Traduzione dedicata ad una teme
Traduzione
dedicata ad una teme Moyashi di mia conoscenza…
E tu sai
perché, sis! Ti voglio bene!
04 Dicembre
2008
∞ Snow Converse ∞
Original story written by Suteki Yamamoto
Translated by Mistral
http://www.fanfiction.net/s/4594747/1/Snow_Converse
Allen smise
di seguire le orme, alzò lo sguardo verso il cielo color cenere e allungò una
mano con il palmo guantato a coppa, sorridendo mentre candidi fiocchi di neve vi
si posavano. Aspettò pazientemente che il tepore del suo corpo li sciogliesse e
li fece gocciolare dalla mano, creando piccoli buchi nel manto bianco sul
terreno.
Poi lasciò
cadere le braccia lungo i fianchi e chiuse gli occhi, alzando la testa per godere
della fredda sensazione della neve gelata sul suo viso, sfregiato dalla
cicatrice ma ancora infantile, pur con una punta di virilità. Sospirò.
"Ehi Kanda,
ti piace la neve?" chiese Allen al compagno di quella missione, continuando a
tenere gli occhi chiusi mentre aspettava da lui una risposta.
Kanda lo
ignorò e infastidito continuò ad avanzare. Mentre camminava, i suoi capelli
dondolavano e le sue impronte spiccavano nette sul terreno bianco e
morbido. Alla fine, riluttante, si fermò e si voltò indietro, mentre la coda
sferzava l'aria gelida e atterrava sulla spalla, per poi essere immediatamente
buttata indietro. Si avvicinò ad Allen a passo di carica e gli si fermò di
fronte, chiaramente infuriato.
"Qual è il
tuo problema? Non abbiamo tempo da perdere stando qui a guardarti prendere la
neve! Muoviti!"
Allen si
limitò a sorridergli docile, guardandolo negli occhi. Kanda gli lanciò
un'occhiataccia, ma fu colto di sorpresa dalle tante emozioni che stavano
affiorando nello sguardo del compagno: tristezza, disperazione, vulnerabilità,
angoscia - tutti sentimenti negativi che non avrebbe mai creduto di poter vedere
nel Moyashi. Era sempre sembrato un ragazzino ingenuo, senza alcuna
preoccupazione, sempre con quel sorriso gentile sulle labbra. Ma, adesso che ci
pensava Kanda lo capiva, quella per Allen non era che una maschera per
nascondere le sue debolezze, il suo essere fragile e fuggire in un mondo fatto
solo di cose belle.
La morte del
suo maestro, il sospetto (la certezza) di essere il 14esimo e tutti gli
sconvolgimenti emotivi che aveva vissuto erano semplicemente troppo per lui.
Stava lentamente crollando. E per di più era solo un ragazzo di 15 anni
costretto a convivere con l'Innocence e a combattere sempre fino alla morte.
Tutti i
componenti dell'Ordine Oscuro, Kanda se ne stava rendendo conto, non avevano mai
visto il vero Allen: era depresso, indifferente o felice quand'era da solo nella
sua stanza? Kanda voleva capire come quel ragazzino riuscisse a portare tutto il
peso che era stato caricato sulle sue spalle e continuare a comportarsi davanti
a tutti come aveva sempre fatto. Lui lo sapeva, lo sapeva che era
estremamente doloroso e poteva essere deleterio per il proprio equilibrio
interiore.
Allen lo
guardò di nuovo, le sue ciocche candide a celare gli occhi alla vista
dell'altro.
"Secondo me
la neve somiglia molto alle vite degli uomini, è così bella eppure così fragile.
Il più piccolo danno che subiscono può farli scomparire. Eppure vengono
continuamente mandati su questa terra, senza sapere il perché né poter scegliere
cosa fare della propria esistenza. Per quale motivo nascono, se poi possono
dissolversi così facilmente?" chiese Allen, la voce impregnata di tristezza.
Kanda notò
una lacrima scivolare sulla guancia del ragazzo: stava piangendo? Lo spadaccino
rimase in silenzio, non sapendo bene come comportarsi. Si rendeva perfettamente
conto di non essere in grado di confortare una persona; era spiazzato, non
sapeva cosa fare né cosa dire. Per lungo tempo aveva rifiutato ogni forma di
compassione, considerandola inutile in una guerra crudele; aveva gettato via le
emozioni che appartengono ad ogni uomo e congelato il suo cuore per evitare di
soffrire. All’improvviso, Kanda capì: Allen era come lui, l’unica differenza
stava nel fatto che si era concesso dei sentimenti, accettandoli nella loro
totalità e rimanendone profondamente ferito. Perché Allen faceva questo a se
stesso?
“Voglio
sperimentare tutte le emozioni che gli esseri umani possono vivere. Non voglio
perdere il mio cuore in questa guerra, trasformandomi in nient’altro che una
macchina per uccidere. Anche se mi fa dannatamente male, voglio comportarmi in
modo diverso, come una persona forte dentro e fuori, una persona cortese. Come
Mana”. L’ultima frase Allen la pronunciò in un sussurro, ma lo spadaccino la udì
fin troppo bene: il Moyashi era sempre stato così scoraggiato, così infelice?
Non ne aveva idea.
Kanda si
trovò ad avvicinarglisi di più e a posare una mano sul suo capo. Allen alzò la
testa per guardarlo, gli occhi spalancati per la sorpresa, le lacrime che ancora
scendevano. Il suo sguardo incrociò quello blu scuro del compagno e vi lesse…
gentilezza?
“Non capisco
un dannato accidente delle cose che stai dicendo, ma dov’è finito il Moyashi che
conosco? Lui è sempre quello che non si arrende mai, ingenuo e insistente come
la morte. È sempre quello che tira su il morale a tutti e dà agli altri il
coraggi di fare le cose più difficili. Cerca continuamente di superare i suoi
maledetti limiti e mette gli altri prima di se stesso. Senza dimenticare che è
tremendamente stupido!”
A quelle
parole, le labbra di Allen si curvarono in un sorriso sincero, mentre gioia e
tranquillità tornavano a splendere nei suoi occhi grigio-argento.
Kanda iniziò
ad allontanarsi, lasciandolo indietro; il ragazzo rimase immobile ad osservare
la schiena dello spadaccino mentre il suo sorriso si allargava.
“Grazie
Kanda” mormorò poi.
“Ehi
Moyashi! Vieni o cosa? Dai, muovi il culo!”
“BaKanda,
aspettami! Ehi! Mi hai sentito? Rallenta…” Allen si mise a correre, tornando a
camminare solo una volta raggiunto lo spadaccino. “Ehi Kanda, ho fame…”
“Che cosa?
Ma se abbiamo appena mangiato!”
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