Cap 4
Nei giorni successivi vennero organizzate molte riunioni per fare il
punto della situazione. Nelle prime due Damson presentò la
Regione e la Lega.
I capipalestra, come al solito otto, avevano età variabili,
ma si trovavano comunque in sintonia.
La prima Capopalestra, Draganak, aveva circa quindici anni ed era
specializzata in pokemon Drago.
Vivace come i suoi draghi, organizzava tutto l'organizzabile.
La seconda, Eileen, non dimostrava più di diciassette anni
ed era specializzata in pokemon Elettro. Di solito sta in compagnia di
Draganak.
Poi veniva Zenit. Che dire, un tipi alquanto eccentrico. Appena
ventenne, Zenit era un appassionato di pokemon Terra. Ottavio ci fece
amicizia subito, anche se certe sue stravaganze lo lasciavano perplesso.
Il quarto capopalestra si chiamava Menion. Molto silenzioso,
assomigliava vagamente a Rocco. I suoi genitori erano scomparsi da
poco, lasciandogli sulle spalle il fratello di appena dieci anni,
Quentin. Entrambi avevano fatto amicizia con il Team Idro, soprattutto
con Ivan, visto che Menion era specializzato in pokemon Acqua.
Il quinto Capopalestra era quello che più affascinava
Ottavio. Era Eskraas, grande amante dei pokemon Fuoco, era stato morso
da un lupo mannaro prima del risveglio di Luxor. Ma avere una
metà lupo sembrava non pesargli affatto. Tipo allegro, lui e
Ottavio chiacchieravano molto. Inoltre era lui il padre del bambino che
Damson portava in grembo.
Il sesto era quello più inquietante. Si chiamava Koden ed
era specializzato in pokemon Erba. La cosa che spaventava Ottavio era
l'occhio e il braccio destro del uomo: erano entrambi fatti di metallo,
e il braccio era collegato al cervello tramite cavi esterni. Il
capopalestra gli aveva spiegato che il suo Laitili, un pokemon
carnivoro a forma di pianta, in un impeto famelico gli aveva tranciato
di netto l'arto e trafitto l' occhio. Ottavio ricordava bene la furia
dei Laitili...
Il settimo, Frjals, era il fratello maggiore di Eskraas. Grande
appassionato di pokemon Volante, era anche un inventore: aveva
costruito lui le protesi di Koden.
L'ottavo capopalestra... be, in verità erano due
capipalestra, la coppia Celia e Aaron. I due riuscivano a integrare le
loro squadre alla perfezione, nonostante i tipi diversi: mentre Celia
prediligeva i pokemon Psico Aaron era innamorato dei pokemon Spettro.
Conoscerli tutti era un grande onore per il Magmatenente, ma un onore
ancora più grande era conoscere i Superquattro: la prima,
Elsa, era la nipote di Koden. Fredda e lucida come i suoi pokemon
Ghiaccio, sapeva come risolvere ogni problema che le si presentava
davanti.
In Ju, la seconda Superquattro di Lotta, era sempre ad allenarsi con i
suoi pokemon. In quei giorni Ottavio la vedeva sempre in cortile a fare
ginnastica e praticare arti marziali. A volte Alan le faceva compagnia.
Il terzo Superquattro, Quanel, di tipo Roccia, era il fratello di
Zenit, ma a differenza sua era solitario e insondabile, come i suoi
pokemon minerale.
L' ultima Superquattro si chiamava Darkness e allevava pokemon Buio.
Fatalista e cinica, era una dei maggiori studiosi di simboli religiosi
di Raqalis.
Ottavio spesso si confondeva coi nomi, generando divertimento e risate.
Ma nonostante questo, la tensione aleggiava: interi villaggi e
città venivano evacuati da attacchi dell' ultimo momento, e
le notizie di morti erano all'ordine di giorno.
“Ciao
Ottavio”. La voce di Ivan lo riscosse.
“Ciao
Ivan...”
“Scusami se
ti disturbo, ma è da quando siamo arrivati qui che cerco di
parlare con Max, ma lui sembra evitarmi!”
Ottavio lo guardò sospettoso. Ivan, l'eterno rivale di Max,
che voleva parlargli?
