Amami
e basta
Finnick
Odair aveva da poco compiuto
ventidue anni. Otto anni erano passati dalla sua vittoria agli Hunger
Games. Tre
da quando aveva conosciuto Annie. Due e mezzo da quando aveva scoperto
di
essere innamorato di lei e di essere ricambiato. Due da quando avevano
implicitamente deciso di stare insieme.
Non
avrebbe quindi dovuto provare quella
paura cieca nel guardarla mentre, come una gatta, silenziosa e
aggraziata, gli
si avvicinava piena di aspettative.
Aveva
imparato che Annie era un persona
particolare. E no, non solo per quella sua instabilità,
anche se sicuramente
era parte della sua personalità incostante.
Annie
aveva bisogno di cose differenti a
seconda della situazione. Si era ritrovato a stringerla tra le braccia,
cercando di trasmetterle il suo calore e di calmarla durante le sue
crisi,
quando niente sembrava poterla tirare fuori da quel mondo che si era
costruita
e nel quale rimaneva intrappolata. Aveva dovuto imparare a farlo,
perché lei ne
aveva bisogno e lui non riusciva neanche a concepire l’idea
di rimanere fermo a
guardarla mentre si distruggeva.
Si
era ritrovato a ridere con lei,
rilassato, immerso in un’atmosfera di intima
complicità che gli era diventata
estranea dopo la morte della sua famiglia e che infondeva pace in tutti
e due,
regalando loro qualche momento di serenità e leggerezza, una
parvenza di casa.
In quei momenti, Annie era una ragazza normale, con i problemi e i
pensieri di
una diciannovenne che non ha mai visto la brutalità e la
violenza della morte e
dell’assassinio.
L’aveva
vista guardare il vuoto, ferma
ed immobile, e muovere le labbra, come se stesse parlando, ma
così velocemente
da sembrare che tremassero.
E
poi, si era ritrovato a baciarla,
leggero e mai invasivo, timoroso di turbarla in qualche modo, di
sfiorarle le
braccia, e la schiena, allontanandosi di colpo appena
l’istinto prepotente di osare
di più lo coglieva all’improvviso. Sapeva che lei
non lo temeva, che lei voleva
andare oltre. Lo sentiva bene,
nel modo in cui si aggrappava al suo petto, come volesse a tutti i
costi
strappargli un bacio più profondo, ma Finnick aveva paura,
paura di vedere al
suo posto solo un pezzo di carne da soddisfare; gli succedeva sempre, a
Capitol.
Ed
in quel momento, Finnick aveva paura.
Annie, con indosso solo la bianca camicia da notte, gli camminava
incontro,
muovendosi con grazia. La stoffa chiara e leggera le cadeva addosso,
morbida, a
celarle le forme armoniose, che tuttavia erano comunque svelate dal
frusciare e
svolazzare dell’indumento stesso.
Davanti
a lui non c’era la ragazza che
piangeva con le mani sulle orecchie e gli occhi serrati, non
c’era quella che
rideva e parlava di cose quotidiane e comuni, né
c’era la timida ragazza che lo
baciava e cercava in lui un contatto più forte e profondo.
In quel momento,
Annie era una donna, una donna che voleva prendersi le attenzioni che
meritava,
e le voleva dall’uomo che amava.
Non
si mosse, Finnick, mentre lei gli
cingeva il collo con le mani e lo guardava intensamente, quasi volesse
chiedergli permesso.
Non
parlavano. Nessuno dei due
distoglieva lo sguardo. Annie per determinazione, Finnick per paura.
Provò
a poggiarle i palmi sui gomiti e a
spingerli verso il basso, in un vano tentativo di allontanarla da
sé. Ti prego, Annie, non voglio.
I suoi
occhi gridavano questa frase, congelati e spalancati.
Non
sapeva come fare. La desiderava, e
dio solo sapeva quanto, ma non era capace di farlo come avrebbe voluto.
Finnick
era il dio del sesso, a Capitol.
Tutte le donne, e anche qualche uomo, avrebbe dato chissà
cosa per passare una
notte, una sola, maledetta notte, con lui. Era stato abituato
così da quando
Snow aveva capito quale grande fonte di guadagno sarebbe stato. Aveva
tentato
di ribellarsi, ma Snow aveva ucciso la sua famiglia, ed in quel momento
aveva
capito che l’unica cosa da fare era quella di sfruttare a suo
vantaggio quella
brutale costrizione.
Ma
aveva dovuto pagare un’altra volta,
un altro prezzo.
