Ex cineribus
“Devo
parlarti.”
Bastarono
queste parole – e la subito precedente suoneria dei
messaggi – a Charlie per capire che quel momento a lungo
rimandato, fin troppo, era ormai giunto.
Non
poteva più sfuggire al suo destino, quella parte del
fato che le era già noto da circa sei mesi prima.
Quel
fato che, da codarda quale non era mai stata fino a quel momento,
non le aveva permesso di tirar fuori il coraggio per mettere la parola
“fine” a un capitolo della sua vita tirato troppo
per le lunghe, le cui pagine dell'esistenza erano state incrinate fino
a sgretolarle.
Sentiva
che la colpa non era sua, non questa volta, ma intanto si
sentiva colpevole dinanzi a se stessa, responsabile della sua stessa
sofferenza.
Avrebbe
potuto dire o fare tante cose, ma non lo aveva fatto, aveva
solo prolungato la sua agonia e si detestava per questo. Conoscendosi,
immaginava che si sarebbe colpevolizzata per sempre.
Si
morse il labbro inferiore fino a farselo sanguinare, assaporando
l'aroma ferroso.
Nel
mentre che digitava una semplice parola – Dimmi.
– sospirò attendendo l'inevitabile.
«Finalmente
finirà, questa pagliacciata»
disse, mentre chiudeva il libro che stava leggendo, aspettando che lui
digitasse quanto aveva da dirle.
Non
avrebbe potuto definire meglio quel rapporto malato che aveva
vissuto, che stava ancora vivendo, ma che nel giro di pochi minuti
sarebbe stato per sempre reciso.
Lo
sapeva, lo aveva intuito da tanto, eppure non aveva agito.
Si
chiese il perché, ma non trovò risposta
nell'immediato.
Tormentarsi
in quel momento era inutile, ma la ragazza voleva conoscere
più a fondo la verità nel suo animo.
«È
possibile che la paura di morire sia inferiore
a quella di soffrire?»
Sì, è
così; è questa la
risposta che si diede Charlie subito dopo esserselo chiesto.
La
paura di restare soli è probabilmente la paura
più grande che permette di accontentarsi e di circondarsi di
cose e persone che non ci rendono felici.
Facendo
una scelta di questa portata si paga lo scotto di quello che
potrebbe essere il volo più splendido della propria vita,
negandoselo volontariamente, mentre ci si appaga di poco.
Si
agisce comunque così, a dispetto della sofferenza, che
pare sopportabile rispetto al vuoto dell'anima che si avrebbe perdendo
anche quel rapporto sbagliato, stretto per disperazione, e che
più passa il tempo e più si rarefa.
“Sono
felice di averti resa più sicura di te. Sono
stato per te come un padre, in un certo senso. Hai bisogno di fare
esperienze, io ho bisogno di rinascere.”
«Per
quale motivo, semplicemente perché sei stato
l'unico con cui sono andata a letto? Secondo te avevo bisogno di
qualcuno per tale scopo? Su, dilla la verità, non
è questa, c'è un'altra; poche stronzate, cocco. E
poi mi hai resa più sicura di me? Non ti ha mai sfiorato
l'idea che finalmente io potessi piacere davvero a qualcuno, grande
uomo vissuto che vive sul piedistallo d'oro, piacerti? Credo di no,
nemmeno per l'anticamera del cervello, e quando mai»
sibilò tra i denti, ogni parola intinta di veleno ricco di
rabbia.
Charlie
non si era sbagliata, c'era davvero un'altra ragazza, che, a
quanto pareva aveva permesso a lui di “ricominciare ad amare
una persona da zero”, stando alle sue parole.
Per
un attimo la giovane si chiese se era destinata a rivivere gli
stessi avvenimenti per più volte nella vita, ogni volta con
un climax di offese, velate e non alla sua persona che, per quanto
armata delle migliori intenzioni e dai sentimenti di voler diventare
più forte, la rendevano fragile, vulnerabile, a suo dire
immeritevole di poter godere dell'affetto sincero di qualcuno
considerando come è stata più volte trattata.
«Di
nuovo sostituita da un'altra tizia, vogliamo scommettere
questa volta che è più magra di me?»
commentò sarcastica tra sé a voce alta, ma
convinta nel suo intimo di aver azzeccato anche questa supposizione.
“Possiamo
restare amici, se la cosa regge.”
«No,
mai. Questo è un addio; non mi hai mai
voluta, perché dovrei volerti nella mia vita in un'altra
veste rispetto a quella che potevi pensare prima? Avremmo potuto
costruire qualcosa, assieme. Se non ti vado bene come persona con cui
condividere tanto, figurati se posso andarti bene come amica. Per me
l'amicizia è più importante dell'amore. Andate a
fare in culo, tu e quell'altra, e sparisci per sempre dalla mia
vita.»
“Non
finirai nel dimenticatoio.”
