Questa non è altro
che l'ennesima conferma e prova - se mai ce ne fosse stato bisogno, -
di quanto adoro Lucifero. Non mi stancherò mai di ripetere
che resta uno dei personaggi letterari più belli da plasmare
in assoluto, specialmente arrivati al nostro tempo, in cui i "cattivi"
sono così di moda e non poi più così
elementari. Finalmente abbiamo capito che non si è mai
bianchi e mai neri e che anche l'oscurità può
avere avuto i suoi momenti di luce. L'importante è non
abusare mai di questo, trattandolo come scusa facile dietro cui
è uno scherzo nascondersi.
Comunque, parlando della
storia... è breve. Una one shot fra le tante che narra uno
spaccato fra i tanti che vede come protagonista un Lucifero, sempre fra
i tanti. Che sia bello, buono, accattivante o snervante, lurido o
candido, non ha importanza: Lucifero resta sempre un valido personaggio.
Il Mio, questo almeno,
è ironico e sfacciato. Come credo gran parte lo siano. Il
brevissimo racconto non ha una solida partenza, né una
solida fine e, contrariamente a come amo trattare gli angeli,
è un raiting adatto a tutti. Questa volta un bel verde, il
mio primo! Inutile dire che, come sempre, mi sono immaginata
un'immensità di scenari per far continuare la storia e in
realtà, l'idea iniziale, era quella di collegarla a LVX:
idea bocciata, per forza di cose (o anche solo perché son
troppo pigra per unirle), e quindi... ecco che concludo. Finalmente.
Spero risulti gradevole,
la storia, non Lucifero. A presto!
"Otto
demoni ballavano sulla lapide dell'angelo Ismael. Otto demoni
ballavano e solo uno restò in piedi.
Sette
demoni ballavano sulla lapide dell'angelo Ismael. Sette demoni
ballavano e solo uno restò in piedi.
Sei
demoni ballavano sulla lapide dell'angelo Ismael, Sei demoni
ballavano e solo uno restò in piedi.
Cinque..."
"Ho
capito, ho
capito." Basha sventolò la mano in aria con impazienza
mostrando i piccoli occhi brillanti. "Dov'è l'hai imparata?"
"Non
lo
ricordo. La conosci?"
Il
vento fece
battere le persiane di legno marcio sul vetro e un brivido
gelò
Basha. Fuori si preparavano alla tempesta, nessuno escluso.
"La
conosco."
Ma non vorrei. "Parlare di demoni in una serata come
questa porta male. Non cantarla."
La
bambina annuì e
tornò a giocare con la sua bambola di pezza. Aveva solo un
occhio,
la bambola, ed era così sporca e sbrindellata da non avere
più una
forma precisa. Basha l'aveva trovata nel suo giardino, la bambina,
non la bambola, mentre si accertava che la veranda fosse sgombra per
la tempesta: aveva cercato di contattare i genitori, ma non ricevendo
nessuna risposta aveva deciso di farla entrare in casa propria. Non
poteva certo rischiare che il vento se la portasse via.
"Ti
piacciono
gli hamburger? Pensavo di farli un paio e mangiare patatine. Ti vanno
bene?"
La
bambina alzò le
spalle senza staccare gli occhi di dosso dalla bambola. "Sì."
Basha
aveva paura
dell'idea di temere una bambina di non più di dodici anni,
eppure
c'era qualcosa nel suo modo di guardarla che metteva i brividi. Non
aveva saputo dirle come si chiama, più correttamente non
voleva
dirlo, perché le sembrava impossibile che qualcuno non
conoscesse il
proprio nome.
Si
alzò con la
pesante vestaglia che gli ricadeva sulle gambe, trascinandosi verso
il cucinotto. Avrebbe usato il fornellino da campeggio per cucinare
la carne, non si sarebbe di certo azzardata ad accendere il gas con
la pioggia che minacciava di titar giù il pianeta stesso.
Aveva
fatto la spesa
una settimana prima, attaccando i reparti di scatolame, carne salata,
cereali e latte e così avevano fatto tutti gli abitanti
dell'isola.
Non sapevano quanto sarebbe durato questo caos, ma erano isolani e
gli isolani non si facevano trovare impreparati.