Non
c’era certamente amore, in quello, e
con il tempo, Finnick aveva disimparato ad amare, e non solo: non aveva
mai
imparato a trasformare l’amore in gesti per dare piacere alla
carne, e non solo
allo spirito. Non conosceva cosa volesse dire baciare le labbra di una
donna
per la pura voglia di farlo, né come si potessero
letteralmente bere i gemiti e gli
ansiti, non sapeva
dimostrare la sua devozione con le carezze.
Annie
gli aveva insegnato di nuovo
alcune di quelle cose, ma altre gli erano ancora sconosciute, e non
sapeva se
sarebbe mai stato capace di capire quel semplice e stupendo atto che la
gente
chiamava “fare l’amore”.
Gli
occhi verdi di Annie lo pregavano,
lo supplicavano, gli chiedevano una sola cosa. Amami.
Tutto
di lei gli urlava
di farlo. E Finnick per primo voleva accontentarla, voleva
accontentarsi.
Perché anche lui non faceva altro che pensare a come sarebbe
potuto essere con
Annie.
Annie
che non aveva la
pelle maculata o di qualunque altro strano colore.
Annie
che non aveva i
capelli sfibrati e mosci per il continuo uso delle parrucche.
Annie
che aveva il viso
pulito.
Annie
che lui amava più
di se stesso. Infinitamente più di ogni altra cosa.
Amami
Finnick. Mi basta questo. Amami. È l’unica cosa
che ti chiedo. Amami.
Ti
amo, Annie.
Si
sporse verso di lei,
e le diede un bacio lieve sulle labbra dischiuse, mentre lasciava
scivolare le
mani lungo le braccia di Annie, fino alle spalle e scendeva
giù lungo la
schiena, fino ai fianchi, in una lunga carezza che aveva procurato
brividi
anche a lui stesso. La sentì sospirare, il suo petto si
espanse entrando in
contatto con quello tremante di Finnick.
Il
sangue gli
rimbombava nelle orecchie, lo sentiva scorrere verso il basso ventre,
nelle
mani che agognavano più pelle da toccare, nelle labbra che
si muovevano sempre
più veloci ed impetuose su quelle di Annie, in un concerto
di schiocchi umidi.
Annie aveva un sapore che gli dava alla testa; se
gliel’avessero chiesto
avrebbe risposto che non sapeva a cosa associarlo, ma era come se
riuscisse ad
amplificare ogni singolo senso che possedeva. Gli occhi di Annie, anche
nella
penombra, brillavano come mai, e ogni gemito e sospiro gli echeggiava
con un
grido nel cervello. Lei era bollente, lo erano le sue labbra e lo era
il suo
corpo attraverso il tessuto sottile, che era un enorme impedimento di
cui
liberarsi.
Lasciò
la bocca di
Annie e si stupì di quando fosse bella, con le guance
chiazzate di rosso e le
labbra umide che luccicavano alla poca luce che filtrava
dall’unica finestra di
quella camera.
Annie
gli accarezzò il
petto coperto dalla maglietta bianca, sospingendo i lembi verso
l’altro.
Finnick la guardò. Come era diversa. Nessuna, nessuna,
aveva mai voluto spogliarlo. Aveva sempre fatto da solo,
nel modo più sensuale possibile, prima di strappare i
vestiti di dosso a chi
gli si trovava davanti.
Annie
invece continuava
a fargli quella muta richiesta di permesso. E lui
acconsentì, alzando le
braccia e lasciando che lei facesse quello che per troppo tempo era
stato suo
esclusivo compito.
Lasciò
che la maglietta
cadesse sul pavimento, e gli prese il viso tra le mani, per tornare a
baciarlo.
Amami.
Adesso
anche le sue
labbra, con il loro movimento e ritmo, gridavano quella parola.
Amami.
Non
fu necessario
ripeterlo. Finnick si piegò sulle ginocchia, le mani che
scivolarono sui lati
del corpo di Annie, strappandole un sospiro.
Inginocchiato
di fronte
a lei, nudo di ogni difesa, e nudo nel corpo. La guardò dal
basso,
riconoscendola come la sua unica dea.
Iniziò
dalle caviglie,
le massaggiò con lentezza, prendendo a risalire lungo i
polpacci lisci. La camicia
da notte le arrivava alle ginocchia. Poggiò i palmi aperti
all’altezza della
piega dietro di esse, poi ricominciò la sua ascesa, portando
con sé
l’indumento, scoprendo mano a mano la pelle delle cosce, le
natiche, i fianchi
appena pronunciati, l’addome profumato sul quale
lasciò un bacio, ed infine il
seno, prima che Annie alzasse le braccia, come aveva fatto lui stesso
qualche
minuto prima, e gli facilitasse il compito di svestirla.
