Superhero
« 'Cause he's stronger than you know
A heart of steel starts to grow
When you've been fighting for it all your life
You've been struggling to make things right
That's how a superhero learns to fly
Every day, every hour, turn the pain into power »
- Superheroes, The Script
Non
appena Zayn era
sparito al piano superiore, dopo un bacio durato qualche minuto, Liam
si era
spostato in salotto, gli occhi che erano stati subito attirati dalle
cornici
poggiate sul mobile, tante fotografie di quella famiglia che gli era
entrata
nel cuore e il moretto con quell’espressione sempre felice e
sorridente. Si
stava quasi innamorando persino di quella versione del suo ragazzo,
così
piccolo e dall’aria sbarazzina, e non poteva credere di
essere stato così
fortunato dall’averlo incontrato, dall’essere
riuscito a conquistarlo e poi
dichiararsi. In quegli anni senza Danielle aveva avuto qualche storia,
che
sicuramente non era mai stata destinata a durare, e si era ubriacato
più di una
volta, in particolar modo agli inizi, trovandosi a scegliere ragazze
che gliela
ricordassero, che non lo facessero sentire così. Ma
più le settimane
aumentavano e più capiva di non poter fare nulla per quel
vuoto che percepiva,
venendo contraddetto solo quell’estate
all’autolavaggio e dopo vari incontri
con Zayn.
Sì,
all’inizio ne era
affascinato per quegli occhi così simili a quelli di
Danielle; poi l’aveva
colpito per la sua testardaggine e la sua stranezza nel farsi trovare
con la
macchina piena di fango di fronte a lui e solo dopo la terza volta
aveva
iniziato a notare i tratti del suo viso, a scorgere quanta bellezza
fosse
impressa in quegli zigomi.
Era
così concentrato in
quei ricordi, una vecchia fotografia raffigurante Zayn e dei suoi amici
tra le
dita, che trattenne il fiato nel percepire la stretta attorno ai
fianchi,
trovandosi intrappolato contro il petto del moro e con il suo viso
premuto
contro la schiena.
-
Cosa stavi facendo?-
lo sentì chiedere con la voce attutita contro la maglia,
sollevando
semplicemente il braccio sano e con quel portaritratti tra le dita, e
si voltò
verso di lui, indicandogli i due e mormorando: - Sono i due amici di
cui mi hai
parlato una volta?-
-
Come mai così
interessato alle mie vecchie fotografie?- ribatté invece
quello, rubandogli
l’oggetto prezioso e nascondendolo dietro la schiena, come se
in quel modo
potesse dimenticarsi di quel che aveva visto. - Questo materiale
è intoccabile
e dirò presto a mamma di sbarazzarsene, non puoi vedermi
così e..- Non riuscì
proprio a trattenerla la risata, non con Zayn che si agitava tutto per
nascondere sue fotografie, e indicò il mobiletto,
sussurrando con fare
cospiratorio: - Se glielo dici, lei mi offrirà
l’album intero. Pensaci,
scricciolo. Quanto desidera metterti in imbarazzo e mostrarmi ogni lato
del tuo
passato?-
Vide
le spalle del
moretto abbassarsi, mentre rilasciava un sospiro, e si
mordicchiò il labbro con
gli occhi puntati su di lui, su come rimetteva a posto le vecchie
fotografie e
si voltava poi a fronteggiarlo con le braccia incrociate e
un’espressione
seria, indicando alle sue spalle e ripetendo: - Non guardare mai
più quelle
cose, ero.. ero una persona particolare.-
-
Molto particolare.-
insistette con un risolino divertito, cercando di ripararsi con il
braccio sano
dal pugno del minore e finendo seduto sul divano e con il viso nascosto
dal
gesso, mentre ripeteva le sue scuse e “Eri
bellissimo, davvero” o “Non
le
guarderò mai più”.
Spostò
appena il gesso
dal volto, guardandolo attentamente mentre gli chiedeva di giurare e
aggiungeva
“Giuralo su Boris”
con il dito
puntato verso il cane accovacciato sulla poltrona; inarcò un
sopracciglio con
un sorrisino divertito, annuendo poi tra sé e sé
e “Lo giuro sul tuo cane, non
andrò più a cercare le tue vecchie foto.. ma
saranno loro a venire da me”. Tenne gli occhi
puntati sul ragazzino, su
come si avvicinava e si buttava poi accanto a lui sul divano, portando
le gambe
sulle proprie e sbuffando ad occhi chiusi, raccontandogli di quanto
fosse
noioso stare chiuso in casa e senza nessuno, di non poter chiamare
neppure
Harry per via della punizione e di sentirsi più un
prigioniero che un
adolescente.
Liam
restò
semplicemente a guardarlo, mentre ascoltava i suoi sfoghi e lo vedeva
agitare
le braccia nella foga, per poi sporgersi verso di lui e puntare gli
occhi nei
suoi a quella distanza ravvicinata, spostando la mano libera contro la
sua
guancia e premendo le loro labbra assieme in un bacio delicato.
Sentì la piega
del sorriso di Zayn ancor prima di vederlo, staccandosi da lui e
invitandolo a
prendere posto contro il petto, muovendo le dita dai suoi capelli fino
alle sue
spalle in una carezza continua. Aveva poi cercato di star dietro a
tutti i suoi
discorsi, a quanto le sue sorelle non avessero smesso un secondo di
parlare di
Liam e della loro rottura,
proponendosi come sue future scelte, o dell’orso bianco di
peluche che Safaa
aveva preso gusto a rubargli, scatenando delle vere e proprie battaglie
nel
pomeriggio.
-
Zeeyum è un orso
speciale e l’hai vinto per me, non voglio dividerlo con lei.-
lo sentì
borbottare con il viso premuto contro il petto e le dita che passava
sul gesso,
concentrandosi per grattare la superficie nel momento in cui non
riusciva ad
esprimersi con le parole. - Le ho detto che, quando e se
avrà un ragazzo, potrà
chiedere a lui di regalarle un peluche. E sai cos’ha detto?
Che a te non
avrebbe dato fastidio se lei lo coccolava un po’, che avete
un patto e lei è la
tua principessa.-
Ricacciò
indietro il sorriso
intenerito, indossando un’espressione severa e solenne, e
appoggiò il palmo tra
i suoi capelli, premendo le labbra contro la sua fronte e restando in
quella
posizione per una manciata di minuti, sussurrando con quanta
più cautela
possibile: - Puoi sempre lasciarglielo per qualche tempo, mentre tu
studi o..-
-
Hai parlato con mio
padre?- lo interruppe subito lui, spingendo un pugno contro il suo
addome e
guardandolo con gli occhi ridotti a due fessure mentre borbottava: -
Perché mi
ha detto le stesse identiche parole, assieme ad inviti a rendere queste
giornate produttive.-
-
Produttive?- ripeté
l’ultima parola con un tono pensieroso, percependo le labbra
del moretto contro
la voglia e risalire fino al mento, sentendolo ridacchiare: - Sono
sicuro papà
non pensava a quello che stai pensando tu.
- che lo obbligò a sporgere le labbra in un
broncio offeso e “Non sto pensando a
nulla!”
-
E cosa intendevi con
produttive?- lo incalzò il più piccolo, mimando
l’ultima parola con le
virgolette, e Liam aggrottò la fronte e si
concentrò fino a schioccare le dita
e affermare “Una torta”,
rivolgendogli un sorrisino tutto soddisfatto mentre ripeteva
l’idea dell’ultimo
momento. - Vuoi fare una torta con
me,
Zayn Malik?- insistette con un sopracciglio sollevato con fare
accattivante,
avvolgendo il braccio libero attorno alla sua vita e attirandolo in
braccio a
lui, mordendogli il collo e ascoltando la sua risatina e le sue
suppliche a
liberarlo.
Agitò
una mano, non
appena Zayn gli ripeté di non essere utile con quel braccio
ingessato, e lo
aiutò a sollevarsi, trascinandolo verso la cucina e verso
quel che sarebbe
stato il loro pomeriggio.
Se
all’uscita
dall’università gli avessero detto che si sarebbe
trovato in quel modo - la
farina tra i capelli, il cioccolato sulla guancia e la risata del
più piccolo
nelle orecchie - non ci avrebbe sicuramente creduto; perché
il suo intento era
andare fin lì, gridargli in faccia quanto facesse male il
pensiero di essere
abbandonato persino da lui e, sì, vedere quanto riuscisse a
distruggerlo con
delle semplici parole. Ma era andato tutto velocemente in fumo nel
vederlo così
fragile, nel pensare che non sarebbe stato in grado di proteggerlo per
molto e
poi l’ansia di un suo trasferimento, il non poter
più passare delle giornate
con lui, non poterlo toccare, sentire o baciare.
-
Leeyum, ti sei
sporcato tutto.- gli aveva detto con un risolino divertito il moretto,
approfittando di quel momento di smarrimento per passare il dito pieno
di
cioccolato lungo la guancia del maggiore, che avvolse un braccio
attorno alla
sua vita e lo tenne bloccato tra il bancone e il proprio corpo. -
Qualcuno
dovrebbe ripulirti.- l’aveva poi sentito continuare, non
dandogli nemmeno il
tempo di ragionare su quella frase che avvertì il contatto
della sua lingua ruvida
contro la pelle. Non era riuscito a trattenere il grugnito, spingendosi
contro
di lui fino a ridurre le distanze tra i loro corpi, e aveva inclinato
il viso,
lasciando che Zayn passasse la lingua su quel punto più e
più volte, facendolo
rabbrividire e rafforzare la stretta di quel singolo braccio attorno a
lui.
-
Per fortuna ho il mio
micetto.- ribatté a fatica, strizzando gli occhi in risposta
al suo fiato caldo
contro l’orecchio, e risalì con la mano lungo la
sua schiena, premendovi contro
tutto il palmo e obbligandolo a cancellare persino quei pochi
millimetri che li
separavano, spostando una gamba tra le sue e gracchiando: - Sempre
disponibile
a ripulire tutto.-
Quel
“Leeyum” detto
con fin troppa leggerezza
e divertimento lo portò a sollevare una palpebra e abbassare
appena il viso,
venendo zittito da un bacio a fior di labbra e “Sei
sempre il solito pervertito”. Si strinse
semplicemente nelle
spalle, non riuscendo a bloccare il sorrisino malizioso, e
appoggiò la mano
contro il bancone, premendosi contro il suo bacino e sporgendosi con il
busto
per poter sussurrare contro il suo orecchio: - Ma a te piace, gattino.-
Restò
con
un’espressione di pura sorpresa - doveva essere persino
ridicolo per via degli
occhi spalancati - non appena Zayn si issò per sedersi sul
bancone, immerse
l’indice nella bacinella piena di cioccolato e lo
passò su tutto il collo,
stringendo poi le dita tra i capelli mossi di Liam e riprendendo a
muovere la
lingua in veloci leccate contro la pelle sporca.
L’unica
risposta del maggiore
fu una successione di gemiti, mentre spostava il palmo tra le sue
stesse gambe
e cercava di massaggiarsi per alleviare la tensione, e brividi lungo il
corpo,
per come Zayn aveva preso a succhiare o per le dita che infilava sotto
la
maglia e passava contro tutti i muscoli, lungo l’addome e
fino ai pettorali.