Il Capo Idro se ne accorse, e si affrettò a rispondere.
“No,
Ottavio, mi hai frainteso! Non voglio parlargli da rivale! Anzi,
è proprio questo di cui volevo parlargli... Io e il mio Team
non vogliamo più essere rivali di nessuno”.
Ottavio era sorpreso. Ma dopotutto, anche lui s'era stufato di
quell'assurdo conflitto.
“Se
vuoi... ti aiuto. Devi solo aspettare nella mia camera, ok?”
“Grazie
mille, Ottavio!” lo ringraziò
riconoscente l'idrofilo.
Ivan non aspettò a lungo: dopo neanche dieci minuti Max
entrò brontolando come il suo solito. Chiuse la porta alle
sue spalle senza accorgersi di Ivan, ma quando si girò per
poco non si prese un colpo.
“Cosa ci
fai qui?” disse Max quasi urlando.
“Dobbiamo
parlare” rispose semplicemente Ivan.
Max cercò di calmarsi, prima di rispondere.
“Ottavio mi
ha ingannato... Ivan, non abbiamo niente da dirci”.
“Tu forse
non puoi dirmi niente. Ma io si!” disse
affrettatamente il Corsaro.
“Ascoltami
Max: non voglio essere più il tuo rivale. Il Team Idro non
vuole più essere il rivale del tuo. Ormai i nostri
obbiettivi, i nostri ideali sono cambiati, e non si scontrano
più tra loro. Noi siamo la marina di Hoenn, voi i
sostenitori delle sue imprese, insieme possiamo fare grandi cose!
Max, io... non voglio
più portarti rancore. Né a te, né a
Rossella, né a Ottavio. A nessuno. Ho già parlato
ai miei tenenti, e sono entrambi molto felici di collaborare con voi.
Anche loro sono stanchi di questa rivalità. Max, voglio che
non mi guardi più come un rivale, piuttosto come un amico.
Sento che tra noi due c'è un legame, Max, e non un legame da
rivali. Io...”.
Ma Ivan si fermò. Non sapeva cosa pensare di Max, ma ormai
era troppo tardi. E poi, lo voleva come suo amico, come ai vecchi tempi.
Max osservava il suo nemico mentre parlava. Ivan non era mai stato
bravo con le parole, e questo l'idrofilo lo sapeva, per questo puntava
sulla sincerità.
La sua presunta morte aveva scosso Max nel profondo, come la sua finta
morte aveva scosso Ivan. Si, forse il Corsaro aveva ragione...
“Ivan!”
lo interruppe all'improvviso.
“...
Si?”
“Per cosa
lo fai?”
“Per
noi”
Ivan stava per rispondere “Per Rossella” ma si
trattenne. Non voleva coinvolgerla. Optò per qualcosa di
più generico per convincere il rivale. Ivan sentiva, in un
qualche angolo profondo della sua anima, che lui e Max avevano un
legame. Un legame profondo. E il suo istinto non sbagliava mai.
Max esitò. I gesti di Ivan, i suoi impercettibili movimenti,
la sua espressone gli facevano capire quanto ci tenesse.
“Non posso
decidere sul momento. Ma penso che una tregua faccia bene ad
entrambi”.
Max gli tese la mano, in segno d'amicizia.
Ivan tratteneva a stento la sua gioia: strizzò la mano esile
di Max con una forza tale da spezzarla quasi.
“G-grazie”
balbettò.
“Non
ringraziarmi...”. Max sorrise, sadico. Gli
piaceva vedere Ivan che gli chiedeva qualcosa e di come ringraziava
dopo. Ma la sensazione di piacere lasciò posto a
qualcos'altro. Qualcosa che Max pensava di aver dimenticato.
A pranzo Max era più distratto del solito. Guardava sempre
in direzione del Team Idro. Dopo la strana alleanza con Ivan, un
pensiero fisso torturava la mente del Capo Magma: Ada.
La Corsara, come al solito, rideva e scherzava insieme a Ivan, Alan e
alcune reclute. Dopo il loro arrivo a Raqalis, i due team avevano
cominciato a fondersi: reclute di team diversi si riunirono, innamorate.
