Capitolo
secondo –
Veleno.
L'Altopiano
Blu aveva
richiamato a sé più di un centinaio di allenatori
già il primo
giorno delle iscrizioni e affluenze ancora maggiori si prevedevano
per quelli a venire. Samuel, che aveva raggiunto la Sede centrale
molto presto nella mattinata, il primo di maggio, fu uno dei primi a
iscriversi.
Quel
giorno egli rivide
anche la ragazza della scommessa di Fucsiapoli.
Aveva
appena
completato le varie formalità burocratiche dell'iscrizione
–
ridicolmente brevi in confronto al tempo necessario ad arrivare
lassù
– e stava attraversando l'androne verso la caffetteria per
procurarsi qualcosa da mangiare quando all'improvviso, da un
capannello di allenatori che chiacchieravano in un angolo, una nitida
voce di donna lo folgorò quasi sul posto. «Sono
pronta a sfidarvi
anche adesso!»
Quella
frase l'aveva
già sentita. Samuel si fermò là dove
si trovava e cercò di
scrutare nel piccolo gruppo di persone che si era raccolto attorno a
un paio di divanetti, un gruppetto di soli uomini disposti quasi a
cerchio: al loro centro, una piccola ragazza dal lunghi capelli
castani con le braccia conserte sul petto.
Se
a Fucsiapoli Samuel
era stato convinto, per chissà quale motivo, che fossero
stati
spontaneamente gli altri allenatori presenti a provocarla, ora non ne
era più così sicuro. Quella ragazza doveva avere
un gran
caratteraccio, per litigare con tutti ovunque andasse, pensò
mentre
si avvicinava quasi senza accorgersene. A ogni modo, quella ragazza,
ah!, Agatha ce l'aveva fatta: aveva raggiunto l'Altopiano Blu, e
già
il primo giorno. Davvero piuttosto notevole.
Era
evidente che
nessuno degli altri aveva intenzione di accettare la sfida: Samuel
osservò i loro sguardi imbarazzati, i loro cenni impacciati
mentre
cercavano di trovare una scappatoia alle sue parole. Si
collocò alle
spalle di uno di loro per seguire la scena, suo malgrado incuriosito.
«Allora?»
chiese
Agatha con viva impazienza. Era evidente che era in viaggio da
qualche giorno: i suoi capelli avevano un aspetto impolverato e
opaco, raccolti in uno stretto nodo sulla sommità del capo.
Quella
pettinatura, per quanto castigata e poco elaborata, esaltava la forma
regolare, proporzionata, della sua testa e donava in qualche modo ai
suoi tratti.
«La
mia squadra è
stanca» borbottò un ragazzo che dimostrava forse
diciassette anni.
Agatha gli gettò un'occhiataccia, sollevando un poco il
mento con
aria di disprezzo.
«In
tal caso mi farai
il piacere di non criticare più la mia.»
Che
tipino,
pensò Samuel senza riuscire a trattenere un sorriso.
Possibile che
si mettesse nei guai ovunque andasse? Le iscrizioni non erano aperte
che da due o tre ore e già quella ragazza era riuscita a
mettersi
contro una decina di allenatori. Decisamente... bellicosa.
Spinto
da una curiosità
irrefrenabile, Samuel mosse un passo in avanti e disse ad alta voce:
«Se sei d'accordo, accetto io la tua sfida.»
La
tensione si sciolse
bruscamente mentre Agatha si voltava e lo cercava con lo sguardo.
Alla sua vista, i suoi occhi si riempirono di perplessità:
era
chiaro che non capiva perché un perfetto sconosciuto che non
l'aveva
provocata volesse accettare la sua sfida. «Ci
conosciamo?»
«Beh...
io conosco
te.» Samuel si strinse nelle spalle. «Ho scommesso
assieme a te a
Fucsiapoli.»
«Fucsiapoli?»
A
giudicare dalla sua espressione, la ragazza non doveva aver
più
pensato alla scommessa da quel giorno... esattamente come lui.
Impiegò qualche istante a ricordare. «Oh... la
scommessa.»
A
questo punto, Samuel
non aveva più intenzione di tirarsi indietro. Aveva parlato
davanti
a tutti e, perdipiù, era decisamente troppo curioso di
scoprire se
davvero Agatha fosse tanto forte come si reputava. «Allora...
accetti?»
Davanti
alla
prospettiva della sfida, Agatha perse la benché minima
traccia di
dubbio. Gli sorrise di un sorriso che era sfida e soddisfazione e
domandò: «Andiamo fuori?»
Il
lastricato
dell'accesso monumentale alla Sede era un campo di battaglia
perfetto: attorno a loro si formò rapidamente un fitto
cerchio di
spettatori, richiamati dalla prospettiva di poter assistere a una
sfida. Samuel li fissò con vago disprezzo, domandandosi
perché non
lottassero a loro volta anziché limitarsi a guardare chi
aveva più
spirito d'iniziativa di loro. Dal canto suo, Agatha non sembrava
minimamente infastidita dalla loro presenza: il suo volto stanco era
eccitato e preso dall'idea della lotta.
«Desideri
porre
qualche condizione particolare?» gli domandò
dall'altra parte del
piccolo cerchio: distavano l'uno dall'altra poco più di una
decina
di metri. Samuel scosse il capo.
«No,
ma devo
avvertirti che possiedo solo cinque Pokémon.»
«Non
fa alcuna
differenza» assicurò Agatha. «Io ne ho
tre, ma valgono per sei.»
