Camille

di Lorenzo Foltran
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Camille


Camille balla a tempo
le melodie deprimenti dell'inferno,
le fanno le bianche calze
risaltare fragili gambe
da ballerina, e guardandola
gli occhi neri e vuoti dei dannati
riflettono un flebile lume dorato.

Si sente straniera e unica
in quel barlume maligno,
piange nitroglicerina commestibile
esalando fumo color petrolio,
poi si addormenta
sopra ai crani ormai senza espressione,
canticchiando una cantilena
in rock violento.

Camille protegge impauriti
conigli bianchi immigrati
tra le sue braccia,
angeli reincarnati alla ricerca
del proprio essere umano
custode.
E nel cammino, Camille
incontra cuori innocenti
con l'anima esteticamente
impeccabile, eleganti compagni
anoressici ancora freschi
di addii.

Cosģ mano nella mano
attraversano i sotterranei
della vita, trascinando con sč
sbagli caduti come foglie autunnali,
e Camille, vestita di stracci raffinati,
accarezza sorridendo la pelle vellutata
di chi le sta accanto:

il paradiso mostra i denti
e le regala un bacio sulla guancia.



 
Da un disegno di Silvia Manzato.




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