Max sospirò. Aveva sempre avuto un debole per l'Idrotenente,
anche se negli ultimi tempi ha provato a rimuovere il suo ricordo. Ma
non ci riusciva: la donna lo affascinava sempre di più.
Si accorse che ancora non aveva preso ancora nulla da mangiare. Non che
avesse fame, ma era un motivo per avvicinarsi ad Ada.
Si prese quel poco che gli andava e stava per tornarsene al tavolo,
impettito come sempre per far colpo, ma una delle dispettose reclute
Idro gli fece lo sgambetto, facendolo cadere proprio davanti ad Ada.
Max sentì delle risatine e il rimprovero di Ivan in
Alteyran, la sua lingua.
Rosso per la vergogna e per la figuraccia, cercò di
rialzarsi.
“Ti
aiuto”.
La voce di Ada lo fece sussultare, e riuscì solo a
balbettare un “O-ok” per l'imbarazzo.
La Corsara si mise davanti a lui, così vicina che Max poteva
vedere le singole ciglia senza sforzo.
Lo scienziato pregava silenziosamente che nessuno pensasse che il suo
rossore dipendeva da lei.
“Ecco!”
sussurrò Ada, quando finirono di buttare i cocci di qualche
stoviglia rotta.
“La
prossima volta stai più attento... le nostre reclute sono...
ehm... molto dispettose, vero Kirk?”
disse lei, fulminando la recluta che aveva fatto cadere Max.
“Avanti,
Ada, era solo uno scherzetto!”
“La
prossima volta risparmiati dal farlo”.
Max si allontanò in fretta, più silenziosamente
possibile. Gli altri Team non avevano notato il suo incidente,
continuando a mangiare e chiacchierare indisturbati.
Si rimise a sedere nel tavolo del suo Team, vicino a Rossella e davanti
a Ottavio, e mangiò quello che era rimasto a testa bassa.
“Max?”.
Max alzò la testa per guardare il suo Magmatenente.
“Sì,
Ottavio?”.
“Se posso
chiedere... non è che ti sei preso una cotta per
Ada?”.
Rossella per poco non si strozzò con l'acqua che stava
bevendo.
“Max!” sussurrò, sgranando gli occhi.
Max arrossì ancora di più, fino a colorarsi come
i suoi capelli.
“Io... non
è vero” rispose impettito.
“È
solo che... che io e Ivan abbiamo raggiunto un accordo, ma... mi
imbarazza ancora stare vicino a loro dopo... tutte le nostre
liti” balbettò confuso.
Era una mezza verità: è vero che non si era
abituato alla loro caotica presenza, ma era soprattutto Ada a metterlo
a disagio. Quella “cotta” durava da... prima della
fondazione dei Team.
“Uhm...
se lo dici tu...” rispose poco convinto Ottavio,
che ritornò a mangiare.
Rossella lanciò una breve occhiata a Ivan e, con un sospiro,
tornò al suo pasto.
Dopo pranzo Ebany li condusse in una zona del castello che i due Team
non avevano mai visto. Con loro c'erano anche Platan ed Elisio, i due
inseparabili amici.
“Di
qua, ragazzi” li guidò Platan
“Io ed
Elisio vogliamo illustrarvi meglio la megaevoluzione”
spiegò, girandosi radioso verso il Capo Flare, che
sbuffò.
“E di
come possiamo impiegarla” completò
Ebany.
Passarono davanti a una specie di crocevia: dal corridoio da dove
provenivano se ne intersecava un secondo, come a formare una T.
Nel mezzo, due colonne racchiudevano una frase scritta in runico,
decorata da strane incisioni.
Ottavio si sporse per vedere meglio.
Ivan si girò verso Alan, che aveva già
interpretato la scritta e la guardava sovrappensiero.
Il Capo Idro, a malincuore, ricordò le circostanze in cui
Alan imparò quel linguaggio...
L'idrofilo distolse lo sguardo per tornare sulla scritta. Faticava
ancora con le rune. Ma una voce le interpretò per lui.
“Mene
mene tekel upharsin” lesse Ottavio.
“E' una
frase biblica. Riassumendola, dice questo: sei stato pesato
con la bilancia e risulti mancante”.
