Autrice:
Alexiel Mihawk | alexiel_hamona
Titolo:
Got your back
Personaggi:
Youichi Hiruma, Mamori Anezaki, Agon Kongo, Mamoru Banba,
Hayato Akaba, Ikkyu Hosokawa
Genere: slice of life,
sentimentale
(accennato)
Avvertimenti: one shot,
missing moments
Parole: 2748
Rating: sfw / verde
Note: Non scrivevo
in questo fandom da
una vita e mezza e ho ripreso in occasione del Cow-T di maridichallenge,
avevo
appena finito di rileggere il manga, e il prompt diceva di scrivere di
“Un
fandom, o una ship, su cui hai scritto in passato, ma non scrivi da un
po'” e
non scrivevo di Eyeshield dal 2009. Avere raggiunto i 25 e continuare a scrivere degli stessi fandom di quando ne avevi 19, almeno la prima storia che scrivo da che ho fatto un quarto di secolo è su un fandom un sacco malcagato.
La scena finale è ispirata a questa fanart di Deus-Nocte.
Got
your back
Mamori
aveva capito che Hiruma avrebbe tentato di entrare al Saikyoudai ancora
prima
che fosse lui a dirglielo.
Che
poi non è che glielo avesse propriamente detto, si era
presentato un giorno a
casa sua, a metà del terzo anno, entrando dal balcone del
primo piano, e le
aveva smollato una pila di libri sulla scrivania.
«E
cosa ci dovrei fare con questi?» aveva domandato lei senza
sconvolgersi
minimamente per l’entrata in scena.
«Studiare
per il test di ingresso, manager di merda».
«Saikyoudai?»
«Ovviamente»
«E
se avessi voluto entrare in un’altra
università?»
«Avresti
voluto?» aveva domandato il ragazzo facendo una bolla con la
gomma da masticare
e sollevando con ironia un sopracciglio.
Mamori
aveva sbuffato; anche se non lo avrebbe mai ammesso era contenta che
Hiruma le
stesse implicitamente dicendo che lei era l’unica da cui non
voleva separarsi,
nemmeno all’università (soprattutto considerando
che sia Musashi che Kurita
avrebbero preso strade diverse e Sena sarebbe addirittura partito per
Notre-Dame), quindi aveva incrociato il suo sguardo e aveva risposto
con
l’ombra di un sorriso sul viso.
«No».
Hiruma
invece di rispondere aveva iniziato a gesticolare, utilizzando il loro
linguaggio in codice, per poi sparire oltre la finestra, prima che lei
gli
lanciasse contro qualcosa.
Se superi il
merdossissimo
test ti compro un vassoio di bignè alla crema.
E
ovviamente lei il test lo aveva superato. Entrambi lo avevano superato.
Non che
ci fossero dubbi, erano due degli studenti più brillanti del
Deimon e con le
loro capacità sarebbero potuti entrare in qualsiasi
università, ma, Mamori lo
sapeva, Hiruma voleva creare una nuova squadra di football, una squadra
che
fosse talmente forte da riuscire a sconfiggere chiunque e per farlo
aveva
bisogno di Agon.
Così
la sua scelta – anzi la loro scelta, perché anche
se non lo avrebbe mai ammesso
lei lo avrebbe seguito ovunque – era ricaduta sul Saikyoudai,
era lì, infatti,
che la maggioranza degli studenti provenienti dallo Shinryuuji Naga
andavano a
finire.
Così
era iniziata la loro nuova vita da universitari.
Hiruma
si era fatto riconoscere fin da subito e per tutta la prima settimana
era
sparito chissà dove; l’inizio di Mamori era stato
più tranquillo, quasi noioso,
aveva avuto il tempo di conoscere nuove persone, avvicinarsi a gente
normale,
seguire i primi corsi. Tutto era sembrato procedere nel modo
più ordinario
possibile, almeno finché non aveva incontrato Banba in
corridoio.
Il
gigante l’aveva riconosciuta da lontano e le si era
avvicinato sorridendo (ed
era incredibile quanto potesse essere intimidente, non ci aveva mai
fatto caso
prima).
«Anezaki,
giusto?» aveva domandato con gentilezza.