Un
fischio si levò a
queste parole, ma la ragazza non perse tempo a cercare nella folla
chi l'avesse emesso: doveva già sapere bene quanto lui che
non
l'avrebbe trovato. Samuel si sentì fremere i polsi davanti a
una
vigliaccheria così gratuita: i ragazzi che l'avevano
provocata
apertamente, sia lì che a Fucsiapoli, avevano almeno avuto
il
coraggio di darle modo di replicare e difendersi. Pur sentendosi
profondamente irritato, si sforzò di dominarsi quando le
rispose:
«In tal caso, ne userò tre anch'io.»
Colse
il subitaneo
mutamento di espressione di Agatha nel contrarsi delle sue labbra e
nello stringersi dei suoi occhi. «Non c'è alcun
bisogno che tu
faccia il cavaliere.»
«Ti
tratto come ho
sempre trattato ogni mio avversario» garantì
Samuel. Stava già
riflettendo rapidamente su quali Pokémon usare: avrebbe
fatto
piacere a tutti sgranchirsi le zampe con una lotta, ma il suo senso
dell'onore era troppo radicato e forte in lui per permettergli di
utilizzare più Pokémon di quanti ne possedesse un
rivale. Scelse
accuratamente una Pokéball dalla cintura.
«Cominciamo.»
Prima
ancora che Agatha
potesse dargli un solo cenno di assenso, una voce dai loro spettatori
la invitò sarcasticamente a far vedere a tutti il suo
grazioso
Wigglytuff, o qualcosa del genere. Stavolta entrambi riuscirono a
identificare chi aveva parlato: un ragazzo tarchiato e grassoccio
piuttosto vicino ad Agatha, ma anche stavolta ella non
replicò e si
limitò a gettare sul terreno una sfera.
«Vai,
Vileplume!»
Certo,
a modo suo,
Vileplume era un Pokémon molto carino, ma Samuel aveva
smesso ormai
da tempo di credere, come invece sembravano fare tutti gli astanti,
che fosse inoffensivo solo perché somigliava a un fiore. Si
levò
dal loro pubblico uno sgradevole coro di fischi alla sua volta.
Del
tutto
inconsapevolmente, anche Samuel aveva scelto un tipo Erba:
mandò in
campo il suo Exeggutor. Molto spesso qualche avversario l'aveva
criticato per aver scelto un Pokémon come quello e, in
generale, per
la sua scelta di preferire l'Erba all'Elettro; ma Samuel aveva sempre
confidato nel suo aspetto apparentemente vacuo e distratto.
«Vileplume,
Riduttore!»
Agatha
era passata
subito all'attacco senza dargli il tempo di elaborare una strategia.
Mentre Vileplume si avventava su Exeggutor con
un'aggressività che
aveva ben poco di femminile o grazioso o indifeso, tutto ciò
che
Samuel fu in grado di ordinare fu: «Exeggutor, usa
Riflesso!»
Quando
Vileplume lo
urtò pesantemente con tutto il peso del suo corpo, Exeggutor
indietreggiò di vari passi nel tentativo di ammortizzare la
forza
d'urto del suo colpo, ma eccezionalmente non cadde, riuscendo ad
abbassare il proprio baricentro abbastanza da ribilanciarsi e
rimanere in piedi. Riflesso aveva funzionato, anche se Samuel
gliel'aveva ordinato all'ultimo momento, e approfittando del breve
attimo di sbilanciamento del suo avversario, egli ne
approfittò per
gridare ancora: «Attacco Pioggia!»
Fu
ora il turno di
Exeggutor di scagliarsi contro il suo avversario, scrollando
rumorosamente le lunghe foglie che portava sul capo con un fruscio
come di stormire di vento. Fu un attacco vigoroso e violento, che per
qualche istante fece crollare Vileplume a terra sotto l'infierire dei
suoi colpi; ma proprio quando Samuel pensava di essere già
riuscito
a sconfiggere quel Pokémon, Agatha gridò
seccamente:
«Velenpolvere!»
Mai
avvicinarsi troppo
a un Pokémon Veleno, questo Samuel aveva sempre cercato di
tenerlo a
mente, ma per qualche istante si era lasciato prendere dalla foga
della battaglia. Exeggutor sovrastava il nemico in tutta la sua
altezza, ma la posizione di sottomissione di Vileplume si
rivelò
drammaticamente ingannevole quando il Pokémon
reclinò il capo in
avanti e dal bulbo che portava gli soffiò un vaporoso getto
di spore
dritto sui tre volti.
Exeggutor
emise tre
strida brucianti di dolore e balzò indietro, scuotendosi e
dimenandosi nel tentativo di liberarsi gli occhi e le nari dalla
polvere velenosa che cominciava già a indebolirlo. Con un
sorriso di
trionfo, Agatha protese un braccio in avanti per ordinare:
«Acido!»
«Exeggutor,
attento!»
gridò Samuel istintivamente, ma invano: il
Pokémon teneva gli occhi
chiusi per attenuare il bruciore e il getto nero e vischioso,
maleodorante che Vileplume gli spruzzò addosso lo
colpì in pieno
sul torso d'albero e su due delle sue tre facce. Sbilanciato e quasi
acciecato, Exeggutor cadde pesantemente seduto al suolo, gemendo di
dolore ma, forse proprio perché Riflesso aveva aumentato le
sue
difese, non ancora del tutto sconfitto.
«Ancora
Acido!»
esclamò Agatha furiosamente.