Ne'
tanto meno
trovano bambine sconosciute nei propri giardini, se per questo.
Mangiarono
in
silenzio e a lume di candela seduti nel piccolo salotto. La bambina
restò sul tappeto con la bambola in grembo, sotto lo sguardo
preoccupato di Basha. Avrebbe voluto non averla mai trovata, si
sentiva in colpa perché non faceva altro che pensarlo,
eppure le
bastava guardarla giocare con quella raccapricciante bambola per
convincersene.
"Ricordi
il tuo
nome adesso?"
Ma
la bambina cosse
la testa, distrattamente. Era apatica, silenziosa, snervante nel suo
silenzio. Basha finì il suo piatto, poi si alzò
per andare al
lavello: non vedeva l'ora che fosse il tempo per coricarsi, magari
domani mattina, con la luce, tutta questa sensazione sarebbe sparita.
Raccolse
e lavò
tutto velocemente e non appena l'orologio indicò le nove
andò a
preparare la stanza alla bambina. L'avrebbe fatta dormire nella sua
camera perché non ne aveva un'altra, mentre lei si sarebbe
sistemata
sul divano. Non le dispiaceva a dire la verità, saperla in
una
stanza chiusa era preferibile che saperla qui.
"Ti
ho
preparato la stanza, ti va di andare a dormire?"
Ancora
un cenno
della testa. L'accompagnò fino in camera, la
guardò mentre si
metteva sotto le coperte e poi, tirando un gran sospiro di sollievo,
tornò in salotto.
Al
contrario di
quanto avesse pensato non fu poi così difficile prendere
sonno,
scivolò velocemente fra i tentacoli della notte, lasciandosi
cullare
dal rumore della pioggia.
Quando
si svegliò
era ancora notte e la tempesta aveva preso il sopravvento: la pioggia
era divenuta furiosa e il vento imperversava trascinandosi dietro
tutto quello che raccattava lungo la strada. I vetri delle finestre
vibravano, gli alberi cercavano di tenersi aggrappati al terreno, ma
le loro foglie venivano strappate e trascinate via. Basha, ne era
sicura, avrebbe trovato sul vialetto di casa almeno una palma, una
dozzina fra sedie e panche e, come sempre, così tanti teli e
abiti
da poter aprire un mercatino delle pulci.
Si
alzò per bere un
bicchier d'acqua, si sentiva la gola secca nonostante l'aria umida.
Prima di andare al lavello però controllò la
bambina: dormiva
profondamente rannicchiata su se stessa stringendo quella bambola
maledetta.
Dopo
aver bevuto si
costrinse a tornare sul divano, nonostante non volesse dormire. Erano
quasi le tre del mattino, ma si sentiva abbastanza riposata da poter
affrontare una nuova giornata. Stava quasi per riaddormentarsi quando
sentì bussare. In un primo momento credette di stare
sognando, ma
quando sentì una voce provenire da fuori balzò
istintivamente in
piedi domandandosi come fosse possibile.
Si
accostò alla
porta con cautela. "Chi è?"
"Un
viandante.
Chiedo ospitalità."
Basha
restò con il
fiato sospeso. Era notte e fuori nessuno avrebbe potuto attraversare
la strada senza rischiare di essere trascinato via dal violento
vento.
"Può
aprire,
gentilmente?" domandò la voce maschile dall'altra parte.
Nonostante il rumore della tempesta a quell'uomo non serviva urlare,
la sua voce arrivava chiaramente all'orecchio di Basha. Era calda,
bassa e accattivante.
"Gentilmente
signora. Fa freddo qui fuori."
Fa
freddo?
"Come sei finito qui?"
"Mi
hanno
lasciato cadere. Non hanno fatto nulla per fermarlo, sono restati a
guardare come se fossi un estraneo."
Ma
di cosa parla?
"Se
non vuole
aprire non fa nulla."
Basha
sentì dei
passi sul portico, ma non furono molti. Non abbastanza da essersi
allontanato molto, ma il vento copriva tutto e poteva benissimo
sbagliarsi.
"Entrerò
da
solo."
Fu
certa di stare
sognando, nonostante questo però balzò indietro e
corse in cucina a
prendere un coltello. Rischiò di scivolare a terra mentre
curvava
verso la credenza, ma si aggrappò con le unghie al legno
laccato.
