Like
fire
I
feel her, I see her
The
sun caught in raven hair
Is
blazing in me out of all control
Like
fire
Hellfire
This
fire in my skin
This
burning desire
Non
era decisamente da lui rimuginare troppo sulle cose, né ragionare
per giorni prima di prendere una decisione. Era sempre stato un tipo
impulsivo – fin
troppo
– e che aveva sempre seguito il suo istinto anche quando forse
avrebbe dovuto ascoltare un po' di più il cervello.
Ma
le cose erano cambiate, e Kisshu si trovava a riflettere su quanto in
effetti lo fossero davvero.
Erano
passati otto anni da quando erano ritornati a casa dopo la loro
missione sulla Terra; gli ultimi due, Kisshu li aveva passati lontano
da suo fratello maggiore.
Sorprendendo
un po' tutti, o forse nemmeno tanto, Pai aveva richiesto una licenza
speciale dopo tutto quel tempo, ufficialmente per poter svolgere
complicati studi scientifici che Kisshu non si era mai preso la briga
di capire. Sapeva, dopotutto, che non erano esattamente le piante il
motivo per cui suo fratello avesse deciso di ritornare sulla Terra.
Quello
che dei tre era sempre sembrato il più razionale tra tutti, alla
fine aveva compiuto la scelta che appariva la più illogica. Ma
Kisshu, che lo conosceva bene in fondo, sapeva anche quanto in realtà
fosse stata ponderata.
Doveva
anche ammettere che il suo fratellone gli era mancato, e le visite
annuali che aveva fatto sul suo pianeta natio, portando con sé
pagine e pagine di esperimenti e risultati, non erano state
abbastanza. Non che gliel'avrebbe mai detto, ovviamente.
Sapeva
solo che la richiesta di fargli da testimone nel suo imminente
matrimonio con una certa ragazza dai capelli verdi stava a
significare, nel loro astruso e brusco modo di comunicare, più o
meno la stessa cosa.
Saputa
la notizia, anche lui e Taruto erano quindi scesa sul Pianeta
Azzurro, così da poter partecipare alla cerimonia. Erano lì ormai
da due mesi, passati a spiegare, organizzare, programmare, provarsi
abiti, imparare tradizioni nuove, e riconciliare vecchie amicizie.
Non
si era stupito più di tanto, alla fine, nel sapere che le cinque
ex-combattenti Mew Mew, le sue ex-nemiche,
erano ancora più amiche che mai. Non era certo semplice lasciarsi
andare dopo averne passate così tante insieme, e loro avevano
decisamente un legame speciale.
Erano
cresciute tutte, così come erano cresciuti loro, erano diventate
giovani donne pronte ad affrontare il mondo con quel cipiglio che le
aveva sempre contraddistinte. Vederle gli aveva fatto un certo
effetto, di quello era sicuro. Era stato, però, un effetto diverso
da quello che si era aspettato.
Doveva
ammettere che aveva avuto un po' di timore nel rincontrare Ichigo. La
sbandata, se così si poteva chiamare, che si era preso per lei gli
era passata nel corso degli anni, soprattutto visto che non aveva mai
davvero messo in conto la possibilità di rivederla; ma tutto ciò
che aveva sentito era stato talmente vivido e forte da spaventarlo.
Sì,
il suo cuore aveva sfarfallato un po' quando, poco dopo essere
sbarcato dall'astronave, l'aveva vista. Ma era stato solo il ricordo
di lei a provocarglielo, e l'aveva capito quando, durante un
tentennante abbraccio sotto l'occhio attento di Shirogane e di Pai,
non aveva sentito per lei che un enorme affetto e una punta di
familiarità. Anzi, ora poteva davvero dire che nei due mesi passati
insieme erano diventati amici per davvero.
E,
piuttosto, era stata qualcun'altra a catturargli inaspettatamente
l'attenzione.
Le
risate allegre che gli giunsero alle orecchie sospesero per un attimo
i suoi pensieri. Si erano incontrati tutti al vecchio Caffè Mew Mew,
che era stato ingrandito e fungeva ora anche da ristorante,
ufficialmente per testare il menù del ricevimento di nozze, che
Retasu aveva voluto si tenesse lì.