Vileplume
era già
pronto ad attaccare di nuovo, il suo capo si stava reclinando in
avanti, prendendo la mira verso l'avversario: no, Exeggutor non ce
l'avrebbe fatta a resistere a un altro attacco, avvelenato e
semicieco com'era. Confidando nei suoi riflessi, Samuel non
poté
fare altro che tentare un'ultima carta. «Exeggutor,
Psichico!»
Il
breve attimo
necessario a Vileplume per preparare il suo fluido tossico fu
sufficiente: volgendo il torso di lato, Exeggutor lo
fronteggiò con
l'unica delle sue facce che ancora non era stata colpita dall'Acido e
gli sparò contro un violento raggio violaceo che lo
colpì
precisamente al centro dei suoi grandi petali.
Agatha
vide crollare il
suo Pokémon con una viva espressione di
contrarietà e stupore
dipinta in viso, tuttavia non proruppe in esclamazioni o proteste. Lo
richiamò freddamente nella sua sfera e si limitò
a riconoscere:
«Stavolta hai vinto tu, lo riconosco.»
Samuel
non aveva
bisogno delle risate e delle grida di scherno del loro pubblico per
innervosirsi ancor più nei loro confronti: si
sforzò di dominarsi e
concentrarsi sulla lotta. Sì, aveva sconfitto Vileplume, ma
Exeggutor non era comunque più in condizioni di lottare. Lo
sostituì
a sua volta con il suo Arcanine prima ancora che Agatha mandasse in
campo il suo prossimo Pokémon.
«Vai,
Tentacruel!»
Samuel
non aveva potuto
prevedere che Agatha avrebbe mandato in campo un Pokémon
d'Acqua,
eppure ebbe l'impressione che non si sarebbe approfittata del
vantaggio di tipo che aveva evidentemente su di lui: sembrava
decisamente troppo orgogliosa per vincere a quel modo. Scelse
comunque di optare per una strategia di difesa: «Cominciamo
con
Pazienza, Arcanine!»
Agatha
arricciò il
naso su quella scelta. «Pazienza? Tutto ciò che
intendi fare è
incassare i miei colpi?» Tuttavia Samuel non le
prestò attenzione
ed ella esclamò bruscamente: «Tentacruel,
Limitazione!»
Quando
Tentacruel
abbatté su di lui un enorme tentacolo viscido, Arcanine
divaricò le
zampe per sostenersi meglio sul terreno. Il suo avversario lo
colpì
violentemente sul fianco destro, con un suono secco che
rincoccò in
aria come un colpo di frusta, ma Arcanine resistette strenuamente
rivolgendogli solo un ringhio sommesso, cogli occhi socchiusi e il
muso contratto.
«Ottimo,
Arcanine!
Resisti ancora» lo incoraggiò Samuel: aveva sempre
avuto una grande
fiducia in quella strategia. Ma subito Agatha alzò la voce
dall'altra parte del piccolo campo di battaglia per ordinare:
«Tentacruel, Supersuono!»
Questo
lo colse
impreparato. Il suono che Tentacruel emise subito dopo, in risposta a
quell'ordine, era evidentemente troppo alto perché egli
potesse
udirlo, ma colpì le orecchie canine di Arcanine con una
forza tale
da sconvolgerlo e confonderlo. Poiché si era già
chinato in avanti
per resistere a Limitazione, Arcanine ora si sbilanciò
paurosamente,
cadendo al suolo con un uggiolato confuso, e per qualche istante
parve non sapere più dove si trovasse.
«Ottimo!
Ora usa
Tossina» gridò Agatha, con una profonda vibrazione
di compiacimento
nella voce.
A
quell'ordine Samuel
ebbe un involontario gesto di preoccupazione: confuso e
iperavvelenato, come avrebbe potuto il suo Pokémon
proseguire la
lotta?
Tentacruel
schizzò
addosso ad Arcanine un liquido nero e denso simile a inchiostro, ma
quegli era tanto confuso e spaesato che parve non accorgersene
neppure. I suoi occhi erano vacui e privi: cercò di
rialzarsi, con
un lungo guaito di dolore e paura, ma tutto ciò che fu in
grado di
fare fu barcollare paurosamente sulle zampe instabili e tremanti.
A
questo punto, Samuel
aveva già visto abbastanza: con un sospiro, levò
il braccio e lo
richiamò dentro la sfera, provocando un coro di proteste
tutto
attorno a loro e uno sguardo perplesso negli occhi di Agatha.
«Hai
vinto tu, non è
più in grado di lottare» disse soltanto. Si
sentiva seccato e
confuso, turbato per aver perso anche un solo round, colpevole verso
Arcanine per le sue condizioni. Agatha gli fece cenno di aver capito
e Samuel, ben consapevole che era la sua ultima carta, mandò
in
campo Tauros.
Era
stato il primo
Pokémon che avesse catturato alla Zona Safari, dopo ore di
appostamenti nel fango putrescente di una zona palustre, e Samuel
confidava molto in lui. Tauros mugghiò rumorosamente contro
Tentacruel, percuotendosi più e più volte con le
tre code i fianchi
poderosi, e Agatha sorrise con aria di superiorità.
«Non
hai niente di
meglio? Tentacruel, usa Tossina!»
Ma
la ragazza non aveva
fatto i conti con la rapidità del proprio nemico: con uno
scalpitare
tonante di zoccoli, Tauros si scansò decisamente dalla
traiettoria
del veleno, che inzuppò le pietre del lastricato con uno
sfrigolio
sinistro. Davanti a quel fallimento, persino Agatha si
lasciò
sfuggire un gemito di stizza, stringendo i pugni, ma Samuel si mosse
prima di darle il tempo di reagire.