Quando si voltò verso l'ingresso c'era un uomo completamente
bagnato
dalla pioggia, indossava un lungo giaccone di pelle che gocciolava a
terra e in mano aveva una freccia che scintillava al buio. Argento,
probabilmente.
"Cosa...
cosa,
chi è?" Stringeva così forte il coltello da
sentire il manico
spellarle la pelle.
L'uomo
camminò fino
al divano, lasciò cadere il giaccone a terra, poi sedette
bagnato
fradicio accavallando le lunghe gambe con naturalezza. Basha lesse
calma e intelligenza nei suoi occhi grandi e grigi, ma fu proprio
questo che le fece capire la gravità della situazione. Uno
squilibrato, un ladro, non avrebbe mai fatto un gesto simile, non si
sarebbe mai seduto tranquillamente a sedere, non la starebbe mai, mai
guardando come se aspettasse pazientemente qualcosa.
"Siedi
Basha e
parliamo. Quel coltello non ti servirà a niente."
Ma
Basha continuò a
restare in piedi, impietrita, con il coltello alzato stretto in mano.
Aveva voglia di urlare, ma era sicura che non le sarebbe uscito di
bocca neppure un fiato. Fece un grande sforzo per abbassare la mano,
però non sedette.
"Come
vuoi, io
lo dicevo per farti stare comoda."
"Chi
sei?"
L'uomo
alzò le
spalle divertito, "Non capisco perchè per voi sia
così
importante dare un nome proprio alle persone. Potrei dirti qualsiasi
cosa e ne saresti soddisfatta, vero?" Si riempì i polmoni
d'aria e fece un lungo e silenzioso respiro. "Ti dirò la
verità, Basha. Sono qualcuno che chiunque conosce, sono una
leggenda, un capro espiatorio, un corpo senza anima. In effetti sono
il Male stesso a sentire molti. Ti basta questo. Basha? No, te lo
leggo in faccia che non ti basta, ma inizi a capire. Capisci anche se
non vuoi, perché voi uomini avete la tendenza a rifiutare
tutto ciò
che è strano, che non arriva alla vostra portata, che resta
al di là
del velo. Eppure dentro di te unisci i puntini, per non parlare della
bambina che dorme nella stanza a fianco che ti terrorizza forse
più
di quanto stia facendo io." Si sfilò gli stivali, aveva i
calzini fradici come il resto, eppure non sembrava infastidito dagli
abiti appiccicati sulla pelle.
"Adesso,
se non
ti spiace, mi farei una doccia. Non mi da fastidio essere bagnato, ma
sono stanco di tutta quest'acqua. Hai qualcosa che potrei indossare?
Fa nulla, metterò questi abiti ad asciugare sulla stufa, nel
frattempo resterò in accappatoio. Il bagno posso cercarlo
benissimo
da solo, grazie."
Si
alzò mollemente
e sparì nel corridoio sotto lo sguardo incredulo di Basha.
Che fare
adesso? Svegliare la ragazzina e provare a fuggire? Ma con questo
tempo non era sicura che fosse una mossa saggia. Avrebbe allora
dovuto chiamare qualcuno e restare ad aspettare? Ma le comunicazioni
era certamente tutte interrotte.
Se
penso troppo
non risolverò nulla. Sarebbe stato opportuno
muoversi e
affrontare la tempesta, piuttosto che quell'uomo. Il vero dubbio era
cosa fare della bambina, non era poi così sicura di volerla
portare
con se.
Decise
che avrebbe
rischiato, così corse in camera e travolse la bambina
costringendola
ad aprire gli occhi. "Svegliati, velocemente."
Ma
quando la piccola
aprì gli occhi la spinse via con una forza imprevedibile,
saltando
via dal letto come un grillo e scappando in via dalla stanza.
Basha
la seguì a
grandi passi, ritrovandola rannicchiata sulla poltrona.
Improvvisamente sembrava più viva che mai, in netto
contrasto con
qualche ora prima in cui sembrava uno spettro silenzioso.
"Dobbiamo
andare via"
"Non
vado da
nessuna parte." Replicò la piccola con voce dura. "E
neppure tu. Lui dov'è?"
A
quel punto Basha
sentì ogni energia abbandonarla. “Cosa
siete?”