La
giornata, però, era troppo calda e troppo bella per poter rimanere
al chiuso, e così si erano spostati tutti all'esterno, e le ragazze
più Taruto e Keiichiro si erano ritrovati a giocare a ruba-bandiera.
Lo
sguardo di Kisshu vagò, come faceva ormai spesso, su Minto.
Forse
era il modo in cui quel giorno il Sole le faceva brillare i capelli
corvini, accentuandone i riflessi bluastri, ricordo della sua
trasformazione. Forse era vederla così diversa dal solito,
rilassata, felice, piegata a metà per il ridere e per il fiato che
scappava quando correva a scatti avanti e indietro con le sue amiche.
La trovò ancora più bella del solito, e ce n'erano state parecchie
di situazioni, in quei due mesi, in cui aveva dovuto trattenersi
dallo spalancare la bocca involontariamente.
Lei
lo catturava, forse senza rendersene conto. Ed erano simili, per
certi aspetti, seppur così totalmente agli antipodi sulla maggior
parte di essi. Ma si capivano, pensò; o almeno, gli era sembrato che
fossero particolarmente in sintonia in tutti quei momenti che avevano
condiviso. Si scambiavano degli sguardi d'intesa molto spesso, quando
gli altri dicevano o facevano qualcosa di particolare. Certo, lei era
rimasta la solita cornacchietta snob e supponente, ma i suoi angoli
più acuti si erano smussati, crescendo; e la sua lingua tagliente di
frequente combaciava con la di lui tendenza alle battutine
sarcastiche.
“Ehi,
voi! Smettetela di fare gli asocialoni e venite a giocare!” Purin
cominciò a chiamarli saltellando sul posto ed agitando le braccia.
Shirogane,
seduto sull'erba accanto a lui, alzò gli occhi al cielo: “Oh, for
God's sake...
Purin, non ho più l'età per certe cose.”
“Ma
se l'onii-san è qua con noi!”
“Sì,
infatti, Ryo!”
“Kei,
non ti schierare contro di me!”
“Forza,
venite!”
Al
richiamo di Retasu, Pai si alzò con uno sbuffo, lasciando cadere il
libro dall'aria complicata che stava leggendo.
Kisshu
ghignò: “Guarda guarda come rispondi agli ordini.”
“Alza
quel tuo culone, Kisshu!”
Lui
lanciò un'occhiataccia a Purin, mentre suo fratello maggiore
sghignazzava: “Scimmietta, adesso vengo lì e vi distruggo.”
I
tre si unirono al resto della combriccola, con molta poca voglia di
mettersi a correre per quei giochi infantili.
“Facciamo
maschi contro femmine,” esclamò agguerrita più che mai Purin. “Ma
vietato usare i poteri!”
“Vuoi
proprio farmi sgobbare, eh? Voi siete una di più!”
“Oh,
andiamo, Kisshu,” rise Minto con aria supponente “Un po' di moto
non ti farebbe male, stai subendo anche tu l'effetto Kei.”
Lui
gonfiò il petto, punto sul vivo. “Vi pentirete di esservi messe
contro di me, donne.”
Si
spostò sul lato sinistro di Keiichiro, che reggeva un fazzoletto
come bandiera, così da raggiungere Taruto e Pai, mentre le ragazze
andavano dal lato opposto.
“Guarda
che se ne sono accorti tutti,” Ichigo gli appoggiò leggera una
mano sul braccio, attirando così la sua attenzione mentre gli
passava accanto sussurrando.
“Di
cosa?” domandò lui in tono curioso.
Lei
rise, camminando all'indietro così da potergli mostrare quel sorriso
furbetto: “Del modo in cui la guardi.”
Kisshu
arrossì appena, sperando che la ragazza in questione non avesse
sentito e controllando con un'occhiatina; ma Minto era impegnata a
scambiarsi qualche parola con Zakuro, del tutto ignara del commento
della sua amica.
“Siete
pronti? Numero.... tre!”
Il
gioco ricominciò al grido di Keiichiro, e forse Shirogane aveva
ragione: non avevano più il fisico.
