La
neve
scricchiola delicatamente sotto i tuoi passi.
C’è
un silenzio ovattato, magico e irreale.
Il mondo
ricoperto da quel delicato manto candido sembra più bello,
più pulito.
Puro.
Ogni angolo
appuntito si arrotonda, gli alberi grigi e spogli assumono un
aspetto fiabesco ricoprendosi di miliardi di cristalli di ghiaccio.
Perfetti. Ognuno
diverso dall’altro.
Sotto la luce
gialla dei lampioni brillano come glitter.
È uno
di quei rari momenti in cui sei quasi in pace con te stesso.
Ci siete solo tu
e quella soffice distesa immacolata.
E i tuoi
pensieri, solitamente stridenti nella tua testa, sembrano adagiarsi
mollemente l’uno sull’altro come i fiocchi
impalpabili che ti carezzano il
viso.
Simili ad ali di
farfalla.
Simili allo
sfiorare delicato delle sue ciglia.
Ti fermi per
qualche istante in mezzo alla strada deserta e lasci che cadano
leggeri a baciarti il volto rivolto al cielo.
In una notte
come questa esattamente un anno fa, le hai parlato per la prima
volta.
In una notte
come questa ogni tua certezza è crollata come un castello di
carte.
E le hai offerto
il fianco lasciando che vedesse la parte di te che tieni
nascosta a tutti.
Sei furioso.
La tua rabbia
è di quelle che solitamente scoppiano violente come un
incendio,
radendo al suolo ogni cosa che incontra sul suo cammino, per poi
scemare nello
stesso modo improvviso.
Non questa
volta. Questa volta è una rabbia silenziosa, lenta e
costante.
Di quelle che ti
consumano pian piano ma inesorabilmente.
È una
rabbia composta e discreta ma aggrappata come una sanguisuga alle tue
viscere.
Si sta nutrendo
di te e delle tue energie togliendo a tutto il resto la giusta
visuale.
In passato ti
saresti lasciato andare al melodramma assaporando la sofferenza
per poi usarla e tirarne fuori una delle tue canzoni capaci di far
sospirare e
piangere milioni di persone.
Un tempo
avresti reagito diversamente.
Avresti pianto
forse, ti saresti rintanato nell’oblio dell’alcool
per poi
tornare tra le braccia confortanti della tua musica.
Avresti fatto
quella vita per qualche mese forse.
Ma poi saresti
tornato alla tua vita normale.
Hearts
at war
drunk
on dreams of all that's been lost
now
let them bleed
just
let them
Questa volta non
è così.
Non riesci a
trovare le parole giuste per raccontarlo a te stesso, figuriamoci
metterlo in musica.
Dai
improvvisamente un calcio alla neve rischiando di scivolare.
Soffochi una
risatina.
È una
fortuna che non ci sia nessuno in giro: avrebbero assistito allo
spettacolo di te che tiri calci al nulla e subito dopo brancoli per non
cadere
a terra.
Ti fermi
nuovamente a prendere respiro.
Stai facendo una
fatica enorme per non ridere a crepapelle.
Una risata che
non è affatto allegra. O liberatoria.
Posi le mani
sulle ginocchia tirando dei lunghi respiri, inalando l’aria
gelida.
Porti un
po’ di refrigerio alla tua anima in fiamme, lasci che ti
riempia i
polmoni e freni la risata isterica che preme per uscire.
«Idiota.»
Sussurri a te
stesso.
La tua voce
sembra riecheggiare lungo la strada deserta, eppure hai bisbigliato
appena.
*Il tempo passa
troppo lentamente quando si è infelici.
Run
away as far as you can
And
hide behind all the promises
but
i'll find you 'cause you are of fire
and
I'm of rain
Lei era andata
via con la primavera.
Le settimane si
era susseguite ed erano diventate mesi.
E poi hai smesso
di chiamarla.
Sentire la sua
voce sottile e dolce arrancare scuse incomprensibili o sentirla
trattenere il fiato e le lacrime dopo i tuoi assalti rabbiosi, era
diventato
troppo.
Eri stato
attento a non mostrarti per come invece ti sentivi davvero.
A non mostrarle
quella parte di te che non piace a nessuno.
Avresti voluto
urlare come un matto e imprecare e convincerla con tutti i mezzi
possibili a tua disposizione a tornare da te.
