Quella panchina rossa.

di SunsetBlue
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Quella panchina rossa al limitare del parco.
Era seduta lì, quando la vide per la prima volta, e tutte quelle successive.
Non ricorda di aver mai visto cosa più bella: se ne stava lì seduta, raggomitolata su se stessa. A coprirla solo un paio di jeans, un maglione bianco e un basco blu.
Occhi chiari e capelli rossi, lunghi fin sotto le spalle.
Guardava davanti a sè. Sembrava vedere quello che gli altri non possono neanche immaginare. Qualche volta prendeva un piccolo librettino, dalla borsa verde, e appuntava qualcosa.
L’ha vista per caso, passando di lì, correndo per non perdere il bus, ma poi un fiocco di neve particolare ha attirato la sua attenzione e quel pullman, alla fine, l’ha perso comunque.
Altre volte, invece, passava solo sperando di trovarla seduta a quella panchina.
E lei c’era,  non lo deludeva mai. Gabriele spera che lei ci sia anche oggi.
Sta scendendo la sera, ed il parco si svuota lentamente.
Lui si muove esperto fra i giochi e i vari alberelli, che si innalzano lunghi i lati, uno dietro l’altro, come soldati pronti per la battaglia.
Un bambino corre verso la propria mamma; quando vede il ragazzo si ferma, piega la testolina riccioluta verso destra e, dopo un timido sorrido, riprende la corsa.
Gabriele toglie le cuffiette gialle, prosegue per un altro paio di metri e poi, finalmente, la panchina rossa gli compare davanti agli occhi.
Ed eccolo, il suo piccolo fiocco di neve.
Sempre lì. Lo sguardo perso nel nulla, le gambe strette al petto, l’immancabile borsa verde e l’agendina in mano.
Gli appare così fragile e,  in qualche modo, sente il bisogno di proteggerla.
La guarda, cercando di indovinare il tono della sua voce, oppure il bagliore dei suoi occhi quando sorride.
Un giorno le parlerà, ma non ora. Un giorno le siederà accanto, la farà sorridere e riuscirà a vedere quello sguardo smarrito, accendersi di luce.
La proteggerà dal mondo. Gabriele ci riuscirà, si.




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