Mamori
aveva annuito, quasi stupita che si ricordasse il suo nome da
quell’unica
partita negli Stati Uniti.
«Credo
che ci sia bisogno di te» aveva continuato il lineman con
tono esasperato, il
tono di chi già non ce la fa più. E lei aveva
capito subito che c’entrava
Hiruma, così lo aveva seguito senza dire una parola.
L’amena
scena che si era parata di fronte ai suoi occhi era stata la prima di
una lunga
serie ed era stato esattamente in quel momento che Mamori aveva capito
che la
sua vita universitaria sarebbe stata turbolenta e caotica almeno quanto
quella
liceale: Hiruma con il fucile spianato era impegnato a minacciare senza
remora
alcuna una serie di studenti del terzo anno della squadra di football
americano, al suo fianco Agon Kongo si stava scrocchiando le nocche
delle dita,
mentre Ikkyu cercava senza successo di farlo desistere
dall’evidente proposito
di riempirli di botte.
«Hiruma-kun!
La vuoi smettere?»
Era
stata quella la prima frase (prima di una lunga serie di simili eco)
pronunciata da Mamori nel nuovo club di football americano, mentre si
parava
tra il compagno e gli studenti più anziani, evitando con
fare esperto i colpi
di proiettile.
«Manager
di merda. Stai zitta, non vedi che ti sto liberando il posto?»
«Liberando
il che?» aveva domandato perplessa.
Banba
aveva sospirato e quindi aveva allungato un braccio ad indicare un
ragazzo con
gli occhiali seduto dietro quelli del terzo anno.
«Lui
era il nostro manager, prima che arrivasse Hiruma e
–»
«E
il cazzo» era stata la risposta del biondo «Abbiamo
già una manager – siccome
ancora non avevi fatto domanda, ti ho iscritta io al club –
non ci serve questo
quattrocchi di merda. Fuori dalle palle».
Mamori
non aveva replicato, aveva soppresso a fatica un sorriso e aveva
accompagnato
il non più manager fuori dalla porta, quindi si era girata
verso i membri della
squadra (per niente intimorita dagli sguardi gelidi d Agon e dalle
dimensioni
di Banba) e aveva sorriso.
«Iscrivimi
di nuovo a qualcosa senza chiedermelo e ti mollo in mezzo a una
strada».
Hiruma
le aveva risposto mostrandole il dito medio.
Così
era iniziata la loro vita al Saikyoudai.
Era
stato strano abituarsi a questa nuova squadra, abituarsi a questi
soggetti così
incredibilmente problematici e nel caso di Agon insopportabili, ma lei
era Mamori
Anezaki e non si sarebbe scomposta di fronte a niente, non
più. Erano oramai
lontani i tempi in cui sentiva il cuore balzarle in gola al pensiero
che Sena
potesse farsi male anche solo camminando, e il suo istinto materno era
stato
sostituito dal pressante desiderio di vincere – e
probabilmente parte della
colpa era di Hiruma, perché passavano davvero troppo tempo
insieme.
A
distanza di quasi un anno Mamori non sarebbe stata in grado di
rinunciare alla
sua nuova routine, gli screzi senza fine tra Agon e Hiruma, i pomeriggi
passati
a organizzare gli allenamenti, le chiacchierate inaspettatamente
interessanti
con Banba (ed era rimasta piacevolmente stupita nel vedere quanto il
lineman
fosse intelligente, lei che era sempre stata abituata a vivere in mezzo
ad un
branco di idioti).
Il
nuovo edificio del club di football americano era stato fatto costruire
da
Hiruma (sotto ricatti alle alte sfere
dell’università) qualche mese prima, quando
Mamori vi giunse quel pomeriggio, metà dei membri del team
si trovava già lì,
per lo meno quelli che Hiruma considerava degni della sua attenzione,
perché
gli altri erano stati spediti senza tante cerimonie ad allenarsi.
«Finalmente
sei arrivata manager di merda» la salutò il
ragazzo biondo masticando una gomma
«Mentre tu cazzeggiavi, sono arrivate le candidature degli
studenti del
prossimo anno».