Alla fine hai
smesso di metterle pressione e sperato che lei sentisse la tua
mancanza tanto quanto tu sentivi la sua.
Ma lei non
è tornata.
I mesi hanno
portato l’estate e le lunghe notti bianche durante le quali
l’insofferenza triplicava.
Hai sempre amato
l’estate finlandese, la luce, il caldo e il profumo della
natura nel pieno della sua rigogliosità.
Al contrario di
quello che sei nell’immaginario dei tuoi fan, non sei
soltanto
una creatura della notte. Tutta quella luce, l’allegria che
aleggiava nell’aria
e sui volti di chi incontravi per strada però cozzava troppo
con il tuo stato
d’animo e avresti voluto soltanto sprofondare nel gelo del
buio invernale, come
quello che avevi dentro.
L’estate
per tua fortuna era durata poco e l’autunno ne aveva preso
velocemente
il posto.
Avresti dovuto
gioirne: significava che presto potevi finalmente rinchiuderti e
bofonchiare da solo tutto il tempo.
I colori caldi
delle foglie sugli alberi ti hanno ricordato i colore dei
capelli e degli occhi di Lou.
Non hai capito
cosa ti disturbava finché non ne hai raccolto una dal tuo
giardino e hai avuto la visione fugace dei suoi capelli fra le tue
dita.
Hai seriamente
pensato di dar fuoco a tutto ciò che di vivo era nel raggio
di
venti metri.
È
stato in quel momento che la tua rabbia e frustrazione hanno preso una
piega
tragicomica.
Sei consapevole
di ogni tuo difetto, di ogni tuo limite ma non avevi calcolato
il “Fattore Lou”.
Di tutte le
donne che hai avuto è l’unica della quale aspetti
ancora il
ritorno.
La cosa
divertente è che non hai mai parlato a nessuno di lei,
neanche al tuo
migliore amico.
Non vuoi
parlarne perché stupidamente vuoi tenerla soltanto per te.
Non vuoi
parlarne perché temi che qualcuno ti dica ciò che
non vuoi sentirti
dire e ammettere a te stesso.
Non vuoi
parlarne perché temi di scoprire che lei è stata
effettivamente
soltanto un fantasma nella tua vita.
Nessuno a parte
Nur, Julian e Simone, ha mai saputo nulla di te e Lou.
O almeno era
quello che pensavi fino a poche ore prima quando ti sei imbattuto
nel tuo vicino di casa.
******
Il sig. Korhonen
incespica continuamente sul selciato reso scivoloso dal ghiaccio
e corri in suo aiuto, spinto da non sai quale spirito altruistico.
Come avrebbe
fatto Lou.
Lui ti guarda
stupefatto mentre lo tieni saldamente sottobraccio, aiutandolo ad
attraversare i pochi metri fino alla sua porta.
«Non
dovrebbe uscire da solo con questo tempo.»
Gracchi con voce
rauca nascondendoti dietro i capelli che ti ricadono sugli
occhi.
Ti sei sentito
messo a nudo sotto quello sguardo azzurro, limpido e diretto.
«Di
solito c’è sempre… c’era
– si corregge prontamente lui dopo qualche istante
– qualcuno ad aiutarmi quando nevica
così.»
«Lo
so.»
Quelle due
sillabe le hai sputate fuori troppo in fretta.
Il sig. Korhonen
ti batte la mano nodosa sul braccio.
«Manca
anche a lei, eh? – I suoi occhi azzurri tornano a
scandagliarti – Immagino
le manchi molto più di quanto possa mancare a me. O di
quanto sia disposto ad
ammettere.»
La risposta
acida e glaciale che ti viene su spontanea svanisce subito.
Hai sempre
odiato gli impiccioni e ancor di più per qualcosa o qualcuno
che non
sei disposto a condividere. Poi ti balena l’idea che forse
è stata Lou a
parlagliene e hai voglia di sentirlo parlare di nuovo di lei.
Davanti alla
porta lui ti lascia il braccio trafficando per infilare la chiave
nella toppa.
Fremi
insofferente davanti alla sua lentezza.
«Vuole
che la
aiuti?»
La tua voce
è rude e secca eppure l’anziano vicino sembra non
farci caso.