Aveva poggiato la fronte contro la sua spalla, respirando in modo
affannato,
mentre il più piccolo gli sfiorava la pelle con il naso e
riprendeva l’attimo
dopo a riempirla di morsi e succhiotti, facendolo imprecare tra i
gemiti e con
la mano che stringeva sempre più attorno al cavallo dei
pantaloni fin troppo
stretti.
Non
riuscì a trattenere
il ringhio nel sentire i suoi sussurri - “Ho
pensato sempre a te in questi giorni”, “Ero
così tanto arrabbiato ma ricordavo fin troppo bene il tuo
sapore”, “Mi
riempi così bene, Leeyum, così bene”
-, più simili a provocazioni per come gli sfiorava
l’addome con i polpastrelli
e scivolava sempre più giù o per quella lingua
che muoveva con dedizione
attorno a una porzione di pelle bollente, arricciandola poi attorno al
lobo
dell’orecchio e succhiandolo tra le labbra.
-
Hai pensato a me.-
ripeté le sue parole, un sorriso dolce sulle labbra al suo
aggiungere “Sempre”
contro il proprio collo, e
premette i polpastrelli contro il suo fianco, spostando poi il palmo
sulla sua
coscia. - Anche tu sei sempre nei miei pensieri, micetto.-
bisbigliò con un
filo di voce, sollevando gli occhi su di lui e rivolgendogli un sorriso
malizioso, inumidendosi le labbra con la lingua e vedendo il
più piccolo
attento a quel movimento.
Osservò
in silenzio
l’espressione del suo viso, come si stesse concentrando per
prendere una
decisione, e cercò di non farsi distrarre dalle sue dita,
come le lasciava
scorrere sotto la maglia, sfiorandogli i muscoli. Non riuscì
tuttavia a evitare
il verso sorpreso allo strattone del più piccolo, le dita
che aveva stretto
sull’elastico dei boxer per guidarlo ancora più
tra le sue gambe, e strizzò gli
occhi al suo fiato caldo contro l’orecchio e al successivo
“Dovresti dimostrarlo”.
Corrugò
la fronte per
concentrarsi solo sulle sue parole - non sui suoi gesti, sul suo fiato
e sul
suo sorriso malizioso - e spostò il palmo sulla sua guancia,
tenendolo fermo
mentre azzerava le distanze tra i loro visi e lo baciava con
delicatezza,
godendo di quel piccolo e breve contatto tra loro prima di allontanarsi
e
fargli un cenno, ordinandogli poi di scendere dal bancone. Lo
osservò
attentamente quando eseguì quel che gli aveva chiesto,
facendo un piccolo
saltello per poggiare i piedi a terra, e non aspettò altro
tempo per mettersi
in ginocchio di fronte a lui e portare le dita a stringere
l’elastico dei
pantaloni della tuta e abbassarli con un gesto secco.
Restò
per qualche
minuto con gli occhi fissi sul tatuaggio sul suo fianco, premendo i
polpastrelli contro la sua pelle, e li sollevò solo dopo
aver deglutito,
incrociando il suo sguardo e inclinando il viso per poggiare la guancia
contro
la sua mano. Solo al suo cenno del capo si decise a calargli i boxer e
lasciarli fermi attorno alle sue caviglie, tenendo il braccio ingessato
contro
la sua coscia e usando l’altra mano per afferrargli il membro
parzialmente
eretto. Iniziò fin da subito a muovere il polso, percependo
il pene del più
piccolo prendere sempre più forma, e si sporse con il viso
per premere un bacio
contro la punta umida, risalendo con le labbra lungo la vena in risalto.
Ascoltò
i suoi farfugli
e balbettii, come tratteneva il fiato per ripetere poi un solo nome, e
intravide le sue dita premere contro il gesso, grattare la superficie
per
trovare quasi un diversivo a tutto il piacere che stava provando.
Lasciò che
guidasse i movimenti, che si spingesse con il bacino incontro alla
mano, e lo
avvolse con le labbra, succhiando la punta e raccogliendo il liquido
preseminale
con la lingua. Tenne la spalla contro il suo fianco, cercando di
posizionarsi
in modo tale da non avere l’intralcio del gesso, e
chinò il capo per poter
prenderlo ancora più dentro la gola, rilassando le pareti
per non rovinare
tutto mentre sentiva le sue dita tra i capelli, talvolta piccoli tocchi
che si
trasformavano in strattoni.
-
Leeyum.- ascoltò il
suo bisbiglio, quasi una supplica a non fermarsi, e lasciò
che le sue mani tra
i capelli e il suo bacino dettassero il ritmo di quel rapporto orale,
tenendo
le dita strette alla base per toccargli la pelle lasciata libera dalla
bocca.
Strizzò gli occhi non appena percepì tutto il
membro in bocca, deglutendo e
stringendo le pareti della gola per offrirgli più piacere, e
si lasciò sfuggire
un mugolio che vibrò contro la pelle tesa del più
piccolo, ricevendo in
risposta un grido, una nuova spinta e una stretta più salda
attorno alle
ciocche.
Spostò
le dita tra le
sue gambe, massaggiandogli i testicoli, e ridacchiò al suo
versetto sorpreso
per la sensazione dovuta alla saliva contro la sua pelle calda. Aveva
appena
ripreso a calarsi lungo il suo membro, dopo essersi concentrato sulla
cappella
gonfia e rossa, quando sentì uno strattone più
forte dei precedenti che lo
lasciò con la fronte aggrottata in una smorfia sorpresa e le
labbra schiuse,
gonfie e lucide.
-
Perché l’hai..- non
riuscì a concludere la domanda che fu costretto a chiudere
gli occhi,
arricciare il naso e scoppiare a ridere al successivo “Non so se sei pieno più di sperma o
cioccolato”. - Io direi
entrambi e a pari merito.- mormorò con un broncio,
percependo le sue dita sul
viso a cercare di rendere la situazione ancora più
disastrosa. - Ho un pessimo
ragazzo.- si lamentò poi con un sospiro esasperato,
tirandogli i bordi della
maglia per pulirsi da tutto quell’insieme e rivolgergli poi
un sorriso
soddisfatto al suo versetto di disapprovazione.
-
Poteva essere la mia
maglietta preferita questa!- esclamò il più
piccolo, sollevandosi in una sola
mossa i boxer e i pantaloni della tuta, e gli diede un leggero spintone
per
liberarsi dall’incastro tra il bancone e il suo corpo. - Sai
con quanta fatica
si tolgono le macchie di cioccolato?- gli aveva poi domandato con un
tono
saccente e il nasino puntato verso l’alto, facendolo sbuffare
e roteare gli
occhi.
-
Sai con quanta fatica
mi sto trattenendo dal mandarti a cagare? Perché ce
l’ho duro e ti lamenti del
bucato.- ribatté dopo qualche minuto, tenendo una maschera
impassibile in viso
e vedendo il suo sguardo scrutatore, come se stesse valutando quanto
effettivamente fosse serio, per poi scoppiargli a ridere in faccia e
porgergli
la mano con un “Forza, ragazzone,
andiamo
a ripagarti il favore”.
Quel
che Zayn gli aveva
offerto per ‘ripagargli il favore’
era stata una mano frettolosa tra le gambe, o forse era lui ad essere
stato
così tanto eccitato dall’aver battuto il record
dei dieci minuti, e ora se ne
stava con il capo contro l’addome del ragazzino, rilassandosi
per il contatto
delle sue dita contro i capelli umidi. Non avrebbe mai dimenticato come
l’aveva
costretto a spogliarsi, il sopracciglio sollevato per concentrarsi
mentre
muoveva abilmente il polso, e come tutto era stato più
intenso per via
dell’acqua calda contro la pelle e del rumore provocato dalla
sua mano che
percorreva tutta la lunghezza sempre più velocemente.
-
Continuo a non capire
il motivo.- borbottò Liam, rigirandosi nel letto del
più piccolo per puntare un
gomito sul materasso e poterlo così guardare dal basso. - Ti
spaventa così tanto?
Devi solo mandare tutti questi disegni e vedere cosa dicono.-
insistette con
gli occhi fissi su di lui e quel volumetto stretto tra le dita.
Non
sapeva esattamente
il motivo che aveva spinto Zayn ad aprirsi in quel modo con lui, era
sempre stato
lui il primo a chiedere di poter dare un’occhiata ai suoi
disegni ma quel
giorno, non appena erano rientrati dal bagno con un telo che strofinava
sulla
testa, l’aveva visto dirigersi a passo svelto fino alla
scrivania, estrarre un
quadernetto e porgerglielo con un sorriso indeciso e imbarazzato. Era
rimasto
sconvolto in un primo momento da quell’improvvisa fiducia e
“Era il fumetto di cui ti parlavo
all’autolavaggio”, accettandolo senza
pensarci due volte e prendendo posto
sul letto, sfogliandolo con occhi attenti e curiosi. Era come aver
accesso alla
mente del ragazzino, i suoi tratti erano dettati dal sentimento e
grondavano di
emozioni, riusciva quasi a provare quel che sentivano i personaggi e
gli
sembrava una delle cose più preziose che avesse mai avuto
tra le mani.
-
Zaaay.- cantilenò per
attirare nuovamente la sua attenzione, vedendo come i suoi occhi si
fossero
fatti sfuggenti per l’imbarazzo, e inclinò il viso
per premere un bacio al
centro del suo stomaco, strofinando il naso contro la sua pelle fino a
sentire
la sua risatina leggera. - Non ti sto dicendo bugie, devi farli vedere
a
qualcuno. Sono dei personaggi davvero fighi e questo
è sicuramente il mio preferito.- aggiunse, mostrandogli quel
che intendeva e sorridendo con fare entusiasta alla sua risata sempre
più
vispa.
-
Quello sei tu, Leeyum.- lo
sentì ripetere quel
concetto per la decima volta in quell’oretta scarsa,
rispecchiando il suo
sorriso e allungandosi verso di lui per poter premere le loro labbra
assieme.
-
Lo so, lo so.-
ridacchiò contro la sua bocca, strizzando gli occhi e
strofinando il naso
contro il suo. - Mi sembra assurdo il fatto che tu mi abbia inserito in
una
squadra di supereroi.- insistette con un sorriso dedicato solo a lui,
stringendosi nelle spalle e sussurrando: - Mi sento il ragazzo
più figo di
questa città.-, per poi lasciarsi cadere con il capo contro
l’addome del più
piccolo che sbuffò e borbottò contro di lui e la
sua delicatezza inesistente.
-
Tu sei il ragazzo più
figo.- ribatté dopo qualche minuto Zayn, continuando al suo
sguardo incuriosito
con un: - Per me, solo per me sei il ragazzo più bello e sei
il mio eroe.-
-
Il tuo supereroe.-
aggiunse con un cenno deciso del capo, tornando a studiare in silenzio
i
disegni mentre sfiorava la figura del suo alter ego con le punte delle
dita e
un sorriso dolce sulle labbra. - Anche se ora non posso fare nulla con
questo coso.-
si lamentò con uno sbuffo, cercando di sollevare il braccio
ingessato per
mostrargli quel che stava intendendo con quelle parole, e si
ritrovò a sorridere
come un perfetto imbecille al suo “Tu
sarai sempre il mio supereroe, Leeyum”.