«Tauros,
usa Fulmine!»
Era
la sua arma
segreta, era la mossa che nessuno si aspettava mai da un
Pokémon
Normale: Samuel ebbe la soddisfazione di vedere la bocca della sua
avversaria spalancarsi di sorpresa quando il folto pelo di Tauros si
rizzò per l'accumularsi dell'energia statica e una sottile,
rapida
saetta colpì Tentacruel prima ancora che questi potesse
allontanarsi.
L'elettricità
avviluppò il suo corpo come una nube statica, attanagliando
i suoi
lunghi tentacoli: impossibilitato a muoversi e a tenersi in
equilibrio, Tentacruel oscillò pesantemente più
volte, lottando per
non cadere, e finì per abbattersi pesantemente al suolo dove
rimase
immobile, come paralizzato.
«Tauros,
Pestone!
Finiscilo» ordinò Samuel, ma prima che Tauros
potesse obbedirgli e
precipitarsi su Tentacruel coi suoi zoccoli, un fascio di luce rossa
lo ricatturò di nuovo all'interno della sua sfera. Quando
Samuel
alzò gli occhi, vide che Agatha aveva le labbra strette e la
fronte
accigliata.
«Non
c'è bisogno di
infierire» constatò semplicemente con voce cupa,
mentre riponeva la
Pokéball e ne estraeva un'altra. Ora a entrambi restava un
unico
Pokémon, ma subito la ragazza volle precisare: «Se
vuoi usare un
altro Pokémon, non mi lamenterò.»
«Tauros
sarà
sufficiente» ribatté Samuel. Del resto, erano alla
pari.
«Come
vuoi, io ti ho
avvertito. Vai, Nidoking!»
L'esemplare
che apparve
davanti a loro era semplicemente gigantesco, il più grande
che
Samuel ricordasse di aver mai visto, a tal punto che Tauros
arretrò
di qualche passo, scalpitando nervosamente mentre continuava a
percuotersi i fianchi: quello non era decisamente
un Pokémon
femminile.
«Buono,
buono... è
tutto a posto» mormorò Samuel a bassa voce, per
quanto in realtà
comprendesse anche troppo bene i suoi timori: quel Nidoking era
spaventosamente grande... Agatha lo stava fissando compiaciuta con
duri occhi neri e orgogliosi: persino i suoi detrattori sembravano
ammutoliti di fronte a quel colosso di nerboruta prestanza fisica che
attendeva con incredibile mansuetudine gli ordini di quella piccola
ragazza.
«Rinnovo
la mia
offerta» ribadì Agatha. «Sei sicuro di
non voler chiamare un
quarto Pokémon?»
«Sicurissimo»
sbottò
Samuel spazientito, anche se non si sentiva più
così sicuro
riguardo all'esito di quello scontro. Tutto sommato, Agatha sapeva
davvero il fatto suo.
«In
tal caso...
Nidoking, Doppiocalcio!»
Agatha
era furore,
era attacco fisico e aggressività immediata, impulsiva. La
sua
strategia era un attacco continuo, scoperto e palese –
curioso che
una ragazza del genere avesse scelto proprio i Pokémon di
tipo
Veleno, un tipo infido e sottile. In qualunque caso, la tecnica di
Samuel era del tutto diversa, misurata e difensiva e calcolata, ed
egli non poté che esclamare: «Pazienza!»
Quando
Nidoking colpì
Tauros in pieno, egli dovette imporsi quasi fisicamente di non
distogliere lo sguardo. Il primo calcio si abbatté
letteralmente sul
suo petto con un suono orrendo, tanto forte che Samuel fu tentato di
interrompere la lotta seduta stante e portare di corsa il suo
Pokémon
al centro Pokémon, ma contro ogni aspettativa, Tauros non
cadde.
«È
questa la tua
strategia?» gridò beffardamente Agatha. Il secondo
calcio raggunse
Tauros con la stessa forza del primo: stavolta il Pokémon fu
sollevato di qualche centimetro, oscillando, e arretrò sulle
zampe
posteriori, muggendo di dolore. «Continuare a incassare i
miei colpi
e sperare che prima o poi funzioni?»
Ignorando
deliberatamente le sue provocazioni, Samuel si limitò a
seguire con
lo sguardo i movimenti nervosi e lenti di Tauros: era paurosamente
indebolito, ma ancora in grado di lottare e attendeva i suoi ordini.
«Adesso,
Tauros!»
Dopo
aver incassato
senza reagire quei formidabili colpi, Tauros accolse quest'ordine
più
volentieri di quanto Samuel stesso si sarebbe aspettato, scagliandosi
contro Nidoking con furia di vendetta. Anche sollevandosi sule zampe
posteriori, non raggiungeva a malapena che il petto del suo
avversario, ma non si lasciò intimidire: lo colpì
colle corna,
cogli zoccoli, con tutto il proprio peso, troppo rapidamente
perché
Nidoking potesse scacciarlo colle tozze braccia robuste... la furia
incalzante del suo attacco fu tale da sbilanciarlo e farlo
indietreggiare verso Agatha, spazzando rabbiosamente il terreno con
la lunga coda e tentando di appoggiarvisi per non cadere.