Alan trasalì.
“Giusto.
Lo scrisse di nascosto Cedric Hufflepuff rivolto a Cair Syltherin.
Negli ultimi suoi anni, Cair divenne piuttosto crudele...”
cominciò Ebany.
“Tu. Sai.
Leggere. Le rune!!” disse col fiato corto Alan,
rivolto a Ottavio.
“Si
certo” rispose lui vagamente sorpreso.
“Le ho
imparate da piccolo. Mio padre mi insegnò a usarle per
incanalare la magia che contengono”.
Alan s'irrigidì, strinse i denti pugni come per trattenere
qualcosa.
“Alan...”
disse dolcemente Ada, che gli strinse dolcemente un braccio.
“Ho...
detto qualcosa di sbagliato?” chiese mortificato
Ottavio.
“No, ma
è meglio se li lasciamo un po' soli...”
disse sbrigativo Ivan, e fece segno alla compagnia di continuare senza
di loro. Ottavio non capiva cosa aveva ricordato ad Alan.
Quando Ada fu certa che se ne siano andati, tornò ad
occuparsi di Alan.
Il gigante aveva le lacrime agli occhi.
“Alan,
lo sai che non è stata colpa tua. Non lo è mai
stata. Eri costretto, lo sai bene”.
Gli poggiò le mani sul collo per fargli sentire la sua
vicinanza.
“Ada...
ogni volta... lo rivedo in lui. Ogni volta...”
singhiozzò Alan.
Prese fiato, e continuò a parlare.
“Io... non
merito di stare qua, rivedo il suo corpo in mezzo a tutti gli altri...
a causa mia...”
Ormai l'Idrotenente piangeva senza fermarsi.
A vederlo, ad Ada gli si spezzò il cuore.
“Su,
Alan... so che era molto importante per te. Ma se sei sopravvissuto, ci
sarà un motivo, no? Siamo qui per combattere i veri nemici,
i veri assassini. E sicuramente tu non sei loro”.
Ada si lasciò abbracciare, sentiva le lacrime calde di Alan
bagnarli la maglietta.
Per lei, il gigante non era semplicemente un subalterno. Era un amico.
Un fratello. Si erano sostenuti a vicenda per tutta la vita, anche
prima di Ivan.
“Non ti
abbandono, Alan, come lui non ti abbandona. Ricordalo”.
Per fortuna, dopo quell'affermazione Alan si calmò un poco.
Quando i due tenenti rientrarono, le spiegazioni erano già
piuttosto avanti.
Platan ed Ebany stavano spiegando i nuovi utilizzi delle Pietrachiavi,
ma Rossella già sapeva qualcosa in merito. In quei dieci
anni lei e Max avevano studiato per bene la megaevoluzione, accennando,
nei loro studi, ad alcuni metodi sperimentali.
Ma non si erano spinti molto su quel settore.
Quindi, i primi minuti li aveva impiegati a guardare di nascosto Ivan.
No, Max non avrebbe approvato. Per niente.
Ma Rossella non poteva farci nulla: il suo interesse per il Corsaro era
troppo forte.
Era da quando avevano sostenuto insieme il duro addestramento militare
che lei si era “interessata” a lui. Ma, visto che
Rossella si era finta un uomo per imparare a combattere insieme a Max e
Ottavio, lui non aveva ricambiato.
L'entrata di Alan e Ada interruppe i suoi pensieri.
Rossella non aveva mai visto Alan in lacrime. Se è per
questo, non aveva visto nessuno del Team Idro piangere. Sembravano
sempre pervasi dall'allegria e dalla confusione.
Si chiedeva cosa fosse successo al gigante di tanto terribile, e
perché Ottavio, leggendo le rune, glielo avesse ricordato.
Alan si mise in fondo al tavolo, vicino a Elisio, che gli diede una
pacca sulla spalla per consolarlo.
La riunione durò ancora una mezz'ora, e non era stata
affatto noiosa.
Rossella aveva ricordato studi dimenticati, ed era soddisfatta. Ma
continuava ad essere preoccupata per Alan.
Lo vide sparire velocemente nei meandri della fortezza.