-
Sono come Batman.-
affermò all’improvviso il maggiore, rigirandosi
nel letto per poter poggiare il
mento sul suo petto e sorridergli. - Tu sei Catwoman.-
-
Catwoman?- annuì con
un sorriso vispo a quella domanda, mordicchiandosi il labbro mentre lo
osservava strofinare la matita sotto il mento,
quell’espressione da artista
pensieroso che aveva iniziato a farlo fantasticare fin troppo, e scosse
poi il
capo al suo chiedere: - Perché non Robin?-
Tornò
nella posizione
precedente senza rispondergli a parole, sfogliò qualche
altra pagina del
fumetto e gli lanciò un’occhiata veloce, vedendolo
ancora sovrappensiero alla
ricerca di una soluzione ai vari interrogativi.
-
Perché sei un gatto.-
sussurrò con un ghigno soddisfatto al suo rossore improvviso
e concentrò ancora
una volta tutta l’attenzione sul fumetto, ascoltando i suoi
borbottii e “Dovevo aspettarmelo”,
mentre si
rilassava per le dita che avevano ripreso a muoversi tra le ciocche
umide.
Poggiò il volumetto aperto sotto il braccio ingessato,
tenendo il segno per
quando avrebbe ripreso la lettura, e spinse il capo verso la sua mano,
chiudendo gli occhi e non accorgendosi nemmeno di starsi addormentando
in quel
modo.
Gli
incubi, quelli che
solo qualche giorno prima lo tenevano sveglio di notte fonda,
sembravano essere
completamente spariti, o si erano perlomeno fatti più radi e
meno crudi. Ne
percepiva ancora una lieve sfumatura ma riusciva a distinguere la
finzione
dalla realtà, potendo così strizzare gli occhi e
cambiare scenario; uno in cui
Zayn era al suo fianco e non sull’asfalto con quel brutto
grigiore in viso.
Non
sapeva per quanto
aveva dormito, non ricordava nemmeno di essersi addormentato tra le
carezze del
più piccolo, ma quando aveva sbattuto le palpebre si era
trovato solo nel letto
e nella stanza semibuia. Si era mosso in un primo momento con fare
inquieto,
non riuscendo a trovare Zayn al proprio fianco, e si era rilassato
quand’aveva
captato il suono della sua risata dal piano inferiore, premendo il viso
tra i
suoi cuscini e grugnendo nel dormiveglia, cercando le forze per potersi
alzare
e raggiungerlo.
Aggrottò
la fronte non
appena vide uno spiraglio di luce passare dalla porta, trattenendo la
risata
divertita all’entrata della bambina, come si guardava attorno
sospetta e si
avvicinava alla panca su cui stava il grande orso bianco che aveva
vinto il
giorno del luna-park e dell’incidente. Si aiutò
con il braccio sano per
appoggiarsi con la schiena alla testata del letto e si
schiarì la voce per
attirare la sua attenzione, non riuscendo a bloccare la risata al suo
verso
sorpreso e spaventato, come spalancava gli occhi nella penombra e lo
raggiungeva con l’orso stretto tra le braccia snelle e
piccole.
-
Sei vivo, Lili!- la
sentì esclamare con un tono allegro, vedendola prendere il
suo posto accanto a
lui e essere coperta interamente da quell’enorme peluche. -
Zee diceva che non
potevo entrare nella sua stanza, che ti eri trasformato in un mostro
cattivo e
mangiavi i bambini. Io non gli credevo.- aveva poi aggiunto con fare
esperto e
saggio, annuendo con decisione e appoggiando poi il mento tra il pelo
bianco e
morbido.
-
Se ti piace tanto
quel peluche..- cambiò discorso con un tono serio,
allungando le dita per
stringere l’orecchio peloso dell’orsacchiotto. -..
posso sempre comprarne uno
tutto per te.- concluse con fare calmo e paziente, lanciandole una
veloce
occhiata e vedendo le sue sopracciglia corrugate in una smorfia
infantile.
-
Ma Rufus mi piace
e..- scosse il capo e premette l’indice sulla punta del suo
nasino, spiegando
alla sua confusione: - Si chiama Zeeyum, è un regalo che ho
fatto a Zayn.. mi
sono quasi ucciso per vincerlo, Saf.-
Vide
la sua espressione
indecisa, come le sue ditina stringevano il pelo
dell’animale, e poi i suoi
occhi guizzare sul braccio ingessato, chiedendo: - L’hai
fatto per Zee? Perché
ti piace tanto e lo difenderai sempre? Come per quei bimbi cattivi che
gli
fanno male e tu lo salvi come una principessina?-
Scoppiò
a ridere per
l’insieme di tutti quei discorsi, muovendo ugualmente il capo
in un cenno
affermativo, e indicò il gesso con un’espressione
seria, spiegando alla sua
occhiata curiosa: - Il tuo Lili si è fatto molto male pur di
vincere quell’orso
per il suo Zee. Vuoi dirmi che non ti importa di questo?-
Solo
quando vide il suo
scossone del capo, i suoi occhi grandi e attenti, allungò
una mano per
spostarle delle ciocche di capelli dietro l’orecchio,
sporgendosi verso di lei
per sussurrare: - Te ne compro uno ancora più enorme, siamo
d’accordo? Però
questo devi lasciarlo a tuo fratello.-
Le
rivolse un sorriso
soddisfatto al suo annuire con decisione, lasciando che riducesse le
distanze
tra di loro e avvolgesse poi le braccia attorno al collo, tenendola
stretta ai
suoi “Sono contenta di vederti qui”
e
“Zee era triste senza di te”.
-
Non voglio un orso
però.- la sentì bisbigliare con la voce camuffata
contro la maglia. - Voglio un
pony gigante, così divento una principessa.- riprese a
spiegare con il viso
premuto contro il proprio petto, facendolo ridacchiare e annuire
assieme con
serietà alla sua occhiata scettica. Non riuscì ad
aggiungere altro che
intravide la porta aprirsi e “Safaa!
Ti
avevo detto di non entrare!”, sentì i
brontolii del ragazzino che li raggiunse
e prese posto a gambe incrociate nel letto.
-
Mamma chiede se vuoi
fermarti a cena.- lo informò poi il nuovo arrivato,
afferrando l’orso con uno
strattone e lanciando un’occhiata alla sorellina.
Osservò quello scambio di
sguardi con interesse, sorridendo alla bambina tra le braccia, al suo
bacio
contro la guancia e al suo cenno con la mano mentre li lasciava soli
nella
stanza, e riportò l’attenzione sul ragazzo
rimasto, stringendosi nelle spalle e
non sapendo come rispondere se non con un confuso “Quanto ho dormito?”
-
Per qualche ora, eri
stanco.- gli rispose quello con un tono dolce, allungando un braccio
per poter
poggiare una mano sulla sua guancia e strofinare il pollice contro la
leggera
peluria che gli copriva la mascella. - È passato Harry a
portarmi i compiti e
sono riuscito a finirli tutti, a fare qualche disegno e giocare alla
play.
Avevo chiesto a quella di non disturbarti ma non mi ascolta nessuno
qui.- si
lamentò poi con uno sbuffo, spingendo un ginocchio contro il
suo e sfiorandogli
il collo con le dita dell’altra mano, vedendolo perdersi in
quella sensazione
per qualche minuto prima di chiedere nuovamente: - Vuoi fermarti a
cena?
Altrimenti papà si è offerto di portarti a casa,
è distante da qui e tu non sei
nelle condizioni di..-
-
Di andare da solo.-
lo interruppe per continuare quella frase al posto suo, roteando gli
occhi e
spingendo due dita contro il suo addome mentre borbottava: - Sono forte
e un
braccio ingessato non mi rende il bersaglio di nessuno, non
c’è nessun pazzo in
mezzo alla strada e pronto a uccidermi. Dovreste rilassarvi tutti
quanti, non
sono una donnina in pericolo.-
-
Quindi ti fermi a
cena e poi ti accompagniamo a casa?-
Roteò
ancora una volta
gli occhi, trattenendosi dallo sbuffare come un bambino, e chiuse il
pugno per
usarlo contro il petto del più piccolo e allontanarlo
così da lui, grugnendo un
non del tutto convinto: - Certo, come volete.-
-
Siamo solo
preoccupati, Leeyum.-
Finse di non aver sentito
quella frase
sussurrata con un tono dolce quanto sottile, mentre si alzava dal letto
e
passava una mano tra i capelli mossi per sistemarli e non dar
l’impressione di
aver dormito per tutto il pomeriggio, o buona parte di esso. Vide una
scintilla
passare negli occhi nocciola del ragazzino, così veloce da
non aver nemmeno il
tempo di interpretarla, e lo osservò allungare una mano
verso di lui, ritirarla
l’attimo dopo e indicargli la porta con un semplice
“Ci stanno aspettando per cenare”.
Non si erano più rivolti la
parola per tutta la durata della cena, rispondendo alle domande e
introducendo
discorsi, e non si erano toccati o guardati, nonostante fossero seduti
uno di
fianco all’altro. Solo quando era sceso dalla macchina Liam
si era deciso a
incrociare lo sguardo di Zayn, dopo un saluto veloce e imbarazzante per
entrambi,
e aveva cercato di scusarsi con quel breve contatto, vedendolo puntare
gli
occhi di fronte a lui e rendere ancora più spessa quella
patina tra loro.
Aveva
sempre amato la
leggera brezza autunnale, quella che percepiva contro il viso sudato
dopo le
fatiche dell’allenamento, la maglietta che gli aderiva contro
il petto e l’erba
fresca a contatto con la pelle. E forse era proprio per via della
mancanza di
quelle ultime caratteristiche se quella volta non riusciva proprio a
trovare
pace e rilassarsi. Evidentemente non era stata una delle sue idee
migliori
raggiungere i compagni di squadra e osservarli correre per il campo,
nonostante
in un primo momento gli fosse sembrato tutto quello che gli mancava e
di cui
aveva bisogno. Il vederli come una squadra senza di lui, vedere che in
un
qualche modo riuscivano a cavarsela e essere ugualmente qualcosa senza
il
capitano gli lasciava un brutto sapore in bocca, qualcosa di amaro e
simile al sostituzione, rimpiazzo; quelle parole che gli
vorticavano nella testa da quando
il coach aveva fischiato e dato inizio alla partita di allenamento.
Era
così preso dai
ragionamenti da non essersi accorto del fischio finale, venendo preso
alla
sprovvista dalla pacca contro la spalla e dai “Non
fare la femminuccia e torna a giocare” o “Aspettiamo solo il capitano per la partita contro
le civette”.
Aveva risposto a tutti con sorrisi e rassicurazioni, cercando di
mascherare
quel che stava pensando e i “Forse riuscite a cavarvela anche
senza di me” o
“Non è così fondamentale la mia
presenza per una vittoria”, assieme a
quell’acido pensiero di rinunciare ad un sogno.