«Non
abbiamo bisogno di quei bastardi, altra spazzatura che si aggiunge alle
merde
del terzo anno» intervenne Agon, con la solita delicatezza
che nessuno riusciva
a fargli perdere.
«Agon-kun,
non dovresti parlare così, soprattutto dei tuoi
sempai».
Il
ragazzo le sorrise, come ogni volta in cui lei lo riprendeva.
«Mamori-chan,
prova a richiedermelo in privato e ti dimostrerò quanto so
essere gentile».
Una
sventagliata di mitra si frappose tra di loro e, come al solito, Mamori
si ritrovò,
senza bene sapere come, dietro la sedia di Hiruma, che solo allora
riprese a
parlare.
«Yamato,
Taka e uno dei fratelli Eh-eh sono nella lista di quelli che hanno
fatto
domanda».
«Fratelli
che?» domandò Ikkyu perplesso.
«Jumonji-kun,
immagino? Escludo che gli altri siano in grado di entrare al
Saikyoudai…»
«Manager
di merda, è il discorso più cattivo che ti abbia
mai sentito fare nei confronti
di quei tre imbecilli».
«Con
loro» loro interruppe Banba, che oramai da tempo aveva deciso
di ignorare gli
exploit di Hiruma e Agon «La nostra squadra
diventerà ancora più forte.
Potremmo davvero non avere rivali».
«Non
ne sarei così sicuro» intervenne Akaba, passandosi
una mano tra i capelli rossi
«So che Sena e Monta hanno intenzione di entrare
all’Enma, potrebbe rivelarsi
il nostro avversario più forte durante il prossimo anno.
Senza contare che
Shin, Ootawara e Sakuraba nella squadra dell’Oujo».
«Oh,
sì!» aggiunse Mamori, mentre con perizia preparava
il tè e lo serviva ai
compagni «La madre di Sena mi diceva che ha sostenuto
l’esame d’ammissione e
Suzuna-chan mi raccontava che anche Riku-chan ha intenzione di
iscriversi lì».
«Che
rottura di coglioni, quei due piccoli bastardi».
«Però
Kurita-kun sarà contentissimo, e anche tuo fratello,
Agon-kun».
«Non
vedo comunque il problema» riprese Banba «con Taka,
Yamato e Jumonji non
dovremmo avere nulla da temere da quei tre. E non mi sembra che Unsui
si sia
mai rivelato un ostacolo per te, Agon».
«Unsui
è più forte di quanto credi, bastardo di un
gigante» replicò inaspettatamente il
più giovane dei gemelli Kongo, sollevando un sopracciglio
con aria alterata
(non una grande novità, visto che Agon era solito incazzarsi
per qualsiasi
cosa).
«Dico
solo che sei più forte di lui».
«E
con questo cambiamo argomento, eh» intervenne Ikkyu, cercando
di evitare l’ennesima
catastrofe «Hiruma hai un piano?»
«Che
domanda del cazzo. Cercate di allenarvi come si deve, branco di
imbecilli,
mentre io e la manager di merda pensiamo a usare il cervello».
«Sebbene
il tuo modo di fare sia perennemente irritante e mi faccia voglia di
tirarti la
chitarra in faccia, sono comunque convinto che la melodia che fa da
sfondo alle
nostre vite sia la stessa».
«Akaba,
no. Ma proprio no» borbottò Banba prendendolo per
la collottola e
trascinandoselo via.
«Se
non li annientiamo ti spacco la faccia, bastardo» concluse,
invece, Agon prima
di sparire verso il campo con Ikkyu.
Mamori
si lasciò andare su una delle sedie a fianco di Hiruma,
sospirando.
«Non
dovresti provocarlo così».
«Kekekeke,
ha solo bisogno di sentirsi dire che può essere battuto da
qualcuno o quello
stronzo non si allenerà mai seriamente».
La
ragazza scosse il capo, sconsolata, allungando la mano verso un vassoio
di
bignè alla crema.
«Quelli
sono per dopo l’allenamento, manager di merda, ancora a
rubare il cibo?»
«Fatti
i fatti tuoi, e comunque faccio parte di questa squadra anche
io».
«Come
se non lo sapessi» rise il ragazzo «Hai montato i
video che ti ho passato?»