Quando
finalmente
Tauros abbandonò il suo attacco serrato e tornò
sulle quattro
zampe, era evidente che Nidoking aveva incassato il colpo dal modo in
cui vacillava. Ruggì minacciosamente, ma di un ruggito
fiacco e
affaticato, e per un attimo piegò faticosamente un ginocchio
per
appoggiarsi al suolo.
Agatha
era incupita e
corrucciata: scrutava la battaglia col volto scuro e il respiro
trattenuto.
«Nidoking,
usa
Tossina!»
«Ti
piace proprio
questa mossa, non è vero?» esclamò
Samuel, parzialmente divertito:
ora che Tauros pareva aver rimontato, si sentiva assai più
disposto
a scherzare.
Dalla
bocca di Nidoking
eruttò un fiotto di veleno scuro e repellente, ma Tauros
riuscì ad
allontanarsi di scatto dalla sua traiettoria e appena qualche spruzzo
colpì i suoi zoccoli. Era il momento: Samuel sentiva ormai
di avere
la vittoria in pugno.
«Tauros,
Terremoto!»
La
terra cominciò a
tremare sotto gli zoccoli di Tauros, tanto violentemente che persino
Samuel, pur trovandosi a qualche metro da lui, ne sentì le
vibrazioni sotto i piedi e Agatha, ben più vicina di lui ai
due
combattenti, parve vacillare.
Per
un tempo che a
Samuel parve interminabile, Nidoking lottò disperatamente
per
mantenersi in piedi, ruggendo di dolore e di sgomento e battendo al
suolo la lunga coda nel tentativo di reagire a quelle scosse. Ma poi
vi fu una vibrazione più forte, le sue zampe incespicarono:
per un
istante incredibilmente lungo, Nidoking oscillò su se stesso
prima
di cadere al suolo con un rombo secco che echeggiò contro le
pareti
delle montagne che li circondavano.
Al
violento tremito di
Nidoking che cadeva al suolo, Samuel strinse silenziosamente il pugno
in un gesto di discreto trionfo. Dignitosamente contrariata, Agatha
si limitò tuttavia a richiamare il suo Pokémon
nella sfera senza
una parola.
Un
coro di esclamazioni
di ammirazione e di scherno, non troppo chiaramente distinte tra
loro, si levò rumorosamente dal loro pubblico, ma Samuel li
ignorò
come al solito. Si precipitò verso Tauros, che ancora
rimaneva in
piedi quasi per miracolo, e affondò affettuosamente le dita
nella
folta pelliccia scura che gli copriva il petto e le spalle.
«Sei
stato bravissimo»
mormorò al suo orecchio. Gli accarezzò il muso,
là dove il crine
era più corto e ruvido, e sentì che la sua pelle
era madida di
sudore. «Ti ringrazio, mio caro. Tutti voi siete stati
bravissimi.»
Ma
quando sollevò il
capo per ringraziare la sua avversaria e farle i complimenti,
all'improvviso si rese conto che Agatha era scomparsa.
«Posso
sapere il tuo
nome?» gli chiese senza preavviso una dura voce di donna,
cogliendolo
di sorpresa mentre stava leggendo il giornale.
Quando
Samuel alzò lo
sguardo, vide che Agatha lo stava fissando con sguardo accigliato,
appoggiandosi al tavolo della caffetteria dove lui stava facendo
colazione. I suoi capelli erano ora di nuovo puliti e sciolti,
distesi in una massa voluminosa sulle spalle e la schiena. Era
davvero carina, constatò Samuel chiudendo il giornale con un
sospiro, malgrado il suo sguardo truce e l'arroganza con cui si
appoggiava al bordo del tavolo.
Inutile
dire che non si
era aspettato di vederla quel giorno: per quanto l'avesse cercata per
tutto il pianterreno, il giorno precedente, non gli era stato
possibile trovarla da nessuna parte. Aveva cercato di ignorare un
vago senso di rimpianto alla bocca dello stomaco e di non
prendersela, ripetendosi che, dopotutto, le ragazze erano fatte
così, ma ora che la vedeva, era evidente che proprio come
lui anche
Agatha doveva aver dormito lassù per far curare i propri
Pokémon
durante la notte: discendere dall'Altopiano Blu senza
Pokémon in
grado di lottare sarebbe stato semplicemente un suicidio. Egli stesso
aveva dovuto rimandare la discesa per lo stesso motivo: Charizard e
Gyarados da soli sarebbero stati probabilmente in grado di scortarlo
fino a Smeraldopoli, ma in ogni caso era impensabile camminare per
ore con Exeggutor e Arcanine in quelle condizioni, per quanto chiusi
nelle sfere.
«Prego?»
chiese
Samuel abbassando lentamente il giornale per osservarla a proprio
agio.
«Posso
sapere il tuo
nome?» ripeté Agatha spazientita, aumentando
nervosamente la presa
sul bordo del tavolo. Samuel sorrise appena, distogliendo per un
attimo il volto da lei: come aveva supposto fin dal primo momento,
quella ragazza doveva avere un bel caratterino.
«Samuel
Oak» disse
infine, porgendole la mano. «Mentre tu sei...?»
«Agatha»
rispose la
ragazza in tono di sufficienza, ricambiando la sua stretta.
«Ti
ringrazio.» Dopodiché si voltò e fece
decisamente per andarsene,
senza un'altra parola di commiato.
«Aspetta,
aspetta»
esclamò Samuel accennandole di fermarsi. «Ieri sei
scappata in
fretta e non ci siamo neppure presentati. Ora per quale motivo vuoi
sapere il mio nome?»