Anzi, sei quasi
sicuro che se la ride sotto i baffi.
«No,
ce l’ho fatta. – dice un istante dopo spalancando
la porta – Le va di
entrare?»
Ti guarda con
l’espressione di chi si aspetta una risposta negativa.
Il tepore
dell’interno della casa ti attira.
«Perché
no?»
Ritrovi a fatica
il tuo fascino e la gentilezza in qualche meandro nascosto.
«Grazie
Sig. Korhonen.»
L’uomo
ti invita ad entrare con un cenno della mano e richiude con un tonfo
secco la porta dietro di sé.
«Non
sapevo conoscesse il mio nome.»
Stiri le labbra
al suo indirizzo in quello che dovrebbe somigliare ad un
sorriso.
«Beh,
lei vive
qui da molto più tempo di me.»
Rispondi evasivo
con un risposta senza senso e lo segui all’interno.
Sviare abilmente
la domanda implicita: sei un vero campione in questo.
Non sei ancora
pronto a pronunciare il nome di lei in sua presenza.
Ti guardi
intorno distrattamente focalizzando pian piano ciò che ti
circonda.
Sai benissimo
chi è in realtà il tuo vicino di casa ma rispetti
la privacy
altrui allo stesso modo in cui difendi la tua.
La casa
è molto più simile alla Torre di quanto ti
aspettassi.
Ricolma di
quadri, fotografie e libri.
Ricordi di una
vita.
Il sig. Korhonen
ti sorride comprensivo.
«Dovrebbe
farne qualcosa della sua rabbia e frustrazione, sa?»
Il tono
è quello che ha tuo padre quando ti fa le ramanzine e questo
ti irrita
e ti intenerisce allo stesso tempo.
«Già…
la smetta di darmi del lei. Mi fa sentire vecchio.»
Ridacchi a
disagio.
Lui ride con te
e improvvisamente dimostra vent’anni di meno.
«Io lo
sono ma puoi darmi del tu ugualmente! Accomodati pure dove
vuoi.»
Indica con un
gesto le poltrone, quattro in tutto, messe in tondo intorno ad un
tavolino basso.
Lo ringrazi in
un sussurro.
Lui si siede di
fronte, le mani ossute e nodose incrociate sul petto,
osservandoti intensamente.
Esattamente come
avrebbe fatto tuo padre.
Ricambi lo
sguardo allo stesso modo.
Il silenzio
è tangibile ma hai smesso di sentirti a disagio.
Non ti senti
giudicato, soppesato.
Ti sta guardando
come un nonno o un padre guarda il figlio scapestrato
bisognoso di una tirata di orecchie, seguita da una pacca sulla spalla
e un
bicchiere di vodka.
Lui sospira e
scuote la testa e ne approfitti per guardare la neve che
ricomincia a scendere al rallentatore al di là dei vetri.
Noti che
c’è un cavalletto disposto a lato della finestra e
ti alzi con uno
scatto veloce, curioso di vedere da vicino cosa stia dipingendo e anche
perché
non riesci più a stare fermo.
C’è
solo una bozza appena accennata sulla sinistra della tela rettangolare,
qualche pennellata di colore di prova sul bianco dello sfondo della
tela ancora
nuda.
Blu, viola,
cremisi, giallo.
E rame.
Nei capelli
abbozzati della figura di donna raccolta su se stessa in basso a
sinistra.
Onde quasi
indistinguibili danno movimento alla macchia arancio ancora grezza.
Non ha ancora un
volto, una forma precisa ma sai con certezza chi sia la donna
del quadro.
Tenti dapprima
faticosamente di placare la rabbia che ti è montata dentro
all’improvviso, poi di frenare il galoppare impazzito del tuo
cuore.
La schiena ti fa
male per lo sforzo che hai fatto nel reprimere l’impulso di
farlo a pezzi.
E ora allo
stesso modo senti un dolore sordo da qualche parte lì, al
centro del
petto.
Non hai idea di
quanto tempo sia passato perché hai l’impressione
di essere
immobile davanti a quel dannato quadro da
un’eternità.
Now let them
bleed…
«È
soltanto una
bozza per ora. Non dipingo da così tanto tempo…
Non riesco a tenere il pennello
fra le mani.»
