

-Non si preoccupi. Stia attenta la prossima volta però-

-Lo farò, grazie ancora-

-Di niente. Buona giornata- mi inchinai e poi me ne andai verso casa senza aggiungere altro. Non volevo stare troppo tempo con quei vestiti addosso.

Appena rincasai, andai a farmi un bagno. Mi pulii per bene dall’acqua melmosa e sporca del laghetto e misi dei vestiti puliti.

-Signorino, ci sono delle visite per lei- irruppe il maggiordomo nella mia stanza.

-Arrivo subito- “chi sarà mai?” pensai curioso.

Scesi al salotto e mi ritrovai la bambina di poco fa. Come aveva fatto a trovarmi? Deve avermi seguito. La guardai sorpreso.

-Salve, mi spiace per prima- disse.

-Come ho già detto, non si deve preoccupare. Sto bene- le sorrisi.

-Non ci siamo presentati. Mi chiamo Cecilia e sono la figlia del conte Craven- si presentò facendo una riverenza.

-Reid, piacere di conoscerla- mi inchinai anch’io.

-Per favore, possiamo darci del tu? Non mi piace molto usare un tono formale con i miei coetanei. Anche se mio padre mi sgriderebbe per questo- disse esitante.

-Certo, non c’è problema, Cecilia-

In effetti nemmeno a me piaceva dare del lei ai ragazzi della mia età però l’etichetta imponeva ciò. Ma visto che non c’era nessuno tranne loro due, potevano fare questo strappo alla regola.

Ci accomodammo sul divanetto e feci preparare il thè per due.

-Ancora grazie per prima. Sai, ci tengo tantissimo a quel cappellino. Era un regalo di mia madre che ora non c’è più. E’ morta nel dare alla luce mio fratello ed erede della famiglia- si confidò tenendo lo sguardo basso. Ma sapevo che era triste.

-Figurati, per così poco. Anch’io non ho più un genitore. Mio padre è morto in guerra e mia madre mi ha mandato qui dallo zio. Prima vivevo ai Caraibi- dissi per poi irrigidirmi. Perché mi stavo confidando con lei? Come mi è venuto in mente di dire ciò?

-Capisco- disse sospirando per poi girarsi a sorridermi. –Come ti trovi in Inghilterra? Dev’essere stato difficile passare dal clima caldo a quello freddo e grigio di qui-

-Diciamo di sì. Però non mi dispiace stare a Londra. Mi piace anche se mi manca il mare dei Caraibi e un caro amico-

-Anche a me piacerebbe andarci un giorno- disse sognante.

-Forse un giorno ti ci porterò io- proposi per poi pentirmene. Ci eravamo appena conosciuti. Non volevo essere così sfacciato. Che mi stava succedendo?

-Sarebbe fantastico!-

-Bene- le sorrisi. E chissà per quale motivo il suo entusiasmo mi rendeva felice. –Allora vuoi essere mia amica?-

Lei si sorprese per quella domanda per poi arrossire. Prese un bel respiro profondo per poi guardarmi seria e determinata.

-No-

-Come?- la guardai confuso e un po’ ci rimasi male.

-No. Non voglio essere solo tua amica. Un giorno voglio diventare tua moglie- ammise ancora più rossa. All’inizio pensai che stava scherzando ma poi capii che faceva sul serio. Diretta la bambina.

-Certo, come no- ridacchiai divertito dalla sua audacia. Ci siamo appena incontrati e già mi fa una proposta di matrimonio. La cosa era alquanto divertente. Credo che lei legga troppe favole dove al primo incontro il principe e la principessa si innamorano e si promettono subito amore eterno.

-Non sto scherzando. Sei carino e anche se ti ho appena conosciuto, mi piace stare con te. Quindi ho deciso. Da grande sarò la tua sposa-

Questa ragazza era davvero incredibile. Scossi la testa divertito ma smisi di ridere per non farla arrabbiare. Pensandoci, perché no? Non sarebbe stato male. Nei prossimi anni la conoscerò meglio e magari mi piacerà sempre di più. E poi sicuramente diventerà una bella donna.

-Vedremo, Cecilia. Vedremo- le risposi.

L’incontro con questa bambina mi ha stavolto davvero la giornata. E’ stato come un raggio di sole in una giornata grigia. Tuttavia, per quanto non mi dispiacesse, né lei e né nessun’altra prenderà mai il mio cuore. Non sarò mai schiavo di una donna.

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Che stupido che ero. All’epoca non potevo ancora sapere che quella bella bambina dai capelli corvini avrebbe cambiato il mio mondo.

 

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Scusate l’enorme ritardo! Purtroppo è stato piuttosto difficile creare la storia dal punto di vista di Reid. Spero di non avervi deluso. Il prossimo sarà quello di Fine che mi auguro di scrivere presto.

Alla prossima!

Himeno





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