«Sarei
forse dovuta
restare più a lungo assieme a quegli ignoranti?»
replicò Agatha
con alta voce alterata, trattenendosi accanto al tavolo quasi con
disgusto. «In ogni caso, volevo solo avere la
possibilità di
poterti chiedere la rivincita, tra qualche tempo. Mi sembra
ovvio.»
Tanto
ovvio non era, a
dire il vero: la maggior parte degli allenatori temeva troppo una
seconda batosta per chiedere una rivincita a un avversario... ma
ciò
che colpì Samuel fu la prima parte della sua affermazione
stizzosa e
d'un tratto, ripensando al giorno precedente, gli dispiacque quasi di
aver vinto. Certo, egli l'aveva trattata alla stregua di un qualsiasi
avversario, e per la verità era ben consapevole di aver
vinto con un
margine decisamente ristretto e in buona parte grazie alla fortuna:
se solo l'ultima Tossina di Nidoking fosse andata a buon segno o se
il Terremoto di Tauros fosse stato appena un poco più
debole, molto
probabilmente egli avrebbe perso. Tuttavia, Agatha non doveva vederla
allo stesso modo: tutta la sua bravura, la sua strategia non avevano
alcun significato per quegli allenatori che l'avevano vista perdere
come una ragazzina qualunque. A quel pensiero, Samuel si
sentì un
po' in colpa: aveva vissuto quella sfida come una delle tante e non
avrebbe mai voluto umiliarla... sì, ma come dirglielo senza
mortificare ancor più il suo orgoglio?
«Certo»
rispose con
una lieve esitazione. «Spero che ci incontreremo di nuovo
alla
Lega.»
«Splendido»
concluse
freddamente Agatha, allontanandosi con decisione dal tavolo.
Era
la sua ultima, la
sua unica occasione per chiederle scusa, in qualche modo. Quasi
istintivamente Samuel balzò in piedi e la superò
in poche ampie
falcate, tagliandole la strada: la ragazza si fermò quasi
esasperata. «Sì?»
«Volevo
solo dirti
che sei stata davvero brava» disse in fretta Samuel.
«E anche
che... insomma... per me non era nulla di personale, se questo
può
cambiare le cose tra noi. Spero che tu non ce l'abbia con me.»
«Nulla
di personale?»
ripeté Agatha incrociando le braccia. Ora che Samuel la
vedeva da
vicino, notò che i suoi occhi erano notevolmente grandi,
neri e
liquidi, con un taglio particolare che dava loro una sorprendente
dolcezza malgrado l'espressione altera. «Cosa vuoi
dire?»
«Voglio
solo dire che
non ti ho sfidata perché non credevo nella tua forza a causa
del tuo
sesso» spiegò. Si sentiva profondamente stupido,
eppure sentiva di
doverle almeno quelle parole. «Tutto qui. Per me è
stata una bella
sfida e vorrei che potessimo ricordarla senza rancore.»
Per
qualche secondo,
egli temette che Agatha lo avrebbe schiaffeggiato: l'espressione dei
suoi occhi era imperscrutabile. Del resto, era trascorso molto tempo
dall'ultima volta che aveva parlato con una ragazza e in questo
genere di cose doveva confessarsi un po' impacciato: il mondo
dell'allenamento era un mondo quasi interamente maschile, un mondo
immediato e trasparente dove una pacca sulla spalla significava senza
rancore, eh e un pugno in faccia esattamente l'opposto,
mentre
per quanto ne sapeva lui, con le ragazze la faccenda era più
complicata – quando si parlava con una ragazza, chi poteva
dire se
sì voleva dire sì
oppure no?
Finalmente,
dopo un
tempo che a lui parve infinito, l'espressione di Agatha parve
alleggerirsi un poco e le sue dita bianche, che affondavano nella
stoffa del suo golfino sulle braccia in modo quasi minaccioso, si
rilassarono un po'. «Oh. Capisco.» Esitò
un istante, vagando con
lo sguardo tutto attorno come a cercare le parole, e disse con voce
improvvisamente incerta, come se fosse la prima volta che diceva una
cosa del genere: «No, non ce l'ho con te. Sei stato molto...
uhm,
molto bravo. Anche se personalmente non apprezzo le strategie
passivo-difensive.»
In
quel momento, a
Samuel venne in mente che come lui non era molto abituato a parlare
con delle ragazze, allo stesso modo ad Agatha poteva capitare assai
di rado di parlare con degli allenatori, e in effetti, se tutti si
comportavano come quelli che le aveva visto attorno fino ad allora,
interessati solo a deriderla o a provarci o entrambe le cose, egli
non poteva biasimarla... per quanto, evidentemente, col suo carattere
ella non facesse nulla per rendersi le cose più facili. Ma a
differenza sua, Samuel aveva ogni giorno la possibilità di
confrontarsi con qualche allenatore del suo sesso, qualcuno con cui
la comunicazione fosse facile e immediata e istintiva, mentre di
certo Agatha non poteva aver incontrato molte allenatrici sul proprio
cammino... con ogni probabilità, doveva essere una ragazza
molto
sola.
«Allora...
senza
rancore eh?» chiese porgendole la mano. «Dai, vieni
a sederti con
me. Visto che non è l'ora adatta per una birra ti offro un
caffè,
vuoi?»
Questa
volta, Agatha
studiò il suo gesto con occhi incerti e perplessi, prima di
stringere la sua mano senza la benché minima convinzione.