Amami.
Fissava
incantato il
corpo nudo di Annie, come se fosse la prima donna in assoluto che
vedeva. Era
minuta, eppure questo non le impediva di essere sensuale. La pelle di
lei era
bianca ed invitante, il collo magro spiccava tra i folti capelli scuri
e le
clavicole sporgevamo lievemente, sotto di esse, il seno di Annie, sodo
e non
eccessivamente abbondante, era per lui un angolo di paradiso.
Amami.
La
venerò. Con le mani,
con la bocca. Sul collo, sul seno, lungo la mascella e sulle spalle.
Riusciva a
cogliere ogni fremito ed ogni gemito di piacere, per la prima volta
felice di
essere lui l’autore di quelle reazioni in una donna, nella
sua Annie.
Annie
che, mentre lui
era occupato a procurarle brividi e sospiri, era riuscita ad
abbassargli i
boxer.
La
prese in braccio e
si avvicinò al letto che, al centro della stanza, non poteva
essere ignorato.
La
depositò con
dolcezza, con la schiena contro il materasso. Annie gli
passò una mano dietro
il collo e gli lasciò una lunga e piacevole carezza lungo la
spalla, per poi
artigliare i suoi capelli e portarlo più vicino a
sé, per potergli baciare e
mordere il collo.
Amami.
Annie
lo chiese di
nuovo, e Finnick le obbedì. La amò, fino in
fondo, come mai, fece l’amore
con lei, la prima di tante
altre volte. E non smise più.
Aveva
visto Annie
mentre, tra le sue braccia, cercava di placare i singhiozzi, e con le
mani
schiacciate sulle orecchie.
L’aveva
vista ridere,
serena, in pace con se stessa.
Aveva
assistito a tutte
le volte in cui fissava un punto in aria e mormorava parole senza senso.
Le
aveva regalato dei
baci casti e timidi, come le aveva regalato dei baci passionali e
impazienti.
E
l’aveva amata, come
un uomo ama una donna. Le aveva dato entrambe le forme
dell’amore. L’aveva
amata per il suo spirito, per quello che lei era, l’aveva
amata dandole tutto
se stesso. E l’aveva amata per il suo corpo, con i brividi e
i gemiti, e il
dolore delle unghie e dei morsi e il sudore e il calore e i baci umidi
e le
carezze ogni volta sempre più ardite.
E lei
l’aveva amato
allo stesso modo, donandogli quel che le era rimasto.
Note
dell’autrice:
Buonasera/Buongiorno
a tutti! Grazie per
prima cosa a chiunque sia arrivato/a a leggere fin qui.
Spero
che vi sia piaciuta questa One
Shot, anche perché per me è stata un esperimento:
ho provato a muovere i personaggi
in un contesto più intimo. Non mi sono dilungata in
descrizioni, visto che non
sapevo davvero da dove iniziare a mettere mano, e limitandomi ad
immaginare il “prima”.
Sempre
perché io li amo, e perché dovevano
avere più spazio nei libri,
come non mi stancherò mai di ripetere!
Ho
voluto rappresentare un Finnick molto
insicuro, più di Annie per una volta. Ho pensato che per lui
l’amore platonico
e quello fisico si muovessero su due linee differenti, e che avesse
paura di
provare a farle incontrare perché nella sua esperienza
c’è solo sesso e non
amore.
Infatti,
è Annie che insegna a Finnick,
e gli insegna ad amare completamente.
Spero
di essere riuscita a far passare
la paura di Finnick di sbagliare qualcosa, e successivamente il suo
totale e
completo abbandonarsi ad Annie, e dopotutto è anche Annie ad
abbandonarsi a
lui. Volevo sottolineare che nel loro rapporto non è solo
Finnick il fattore
consapevole e completo, ma che entrambi hanno qualcosa da donare
all’altro, per
colmare i vuoti e le ferite.
Non
so se siano concetti che si riescano
a spiegare in modo chiaro con le parole.
Ah, e se pensate che i personaggi siano OOC (non posso fare a meno di
aver sempre paura di storpiarli) non esitate a farmelo notare!
Confido
che qualche anima pia decida di
farmi sapere cosa ne pensa, anche ne caso che fosse una critica (costruttiva, mi raccomando).
Detto
ciò, un bacio a tutti voi e un
grazie immenso anche solo per avere letto!
LysL
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