“Sempre
le solite
domande. Chi siamo, cosa siamo, da dove veniamo, cosa vogliamo, che
fine farete, perché adesso e non prima. Siete proprio
tremendamente
prevedibili e così banali da togliere ogni voglia di avere
dei
contatti con voi.”
“Non
essere
maleducata, Vas.” La interruppe l’uomo facendo
capolino.
Indossava, proprio come aveva detto, l’accappatoio che Basha
teneva
di scorta: morbido, di spugna color panna.
La
bambina, alla
vista di quella spettrale figura, cambiò totalmente la sua
espressione: un enorme e luminoso sorriso gli comparve sul volto:
“Maledetto te, ti aspettavo la settimana scorsa!”
“Mi
è sembrato
più teatrale scegliere un giorno del genere per farmi
vivo.”
Vas
alzò gli occhi
al cielo, “Gli altri?”
“Verranno,
quando
sarà il momento. Basha vorresti sederti cortesemente? Sicura
di non
avere degli abiti per me, vero? Mi sento ridicolo
così.”
Vas
sorrise con
malizia, mentre Basha fece esattamente come le era stato detto: la
situazione stava decisamente andando oltre la sua comprensione.
L’uomo
si mosse
fluidamente fino al divano lasciando una scia di profumo.
“Siamo
onesti, che
stiamo aspettando?” Vas lo chiese afflitta da una tale noia
che
Basha inizialmente non capì se diceva a se stessa o
all’uomo.
“Che
gli uomini
vedano la verità. Chi potrebbe mai credere alle nostre
parole,altrimenti?”
“Lo
faranno”
“Ah
si? Proviamo:
Basha, cara, hai chiesto il mio nome, dunque eccolo: sono Lucifero,
Figlio dell’Aurora, il Portatore di Luce. I più
sciocchi mi
chiamano Satana, Il Diavolo, Il Caprone, il punto è che
cambia
l’aspetto, ma non la sostanza.”
Basha
si fece
piccola, piccola, portandosi le ginocchia al petto per abbracciarle
poi con le magre braccia. Improvvisamente si sentiva come nuda, senza
protezioni, indifesa e sull’orlo di una crisi di nervi. Non
ci
credeva, lei, a queste cose, eppure prima aveva esplicitamente
chiesto a Vas di non cantare una stupida canzone. E ora guardandolo
in quegli occhi sembrava quasi di vedere il cielo grigio che si
preparava alla tempesta.
“A
questo punto
del discorso solitamente una persona inizia a sputare acqua santa e
mi lancia contro tutte le croci che trova. Il vero spasso è
quando
credono di parlare latino, ma ormai quello sono in pochi a farlo,
comunque, passando alla fase successiva, dovrei spiegarti che state
per essere invasi dalle Legioni Celesti, in poche parole dagli Angeli
che tanto amate. Potrebbe sembrare una bella cosa, capisco che in un
primo momento voi vi immaginiate bellissimi uomini con una cascata di
riccioli biondi e candide ali, ma le cose sono lievemente diverse. Vi
colonizzeranno e non saranno tanto morbidi nel farlo perché,
anche
se nessuno vorrà credermi, Michele non è quel
gran santo che si
dice in giro. In poche parole siete sfottuti e ancora non lo sapete,
e l’unico che può fare qualcosa per proteggervi
sono io: Il
Diavolo che amate mettere in ogni imprecazione.”
Si
fermò per
riflettere un attimo. “Capisco tu possa sentirti a disagio,
quindi
oltrepassiamo i convenevoli. Puoi chiamarmi come più ti
aggrada, se
vuoi puoi anche provare tirarmi una boccetta di acqua benedetta. Non
servirà a niente, ma se ti fa sentire più sicura
non ci sono
problemi.”
Vas
si schiarì la
gola, passando lo sguardo da Lucifero a Basha. “Io comunque
sono
quella che lo sopporta, se dovesse interessare a qualcuno.”
“Non
essere
permalosa, suvvia. Basha ti presento Vas, petulante quanto preziosa,
è al mio fianco da sempre. La chiamate Lilith e a sentire
voi è la
mia concubina, oppure colei che vuole rubarmi questo fantomatico
trono. Ebbene sei la prima a vedere chi è realmente: un
bambina che
si trascina dietro quella maleodorante bambola.”