La voce dolce
del sig. Korhonen alle tue spalle ti fa sobbalzare e si spegne
non ricevendo una risposta da parte tua.
È
ancora una bozza ma la prova tangibile che lei c’è
stata è lì, davanti ai
tuoi occhi e questo non lo avevi calcolato.
Non oggi.
Cerchi un modo
per uscire da quella casa senza dare l’impressione di essere
fuori di testa.
Ti giri
impettito e ancora una volta ci sono quei chiari occhi azzurri a
fissarti, ora con una punta di commiserazione.
Forse non sei
così bravo a nasconderti come credi.
«So
come ci si sente a perdere qualcuno che si ama. Non devi fingere di
esserne
immune. Non devi permettere che la rabbia e la delusione soffochino il
ricordo
che hai di lei.
È
lì fuori da qualche parte. Non è svanita nel
nulla.»
Stringi
così forte le mani a pugno che ti stai facendo male da solo.
E non sei capace
di dire nulla senza offendere quel caro vecchietto la cui sola
colpa è quella di aver dipinto la donna che amavi.
“Che
ami.”
Ti correggi da
solo prima che il tuo orgoglio smisurato te lo impedisca.
Ti limiti a
fissare arcigno il tuo vicino di casa.
«Non
l’ho persa. Ha scelto di andarsene. Ora devo
andare.»
Ringhi con voce
rotta al suo indirizzo prima di infilare il primo corridoio che
ti trovi davanti aprire la porta e finire nuovamente tra le braccia del
bianco
e gelido paesaggio.
In quel momento
non ti importa molto di dare l’impressione di un ragazzo alle
prime armi e alle sue prime delusioni d’amore.
Ne hai avute
tante e ci sei abituato.
Non capisci cosa
ci sia di diverso stavolta e questo ti fa arrabbiare più di
tutto.
Forse
perché da una come Lou non te lo aspettavi.
Forse
perché presuntuosamente credevi che la piccola, fragile e
innamorata Lou
non ti avrebbe mai mollato su due piedi senza troppe spiegazioni.
Cammini spedito
senza una meta finché ti rendi conto di avere il fiato corto
e
un velo leggero di sudore sotto il capello.
Rallenti e ti
godi la neve.
Hai le scarpe
inzuppate e i piedi intirizziti dal freddo ma non sei ancora
pronto per tornare a casa.
Alla tua destra
c’è l’albero che ha dato riparo a te e
Lou.
Lo ignori.
Come ignori i
ricordi di quella notte, l’ultima in cui hai fatto
l’amore con
lei.
L’ultima
in cui l’hai tenuta fra le braccia.
Col senno di poi
hai capito che Lou sapeva fin da allora che ti avrebbe
lasciato.
Era un decisione
che aveva già preso.
Il modo in cui
aveva fatto l’amore avrebbe dovuto metterti in allarme.
La luce nei suoi
occhi era diversa dal solito, come la frenesia nelle mani e
sulle labbra.
Ripercorri
quegli istanti con la mente soffocando le emozioni che ti balzano
addosso.
Odi sentirti
vulnerabile.
La neve cade
sempre più fitta, non senti più gli arti, non hai
ombrello e stai
velocemente diventando un pupazzo vivente.
Sarebbe
opportuno tornare a casa e infilarsi sotto una doccia bollente.
Senti freddo ma
il fuoco che ti arde dentro non accenna a placarsi e tra le
quattro mura ti senti soffocare.
Imbocchi
lentamente, svogliatamente, la via verso casa.
Pensi al sig.
Korhonen.
Sei scappato via
senza neanche ringraziarlo. Ti riprometti di chiedergli scusa
appena possibile.
Quell’abbozzo
di ritratto ha portato a galla soltanto quello che ogni giorno
ignori e tenti di minimizzare.
È
passato un anno e tu ti senti ancora come il giorno in cui sei tornato
a casa
e hai trovato solo la coinquilina di Lou, Nur su tutte le furie e
Katty, la tua
Katty, la “vostra” Katty, persa e mogia.
Quell’abbozzo
di ritratto ha di nuovo fatto sanguinare ferite mai rimarginate.
Sai con certezza
matematica che tornerai dal sig. Korhonen non soltanto per
chiedergli scusa.
Sai che tornerai
in quella casa per rivedere Lou.
Anche attraverso
un quadro.