Mamori
sbuffò, che domande erano?
«Per
chi mi hai preso? Certo che li ho montati. Devo solo finire di
compilare le
schede sugli studenti delle squadre avversarie».
«Non
mi dire, hai fatto qualche ricerca, manager di merda?»
«O
forse ho ricattato qualcuno».
Hiruma
scoppiò a ridere, divertito.
«Muoviti,
andiamo a finire di sistemare questa roba».
«Oh,
ma non si può, non oggi. Casa mia è inagibile,
stiamo ridipingendo, ricordi? È
pieno di operai».
Per
qualche motivo l’idea di Mamori in una casa piena di operai,
impegnati a
guardare dove non dovevano invece di concentrarsi sul lavoro,
scatenò in Hiruma
una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco.
«Stai
zitta e seguimi, manager di merda».
Mamori
non era mai stata a casa di Hiruma prima.
Durante
i loro anni di liceo non le sarebbe nemmeno venuto in mente di
chiedergli dove
abitasse, principalmente perché la cosa non le era mai
interessata più di tanto.
Quando poi si erano iscritti all’università,
vedersi anche al di fuori del
campus era diventata quasi una prassi. Sia che fosse per studiare, che
per
organizzare strategie di gioco Mamori e Hiruma avevano iniziato a
trascorrere
quasi tutto il loro tempo assieme, tanto che persino la madre di Mamori
si era
abituata a ritrovarsi Youichi-kun (come solo lei aveva il coraggio di
chiamarlo) per casa a qualsiasi ora del giorno, sia che il ragazzo
entrasse
dalla porta che dal balcone.
Tuttavia
la residenza di Hiruma non era mai stata nemmeno presa in
considerazione, e
Mamori aveva in qualche modo cominciato a pensare che Hiruma vivesse e
basta,
che non avesse una casa, che semplicemente dormisse nel club di
football
americano, e ovviamente la cosa era così insensata e
ridicola che a pensarci
bene nemmeno lei ci credeva davvero, ma si sa le convinzioni sono dure
a
morire.
Quando
raggiunsero l’abitazione del ragazzo, Mamori si
ritrovò con la bocca aperta e
per poco non andò a sbattere contro la schiena di Hiruma,
fermo a cercare le
chiavi di casa. Il villino (che a tratti sembrava un bunker e lei era
quasi
sicura che ci fossero doppi vetri antiproiettile alle finestre) era
semi vuoto,
l’arredamento essenziale, ma elegante e sulle pareti
spiccavano poster di
football americano, tra i quali Mamori riuscì a riconoscerne
un paio del
Deimon.
«Vivi
da solo?»
«Cosa
ti aspettavi, manager di merda?»
«Scusa,
vivi da solo e siamo sempre stati a rompere i coglioni a mia madre a
casa mia?»
«Tua
madre ci prepara da mangiare» fu la laconica risposta che la
lasciò un po’ interdetta,
perché era come se Hiruma le avesse appena detto che il
calore che si respirava
a casa sua era qualcosa che lui invidiava.
«Hai
seriamente una lampada a forma di pallone da football?»
domandò cercando di
cambiare argomento.
«Cosa
ti aspettavi? Dei cazzo di gattini rosa?» rispose il ragazzo
lasciandosi andare
sul divano e tirando fuori il computer dalla borsa.
«Non
so, però immaginavo ci fossero più armi in
giro».
«No,
manager di merda, quelle sono in cantina e alcune al piano di sopra.
Ora vedi
di tirare fuori i dati sulle merdosissime matricole».
Mamori
si sedette accanto a lui, iniziando a sfogliare il grosso quaderno che
utilizzava per tenere tutti gli appunti e le informazioni.
«Vuoi
prima le buone o le cattive notizie?»
«Non
esistono cattive notizie, Anezaki».
«Come
ti pare. Partiamo dall’Oujo, il loro quarterback attuale non
è una grande
minaccia – siamo stati davvero fortunati che Takami-san abbia
deciso di
iscriversi allo Shuuei – ma Shin rimane il loro asso, e come
sai né Ootawara,
né Sakuraba sono da sottovalutare. Da quest’anno,
se riesce a non farsi
espellere, dovrebbe aggiungersi anche Daigo Ikari».