“Mi
piace”
“Pensa
te, non me
ne ero accorto.”
Vas
socchiuse gli
occhietti, “La tempesta durerà tutto il giorno.
Michelel aspetterà
che si rassereni prima di Cadere.”
“Non
ci
scommetterei su questo: non vede l’ora di mettersi a
predicare
quanto io sia pericoloso. Farà velocemente a raccattare
preti e
fanatici pronti a piantarmi una croce sul cuore.”
“Perché
dovrebbero conquistarci?” Sputò fuori Basha
sentendosi al centro
dell’attenzione.
“Immaginali
come
alieni. Gli alieni vi piacciono molto.” Vas la guardava con
famelica antipatia. “Vogliono di più, si sono
annoiati dei Cieli.”
“In
realtà,”
intervenne Lucifero, “Michele è l’unico
con manie di grandezza.
Gli altri lo seguono per arginare il problema, da soli contro di lui
non potrebbero comunque fare nulla.”
“Nulla?”
Vas
schizzò in aria come una molla, “Sono Arcangeli,
non semplici
soldati. E sono in otto contro uno. Smetti di accampare sempre
giustificazioni per loro, dannato te.”
Lucifero
chiuse gli
occhi, sospirando, sprofondando sul divano. Basha ebbe
l’impressione
che non avrebbe più parlato, ma si sbagliava.
“Non
puoi capire,”
sospirò.
“No
sei tu che non
capisci. Ti hanno condannato.”
“Proprio
così.”
Riaprì gli occhi, puntandoli contro Vas. “Non
confondere il
giustificare con il perdonare.”
Cadde
il silenzio
per un tempo che scivolò dall'accettabile all'interminabile.
Basha
fu tentata di mettersi ad urlare, ma lo sguardo di quel pazzo che si
credeva Satana le fece mordere la lingua.
“Pazzo?
Io sarei
un pazzo? Eccone un'altra!”
Basha
spalancò la
bocca. “Come...?”
“Telepatia,
tesoro” intervenne ancora Vas. “Sempre di grande
effetto.”
Un
tuono squarciò
l'aria, facendo vibrare perfino la mobilia spoglia della casa. Vas
saltò sull'uomo, proprio come avrebbe fatto una qualsiasi
bambina.
“Oh
ma davvero,
Vas?” chiese lui scrollandosela di dosso, “Ma
quanti anni credi
di avere? Dieci? Dodici?”
“Sono
quelli che
dimostro, rude che non sei altro.”
L'uomo
scosse la
testa, forse più divertito che scocciato.
“Va
a vedere
fuori.” Disse improvvisamente con un tono che non permetteva
repliche. “Presto.”
E Vas andò, aprì
la porta quel tanto che bastava per vedere per poi richiuderla con lo
sguardo eccitato come una bambina che pensa di aver appena visto
Babbo Natale la notte di Natale.
“Come
hai fatto a
capire che erano qui?”
Ma
l'uomo alzò le
spalle, come se avesse appena previsto pioggia durante una tempesta.
“È
l'odore, Vas.
Lo stesso che non riesco mai a lavare dalla mia pelle.”
Si
alzò con un
balzo, spogliandosi dell'accappatoio e rimanendo così
completamente
nudo.
“Vas
sii così
gentile da aprirmi la porta.”
“Hai
intenzione di
uscire così?”
“Loro
è così che
mi hanno gettato sulla stessa Terra che avevamo giurato tutti di
proteggere e che proprio adesso invece sembra essere diventata il
bottino conteso fra due navi pirata.”
Vas
aprì la porta e
una sferzata di vento trascinò in casa foglie e residui
raccattati
in giro.
Basha,
incredula,
guardò fuori, proprio dietro la figura pallida e
completamente nuda
dell'uomo e vide qualcosa, una grande luce, e persone in abiti
bianchi.
“Ricorda
quello
che ti ho detto, Basha.” Le rammentò l'uomo
camminando verso
l'esterno della casa. “Ricordalo, perché dovrete
essere voi a
combattere per la vostra casa.”
Uscì
senza voltarsi indietro, con la stessa arroganza con cui era entrato.
Il Sole Dietro
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