Anche se non
potrai sentire le sue labbra o l’odore della sua pelle o la
setosità dei suoi capelli tra le dita, sul tuo viso.
O il miele nei
suoi occhi.
Sei davanti
alla tua Torre.
Rifugio e
prigione.
Salvezza e
tormento.
Sei in gabbia.
E la tua gabbia
ha sbarre invisibili.
Spingi il
pesante cancello nero e lo richiudi dietro di te.
Ti fermi
all’istante ricordando che all’interno oltre la tua
bellissima gatta
schizzinosa e altera, troverai con tutta probabilità la
donna che non ti molla
un istante da quando Lou è andata via.
Le sei
riconoscente anche se spesso fingi di dormire quando lei ti cerca nel
buio della tua stanza.
Le sue mani non
sono quelle di Lou.
La labbra non
sono le sue.
Sorridi
amaramente e ti biasimi.
Sei
l’eterno insoddisfatto per eccellenza.
Hai tutto.
Successo, fama,
soldi, talento e donne.
Niente
è mai abbastanza.
Niente
è mai troppo.
Ma il tutto che
hai ora non è Lou.
And
there's no escaping
What
we have brought upon ourselves again
There's
no way out baby
L’immagine
riflessa che ti rimanda lo specchio è spietata.
Non
hai mai avuto un aspetto più orribile di quello.
Ti
passi le dita sotto gli occhi, sulle guance, le labbra e stenti a
riconoscere
la donna che ti fissa.
È
inutile truccarsi: il disastro non puoi nasconderlo sotto il fondotinta
o un
velo di mascara.
In salotto
c’è la
piccola Lily di 8 mesi che lancia urla deliziate.
Insieme
a Simone fanno un baccano tremendo.
Dovresti
andare di là e dirgli di smetterla di far casino
così che Mara possa dormire un po’
dopo aver passato una notte in bianco.
E tu
con lei.
Sospiri.
Sei
così stanca da sentirti atrofizzata.
Quasi
non senti più i muscoli e le ossa.
Ci
sono milioni di cose da fare e una giornata di 24 ore non sembra
bastare.
Occuparsi
di Mara non facendole pesare la sua malattia e allo stesso tempo tenere
su il
morale del marito Karl, badare alla piccola Lily, tenere buona tua
madre che
continua a chiederti di tornare a casa e cercare di non crollare su te
stessa,
è sempre più dura.
«Grace,
non è tuo compito star qui ogni ora della giornata. Possiamo
darci il cambio.»
Simone
te lo dice ogni giorno e tu ogni giorno lo ignori.
Come
ignori il fatto che abbia ragione.
«Will,
non ho niente di meglio da fare. Mi sento utile qui e non voglio
tornare a
casa, dove mia madre continuerebbe a rimbrottarmi continuamente, peggio
di quanto faccia tu.»
È la
tua solita risposta.
La
verità è che essere indaffarata e non fermarti un
secondo ti aiuta a non
pensare.
A non
pensare a te stessa.
A non
pensare a lui.
Quel
mattino hai distrattamente guardato la data sul calendario mentre
sbadigliavi
sul tuo caffè, guardando Mara che dava da mangiare alla
piccola Lily.
Un
anno.
È
passato un anno da quella notte in cui hai trovato Katty nella neve e
con lei,
Ville.
È
passato un anno eppure hai ogni attimo trascorso con loro in quella
casa in
Finlandia impresso a fuoco nel tuo cuore.
Occuparti
di Mara e pensare al fatto che perderai la tua migliore amica, la
sorella che
non hai mai avuto, ti annienta.
E non
hai tempo per pensare a ciò che ti manca, a ciò
che hai perso perché pensi a
ciò che stai per perdere senza possibilità di
appello.
Quante
volte sei stata sul punto di cedere e tornare indietro?
Quante
volte hai preso tra le mani il cellulare con il dito sospeso sul suo
nome in
rubrica?
Hai
ceduto solo una volta, qualche
mese fa, poco prima di Natale.
Spinta
da Mara che ti spronava a chiamare Ville ogni volta che le davi la
possibilità
di introdurre l’argomento, una notte hai ceduto.
Volevi
sentire la sua voce, dopo mesi che lui non ti chiamava più.
Ville
Valo non corre dietro a nessuna del resto.