-
A che pensi, Payne?-
sentì la voce del compagno di squadra e amico, inclinando il
viso di lato per
vedere la sua figura illuminata dalle luci dello stadio, le braccia
puntate
sulla panca e i capelli appiccicati contro la fronte per via del
sudore. - Ti
stiamo aspettando tutti, lo sai. Non fare quelle facce da non tornerò mai più
e voglio
abbandonare.- ignorò quel tono di scimmiottamento,
preferendo concentrarsi
sulla sensazione del gesso a contatto con i polpastrelli, e
sospirò prima di
strizzare gli occhi e sussurrare: - Forse non riuscirò mai a
recuperare.-
Restarono
in silenzio
per un tempo che gli parve infinito, deglutendo e cercando di restare
al passo
con i discorsi del coach e “Torna
presto
tra noi, capitano”, per poi grattare la superficie
del gesso quasi a
togliersi quell’impiccio, spostando i ciuffi di capelli dalla
fronte e premendo
i talloni contro il terriccio.
-
Come fate a sapere
che tornerò?- domandò con gli occhi fissi sulle
proprie scarpe, solo quando fu
sicuro di avere il coach a una certa distanza. - E se dovessi tornare..
ci sono
giorni in cui la spalla mi fa malissimo e sono obbligato a prendere
delle
pastiglie che blocchino il dolore. Come faccio a tornare quello di
prima? Non
riuscirò più a essere il capitano,
sarà meglio dare il compito a un altro e
evitare un ritorno in campo disastroso.- continuò con un
tono di voce spento,
appoggiando un piede sulla panca e stringendo il ginocchio contro il
petto. -
Non voglio leggere del disastroso ritorno di Liam Payne, preferisco
mollare
prima. Se proprio devo lasciare, voglio che sia con il ricordo di quel
che
riuscivo a fare e non con l’immagine di un idiota che non
riesce a fare un
placcaggio per colpa del dolore alla spalla.-
-
Non voglio farmi
pregare e sentire le vostre suppliche a restare con voi, so di essere
importante per la squadra ma sono realista e so che potete cavarvela
senza di
me. L’ho visto, Josh, e so che sarà dura per voi e
per me.. ma forse è la
giusta cosa da fare.- concluse con gli occhi fissi sugli spalti,
ricordando di
tutti i momenti in cui il boato della folla era riservato solo per lui
e una
sua particolare azione.
Strinse
le dita sul
tessuto dei jeans, ascoltando il respiro calmo di Josh, e scosse
velocemente il
capo al suo chiedere: - Sicuro che sia quel che vuoi?-
-
È tutto quel che ho
sempre sognato, lo sai anche tu. Questo è quello che ho
sempre voluto, questo
era il mio futuro e io.. Danielle aveva la danza, Louis era quello dei
mille
problemi e tu e Niall siete la coppia che resisterà a tutto
quanto, che
riuscirà a ottenere un matrimonio legale e
l’adozione di piccoli irlandesi. Io
avevo questo e mi sono impegnato, ho dato il massimo e non posso
continuare
sapendo di poter dare solo una parte.- spiegò velocemente,
cercando di
concludere tutto il discorso presente nella testa per non doversi
bloccare a
causa del nodo nella gola o del vuoto nel petto. - Prima di avvicinarmi
a una
partita ufficiale dovranno passare i mesi e io non posso permettermi di
stare
dietro ai tempi degli allenamenti, dei recuperi e di questo.-
-
Forse è arrivato il
momento di cambiare piani per il futuro e concentrarmi sullo studio,
non posso
sprecare la mia vita a seguire una cosa che mi sfuggirà
dalle mani.- concluse
il tutto con un sospiro, mentre premeva le dita contro la coscia per
trasferire
quel che stava provando in un dolore fisico e più pratico. -
Non riesco a
continuare e sapere che non sarò più io, che non
sarò più il buon
vecchio Payno che riesce a placcare con
tre semplici mosse.- continuò a parlare
l’attimo dopo, usando le parole che
molto spesso aveva sentito pronunciare dal coach.
C’era
un motivo se
confessava le cose più importanti a Josh, se andava da lui
quando aveva bisogno
di qualcuno che lo ascoltasse, che lo facesse davvero. Era in grado di
capirlo mentre
lui sputava fuori tutto quello che sentiva, tutto quello che gli
impediva di
dormire serenamente la notte, e poi restava in silenzio, dandogli il
tempo di
riflettere su quel che era riuscito a esternare, sulle sue paure e
sulle
decisioni difficili. L’amicizia con Louis era
tutt’altra cosa, lui era il
responsabile e doveva tirare fuori l’amico dalle situazioni
più assurde e
strane; Louis lo ascoltava ma non riusciva a essere imparziale, lo
attaccava
sempre quando diceva qualcosa di incredibilmente
stupido e senza senso.
-
Stai solo pensando al
peggio.- interruppe i suoi pensieri il ragazzo muscoloso accanto a lui,
spingendo il gomito contro il suo fianco e rivolgendogli un sorriso
incoraggiante. - Lo stai facendo per autodifesa e perché
è più semplice
decidere ora di lasciare, invece di restare in terreno incerto.- vide
la sua
mano muoversi, per impedirgli di intromettersi e ribadire di non star
facendo
tutto per timore, e ascoltò in silenzio il suo insistere
con: - Ci sono persone
che hanno avuto incidenti peggiori e sono riusciti a tornare in campo,
altri
che hanno avuto una piccola cosa da nulla e non sono riusciti a
riprendersi.
Dipende da quanta forza di combattere hai, Payne.-
Non
ci fu bisogno di
ulteriori parole, Josh aveva allungato un braccio per scompigliargli i
capelli
e gli aveva rivolto un cenno col capo, lasciandolo poi solo in quello
stadio
fin troppo grande e silenzioso. La sua testa però, tutto
quel che lo stava tenendo
impegnato in una serie di disastrosi pensieri, faceva più
rumore di qualsiasi
cosa, chiudendolo in una bolla che si portava dentro da qualche giorno.
Quando
fu troppo per
lui, quando il baccano aveva iniziato a premere contro le pareti per
cercare di
spezzarle, si alzò con movimenti lenti, infilò la
mano in tasca e si diresse
verso l’uscita, trovando il coach ad aspettarlo a braccia
incrociate e
un’espressione seria in viso.
-
Volevi essere chiuso
qui dentro?- lo sentì scherzare con un tono leggero, come se
stesse cercando di
smussare le spine di quella corazza difensiva. - Come sta il braccio?
Ti hanno
detto qualcosa di nuovo?- gli chiese dopo qualche minuto di silenzio,
seguendolo passo a passo fuori dai cancelli e lungo la strada.
Offrì
il braccio sano
per aiutarlo a portare una sacca, caricandola poi sulla spalla e
tenendo le
dita strette al tessuto, accompagnandolo fino alla macchina mentre gli
spiegava
dell’incontro con il medico di giorno prima, di come fosse
speranzoso in una
guarigione lampo e del conto alla rovescia che stava segnando sul
calendario.
-
Pensi di riuscire a
venire domenica questa?-
Quella
semplice
proposta bastò a farlo immobilizzare di fronte al baule
aperto, riprendendosi
con una scossa del capo e ascoltando le sue teorie su quanto fosse
importante
la presenza del capitano per motivare la squadra, che gli avrebbe
riservato un
posto sulle panchine tra i compagni e il ruolo di vice per decidere le
posizioni e gli attacchi.
-
Sarebbe un fattore
positivo l’averti con noi.- insistette quello con un tono
serio, appoggiando la
mano sulla sua spalla e tenendo gli occhi puntati nei suoi. - Tieni
insieme la
squadra, per questo ti ho scelto come capitano.. ti abbiamo scelto.
È stata una
decisione di gruppo, lo sai. E nessuno si è mai pentito,
ogni tanto qualche
gelosia è normale.. ma la tua carica rende gli altri
più forti, li carichi, li
motivi, li guidi.-
Infilò
la mano in
tasca, premendo i polpastrelli contro il tessuto per sfogare tutta la
tensione
che gli bloccava quasi il respiro, e mosse il capo in un cenno veloce e
non del
tutto convinto al suo insistere con frasi come “Ti
vogliamo tutti in campo” e “Sei
la loro guida”.
Preferì
tenere per sé
tutte le preoccupazioni, quelle che dall’incidente - oltre
agli incubi su Zayn
- lo tenevano sveglio di notte, e ricacciò in fondo alla
gola i “Non riuscirò
mai a tornare” o “Quanto tempo dovrà
passare prima di tornare il vero
capitano?”.
-
Vuoi un passaggio in
macchina?- gli aveva proposto, riuscendo a superare il frastuono di
quei mille
e più interrogativi, indicando il SUV nero e ricevendo in
risposta una scossa
del capo e “Preferisco camminare un
po’
stasera”. - Ti avrei invitato a cena, se solo non
fosse stato così tardi.
Sai che i bambini chiedono nuove lezioni con te? Mentre stai con questo
braccio
potresti aiutarmi con quei disperati.-
-
Magari la prossima
volta.- ridacchiò appena con un sorriso più
convinto, ricordando
dell’esperienza da allenatore che aveva avuto
quell’estate con bambini fin
troppo agitati e chiassosi. - Cercare di tenerli a bada è
come affrontare tre
allenamenti.- aggiunse poi con una risata divertita, spostando le dita
tra i
ciuffi mossi e facendosi attento all’occhiata scrutatrice
dell’uomo più grande
di lui.
-
Se dovesse esserci
qualcosa..- lo sentì dire in un sussurro leggero,
aggrottando la fronte per
farsi attento alle sue parole successive e al suo “Sono disponibile per fare quattro chiacchiere, Payne”.
-
Non c’è nulla che
non..-
-
Un coach è molto più
di una persona che ti grida di correre più veloce, ricordi?-
lo interruppe con
un tono grave, dandogli una piccolo buffetto contro la guancia e
aggiungendo: -
Vedi di essere pronto domani mattina, passo a prenderti in macchina e
stai con
la tua squadra fino alla partita.-
Non
gli diede il tempo
di ribattere che aveva preso posto alla guida della jeep, lasciandolo
solo nel
mezzo del parcheggio deserto e con più di una domanda senza
alcuna risposta.
Calciò un piccolo sassolino con la scarpa, quando si rese
conto di non essersi
mosso per qualche minuto, e infilò la mano in tasca mentre
s’incamminava verso
casa.
Non
appena varcò la
soglia venne sommerso da troppe informazioni, oltre al solito
“Zayn ha chiamato”,
e rifiutò di cenare
pur di non ascoltare quell’ultimo “Danielle
è passata a trovarci, domani deve partire”.
Si chiuse in camera, dopo aver
lanciato un’occhiata a Ruth che aveva cercato di sbarrargli
la strada per
parlargli, e si sdraiò nel letto, recuperando il cellulare
per leggere quella
lunga serie di messaggi senza risposta.
Qualche
settimana
prima, dopo essere stato riaccompagnato a casa da Zayn, aveva ricevuto
un suo: «
So che non hai bisogno di nessuno per difenderti, Leeyum.