Sì,
concluse Samuel con una fitta lievissima di dispiacere e, forse, di
rimorso: doveva essere davvero piuttosto solitaria per non conoscere
quell'usanza che era la prima e più spontanea degli scontri
di
Pokémon, quella di bere assieme a battaglia finita.
Chissà fino a
che punto era lei a evitare gli uomini e quanto invece gli uomini a
scansare lei; fino a che punto il suo carattere acido fosse in lei
naturale e quanto invece fosse una reazione alle derisioni e
all'isolamento...
Pochi
minuti dopo,
davanti a una colazione calda ai due lati opposti del tavolo (per
Samuel si trattava della seconda colazione, ma questo non costituiva
di certo un problema), egli ebbe finalmente modo di osservarla a suo
agio, discretamente, e intavolare una conversazione. A suo modo,
Agatha lo incuriosiva terribilmente, forse proprio perché
era a
prima vera allenatrice che avesse mai conosciuto.
«Allora...»
cominciò
schiarendosi la voce. «Ti piace il tipo Veleno, eh?»
«L'hai
notato?»
chiese Agatha con un lieve moto di stupore, mescolando lentamente un
caffè amaro. «Non molti ci fanno caso. Comunque,
sì. È il mio
tipo preferito.»
«I
tipi dei Pokémon
sono la mia specialità» disse Samuel, sperando di
non apparire
troppo presuntuoso. «In generale tutto ciò che li
riguarda mi
affascina, è una mia passione. Spero anche di farne un
lavoro, un
giorno.»
«Un
lavoro?» ripeté
Agatha sorpresa. Bevve un lento sorso di caffè.
«Lo studio dei
Pokémon?»
Samuel
annuì.
«Esattamente, ci sono moltissime cose ancora tutte da
scoprire al
riguardo, anche se non sembra. Come nascono, da dove vengono... cose
del genere.»
Prima
che Agatha
facesse in tempo a rispondere alcunché, una forte voce
maschile da
qualche parte alle sue spalle tuonò: «Ehi,
Agatha!»
Samuel
si sollevò
leggermente per cercare di vedere oltre la sua testa chi avesse
parlato; davanti a lui, Agatha si voltò sulla sedia ed egli
la sentì
dire: «Oddio.» Solo dopo qualche istante, quando
finalmente vide
delinearsi tra la folla un fisico tarchiato e muscolare e un paio di
spalle già ustionate dal sole della primavera appena
iniziata,
Samuel comprese il motivo del suo sconforto. Era Jake Waters, il
ragazzo della scommessa di Fucsiapoli.
«Allora,
Agatha»
esclamò Jake, irrompendo letteralmente tra loro e
appoggiandosi al
tavolo quasi con tutto il proprio peso. Sembrava irradiare
eccitazione da tutti i pori. Guardandolo, Samuel non poté
fare a
meno di chedersi se sul suo corpo il clima fosse diverso rispetto al
resto della regione – non gli sembrava ancora così
caldo da
indossare solo pantaloni corti e canottiera, in particolar modo a
quell'altitudine, e non capiva come potesse essersi provocato quegli
arrossamenti sulle guance e sul naso. «Ce l'abbiamo fatta,
eh? Siamo
sull'Altopiano Blu!»
«Jake»
disse Agatha a
bassa voce. «Che sorpresa incantevole.» Il suo tono
era tanto
gelido che avrebbe ucciso l'entusiasmo di chiunque, ma il sorriso di
Jake non si rimpicciolì minimamente. Parve accorgersi anche
di lui
in quel momento.
«Ehi,
mi ricordo di
te! A Fucsiapoli, la sera della scommessa. Barry, giusto?»
Infrangere
la sua
convinzione era quasi un peccato. «Beh... non proprio.
Samuel.»
Jake
schioccò le dita
scoppiando a ridere. «Giusto, Samuel! Scusami, sai, ma con
tutti
quei nomi sulla lista...»
«Sei
arrivato oggi?»
chiese Samuel, sforzandosi di comportarsi civilmente. Agatha stava
sorseggiando il suo caffè con sguardo tanto truce che
chiunque, se
avesse pensato di esserne la causa, si sarebbe defilato il
più in
fretta possibile, ma Jake non se n'era accorto o non gli importava.
«Giusto
mezz'ora fa.
Ho già completato le iscrizioni e ora mi sto riposando... e
magari
cerco qualcuno con cui fare un po' di riscaldamento. Qualcuno di voi
è interessato?» s'informò rapidamente,
volgendo lo sguardo su di
loro.
Il
silenzio scontroso
di Agatha era quasi imbarazzante. Samuel decise di prendersi la
libertà di rispondere anche per lei.
«Ti
ringrazio, ma i
nostri Pokémon sono a riposo adesso. Ieri abbiamo
lottato.»
«Ah,
allora siete voi
i due che si sono sfidati, ieri!» esclamò Jake.
Preso dalla
conversazione – anche se a Samuel non sembrava che
né lui né
Agatha stessero facendo particolari sforzi per renderla viva e
interessante- prese una sedia da un tavolo vuoto e l'accostò
a sé
per sedersi con loro. «Ho sentito dei ragazzi
laggiù che ne
parlavano. Beh, chi ha vinto?»
Questa
volta,
evidentemente scocciata, Agatha aprì la bocca per
rispondere, ma
Samuel la precedette istintivamente. «Una sorta di pareggio,
direi.»
«Ah,
capisco» rispose
Jake, cui del resto sembrava non importare poi molto.