Specie
a una
come te.
Specie
se una come te ha tagliato la corda tornando in Italia quando lui non
c’era e
non poteva fermarti.
Run
away as far as you can
And
hide behind all the promises…
Volevi
solo sentire la sua voce e lo hai chiamato.
E al
posto della sua splendida voce roca e sexy, invece c’era la
voce di una donna.
Amy,
senza dubbio.
Nel
cuore della notte chi ti aspettavi che rispondesse?
Del
resto lei te lo ha detto chiaramente: c’è sempre
stata quando Ville aveva
bisogno e lui torna sempre da lei.
Sempre.
Hai
avuto la conferma che volevi e anche se non hai più pianto
per lui,
quella notte qualcosa si è incrinato irrimediabilmente
dentro te.
Nur
te lo ha sempre detto: «È soltanto un uomo, per
nulla diverso dagli altri.»
«Smettila
di chiamare: lui non vuole parlare con te.»
Sono
state queste le lapidarie parole di Amy e subito dopo ha chiuso la
conversazione.
E tu
sei rimasta a fissare il suo nome sul display.
Now
let them bleed
just
let them…
Quando
lo hai raccontato a Simone lui ha sbraitato in modo poco elegante con
testuali parole: «Scommetto
che quella vacca secca legge i suoi messaggi e sequestra il suo
cellulare
quando lui è svenuto da qualche parte ubriaco
perso!»
Le
parole di Simone ti hanno fatto l’effetto di uno schiaffo.
Non
solo per la presenza di Amy, cosa che avevi già messo in
conto, quanto per il
pensiero di Ville così vulnerabile e debole.
Ti
riesce difficile immaginare l’uomo sicuro di sé,
ironico e brillante, senza il
suo autocontrollo in balìa di un mostro che non lascia
scampo.
Non
puoi far nulla per lui.
Ogni scelta
comporta delle
conseguenze e lo hai accettato.
Ti
scuoti lanciandoti uno sguardo di rimprovero allo specchio.
Torni
in salotto dove Simone è steso sul tappeto con Lily a
saltargli sul petto.
Incroci
lo sguardo di Beppe, il suo compagno, che osserva intenerito la scena
dal
divano.
Ti
sorride fulmineo e batte con la mano accanto a sé
chiedendoti silenziosamente di sedere.
Se ti
siedi crolli svenuta e ci sono troppe cosa da fare e tu non riesci a
rilassarti.
Non
riesci a star ferma.
Gli
occhi nerissimi di Beppe si stringono preoccupati quando gli passi
davanti e
rifiuti l’invito con un buffetto sulla testa.
Entri
in punta di piedi in camera di Mara: vuoi assicurarti che sia tutto a
posto e
che stia dormendo.
La
stanza è semibuia: soltanto la luce del tramonto dorata
filtra attraverso le
persiane accostate.
Ti
rendi conto che non è sola, che Karl è con lei e
bisbigliano come due
innamorati.
Non
ti hanno vista per fortuna e fai per uscire il più in fretta
possibile ma non
puoi fare a meno di sentire le loro parole d’amore.
Karl
è steso accanto a Mara, le accarezza i capelli e il viso e
lei sospira
debolmente.
Ti
ritiri silenziosamente accostando l’uscio.
Una
stretta dolorosa ti costringe il petto.
Ti senti come
quella volta poco
prima che Lily venisse al mondo.
All’epoca
non sapevate ancora
della malattia di Mara e l’attesa del lieto evento metteva a
tutti voi un’energia
nuova.
Simone non
faceva che parlare di
quante cose la bimba avrebbe avuto da imparare, di tutte quelle cose
che lui le
avrebbe insegnato, fantasticava su una futura stilista e
così via.
Inutile fargli
notare che era
figlia di Mara e Karl e non un suo giocattolino!
Mara ne era
divertita e faceva
progetti con lui, dandogli corda.
Da poco Karl
aveva comprato una
piccola casa in riva al mare.
Lui e Mara
avevano deciso di
allontanarsi dal caos della città per permettere alla
piccola Lily ed eventuali
futuri fratellini, di poter vivere libera in mezzo alla natura.
La casa bianca
posta quasi
direttamente sulla spiaggia era un piccolo gioiello di pace e
tranquillità e la
prima volta che ci avevi messo piede avevi trovato ciò che
da mesi cercavi
invano in casa dei tuoi.