Però dovresti capire
che ci sono volte in cui non puoi cavartela da solo, ci sono momenti in
cui
devi lasciare che gli altri si preoccupino per te. Persino i supereroi
cadono e
si fanno male, è qualcosa che li rende più umani.
»
I
giorni che erano
seguiti aveva cercato di passarli con la testa china sui libri, ogni
volta che
riusciva a trovare la giusta concentrazione il cellulare vibrava sulla
scrivania e richiamava la sua attenzione con messaggi che leggeva
solamente e a
cui non rispondeva.
«
Vuoi ignorarmi fino a
quando ti passa, bene. »
«
Non risolvi niente a
chiuderti a riccio pur di non affrontare quel discorso. »
«
La torta che abbiamo
fatto l’altro giorno è la cosa più
disgustosa che abbia mai mangiato. Sei
negato in cucina, Liam Payne. »
«
Mi annoio a casa da
solo e Harry dice che sto diventando troppo acido per colpa tua.
»
«
Safaa mi ha detto di
ricordarti del vostro patto. »
«
Louis dice che non
rispondi nemmeno a lui, quindi non è qualcosa che hai contro
di me? »
«
Sei un bambino,
Payne. »
«
Ruth dice che dovrei
mandarti a cagare e darti dell’idiota. Mamma dice che devo
smetterla di
guardare il cellulare come se stesse per scoppiare. E credo tu abbia
visto
Doniya oggi, mi ha guardato in modo strano e ha detto che siamo due
idioti. »
«
Ieri non riuscivo a
dormire perché oggi sarei dovuto tornare a scuola.. sono
tornato a scuola e quei
tipi mi hanno guardato davvero male. Non è che mi fanno
paura.. mi manchi
tanto, Lee. »
«
Eleanor mi ha detto
che Danielle deve partire. »
«
Io non sono come lei,
sono qui e non vado da nessuna parte. Sempre se è questo il
problema, visto che
mi sembra di star scrivendo messaggi a vuoto e tu non vuoi dirmi che ti
prende.
»
«
Ti amo, Leeyum. Vieni
a casa mia e sbaciucchiamoci tutto il giorno. »
«
Era Waliyha, appena
esce dal bagno la uccido. Tu provaci a venire fino a qui e ti ammazzo
personalmente. Sono incazzato con te e, se i miei si decidessero a
togliere
questa stupida punizione, sarei già lì a
riempirti di botte. Ho scoperto di
avere un destro micidiale. »
Gli
vibrò il cellulare
tra le dita e sbuffò per quel che stava scritto nel
messaggio, puntando la
sveglia per la mattina dopo e lasciandolo sul comodino; doveva riposare
perché
l’indomani sarebbe stata una giornata impegnativa.
«
Questa storia deve
finire, domani io e te parliamo. »
« Cause you were all yellow
I drew a line
I drew a line for you
Oh what a thing to do
And it was all yellow
Your skin
Oh yeah your skin and bones
Turn into something beautiful
And you know
For you I'd bleed myself dry »
- Yellow, Coldplay
Si
stava quasi
abituando all’assenza di Liam, o meglio a
quell’inviare messaggi e sapere di
non ricevere nessuna risposta. La sua famiglia al contrario non
sembrava
pensare la stessa cosa, riservavano delle occhiate preoccupate solo per
lui e
erano fin troppo apprensivi, e anche Harry lo istigava a chiarire con
Liam,
proponendogli scuse per riuscire a scappare alla supervisione dei
genitori e
raggiungerlo.
Quel
che l’aveva
convinto a affrontare quella situazione era stata la chiamata di Niall,
gli
aveva raccontato tutto quel che era riuscito a far confessare a Josh e
l’aveva
informato della presenza di Liam alla partita, che avrebbe potuto
incontrarlo
lì e “Cerca di farlo
ragionare” fu
l’ultima cosa che sentì prima di sentirlo
riagganciare.
Non
aveva dormito
quella notte, si era girato tra le coperte e tornava sempre con lo
sguardo alla
finestra, immaginando di vedere la testa del più grande
spuntare con uno dei
suoi soliti sorrisi allegri. Per tutta quella domenica era rimasto
nella
stanza, le dita strette attorno la matita e i segni fin troppo calcati
sul
foglio bianco, aveva rifiutato il pranzo e aveva risposto male a
Doniya, quando
aveva cercato di informarsi su quel che gli stava passando nella testa.
Con
l’avvicinarsi della sera il cuore sembrava comprimersi sempre
più nel petto, le
risposte diventavano più acide e il coraggio di affrontare
quella discussione
con Liam si azzerava completamente. Con tutte quelle settimane passate
a
riflettere aveva accumulato troppo, troppe domande e troppe parole, non
sapeva
se, una volta trovatosi di fronte quel ragazzo, sarebbe riuscito a
buttare
fuori tutto. Era incazzato con lui e amareggiato, deluso da quel suo
comportamento così infantile, ma allo stesso tempo gli
mancava terribilmente e
non riusciva a darsi pace o trovare una risposta a quel suo non volersi
confidare.
Ora
si trovava fuori
dal campo, non ci teneva a mischiarsi a quei tifosi impazziti, e aveva
mandato
un messaggio al ragazzo per informarlo della sua presenza e ricordargli
di
avere un discorso importante da affrontare; sembrava quasi una spada di
Damocle
pronta a ferirli, spezzarli, dividerli.
Non
ebbe il tempo di
riformulare quell’ultimo pensiero che intravide la sua figura
avvicinarsi, la
sua testa bassa e la camminata disinteressata, e strinse i pugni lungo
i
fianchi per non lasciarsi vincere dalla solita voglia di andare verso
di lui e
raggiungerlo. Aveva penato fin troppo tempo e non
gliel’avrebbe data vinta in
quel modo, stava continuando a ripetersi nella testa per convincersi a
non fare
nemmeno mezzo passo in sua direzione.
Per
tutta la durata del
suo avvicinamento non l’aveva degnato di una sola occhiata,
teneva gli occhi
bassi e non sembrava toccato dalla distanza tra loro, da quei giorni
passati
uno lontano dall’altro. E fu proprio quel pensiero ad
accenderlo, portandolo a
incidere le unghie nei palmi delle mani e le braccia rigide lungo i
fianchi con
la voglia di gridargli contro ogni possibile insulto, come gli aveva
più volte
suggerito Ruth.
-
Vuoi lasciare la
squadra?- gli chiese semplicemente, non riuscendo a trovare la forza di
insultarlo nel vederlo già così provato. - Voglio
solo sapere il motivo di
questa tua decisione. Molto stupida, se vuoi un parere.- aggiunse con
un tono
di voce calmo quanto freddo, come se fosse un estraneo in quel loro
discorso.
Pensava non l’avrebbe ferito allo stesso modo quella
discussione, invece gli
aveva fatto quasi più male il suo grugnito di risposta e
quel suo insistere per
non guardarlo negli occhi.
Lo
sentì introdurre la
discussione con un “Tu non sai niente”
e fece uno scatto verso di lui, agitando un braccio e non
preoccupandosi del
tono di voce mentre gridava: - Io non so niente perché tu
non vuoi parlarmi!-
-
L’ho dovuto sapere da
Niall, ti rendi conto? Sei il mio ragazzo e mi ha chiamato Niall per
riferirmi
tutto quel che hai detto a Josh.- continuò, passando una
mano tra i capelli in
un gesto di stizza. - Preferisci parlare con una persona a caso
piuttosto che
con me! Voglio essere solamente il tuo ragazzo, non sono un bambino e
se
qualcosa ti preoccupa devi parlarmi. Pensi che ignorandomi risolvi le
questioni? Mi hai fatto stare male per giorni e per cosa?
Perché ancora non ho
capito dov’è il problema. All’inizio
pensavo fosse per colpa mia, perché cerco
di aiutarti ora che hai il gesso e tu te la prendi perché
sei un omone grosso e
non hai bisogno dell’aiuto di nessuno. Poi ho scoperto che
Danielle doveva
partire, ho pensato persino dovessi partire con lei e non trovassi il
coraggio
di dirmelo. E ora la squadra? Che cazzo ti prende, Liam?-
Riuscì
a fargli
sollevare lo sguardo, vedendo come fosse perso a cercare le giuste
parole, e
strofinò un pugno contro il naso, percependo tutta
l’ansia di quei giorni
sciogliersi e trasformarsi in una patina bagnata. Non riuscì
a trattenere
l’ennesima esplosione di rabbia, mentre lottava contro il
pianto per riuscire a
ringhiare tra i denti: - Sei uno stronzo, un bastardo. E ti odio, ti
odio. Mi
ripeti ogni volta che io devo sfogarmi con te, che ci sei per me e mi
sei
accanto. Però tu non vuoi parlare con me, preferisci
smettere di sentirmi, di
cercarmi.. mi ignori. Pensi che io non sia abbastanza per te? Pensi che
io non
riesca a capirti? Non sono un bambino, Payne. Devi smetterla di far
valere quel
che dici solo per me. Non posso preoccuparmi per te quando hai un
braccio
ingessato? Quando hai fatto un incidente? Non è stato forse
più grave di quelle
idiozie nella mia scuola? Perché io non posso preoccuparmi
per te e aiutarti? E
perché preferisci far finta che io non esista e..-
Tutto
il resto del
discorso, o di quell’insieme di parole che stava sputando
fuori, si bloccò
contro il tessuto della maglia del più grande; non si era
accorto dei suoi
movimenti repentini, di come aveva ridotto le distanze tra loro per
avvolgere
il braccio sano attorno alle sue spalle e obbligarlo a premere la
fronte contro
il suo petto. Sentiva la consistenza dura del gesso contro lo stomaco
ma non si
sarebbe allontanato da lui, al contrario aveva stretto le dita
sull’orlo della
sua maglia e aveva strizzato gli occhi per non piangere, respirando il
suo
odore e percependo il suo respiro veloce tra i capelli e i suoi baci
leggeri
contro il capo.
Era
quasi riuscito a
scacciare il groppo che gli chiudeva la gola quando l’aveva
sentito bisbigliare
“Scricciolo”,
assieme a un “Mi sei mancato”
con un tono rauco, e si
era aggrappato a lui per non farlo andare via, per non perdere quel
piccolo
sogno e non svegliarsi con la testa contro i fogli pieni di disegni
frettolosi.
-
Sei uno stronzo.-
ripeté, sospirando di sollievo nel rendersi conto quella
fosse davvero la
realtà, e chiuse gli occhi per concentrarsi sul battito del
suo cuore e sul suo
respiro tra i capelli, sulle dita che faceva scorrere lungo la schiena
e su
come premeva i polpastrelli contro i fianchi a ogni nuovo insulto con
cui lo
apostrofava.
-
Mi sei mancato
davvero.- lo sentì ripetere tra i propri insulti e le mille
altre parole che
gli vorticavano nella testa, premendo il viso contro il suo collo e
passando la
mano lungo il braccio ingessato, allungandosi verso di lui per restare
vicino
al suo calore mentre lui bisbigliava: - Ti amo, Zay.-
-
Ora vuoi dirmi cosa
ti succede?- gli domandò per non farlo concentrare sulle
guance rosse,
impedendogli di spostare il discorso e staccandosi per guardarlo negli
occhi e
invitarlo a rispondere. - Per favore, Leeyum. Voglio solo..
ascoltarti.-
sospirò l’ultima parola, non sapendo che altro
dire per convincerlo ad aprirsi
con lui, a sfogarsi e coinvolgerlo tra i suoi pensieri.