Kisshu
si ritrovò a boccheggiare dopo qualche giro – visto che lui
doveva coprire due numeri al posto di uno, ovviamente – e fu grato
quando Taruto si lanciò su Purin, placcandola a terra e facendole il
solletico per impedirle di riportare la bandierina per l'ennesima
volta verso la sua squadra.
“Non
vale!” strillò la biondina tra le lacrime, contorcendosi sull'erba
“Siete degli ingannatori!”
“Purin,
non mangiamo tutti pane e leone a colazione come te,” rise Ryo,
piegato in due per riprendere fiato.
Lei
riuscì a sgusciare via dalla presa di Taruto, e si nascose dietro
una ridente Zakuro.
“Non
l'avrete vinta,” borbottò “Adesso vi faremo vedere!”
E
tirò fuori una palla da chissà dove.
Ci
fu un gemito generale da parte dei ragazzi, Keiichiro compreso, ma
Purin non volle sentire storie. “E' quello che vi meritate per aver
barato.”
“E
poi sarei io lo schiavista?” borbottò sconcertato Ryo.
“Su,
su, dovete essere in forma per il matrimonio!” trillò Ichigo
“Reta-chan e Pai-san vogliono dei testimoni aitanti, non è vero!”
Retasu
sorrise: “Non mettere in mezzo me, Ichigo-chan.”
“Infatti,
Retasu non è crudele come voi.”
“Pappamolli,”
sussurrò Minto, mentre Purin continuava a ridacchiare, palleggiando
instancabile con un ginocchio.
Kisshu
fece loro una linguaccia, da vero uomo maturo: “Per una volta, mi
trovo d'accordo con il biondo.”
“Go
figure.”
Ichigo
si lanciò al collo di Shirogane per schioccargli un bacio sulle
labbra, anche per fargli smettere di lamentarsi, e Minto rise di loro
con un'espressione scherzosamente schifata, il nasino a punta
arricciato; poi incrociò lo sguardo di Kisshu per qualche istante e
gli sorrise prima di riabbassarlo, le guance appena tinte di rosa.
Fu,
nuovamente, Purin ad interrompere quel momento, calciando la palla
per aria con un grido ed intimando a tutti di mettersi a giocare.
“Ma
non so nemmeno che gioco sia!” si lamentò Taruto.
“Tu
colpisci la palla e basta!”
“Che
diamine...”
Si
ritrovarono praticamente tutti a rincorrersi dietro al pallone,
spintonandosi e beccando più volte le caviglie e gli stinchi altrui
della sfera. Tutti, ovviamente, tranne Shirogane, che decise di far
mostra delle sua abilità di calciatore.
“Se
stai cercando di renderti di nuovo antipatico, biondino, sappi che ci
stai riuscendo.” borbottò Kisshu, massaggiandosi il piede destro
su cui era atterrata una mortificata Retasu.
“Ci
penso io!”
“Purin,
no-!”
La
biondina si lanciò in scivolata sui piedi dell'americano, ma girata
sulla pancia in modo da afferrare il pallone con le mani, mandandolo
a gambe all'aria con un urletto; poi lei si rialzò, la palla stretta
sotto il braccio, schivando malamente Keiichiro con uno spintone e
gettandosi a terra con un salto tra due alberi, gridando:
“Metaaaaaaaaaaaa!”
Ichigo
si lasciò cadere a terra per le lacrime, tenendosi la pancia,
ignorando completamente i borbottii di Ryo che si rotolava sulla
schiena con le mani su uno stinco. Taruto stava protestando
animatamente con la sua ragazza per la scorrettezza commessa, ma
Purin continuava a correre per il parco, sventolando le braccia in
aria e urlando festosa. Mentre tutti gli altri ridevano
sommessamente, approfittando di quei due minuti di pausa, Kisshu si
ritrovò Minto accanto, affannata e ridente; era come se migliaia di
piccole scariche elettriche passassero tra di loro, incitandolo ad
avvicinarsi di più, a sentire la sua pelle contro la propria.
“Cosa
c'è?” gli chiese, guardandolo dal basso, quando lo vide osservarla
con quella strana espressione.
Lui
fece spallucce, poi le diede un buffetto con l'indice sul braccio:
“Ce l'hai tu.”
Minto
aprì la bocca con aria divertita e incredula: “Non hai osato...!”