Non hai esitato
ad accettare l’invito
di Mara: vi voleva tutti accanto quando finalmente la piccola sarebbe
venuta al
mondo.
In quei giorni
lei ti ha chiesto
continuamente di raccontarle cosa fosse successo tra te e Ville,
insisteva
perché tu tornassi indietro, che la smettessi di aver paura
e di goderti la
felicità che lei ti vedeva chiaramente in viso nonostante
tutto, quando parlavi
di lui.
Quel pomeriggio
eri entrata in
camera di Mara pensando di trovarla sola.
La scena che ti
eri trovata
davanti è stata una delle più belle e tenere che
tu abbia mai visto.
Karl era
inginocchiato davanti a
lei che aveva la pancia rotonda e prominente scoperta.
La accarezzava e
sussurrava frasi
in tedesco alla piccola non ancora nata.
Mara gli
stringeva i capelli
fulvi e folti, strofinandogli la nuca.
Anche allora
come poco prima non
si erano accorti di te, presi dalla loro personale magia.
Ti senti in
colpa ma in fondo al
cuore invidi la tua migliore amica per tutto quello che tu non avrai
mai: una
casa, un amore assoluto e perfetto e una figlia.
Perderanno tutto
questo troppo
presto.
Sei una persona
orribile.
Hai sognato
quella scena molte
volte in seguito.
Ma i capelli di
lui erano mossi e
castani e le parole sussurrate erano in finlandese.
La voce era
bassa e profonda e
roca… e al posto di Mara c’eri tu.
Just
let them…
In salotto trovi
una scena altrettanto
tenera: Simone e la piccola Lily ora silenziosa, con il pollice in
bocca in
procinto di un sonnellino.
Lui le accarezza
i capelli scuri
con un sorriso che non gli hai mai visto prima e Beppe stringe la sua
mano,
accarezzandone piano il dorso con un dito.
Questa volta la
stretta si fa più
dolorosa.
Giri nuovamente
sui tacchi
uscendo in veranda.
Ovunque intorno
a te c’è amore.
Tranne che per
te.
Ridi sottovoce
con amarezza.
È
stata una tua scelta e ora ne
paghi il prezzo.
Have
you thought about all the words
that
we left unsaid…
Ville
è il passato e davanti a te
vedi solo la nebbia.
Senti nella tua
testa i
rimproveri di Simone: «Muovi quel culo e
torna da lui. Fa una cosa buona nella tua vita, per una
volta!»
Il sole
è sempre più basso all’orizzonte.
Hai voglia di
muoverti, mettere
distanza tra te e tutto l’amore romantico che pervade la
casa.
Almeno per
qualche minuto.
Scendi fulminea
i tre scalini che
ci sono tra la casa e il sentiero che porta direttamente alla spiaggia.
Cammini
spedita stringendoti addosso il maglione di Mara.
Temi quasi che
le tue giunture
possano mettersi a cigolare come i meccanismi di un robot: sei legnosa,
rigida
come un pezzo di marmo.
«Rilassati,
‘Prinsessa’…»
Ville te lo ha
detto innumerevoli
volte, perfino la notte in cui vi siete incontrati.
Sembrava
conoscerti meglio di te
stessa e capace di tamponare ogni tuo sbalzo d’umore.
Non ti rilassi
da un tempo
indefinito, ormai.
La brezza marina
ti schiaffeggia
i capelli sul viso, accecandoti.
È
marzo e la primavera non è
ancora scoppiata.
Riesci a
sentirla però nelle
giornate sempre più lunghe, nei raggi del sole sempre
più tiepidi.
Quel giorno ad
esempio è stato
stranamente più caldo degli altri.
Perfino Mara ne
ha gioito
insistendo per uscire dalla sua stanza e respirare l’aria
profumata di
salsedine.
Vorresti che i
raggi del sole
potessero raggiungere quella parte di te che è rimasta
congelata nel tempo.
So,
after all that we have done
are
you feeling cold like the winter sun
In marzo ad
Helsinki c’è ancora
la neve.
Ti manca
infinitamente la neve.
Ti manca
Helsinki.
Ti manca casa.
Katty.
Nur.
Il sig.