«Presto
o tardi sarai tu a finire nel mio, non dubitarne. Mi
sono lasciata molta merda alle spalle, tu non sei il primo tra gli
stronzi con cui ho avuto a che fare, ma sei sicuramente il peggiore
finora e non è un onore esserlo.»
Charlie
non scrisse nemmeno una sola parola di quelle che disse tra
sé, il volto rigato dalle lacrime che morivano tra le sue
labbra increspate in un sorriso.
Era
talmente stanca e stufa da non voler sprecare più parole
del dovuto, quelle che aveva proferito bofonchiandole in camera sua
dovevano restare lì; lui aveva avuto fin troppo da lei, a
partire dalla sua – pressappoco inesistente –
pazienza fino a giungere a un sincero affetto che avrebbe potuto
trasformarsi in qualcos'altro.
Evidentemente
le cose non dovevano avere questo sviluppo.
O,
per essere più precisi, qualcuno ha deciso che
ciò non doveva accadere.
Sapeva
che fingendo di incassare le sue parole non gli avrebbe dato
tanta importanza.
La
ragazza era consapevole di quanto lui amasse essere al centro
dell'attenzione, persino nella mente e nel cuore delle persone, quelli
di Charlie per primi.
Molte
cose adesso le parevano più chiare, mentre quelle
irrilevanti diventavano sempre più sfocate.
Si
limitò a digitare semplicemente un “Non abbiamo
più altro da dirci”, mentre a se stessa disse:
«È finita, sono libera.»
Scritto
ciò, iniziò a cancellare la conversazione
sul cellulare, a eliminare ogni foto che gli aveva mandato, che aveva
ricevuto, quelle fatte assieme, i video che aveva salvato, sia dal
telefono sia dal computer.
Nessuna
esitazione, nessuna incertezza o ripensamento nei gesti.
Più a lungo avrebbe rimandato anche questa azione e
più avrebbe sofferto.
Aver
già avuto un'esperienza simile le aveva permesso di
imparare cosa fare nel caso fosse ricapitata un'altra circostanza del
genere.
Aver
ammesso questo, a cuor leggero, fece capire alla ragazza che per
sua immensa fortuna non era ancora giunta a innamorarsi di lui.
«Non
era amore, non lo è mai stato, gli ho dato il
mio bene, ed era tutto quello che potevo dargli. Sapevo che sarebbe
finita così e mi sono messa i paletti da sola. Se qualche
volta ho pensato di poter provare a iniziare qualcosa con lui, il
pensiero sfumava dalla mia mente alla stessa velocità con
cui lo avevo ideato. Che cogliona ad averci provato, vero?»
All'inizio
era stata bene con lui, ma col tempo quella sensazione di
benessere era stata sostituita da un alone molto pesante di tetraggine,
sospetto, rabbia, sofferenza, che nel cuore della notte l'aveva
assalita, facendola piangere a dirotto.
«Avrei
continuato a piagnucolare per lui e per il mucchio di
bugie che sentivo veritiere e ora confermate. Sicuramente
piangerò nei giorni avvenire, specie grazie agli incubi che
giungeranno; saperlo però mi rende conscia del fatto che ne
uscirò viva, ancora una volta. E adesso è meglio
che mi dia da fare.»
Non
desiderava avere più nulla che potesse rimandare
soltanto il pensiero a quella persona, un individuo che aveva deciso di
uscire dalla propria e che, al tempo stesso, non desiderava
più avere lei nella sua.
Si
alzò dalla scrivania e prese dalla libreria in soggiorno
un libro, regalo di lui, si diresse verso il salotto e lo
gettò nel caminetto acceso.
Osservò
il libro bruciare, mentre la carta alimentava le
fiamme che la stavano riscaldando.
La
lettura è sempre stata una delle sue grandi passioni,
quel libro le era anche piaciuto e se il giorno prima un indovino le
avesse detto che avrebbe compiuto un atto per lei così
sacrilego
non avrebbe creduto a nessuna parola del vaticinio;
pensò però che avrebbe potuto ricomprarlo tra
qualche anno, con i suoi soldi.
Tutto
quello che importava in quel momento era cancellare ogni segno
del suo passaggio.
Quelli
lasciati nell'animo sarebbero stati più difficili da
annullare, ma la fonte di sofferenza maggiore sarebbe sorta se non
avesse iniziato a prendere concretamente in mano le redini della
situazione.
Non
si sarebbe più ripresa.
Lei,
però, era fin troppo attaccata alla sua vita e ai suoi
sogni per spegnerli a causa di un amore che non c'era mai stato e che
non aveva mai chiamato a tal modo, a causa di una presa in giro
mascherata dalle migliori intenzioni che si sono rivelate false,
meschine, come lui.
Scrisse
un SMS chiedendo a una sua cara amica se l'indomani sarebbe
potuta passare da lei per chiacchierare un poco e per completare
l'opera di buttare i frammenti di lui laddove lei non avrebbe
più potuto vederli o toccarli.