Lo
osservò distogliere
lo sguardo, guardarsi attorno per cercare chissà cosa e
digitare velocemente
sulla tastiera del telefono, infilandolo in tasca e porgendogli la mano
libera
con gli occhi già rivolti verso i cancelli.
Incrociò le braccia al petto pur di
non dargliela già vinta, vedendolo preso alla sprovvista da
quel suo
comportamento, e gli indicò con un cenno di fronte a loro,
invitandolo a fare
strada e standogli poi accanto. Aveva preferito tenere una certa
distanza tra i
loro corpi, non riuscendo a perdonarlo completamente per averlo
lasciato tutte
quelle settimane senza sue notizie, e l’aveva seguito in
silenzio con la chiara
idea dei suoi occhi puntati addosso, di quei continui sguardi del
maggiore e di
come stringeva il pugno per trattenersi dal fare qualsiasi cosa.
Non
aveva nemmeno
badato alla strada che stavano percorrendo, torturandosi il labbro con
i denti
e tenendo le dita strette al tessuto interno delle tasche della
giaccia, era
rimasto per un primo momento incerto nel seguirlo in quegli ultimi
passi e
aveva studiato il viale buio, scuotendo poi il capo e raggiungendolo
con delle
falcate veloci pur di non restare indietro. Aveva intravisto le sue
labbra
arricciarsi in un sorriso intenerito, non appena aveva cercato la sua
mano in
quel posto troppo scuro, e aveva puntato gli occhi sui propri piedi e
sull’erba
bagnata che restava appiccicata contro le scarpe.
-
Ti ricordi di questo
posto?- l’aveva sentito chiedere non appena si erano fermati,
aveva lasciato
guizzare gli occhi attorno a loro e aveva annuito, bisbigliando un
frettoloso “Quando mi hai chiesto di
essere il tuo nuovo
sogno” e tenendo lo sguardo basso e fisso sul
terreno. - Non so bene da
dove cominciare, mi sembrava più semplice lasciar parlare i
ricordi.-
Strinse
le dita sul
tessuto della giacca e mosse nuovamente il capo in un cenno, non
accennando a
sollevare gli occhi su di lui per non dover leggere
all’interno dei suoi cose
spiacevoli. Si irrigidì non appena sentì le sue
dita contro il braccio, premere
contro la stoffa a richiamare la sua attenzione, e strinse i denti sul
labbro
inferiore, deglutendo e sollevando timidamente lo sguardo su di lui.
-
Ricordi quel che ti
ho detto? Oltre all’appuntamento e al definirti un mio
sogno?- aveva un ritmo
veloce mentre faceva quelle domande, quasi si stesse obbligando a
sputare fuori
tutto quanto. - Il football, Zay. Io.. è tutto quello che
ho, quello che amo di
più. È una cosa che mi definisce, una delle
costanti della mia vita. E ora che
mi hai insegnato a credere ancora in quel sogno.. io non posso
lasciare.-
-
Ma è quello che vuoi
fare.- sussurrò con un filo di voce il moretto, inclinando
il viso e studiando
attentamente tutte le espressione che scorrevano in quello
dell’altro. - Niall
ha detto che hai fatto tutto un discorso a Josh, che vuoi lasciare e
non vuoi
fare brutte figure. Non capisco perché pensano io sia in
grado di convincerti
del contrario. Sarò al tuo fianco con o senza football,
m’importa solo che tu
sia felice. E non dovresti pensare alla squadra o a chi ci rimette,
solo a te.
Il sogno è il tuo, fottitene di chi pensa di conoscerti e
vuole scegliere per
te.- continuò in un impeto di rabbia e protezione, non
sopportava la smorfia
sulle sue labbra e come si era teso in allerta.
Si
avvicinò di un passo
a lui, premendo una mano contro la sua guancia e una contro il gesso, e
si
strinse nelle spalle con le labbra arricciate in un sorriso,
rilassandosi solo
quando lo vide ricambiare tentativamente e annuire l’attimo
dopo con più
convinzione.
-
Non posso lasciare ma
devo.- lo sentì rompere il silenzio dopo qualche minuto,
cercando di
riallacciare lo sguardo col suo ma vedendolo sospirare e guardare
altrove,
lontano da lui e sempre più distante. - Non per fare brutte
figure o.. mi
dispiace di averti ignorato per così tanto.-
-
Non stiamo parlando
di quello ora, Liam.- lo interruppe con un tono serio, premendo i palmi
sulle
sue guance e obbligandolo a riportare gli occhi nei propri. - Parliamo
dopo di
quell’idiozia, del fatto che sei un coglione e ci sono stato
davvero male. Ora
stiamo dicendo della tua scelta di..-
-
Ma è per quello!-
esclamò il castano, prendendolo di sorpresa e lasciandolo
con un’espressione di
pura confusione in viso. - Mi dispiace tantissimo di averti ignorato e
non
averti cercato, non sapevo dove sbattere la testa e mi sono chiuso. So
di aver
sbagliato però.. quella notte non sono riuscito a dormire,
mi faceva malissimo
la spalla, davvero tanto male. Non ne ho parlato con nessuno, non
volevo
sentirmi ancora più.. più indifeso,
però era un dolore assurdo e i miei se ne
sono accorti. Mi hanno obbligato a farmi vedere da un medico e mi ha
detto che
era normale per una botta del genere, mi ha prescritto degli
antidolorifici e
ora riesco a controllare il male.-
Era
pronto a aprire
bocca per dir qualsiasi cosa ma vide il suo capo scuotersi, come se si
stesse
arrendendo al peso che gli gravava addosso, e lasciò
scivolare una mano dalla
sua guancia alla sua spalla, facendo una leggera pressione con tutti i
sensi
concentrati per non fargli del male.
-
Ho solo paura di non
riuscire a fare più nulla, di non poter più
giocare per colpa di questo dolore
atroce. Mi ha detto che può dirmi qualcosa di più
solo quando toglierò il
gesso. E se non riuscissi più a giocare? Io.. Zayn.- lo
sentì concludere con un
singhiozzo, premendo il palmo contro la sua nuca per invitarlo a
poggiare la
fronte contro la maglia. - Fa tanto male e ho paura che sia finita con
il
football, lo sogno da quando ero bambino e ora è finita.-
-
Non dire così Leeyum.-
riuscì a bisbigliare solo quelle parole troppo semplici,
muovendo le dita tra
le sue ciocche e cercando in ogni modo di fornirgli aiuto con quel
gesto. - Si
sistemerà tutto, devi solo crederci un po’ di
più. Vedrai che tornerai a
giocare e tra qualche mese sarai ancora il più forte.-
continuò a sussurrare,
avvolgendo meglio il braccio attorno alle sue spalle mentre ascoltava
il suo
pianto silenzioso. Si alzò sulle punte per poter spostare le
braccia attorno al
suo collo, percependo il suo palmo posizionarsi al centro della
schiena, e
premette le labbra contro la sua tempia, restando stretto a lui in quel
modo
per qualche minuto; il tempo per farlo riprendere e sentirlo
bisbigliare i suoi
ringraziamenti, ascoltare la sua risata felice e riflettersi poi nei
suoi occhi
luminosi.
-
Quando devi togliere
il gesso?- chiese, torturandosi il labbro inferiore con i denti, e
annuì al suo
“Qualche giorno ormai, vuoi venire
con
me?”, restando immobile con la sua mano contro la
guancia e le loro bocche
a una distanza ravvicinata.
Era
troppo concentrato
sul regolare il battito del cuore, spostare lo sguardo dalla sua bocca
ai suoi
occhi marroni, stringere le dita sulla sua maglia e cercare di non
mostrargli
quanto gli fosse mancato, di tenere a bada il rossore, quando lo
sentì sussurrare
“Ti amo, Zay, e non volevo farti
stare
male”. Passò la lingua sul labbro
superiore, mordicchiandosi l’interno
delle guance, e si schiarì la voce per intraprendere un
discorso su quanto
fosse stato ingiusto l’averlo lasciato per settimane
all’oscuro di tutto, di
averlo fatto sentire un idiota e di non averlo ancora completamente
perdonato.
Gli restò tutto nella gola quando fu costretto ad incrociare
i suoi occhi,
risalì con la mano lungo la sua guancia e si sporse verso di
lui per premere le
loro labbra assieme, gustando lentamente il suo sapore che gli era
mancato fin
troppo.
Avevano
appena
approfondito il contatto, la lingua di Liam che percorreva con
dedizione i
denti e il palato, quando sentì vibrare il cellulare nella
tasca dei jeans,
staccandosi da lui e sentendo il suo versetto di disapprovazione in
contemporanea alla voce del padre e “Dove
ti sei cacciato, Zayn Malik?”
Fece
segno al più
grande di non parlare, premendo l’indice contro la sua bocca
per impedirgli di
esprimersi, e scosse il capo alle domande del genitore, aggiungendo: -
Sono a
dormire da Harry, vi avevo avvisato. No, non puoi parlare con lui.. sta
dormendo!-
Riservò
a Liam
un’occhiata truce, avvertendo la sua risatina, e gli
mostrò la lingua,
rischiando di far cadere il cellulare alla domanda di Yaser, arrossendo
e
scuotendo il capo tra i “Non
è vero!”
e “Non sono con Leeyum”.
Restò in
silenzio a ascoltare il padre, cercando di tanto in tanto di
intromettersi nel
discorso, e porse il cellulare al castano, roteando gli occhi e
borbottando: -
Vuole te.-
Aveva
cercato di
captare quanto stavano dicendo ma Liam rispondeva a monosillabi e
“Certo, lo farò”,
rendendogli ancora più
arduo quell’interpretare e ipotizzare l’argomento
di discussione. Sbuffò
all’occhiata curiosa che il maggiore gli aveva rivolto,
assieme a un “No, non me
l’aveva detto”, e incrociò le
braccia al petto, mantenendo in viso un’espressione scocciata
mentre il castano
discuteva con suo padre dell’ultima partita di calcio
trasmessa in televisione.
Riprese
il cellulare
con un ennesimo sbuffo non appena glielo porse e lo infilò
nella tasca della
giacca, tenendovi all’interno le mani, per poi stringersi
nelle spalle e
chiedere: - Avete parlato a sufficienza o volete un appuntamento?-,
ricevendo
in risposta la risata divertita di Liam e una spinta contro
l’addome.