“Oh,
sì. Ah-” le afferrò il polso già a mezz'aria “Non vale
passarla a chi te l'ha passata!”
Lei
si allontanò fissandolo con sfida, poi toccò velocemente la spalla
di Ichigo: “Ce l'hai tu!”
La
rossa ci mise un attimo a capire, ma la ballerina stava già correndo
via ridendo: “Minto, sei scorretta!”
“Ichigo,
I
swear to God,
mi sono fatto male...!”
“Ce
l'ha Shirogane!”
“For
fuck's sake...”
Continuarono
a rincorrersi e giocare come bambini, Pai e Zakuro compresi, a lungo;
fu solo lo scendere della sera e il fatto che ormai fossero tutti
stremati, sudati e senza fiato, a convincerli a finalmente
accasciarsi sull'erba e riposarsi.
Ma
la tregua, ovviamente, non poteva durare troppo a lungo.
“Shirogane-kun,
accendiamo un falò, per favore!” esclamò trillante Purin,
raccogliendo il consenso delle amiche.
“Sì,
dai, dai, Ryo, per favore!” implorò Ichigo, congiungendo le mani
davanti al naso e saltellando convinta in fronte al proprio ragazzo.
Quest'ultimo,
che aveva continuato a scuotere la testa, ma che non poteva resistere
al sentire la rossa usare il suo nome di battesimo, alzò gli occhi
al cielo con un accenno di sorriso: “Vi prego, non appiccate fuoco
all'intero parco.”
Keiichiro
ridacchiò: “Vi aiuto io, venite: ho della legna rimasta nel
capanno del Caffè.”
Lui,
Purin, Pai e Retasu si allontanarono allegri, lasciando gli altri a
crogiolarsi sull'erba e a fissare le prime timide stelle che stavano
spuntando in cielo.
I
quattro tornarono poco dopo; Kei e Pai stavano reggendo tra le
braccia una specie di largo piatto concavo di acciaio con tre
piedini, che avevano già usato qualche volta in precedenza come
braciere. Le due ragazze, invece, stavano trasportando la legna.
Lo
sistemarono un po' più vicino all'entrata sul retro del Caffè del
luogo in cui avevano passato il pomeriggio, e in pochi minuti, un
fuocherello scoppiettante stava illuminando la loro serata.
“E'
romantico, non credete?” domandò con un sospiro Ichigo, passando
le braccia attorno ad uno di Shirogane ed appoggiando la tempia alla
sua spalla.
Purin
rise: “Oppure potrebbe essere paurooooso,” ghignò, muovendo le
dita in direzione della rossa, che la spinse via con uno sbuffo.
Kisshu
osservò Minto, seduta in fronte alla rossa, sorridere; vide la luce
rossastra danzarle nei capelli tanto quanto il Sole di poche ore
prima, giocando con i riflessi ed illuminandole di un tono caldo il
bel viso. Era rimasto un po' in disparte mentre gli altri si erano
accomodati intorno al falò, e solo ora decise dove sistemarsi.
Le
si sedette accanto, deciso nella sua intenzione di fare in modo che i
loro fianchi fossero a contatto e le loro braccia si toccassero. E
lei, per una volta, non si mosse.
“Avete
sempre così energia?” scherzò.
Minto
sorrise: “Non so nemmeno io da dove l'abbiamo tirata fuori. Be',
tranne Purin, lei lo sai com'è.”
Kisshu
alzò lo sguardo: “E' un po' strano, in realtà, quanto siate
rimaste simili, nonostante tutto. Non pensavo.”
“Non
è che ci conoscessimo molto, prima.”
“Sì,
ma in otto anni... è bello vedere come siate rimaste amiche.”
Lei
gli diede un colpetto con la spalla: “Sei diventato sentimentale in
otto anni, Ikisatashi?”
“L'hai
detto tu che non ci conoscevamo prima, chi te lo dice che non lo
fossi già?”
Minto
si lasciò scappare una risata: “Diciamo che prima tendevi di più
all'ossessione.”
“Ero
giovane ed ingenuo.”
Lei
continuò a ridere, alzando un sopracciglio: “Eri un maniaco vero e
proprio!”
Kisshu
fece una smorfia ironica: “Si chiama buongustaio.”