Tamburellò con
le dita sul tavolo. «Beh, se siete qui da ieri vi sarete
già
iscritti. Ora che progetti avete in attesa che inizi il
Torneo?»
Per
qualche strano
motivo, Samuel e Agatha si scambiarono uno sguardo al di sopra del
tavolo, probabilmente perché entrambi, dal tono che Jake
aveva
usato, avevano capito che egli pensava che avessero un progetto
condiviso. Samuel non era sicuro di cosa fosse meglio rispondere o
fargli credere: Jake non gli stava decisamente antipatico, dato che
lo conosceva così poco, ma non voleva rischiare di trovarsi
coinvolto in un qualche allenamento a tre.
«Nulla
di preciso»
rispose ruvidamente Agatha, con un tono tanto secco da rendere
superflua qualsiasi altra risposta, e Samuel si limitò a
unirsi a
lei annuendo.
«Meglio
così»
esclamò Jake, come se non avesse atteso altro che quella
risposta.
«Io e altri ragazzi stavamo organizzando una settimana di
allenamento intensivo alle Isole Spumarine in vista del Torneo, tanto
per fare amicizia e studiare un po' di strategie alternative. Dal
dodici al diciannove maggio. Che ne dite, eh? Siete dei
nostri?»
Sul
tavolo calò il
silenzio. Samuel gettò un'occhiata ad Agatha e si
sentì un poco
rassicurato al ricevere da lei uno sguardo incredulo in risposta.
Senza una parola, era certo che entrambi stessero pensando a quali e
quante ridicoli iniziative quel ragazzo amasse organizzare.
«Sarei
l'unica
ragazza» disse in fretta Agatha, levando le mani in segno di
resa.
«Non starebbe bene.»
Jake
parve colpito
dall'idea solo in quel momento. Le scoccò uno sguardo
dispiaciuto.
«Hai ragione, in effetti. Sarebbe inappropriato»
ammise, prima di
rivolgersi di nuovo a Samuel con aria fiduciosa. «Beh, non ha
altri
impegni, vero? Sarai dei nostri?»
Samuel
annaspò per
qualche attimo alla ricerca di una buona scusa: sapeva che Jake
glielo stava proponendo in buona fede e gli dispiaceva mortificare la
sua offerta con un rifiuto immotivato. In mancanza di meglio, stava
per affermare nel modo più convincente possibile che era
troppo
abituato ad allenarsi da solo, quando Agatha disse improvvisamente:
«Samuel ha promesso di allenarsi con me. Non è
vero?»
Samuel
si augurò che
Jake non notasse il sollievo che si era dipinto nei suoi occhi. Si
affrettò ad annuire con un improvviso moto di gratitudine
nei
confronti di Agatha, guardando Jake con espressione profondamente
rammaricata. «Esattamente... ho promesso, ormai. Mi
dispiace.»
«Oh..
capisco»
concluse Jake, prolungando tanto quell'oh e
scrutandolo con
tale fissità da rendere chiaro che aveva capito molto
più di quanto
ci fosse da capire. Gli gettò un sorriso ammiccante prima di
alzarsi
dalla sedia quasi bruscamente, come se all'improvviso la sentisse
bruciare. «Beh, in tal caso, non vorrei disturbarvi. Se
doveste
decidere di unirvi a noi solo per una giornata, sapete dove trovarci,
va bene?»
«Grazie,
Jake» disse
finalmente Agatha con un sorriso luminoso, evidentemente sollevata e
impaziente all'idea di toglierselo di torno. «Se decideremo,
verremo
direttamente lì.»
Di
fronte all'evidenza
di quel congedo, persino l'insistente presenza di Jake finì
per
allontanarsi attraverso la mensa. Agatha attese che l'eco del suo
passo pesante fosse ben lontana prima di chinarsi verso di lui sul
tavolino, spingendo via la propria tazzina ormai vuota. I suoi
capelli spiovvero attorno al suo volto, giunsero a sfiorare i dorsi
delle sue mani bianche appoggiate sul piano. «Spero che non
ti sia
dispiaciuto. Mi sembravi... in difficoltà.»
«Ti
dico una cosa.»
Samuel si sporse a sua volta in avanti e accostò
discretamente il
volto al suo per parlarle all'orecchio con aria di segretezza. La
ragazza s'irrigidì appena, ma non si allontanò da
lui. «Mi hai
salvato.»
Agatha
rise.
Buonasera
a tutti!
Questo
capitolo è stato per me incredibilmente impegnativo,
principalmente
a causa della scena di lotta. Nelle mie precedenti fanfiction ho
sempre evitato di descrivere le sfide di Pokémon, ma sto
disperatamente cercando di migliorare sotto vari aspetti e, visto che
questa storia dovrebbe essere più di avventura rispetto alle
altre,
ho deciso d'impegnarmi molto. Sono perfettamente consapevole che
questa non è la squadra di Agatha nei videogiochi, ma non
temete:
col progredire dei capitoli tutto si chiarirà. La squadra di
Samuel
è invece quella che avrebbe dovuto avere il Professor Oak
nei
videogiochi se avessero inserito questa lotta – le mosse sono
una
mia scelta, ma spero che mi si possa perdonare questa
libertà.
Sarei
molto contenta di sapere che ne pensate della battaglia, proprio
perché è la prima che descrivo. È
troppo lunga, troppo noiosa?
Semplicemente orrenda?
Un
ringraziamento e un bacio enorme a Mad_Dragon e a crystal_93 per le
loro recensioni, mi hanno fatto davvero piacere!
Afaneia
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