La catarsi
La Catarsi
Le lacrime scorrevano giu dal suo viso, oramai la vista gli si era
appannata, i ricordi gli inondavano il cervello per ciò che
c'era stato nei suoi pensieri, ma che non c'era stato nella
realtà. Questo è ciò che faceva Sherlock quando
era solo. Piangeva .
Era da solo nella sua doccia e le goccie d'acqua si mischiavao alle
lacrime salate dei suoi occhi. Era da solo, di nuovo. Solo nella sua
doccia.
Con il dito scrisse sul vetro: Alone again.. Parole stupide e vuote per
la sua parte razionale, tutti i suoi bisogni fisici potevano essere
soddisfatti senza l'aiuto di nessuno: poteva nutrirsi ,
vestirsi , fare la spesa, lavorare,dormire, masturbarsi,
piangere...tutto da solo. No, nella sua mente lui non aveva bisogno di
nessuno. Ma oramai qualcuno, che era entrato nella sua mente, aveva
trovato la chiave per accedere al suo cuore e come si dice? Chi oramai
è abbituato a qualcosa, quando gli viene tolta ne sente la
mancanza. Questa è statistica: se sei sempre andato a lavorare
in macchina, un giorno che tu non ce l'hai, senti che qualcosa non va e
sei parecchio infastidito. Questo è esattamente successo a
Sherlock: lui si sentiva amato da qualcuno, un giorno questo qualcuno
se n'è andato, lui ora ne sente la mancanza. Logica. Fila tutto.
Per tutti è così. Se non fosse che il detective non si
ritiene un "tutti". Non è lui quello che odia stare con la
gente? Non è lui che odia lavorare con qualcuno? Non è
lui quello senza sentimenti? Ma perchè adesso odia camminare da
solo? Perchè adesso si volta continuamente per cercare qualcuno
che non c'è? "Perchè sei umano anche tu". La
risposta...l'unica che non avrebbe voluto darsi..."Umano". Un uomo, con
dei sentimenti, con un bisogno che a volte scavalca tutti gli altri:
sentirsi amato..."Io voglio che qualcuno mi ami". Troppo generico
Sherlock. Riprova. "Io voglio che lui mi ami" . Ci siamo, anche tu sei
arrivato alla conclusione giusta, anche se hai impiegato troppo tempo.
Sei decisamente negato per i sentimenti.
Chiuse gli occhi, cercando di non pensare a nulla, cercando di fuggire
dal suo stesso minde palace, pieno di stupidi pensieri, che gli si
appiccicavano addosso come l'acqua che lo bagnava. Mise le sue mani
sulle sue spalle, cercando di abbracciarsi e di darsi conforto in
qualche modo. Era stato arrabbiato con se stesso per troppo tempo. Lo
era perchè si diceva sempre che avrebbe dovuto fare qualcosa
prima che accadesse, prima che se ne andasse, ma indubbiamente non
aveva mai concluso nulla, non era mai riuscito a dire le parole
famose... ma il passato è passato, l'unica cosa che abbiamo
è il presente e l'unica cosa che ci rimane è il futuro,
perciò è inutile piancere su un qualcosa di già
terminato. "Nunc tibi ignosco"* diceva Seneca e per una volta o forse
per tutte le volte lo avrebbe fatto anche lui, si sarebbe perdonato.
Noi stessi siamo gli unici con cui dobbiamo convivere per il nostro per
sempre. Non possiamo rimanere arrabbiati, altrimenti ci sgretoleremo
come delle pietre scavate dalla potenza dell'acqua e di noi non
rimarrà nulla se non la polvere di ciò che eravamo o
meglio, la polvere di ciò che saremmo potuti essere, ma che
abbiamo rinunciato ad essere.
Sherlock si abbrciò più forte, avrebbe voluto fosse
qualcun'altro a farlo...Ma chi oramai? Se lui se n'era andato?
"Il Tempo guarisce ogni cosa, il cervello la dimentica, il cuore si
cicatrizza". Ora lui non c'è più. Chi deve arrivare
arriverà.
xaki
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