Sorrise
sarcasticamente. Il suo istinto aveva provveduto a dirle che
non sarebbe finita bene, altrimenti non avrebbe impacchettato i vestiti
del ragazzo per poi lasciarli dalla sua amica; una parte di lei non
voleva più averci nulla a che fare da tanto tempo. Sia coi
regali sia con lui, ovviamente.
Perché
aspettare tanto, allora?
La
paura era stata più forte, ma Charlie giurò a
se stessa che questo non sarebbe più accaduto.
Non
sarebbe più scappata dai suoi problemi, lasciando che
fossero gli altri a tracciare l'epilogo di una relazione di qualsiasi
genere e non lei, se riceveva con largo anticipo il sentore di un
fallimento.
Non
considerava lo scrivere quest'epilogo come una debolezza, un modo
per arrendersi, alle volte è davvero necessario rendersi
conto che se non si prova nemmeno più una forma di dolore
nelle viscere, allora tutto quello che si pensava avere è
già parte del pulviscolo, la cenere di un sentimento
combusto e che non tornerà a essere alimentato.
Mai
più.
Charlie
sorrideva, si specchiò e se da una parte vide
l'ombra della ragazza che era e che si era trascurata lasciandosi
andare a crisi isteriche di pianto che non avevano risolto nulla,
dall'altra si accorse che nei suoi occhi brillava una nuova luce, una
fiamma, intrisa di quel vivo desiderio di scoprire cosa le avrebbe
riservato il futuro, cosa avrebbe assaporato, a partire da quel giorno;
una nuova alba.
Si
vestì subito, non negandosi il piacere di truccarsi come
più le aggradava.
Per
quanto il lato più orgoglioso di lei, quello che non
avrebbe mai facilmente accettato la presenza di quell'altra ragazza
come “prima scelta” stesse scalpitando, l'altro
lato della sua persona, quello che aveva capito quanto valesse come
ragazza e come donna, sapeva che, un domani, se l'avvenire le avesse
sorriso, avrebbe incontrato qualcuno, qualcuno per cui valesse la pena
fermarsi e dire a se stessa di accoglierlo nel suo cuore. Ma non
sarebbe proprio stato da lei cercare di vivere per qualcuno.
Adesso
c'era solo lei. Era solo lei a contare nel suo universo.
Un
universo fatto di ceneri, lasciate alle proprie spalle, per
bruciare, tornare a nuova vita.
Era
questo quello che reclamava a gran voce, da tempo, la fenice che
albergava e dimorava in lei.
Finalmente
era riuscita a raggiungerla, a farsi sentire, a essere
ascoltata.
Accese
il lettore musicale mentre prendeva la borsa. La riproduzione
casuale sembrò dirle che la musica era con lei e non
l'avrebbe abbandonata.
Ripose
nella sacca il Moleskine; la sua fida compagna e amante aveva
aspettato di varcare nuovamente la soglia del suo animo proprio nel
momento in cui Charlie si sbarazzò delle erbacce che non
avrebbero mai messo radici.
Scott
Stapp iniziò a cantare e Charlie cantò
assieme a lui.
Chiudendo
la porta di casa, pronunciò delle parole che aveva
sempre sentite sue, nelle corde del suo cuore e che avrebbe inciso,
all'indomani, sulla sua pelle.
Era
un canto di vittoria, il canto della sua rinascita.
«Ex
cineribus resurgo.»
Angolino dell'autrice.
Non mi ritengo migliore delle altre persone, non voglio fare discorsi
importanti o chissà cos'altro e se siete arrivati qui a
leggere
queste note, vi chiedo di non giudicarmi.
Ho semplicemente scritto per me, di me, esorcizzando con la mia
alter-ego ciò che mi è accaduto un mese fa.
I fantasmi del passato possono essere soltanto un brutto ricordo ormai
archiviato solo se sconfitti e io sono intenzionata a farlo; questo
scritto mi servirà da memento sia perché ho
deciso di
tornare a volare bruciando dalle mie ceneri, come la fenice che so di
avere e di essere, sia perché la Scrittura è
tornata da
me non appena mi sono lasciata questa persona alle spalle, come se non
aspettasse altro;
Lei c'è sempre stata. Certo, mi sento ancora molto
arrugginita, ma sento scorrere in me una nuova energia.
Dedico questo piccolo scritto a chi, come me, vive una cosa del genere
e dico che, se vi siete resi conto che qualcuno vi fa soffrire quando
dovrebbe farvi star bene, non aspettate che tronchi l'altra parte per
voi, fate voi la prima mossa, il primo passo per rinascere è
la
consapevolezza di aver affrontato il grosso già a partire
dall'inizio. Io non l'ho fatto e infatti mi sto riprendendo lentamente,
più di quanto non avrei fatto se avessi detto io
“basta”, lo so.
E lo dedico anche a me, un regalo-di-non-San-Valentino,
perché
mi amo e questa è la mia vittoria più grande di
tutte.
Un abbraccio,
Barbara.
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