Korhonen.
Il tuo lavoro.
Ti mancano le
notti infinite dell’inverno
e la luce costante dell’estate.
Ti manca
passeggiare nel parco che
da dietro casa del sig.K. porta fino alla spiaggetta.
Ti
manca…
Hearts
at war for a thing called love
And
there's no escaping
Blocchi il
vagare del tuo
cervello prima che torni su pensieri che non ti faranno stare meglio.
Immediatamente
fai la lista delle
cose da fare.
C’è
da cucinare e poi preparare
la pappa di Lily, ci sono le camicie di Karl da stirare e la lavatrice
da fare,
devi chiamare tua madre e rassicurarla che nessuno ti sta tenendo in
ostaggio,
farti coccolare dai borbottii da orso di tuo padre, impedire a Simone
di
cambiare l’arredamento della casa come ha minacciato di fare
poche ore prima.
E nel frattempo
sorridere a
tutti.
Sorridere
perché tutti possano
evitare di fare domande, di guardarti con aria preoccupata o con
commiserazione.
Sorridere
perché temi che se
lasciassi andare a ruota libera quello che veramente senti, potresti
iniziare a
piangere per non smettere più.
Let
them bleed…
Abbassi lo
sguardo a fissare le
scarpe lambite dalla risacca del mare.
Ne hai rovinato
un altro paio.
Chiudi gli occhi
respirando l’aria
salmastra.
Ti lasci cullare
dal moto ritmico
del rumore delle onde, fregandotene del fatto che ti stai bagnando i
piedi.
Se la schiena
non ti facesse male
ti piegheresti a toglierti tutto per poter infilare i piedi nudi
nell’acqua e
nella sabbia.
Il sole
è ormai al di là dell’orizzonte
e il colore del cielo da arancio sta diventando viola e indaco.
È un
vero peccato che tu non
riesca a vedere le stelle: c’è troppa foschia.
Forse
più tardi quando tutti
andranno a dormire, tornerai a passeggiare di nuovo e sarai
più fortunata.
“Non
pensare. Lascia che
passi.”
…just
let them…
«**Grace!»
La voce limpida
di Simone ti
raggiunge nonostante il rumore delle onde.
Ti giri a
metà.
Non hai voglia
di tornare dentro.
«Hai
intenzione di congelarti lì
fuori? Torna qui, abbiamo bisogno di te.»
«Arrivo,
Will…»
Don't
be afraid
(It
would be a shame)
È
una bella cosa sapere che
qualcuno ha bisogno di te.
*****
Salve a tutti!
Torno a tediarvi con una nuova OS, questa volta song fic, grazie al
forum che ha indetto il contest.
In realtà era una cosa che avevo in mente da tanto ma non
sapendo in che modo inserirla nella long, una OS è sempre il
metodo migliore per avere questi momenti persi.
Ho colto la palla al balzo per portarvi a dopo un anno dal loro primo
incontro, la famosa notte che tutti ricordano come "L'arpionamento
della villica chiappa", per intenderci.
Per i più romantici, quello in cui hanno trovato la piccola
peste nera, Katty. :D
E niente: spero vi possa piacere e mi raccomando: fatemi sapere cosa ne
pensate.
Sono qui per questo!
Alla prossima!
*“Il
tempo passa troppo velocemente quando si è felici”
Tratto
dal Cap. diciassette di Ikkunaprinsessa: “Under a layer of
glass”.
Lou
e
Ville vivono in questo momento in uno stato di grazia perenne,
insaziabili
l’uno dell’altra.
Mi
piaceva l’idea di inserire in qualche
modo un pensiero completamente agli antipodi di quello che troviamo
nella long.
**
Wille&Grace è il modo che
hanno Lou e Simone di chiamarsi tra loro, come i protagonisti della
famosa sitcom
americana.
La song è HIM - Hearts at War.
PS:
Come molte autrici che seguo mi è venuta voglia di aprire un
gruppo
Gruppo Facebook dedicato alle
discussioni e tutto ciò che ci passa per la testa sulle
storie o le OS finora scritte,
dove potremo parlare liberamente, confrontarci come se fossimo in una
piccola sala da thè, riservata... da brave signorine
composte. ;)
Siete
le benvenute.
Alla prossima!
Baci baci, *H_T*
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