«Ma
quest’anno noi abbiamo Jumonji, Yamato e Taka, non
sarà certo l’Oujo a
bloccarci».
«Hai
detto così anche l’anno scorso e poi per vincere
contro Shin abbiamo dovuto
fare un numero tale per cui poco ci è mancato che Agon ti
uccidesse sul posto».
«Il
rasta del cazzo deve imparare a perdere».
«Passiamo
ad altro, ti prego. L’Enma sarà la vera sfida
questa volta, ho idea che l'anno trascorso
in America abbia reso Sena molto più forte di quanto
pensiamo».
«Sei
preoccupata per lui, Manager di merda?» chiese Hiruma
sistemandosi meglio il
computer sulle ginocchia, dandole la schiena e allungando le gambe
verso il
bracciolo del divano.
«No»
borbotto Mamori appoggiandosi a lui e scribacchiando sui fogli
«Sono
preoccupata che possa essere di ostacolo per la vittoria».
«Oh,
non preoccuparti. Clifford mi ha mandato tutti i video delle partite e
anche
qualcuno degli allenamenti».
«Cosa?!
Come ci sei riuscito?»
«Gli
ho fatto scrivere da tua madre, dicendo che voleva fare un regalo alla
madre
del gamberetto o una cazzata simile».
«Non
posso credere che ci abbia creduto…»
«Anezaki,
chi non crederebbe a tua madre?»
«Oh,
sei un demonio. In ogni caso sai che Sena non è
l’unico da cui dobbiamo
guardarci le spalle, vero? Anche Rikkun e Monta sanno il fatto loro. E
con loro
tre, insieme a Unsui, Kurita, Mizumachi e Koutaro, beh…
Credo che l’Enma abbia
qualche possibilità».
«Sai
cosa credo io, invece, manager di merda?» domandò
Hiruma sistemandosi meglio
contro la schiena della ragazza «Che li uccideremo
tutti».
«Sarà
meglio per voi, o giuro che mi inventerò un allenamento
così estenuante da
ridurvi tutti a pregare in aramaico antico!»
«Sto
già tremando».
«Gh,
come ti pare. Hiruma-kun, se riusciamo ad arrivare al Rice Bowl anche
quest’anno,
ci sono buone possibilità che ci ritroveremo contro
Musashi».
«La
squadra del vecchio è la peggiore
dell’X-League» le ricordò il biondo
senza smettere
di scrivere a computer.
«Sì,
ma Jumonji mi diceva che Togano e Kuroki hanno intenzione di entrare a
farvi
parte e –»
«E
non sono mai stati un problema quei due».
«E
fammi finire di parlare! Kid e Tetsuma, sono tornati dagli stati uniti
e
secondo alcune voci hanno intenzione di unirsi a loro. E anche
Gaou».
«Tsk.
Pensare che quello stronzo non abbia voluto iscriversi
all’università, con il
cervello che si ritrova. Saremmo stati imbattibili».
«Cerchiamo
di esserlo lo stesso» borbottò Mamori appoggiando
il capo contro la sua schiena
e chiudendo gli occhi.
Hiruma
smise di scrivere e scoppiò una bolla con la gomma da
masticare.
«Oi,
Mamori».
«Sì,
Hiruma?»
La
ragazza soppresse un leggero brivido, era raro che la chiamasse per
nome, era
già capitato qualche volta, soprattutto da quando avevano
iniziato a
trascorrere tanto tempo assieme. A Hiruma usciva naturale, come se
stesse
rivolgendosi a Cerbero, o a Sena, o a chiunque altro. La chiamava per
nome
nello stesso modo in cui chiamava per nome uno qualsiasi dei loro
compagni di
squadra, però a lei era sempre sembrato che non lo facesse a
caso; la chiamava
Mamori solo quando era particolarmente serio, quando doveva comunicarle
qualcosa di importante o quando aveva bisogno della sua più
completa
attenzione.
«Li
uccideremo tutti» disse Hiruma, appoggiando il capo su quello
della ragazza.
«Lo
so, Youichi».
«Quindi
vedi di coprirmi le spalle ancora per un po’, manager di
merda».
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