Il
colpo alla spalla fu più duro, questa volta, e lui ridacchiò.
“Okay,
lo ammetto,” mormorò, lanciandosi un'occhiata intorno “Quando ci
siamo conosciuti, non ero il massimo della gentilezza. Ma sono
cresciuto anche io, in questi anni, sai.”
“Me
lo auguro,” ribatté lei, fissando invece il fuoco “E un po' l'ho
notato, in questi mesi. Ma rimani sempre tu.”
“Bello,
affascinante, incredibilmente irresistibile?”
“Modesto,
soprattutto.”
“L'hai
detto, passerottino bello.”
“La
devi piantare con quei nomignoli.”
“Nah,
è troppo divertente farti arrabbiare.”
Minto
gli lanciò un'occhiataccia velenosa, scrollandoselo di dosso. Kisshu
riacquistò con un ghigno i due centimetri perduti, gli occhi fissi
sulle mani di lei strette in grembo.
“Ho
imparato, soprattutto,” mormorò, osando tracciare con un dito dei
ghirigori sul dorso fresco di lei “Che a volte, prima di agire,
bisogna porre le domande giuste.”
La
mora fissò la mano di lui, schiarendosi appena la gola: “Mi sembra
un'ottima osservazione.”
“Allora,
signorina Minto, la posso baciare?”
Il
riflesso del fuoco sul suo viso non fu abbastanza per nascondere il
rosso che le imporporò le guance.
“Le
ragazze di buona famiglia non baciano in pubblico.” esclamò
scherzosa lei, storcendo ancora il naso in una smorfia divertita.
Kisshu
ghignò, voltandosi verso il resto del gruppo: “Oy!”
gridò, in modo poco delicato “Sono quasi in prima base, non è che
potreste alzare il cu-”
La
mano di Minto si abbatté come un fulmine sulla sua bocca.
“Ma
sei deficiente!?” gridò in un sussurro, completamente paonazza,
evitando accuratamente di guardare alla sua sinistra.
Lui
rise, facendo un cenno con il capo e liberandosi le labbra: “Però
ha funzionato. Le domande giuste, ricordi?”
Minto
si arrischiò appena a guardare con la coda dell'occhio alla sua
sinistra; effettivamente, come per magia, tutti gli altri si erano
volatilizzati.
Corrugò
la fronte: “Cos'è, l'avevi organizzato?”
Kisshu
scosse la testa, ghignando. “No, ma non era molto difficile
capirlo, non trovi?”
“Direi
di no.”
L'alieno
le si avvicinò di più, sfiorandole il naso con il proprio: “Quindi,
colombella,
non siamo più in pubblico, tecnicamente. Qual è la tua risposta?”
Lei
ribatté catturandogli le labbra con un bacio che finalmente lo mise
a tacere.
Perché
solo la sottoscritta riesce a prendere una canzone della Disney
cantata da uno dei cattivi più cattivi, schifosamente maschilista e
ossessiva, e rigirarla a sto modo (sto diventando romantica, qualcuno
mi fermi). In mia difesa, l'idea mi è venuta una mattina alle sette
mentre mi truccavo per andare in uni. E alle sette del mattino
nessuno è sano di mente. XD Quindi FACCIAMO FINTA che nel parco del
Caffè si possano fare i falò. :3
Ah,
e la canzone ovviamente è Hellfire
da Il
Gobbo di Notre Dame, cantata
da quel santone di Frollo.
So
che le premesse sono molto simili a tutta la serie che è partita da
“Al sapore di caffè” di Danya, ma regà, non ci sono molti modi
per cui degli alieni possano tornare sulla Terra xD E poi mi piace
farli sposare. Ahahah
Otto
anni perché sono partita dal presupposto del manga, dove le ragazze
hanno 13 anni, e quindi ora ne hanno 21. :)
Anche
questa è stata finita a notte fonda, precisamente a mezzanotte e
trequarti, ma Ria mi compulsa, e dopotutto la fic è stata iniziata
il 3 dicembre, mi sa che era ora xD
Spero
vi sia piaciuta, forse mi ha convinto un po' di più di Center
Stage... che
dite?
Bacioni
a tutti, a presto!!
|