Lo stava per seguire, spinta dalla curiosità, ma Ottavio la
fermò.
“Rossy,
forse è meglio se ci parlo io...”
“Sei
sicuro?”
“Certo!
Dopotutto, voglio sapere cosa ho sbagliato...”.
Ottavio guardò per un attimo il corridoio deserto, dove poco
prima Alan era sparito.
“Perché
non vai da Ivan? Max ha stretto un'alleanza con lui... e
sai...”.
Rossella arrossì un poco.
Aveva capito cosa voleva intendere il suo collega.
Magari stare più tempo con lui è un ottimo modo
per appianare i rancori.
Fischiettando, si avviò al grande salone dove si riunivano
tutti per svagarsi, mentre Ottavio s'incamminò al lato
opposto.
“Nessuno
sa quanto hai sofferto, quanto hai pianto, quanto hai combattuto e
quante cose ti sei lasciato alle spalle per vivere.
Nessuno sa di te e
del tuo passato. Nessuno, finché tu non apri il tuo cuore, e
sveli segreti che nessuno prima conosceva tranne te. E solo allora
tutto sembrerà più leggero, senza peso.
Perché solo quella persona che, come te, ha sofferto, pianto
e combattuto tanto da quasi morire, solo lei potrà capirti,
potrà compatirti, potrà amarti.
Solo gli opposti e
gli uguali si attraggono”.
Alan ripeteva mentalmente questo frammento di un vecchio libro. Scritto
in runico, ovviamente.
Era il pezzo preferito di entrambi...
Il gigante si era arrampicato su un tetto di un corridoio che collegava
due torri a Ovest, e guardava il sole che pian piano scivolava
all'orizzonte.
Lo spettacolo era uno dei più belli che Alan avesse mai
visto: i raggi solari coloravano sia le bianche mura della fortezza e
inondavano la gola su cui s'affacciavano. Sul fondo della rupe, un
fiume scorreva senza interruzioni. Da quelle altezze, si vedeva solo un
nastro blu impreziosito da riflessi rossi e oro dovuti al tramonto.
Alan lo trovava estremamente rilassante.
All'improvviso, sentii qualcuno chiamarlo con una certa urgenza. Non
era altri che Ottavio, che cercava di arrampicarsi nel tentativo di
raggiungerlo.
Alan ridacchiò per i goffi tentativi del Magmatenente, ma
scese a dargli una mano.
Ottavio gli era sempre piaciuto, si ficcava sempre nei guai, e riusciva
a farlo ridere come nessuno.
Gli infondeva un'allegria anche nei momenti più bui. Come...
Sì, pensò Alan, Ottavio è la mia
ancora di salvezza.
“Ciao,
Alan! Grazie per avermi aiutato!”
ansimò Ottavio.
Alan ridacchiò mentre il Magmatenente riprendeva fiato.
“Come hai
fatto a trovarmi? E come mai sei venuto a cercarmi?”
chiese quando Ottavio si riprese.
“E'
semplice: ti conosco da anni, e cerchi sempre i posti più
alti e difficili da trovare e raggiungere.
Ti ho cercato
perché volevo scusarmi per prima. Se ho detto qualcosa che
ti ha offeso, ti prego, perdonami!”
Alan era colpito. Ottavio non si era mai rivolto a lui in quel modo,
neanche quando erano all'addestramento insieme.
“No,
Ottavio, non è colpa tua. Le tue parole non mi hanno offeso
in nessun modo. Solo che mi hanno riportato alla mente un episodio
della mia vita...”.
La voce del gigante si spense come una fiamma al vento.
È qualcosa di estremamente doloroso, pensò
Ottavio, guardando quel volto triste. È un peccato,
è così bello...
“Te la
senti di raccontarmelo? Magari ti posso dare una mano. Max e Ivan sono
riusciti a ottenere una tregua...”.
Alan guardò quel faccione sorridere, fiducioso. Era
tenerissimo.
“Si, Ivan
me l'ha detto. Era proprio felice”.
Sospirò.
“Ottavio,
non è un bel ricordo. I sensi di colpa mi dilaniano come i
Mightyena sbranano una Miltank”.
E l'Idrotenente cominciò a raccontare.
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