-
Abbiamo parlato del
tuo essere un disubbidiente.- ribatté il maggiore dopo
qualche altro minuto di
risata, passando le dita tra i suoi capelli neri e scendendo lungo i
suoi
zigomi con un sorriso sempre più dolce. - Eri in punizione,
non potevi uscire. Ora
mi ha ordinato di portarti immediatamente a casa, che non devo
progettare
nessuna fuga o allungherà la tua punizione per
un’altra settimana.-
-
Mi hanno tenuto in
punizione per un mese, Leeyum.- si lamentò con un verso
frustrato il più
piccolo, stringendo le dita alla sua manica e sospirando con fare
teatrale,
sbattendo appena le palpebre prima di continuare con: - Non pensi sia
più che
sufficiente? E poi io ho ascoltato solo i tuoi consigli, dovresti
essere fiero
di me perché ho messo Jason al tappeto e invece ti allei con
mio padre e..-
-
Sai anche tu che non
è quello il motivo.- lo interruppe con un tono leggero,
sfiorandogli l’orecchio
con i polpastrelli e intrecciando le dita tra le ciocche più
lunghe della sua
frangia. - Li hai fatti preoccupare, hanno tutte le ragioni per
comportarsi in
quel modo.. sei sparito tutto il giorno, Zee. E non è la
prima volta che scappi
alla loro supervisione, o ti fai trovare con un ragazzo nel letto.-
Ignorò
il calore che
era avvampato sulle guance, grattando la superficie del gesso pur di
non
guardarlo negli occhi, e grugnì: - Non sono un bambino, ho
diciassette anni e
sono sempre stato un figlio perfetto.-
-
Stai dando la colpa a
me?- lo sentì chiedere con un tono fintamente offeso,
sollevando lo sguardo su
di lui e annuendo con un sorriso acceso, alzandosi sulle punte e
premendo le
labbra contro le sue. - Ti ho corrotto e fatto diventare
indisciplinato? Non
dire bugie, micetto.- scoppiò a ridere a quelle ultime
parole, stringendo
meglio le braccia attorno al suo collo per tenere i loro corpi a
contatto e non
allontanarsi da lui.
-
Non sono io a essere
scomparso per quasi un mese intero.- ribatté, in parte
ancora offeso per tutte
quelle settimane di silenzio completo, e si apprestò ad
aggiungere: - Sei tu il
ragazzo davvero cattivo, Leeyum. Qualcuno dovrebbe metterti in
castigo.- non
appena vide una strana sfumatura passare dai suoi occhi, qualcosa di
molto
simile al rimorso.
Si
strinse nelle spalle
con un ghigno alla sua occhiata sorpresa e confusa, intrecciando le
dita tra i
suoi capelli fini alla base della nuca, e appoggiò la
guancia contro la sua
spalla, chiudendo gli occhi e premendo le labbra contro la pelle calda
del suo
collo mentre si rilassava per la mano che Liam faceva scorrere lungo la
schiena.
-
Ti riporto a casa, va
bene?-
Annuì
senza accennare a
staccarsi da lui a quella domanda, strofinando il naso contro la sua
spalla, e
mugugnò solamente al suo: - Se non siamo a casa tua entro
mezz’ora, sarai in
punizione a vita.- per poi sbuffare tra i “Ancora
qualche minuto” e “Mi
sei mancato
troppo, Leeyum”.
-
Anche tu,
scricciolo.- lo sentì ribadire ancora una volta quel
concetto, sciogliendosi
per la sua stretta contro il fianco, e mosse i polpastrelli contro la
sua cute
al suo insistere con: - Non volevo ignorarti per così tanto,
perdonami. Non
volevo parlarne con nessuno, non volevo che diventasse ancora
più vero e non
sapevo come gestire tutta questa situazione. Pensavo di fare la cosa
più
giusta, più facile, a evitare quell’argomento e
sapevo che se ci fossimo sentiti
non sarei riuscito a fingere. Non volevo farti soffrire,
però è andata
ugualmente così.-
-
Perché sei uno
stupido.- borbottò, non appena lo sentì lasciarsi
andare a un sospiro affranto,
e appoggiò la fronte contro la sua per guardarlo negli occhi
e sussurrare: -
Andrà tutto bene, fidati di me. Qualunque cosa accada io ci
sarò per te, ma tu
non devi chiudermi fuori o non so come aiutarti.-
-
Cosa intendi per
punizione?- lasciò che cambiasse il discorso in quel modo,
sfiorandogli il
dorso della mano con i polpastrelli e mormorando: - Ripetizioni in
matematica,
senza alcuna distrazione.-
Scoppiò
a ridere
all’occhiata e al verso del più grande, annuendo
con serietà e ripetendo più
volte “Ripetizioni e basta”.
Strinse
le dita sulla sua guancia, tirandogliela appena tra le risatine, e vi
schioccò
contro un bacio, prendendolo per mano e guidandolo verso il punto da
cui erano
arrivati. Continuò a camminare mentre ascoltava i suoi
lamenti e i suoi “Non puoi
obbligarmi a tenere le mani a
posto, quella è una tortura!”, dando
degli strattoni al suo braccio per
fargli aumentare il passo, e fissò un punto di fronte a loro
al suo improvviso
interesse per la giacca che indossava e “Ormai
è più tua che mia, stavo pensando di regalartela”.
-
Non ti sembra stupido
il fatto che mi senta quasi invincibile nell’indossarla?-
domandò con un filo
di voce, sperando quasi di non essere ascoltato dal ragazzo che gli
camminava
accanto. Tenne gli occhi piantati di fronte a sé,
rafforzando la stretta
attorno alla sua mano, e si mordicchiò il labbro inferiore,
sentendo la sua
risposta, quel suo “Ti rende una
delle
persone più belle che abbia mai avuto accanto. E una di
quelle che non dovrei
farmi scappare”, che gli fece arricciare le labbra
in un sorriso felice.
Era
finita con un’altra
settimana di reclusione per Zayn, né Yaser né
Trisha avevano accettato alcun
tipo di compromesso, e aveva passato quei pomeriggi con il blocco di
fogli
bianchi e una matita stretta tra le dita, mentre cercava di riportare
alla
memoria particolari del viso del castano per raffigurarli poi con dei
semplici
tratti.
Aveva
cercato di farsi
bastare dei semplici messaggi o le chiamate serali, nonostante
l’idea di
progettare un’ennesima fuga fosse sempre presente in un
angolo remoto della
testa, e aveva sorriso contro il cuscino per ogni “Mi manchi, scricciolo” prima di
addormentarsi con la parlantina di
Liam contro l’orecchio; la mattina dopo trovava sempre il
solito messaggio - «
Non è buona educazione dormire quando una persona ti sta
parlando, micetto. » -
e gli rispondeva con una serie di emoticon e il buongiorno.
A
scuola la situazione
era fin troppo stabile, oltre alle volte in cui si era dovuto
nascondere nei
bagni pur di non ascoltare i racconti di un Harry fin troppo
innamorato, e il
gruppetto dei suoi persecutori gli lanciava solo occhiate da lontano,
Jason
sbatteva contro di lui nei corridoi e gli rivolgeva
un’occhiata sprezzante. Ma
non doveva farsi intimidire da lui, o almeno era quello che gli
ripetevano un
po’ tutti - i suoi genitori, Doniya, Harry e persino Eleanor
- mentre Liam
restava in silenzio fino a quando non decideva di cambiare discorso.
Quel
venerdì
pomeriggio, mentre si concentrava per disegnare il suo ragazzo nei
panni di un
supereroe, aveva sentito vibrare il cellulare contro il legno della
scrivania e
aveva letto con un sorriso il nome “Leeyum”, per
poi aggrottare la fronte in
un’espressione preoccupata a quel che stava scritto nel
messaggio.
«
Mi hanno tolto il
gesso oggi, devo fare qualche visita ancora e non mi hanno fatto sapere
nulla.
Sono in palestra con Dominic e mi sono trovato quel coglione negli
spogliatoi. »
Erano
due minuti che
stava cercando di scrivere l’abbozzo di una risposta,
cancellando ripetutamente
il risultato finale e mangiucchiandosi le unghie tra tutte le
preoccupazioni;
sospirò di sollievo all’arrivo di un nuovo
messaggio del ragazzo - « Abbiamo
parlato e dovevi vedere la sua faccia, era spaventato come un bambino.
Se ti
tocca ancora, deve vedersela con me. » - e scosse il capo con
uno sbuffo,
rispondendo solo al successivo messaggio e al suo invito a raggiungerlo
il sabato
pomeriggio per le ripetizioni.
Era
riuscito a
convincere i genitori con la promessa di prendere almeno una B nel
successivo
compito in classe, aveva preso l’autobus e era stato accolto
dalla madre del
ragazzo, si era fatto accompagnare nella sua stanza e le aveva detto di
poter
aspettare lì il figlio, di non disturbarsi per tutto quello
che gli stava
offrendo e sorridendo felice al suo “Ci
sei mancato, Zayn”.
Si
era quindi seduto al
centro del letto, il blocco di fogli puliti sul ginocchio, e aveva
tenuto il
labbro stretto tra i denti mentre si concentrava sui particolari di un
disegno
che stava portando avanti da qualche giorno, distogliendo di tanto in
tanto lo
sguardo per guardarsi attorno in quella stanza ormai così
famigliare. Era preso
nel rifinire i tratti decisi del mantello, quando sentì la
voce di Liam sulle
scale e il suo rifiutare qualsiasi cosa gli stesse offrendo la madre,
per poi
aprirsi in un sorriso enorme nel vederlo aprire la porta e raggiungerlo
fino a
stendersi sopra di lui, baciandolo con insistenza e portando entrambi i
palmi
sulle sue guance.
-
Mi sei mancato,
scricciolo.- percepì le sue labbra muoversi contro le
proprie più che sentirne
il suono, si mosse appena sotto di lui e risalì con le dita
lungo le braccia
con cui si teneva sollevato. - Il coach mi ha trattenuto per parlare di
cose
stupide, sono ancora sudato per l’allenamento ma mi sei
mancato troppo per
aspettare un minuto di più.-
Arricciò
il naso in una
smorfia e scoppiò subito dopo a ridere, avvolgendo le
braccia e le gambe
attorno a lui per averlo ancora più addosso, passando la
lingua contro il suo
labbro sporgente mentre cercava di far scivolare la sua felpa lungo le
spalle in
gesti frettolosi. Spostò quelle attenzioni sul suo collo,
succhiando fino a
lasciargli un segno rosso, e premette le dita contro la sua nuca,
riprendendo a
baciarlo e scoppiando a ridere contro di lui al suo verso frustrato.
-
Non mi piace il
mantello.- lo sentì dire in un borbottio, indicandogli con
un cenno il disegno
che aveva lasciato abbandonato nel letto. Roteò
semplicemente gli occhi e
sussurrò: - Tutti i più belli hanno il
mantello.-, spiegando poi al suo
insistere con le lamentele che “Batman
ha
il mantello, anche Superman”.
-
Capitan America
invece no.-
-
Preferisci quello a Batman?- gli
chiese velocemente
non appena lo sentì concludere, guardandolo dal basso con
un’espressione di
pura confusione, e osservò le varie emozioni che passavano
dai suoi occhi prima
di arrendersi con un “Il mantello va
bene”
che lo fece scoppiare in una nuova risatina divertita.
Stava
percorrendo tutto
il suo braccio con le dita, perdendosi completamente in quel contatto,
quando
venne preso alla sprovvista dal suo chiedere: - Per la festa di
Halloween vuoi
essere la mia Catwoman?-
-
Louis non riesce a
partire per l’Irlanda, come ci aveva proposto Niall, quindi
possiamo restare
qui con lui.. e Harry?- lo sentì spiegare con un tono basso
e incerto, per poi
proporre nuovamente della festa e “Non
è
obbligatorio, ma possiamo passare due giorni assieme a casa di Louis”.
-
E tu vuoi che io
venga vestito da.. da gatto?- gli domandò con la voce
più alta di un’ottava, cercando
di ignorare il suo sorriso divertito al proprio rossore, e si
concentrò sullo
sfiorargli la porzione di pelle scoperta dalla maglia per non pensare
ai suoi
occhi accesi di malizia e al suo sussurrare “Ci
saranno tutti i nostri amici, qualcuno ti conosce già e gli
altri te
li presenterò”.
Non
aveva avuto modo di
rispondere che aveva sentito le labbra del castano lungo le guance, sul
collo e
contro l’orecchio per bisbigliare: - Ci saranno anche quasi
tutte le mie ex,
sarà l’occasione giusta per tirare fuori gli
artigli.-
Liam
non si era arreso
fino a quando non aveva ricevuto una risposta positiva a
quell’invito,
ripetendogli un elenco di nomi e “Le
sue
mani, Zay, era qualcosa di favoloso”, facendolo
irritare a tal punto da
rispondere in malo modo a ogni persona si trovasse davanti. Lo faceva
ingelosire e ridere al tempo stesso, mentre gli ripeteva che era bello
quand’era geloso e muoveva le dita lungo i suoi fianchi fino
a farlo supplicare
con le lacrime agli occhi di smetterla. Il giorno della festa
però non si
sentiva pronto, l’idea di star per affrontare quella valanga
di nomi lo
terrorizzava e lo rendeva inquieto. Come si sarebbe dovuto comportare
con loro?
Doveva preparare qualche tipo di risposta acida, come suggeriva Harry,
o far
vedere loro che Liam era suo, come invece proponeva Eleanor?
Aveva
passato il
pomeriggio precedente la festa con Harry, lanciando di tanto in tanto
occhiate
alla casa di fronte per vedere Liam e Louis destreggiarsi con fin
troppe casse
di birra, e aveva ascoltato di sfuggita il ricciolino e il suo
ripetergli di
calmarsi, che era una di quelle feste importanti e che ci sarebbero
stati tutti
quanti. Non capiva come tutte quelle informazioni servissero per farlo
calmare,
lo facevano solamente agitare sempre di più.
Era
riuscito a
convincere Harry di aspettare il momento giusto per andare alla festa,
ovvero
quando tutti gli invitati sarebbero stati presi dalla musica per badare
a loro,
e aveva quasi cercato di scappare via prima che Louis aprisse la porta
e li
prendesse entrambi per le braccia con un “Lee
stava per venire a prelevarti, quanto ci avete messo?”
Era
rimasto sempre al
fianco di Harry, rifiutando qualsiasi cosa gli offrissero da bere e
“Vuoi ballare, dolcezza?”,
aveva cercato
di ricordare tutti i nomi che Liam gli aveva fornito mentre stringeva
mani di
sconosciuti, ma la musica era troppo alta e l’ansia di
restare solo lì in mezzo
lo portava a stringere la maglia dell’amico tra le dita.
Aveva
quasi lanciato un
grido quando si era sentito afferrare per i fianchi, lasciandosi
voltare e
spingendo un pugno contro l’addome del castano, riducendo gli
occhi a due
fessure per fermare la risata divertita di Liam. Era rimasto sorpreso
quando
aveva annullato le distanze in un bacio, tenendo le braccia avvolte
attorno
alla sua vita, ma si era lasciato coinvolgere con un sorriso
più rilassato ai
suoi sussurri e “Sono felice di
vederti”,
“Mi fai impazzire”
e “Ora vuoi fare vedere a tutti che
Leeyum è
solo del suo gattino?”.
Era
riuscito a
rilassarsi completamente solo quando anche l’ultimo invitato
era uscito
barcollando, premendosi contro il fianco di Liam e ascoltando la sua
risata,
come descriveva per la terza volta di seguito l’espressione
sbigottita di una
delle tante ragazze, di cui non ricordava assolutamente il nome, quando
l’aveva
baciato nel mezzo del salone pieno di gente.
-
Non farò mai più una
cosa del genere, sei pazzo.- borbottò con una smorfia,
lasciando che avvolgesse
le braccia attorno alla propria vita e finendo sdraiato sopra di lui,
mentre
quello non smetteva un secondo di ridere e ripetere di quanto fosse
stato grandioso.
Stava
ascoltando i
discorsi tra Louis e Harry, tenendo una mano puntata accanto al viso
del
castano per non gravargli addosso, e lo sentì biascicare con
la voce impastata
dal sonno: - Sono felice che tu sia qui, è stata la festa
migliore di tutte.-
-
Solo perché c’ero
io?- lo prese in giro con un sorriso intenerito, spostandogli le
ciocche di
capelli dalla fronte, e vide il suo cenno del capo, il suo sbadiglio e
“Rendi tutto più bello”.
Angolo
Shine:
Allora,
anzitutto le
mie più sentite scuse (suppliche a perdonarmi) per il
ritardo pazzesco. Potrei
elencare una serie di motivi che mi hanno tenuto molto spesso lontano
dal
computer e/o dalla scrittura, però non voglio annoiarvi o
aprire un discorso
immenso. L’importante è che sia tornata con la
nuova parte, spero. Come spero
possa aver soddisfatto tutte le aspettative che vi siete fatte/i in
questi mesi
di assenza, dita incrociate.
Avendo
riletto tutta la
serie per poter ributtarmi su questa parte, ho inserito qua e
là dei richiami a
tutto questo lavoro massiccio e complicato che mi sto portando avanti
da più di
un anno. C’è più di un richiamo alle
prime parti (Car wash, Teach me how to
dream..) con la storia del fumetto, dei sogni di Liam e del
“compito” di Zayn
di aiutare a recuperarli.
Spero
di non aver fatto
un disastro totale, perché - personalmente - ci sono scene
che non mi convincono
granché.
Ora,
non so quanto di
voi leggono qui sotto, ma ci terrei a dire due cosine su Liam. Ho
cercato di
spiegare il suo punto di vista al meglio, le ragioni del suo ignorare
Zayn, ma
ci sono volte in cui più mi sforzo, più il
risultato è disastroso. Ci sono
persone che riescono a capire immediatamente quando qualcosa non va,
Zayn ha
questo misterioso potere su Liam, e l’unica soluzione che
viene in mente al
piccolo Leeyum è l’evitarlo. Evitarlo
così non deve spiegargli il motivo, può
fingere che vada tutto bene e nascondere ogni cosa. Non odiatelo, ha
solo
cercato di rimandare il più possibile il momento
dell’accettare la sua
condizione fisica (se ci riferiamo alle fasi per affrontare un
qualsiasi
dolore/perdita: negazione; rabbia; contrattazione; depressione e
accettazione).
Avviso
fin da ora che
dovrete aspettare due/tre mesi per una tredicesima parte - se ancora la
vorrete
- perché sono impegnata con le altre one-shot che sto
portando avanti e che
dovrei pubblicare in questo luuungo lasso di tempo.
Dato
il clamoroso
ritardo di quasi due settimane dall’ultima data di scadenza (Va davvero in fretta il tempo quando sei in
ritardo) ho deciso di offrirvi due
“piccoli” spoiler di quel che sto
attualmente scrivendo.
La
Diabolik!AU,
tema già affrontato nello spin-off/missing moment “We’re
lost in a Masquerade”
Non
era riuscito ad
impedire ai propri occhi d’incrociare quelli dello
sconosciuto, aggrottando la
fronte nel vederlo annuire e mormorare: - Problemi di cuore?- mentre
poggiava
il bicchiere pulito sul bancone e recuperava la bottiglia di liquido
dorato,
mostrandogliela come a chiedergli un’ulteriore conferma.
-
Ti pagano per
ascoltare le lagne dei clienti o per farti i fatti tuoi?- gli
domandò con un
tono freddo, indicandogli il bicchiere con gli occhi ridotti a fessure,
e restò
sorpreso nel vedere una strana sfumatura nei suoi, come se si stesse
trovando
in una situazione esilarante. (..)
-
Ricordavo di averti
chiesto del Whiskey con tanto ghiaccio, non dovresti soddisfare tutte
le
richieste dei clienti?- gli domandò con un sorriso
strafottente sulle labbra,
vedendo come si stesse sforzando di mantenere una facciata fredda nel
riempirgli nuovamente il bicchiere e aggiungere tre cubetti di
ghiaccio,
porgendoglielo con un “Tutto per
lei,
signore”.
Non
riuscì a bloccarsi
dal ridacchiare: - Non sono così vecchio!- e
restò impassibile di fronte a quel
ragazzino e al suo ribattere “Hai
pagato
per il drink o per flirtare con me? Perché il prezzo si alza”,
lasciandolo
con la bocca schiusa dallo stupore e gli occhi increduli fissi sulla
sua
schiena, su come gli dava le spalle e si allontanava verso il nuovo
cliente.
Una
specie di sirenetta
moderna con un Liam impacciato e i Larry che sembrano tanto
coppietta
sposata
-
Ascolta, Li.- riprese il
discorso Harry, passando il tovagliolo contro le labbra e sistemandolo
poi con
cura sul tavolo. - Oramai non possiamo cambiare questa situazione e non
mi
sembra salutare per nessuno quel che stai facendo, non puoi stare
chiuso in
casa perché questo posto non ti piace. Siamo qui e dobbiamo
farcelo piacere.-
concluse con un tono solenne quanto lapidario, ottenendo dei lamenti da
parte
sia di Liam che di Louis. (..)
-
Voi volete che io..- sussurrò
dopo qualche minuto di silenzio, concentrandosi sulla forchetta stretta
tra le
dita e che mosse tra quei cibi strani, per poi aggrottare le
sopracciglia nel
ripetere: - Volete che io esca da questa casa? Mi state cacciando?-
Non
sapeva cosa ci trovasse
Louis di tanto divertente, aveva lanciato un’occhiata nella
sua direzione e
l’aveva visto continuare a ridere, non fermandosi nemmeno
sotto quelle minacce,
e invece Harry fissava il ragazzo dagli occhi azzurri con un sorriso
dolce
sulle labbra. Riuscì ad ottenere una risposta solo dopo
cinque minuti, dopo
aver incrociato le braccia e aver rivolto loro un’espressione
scocciata,
concentrandosi sul “Ti
peserà meno questa
separazione, se inizi ad accettare i ritmi di questa città”
e ignorando il
“Tu non ti sei fatto problemi a
cacciarci
da casa nostra”. Rivolse una breve occhiata di
sufficienza a Louis,
evitando di ricordargli che non si era opposto a quella scelta, e aveva
pensato
alle parole di Harry, al fatto che forse non aveva tutti i torti e che,
se era
stato scelto come suo consigliere, era in grado di gestire meglio di
lui
situazioni analoghe.
Ora
torno a scrivere, al
solito, e il capitolo della long (You’re my end and my
beginning) ritarda
ancora un pochino.
Grazie
a tutti dell’incredibile
pazienza, a presto!
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