CAPITOLO 1: UN RITORNO
INASPETTATO
La Perla
Nera, la nave conosciuta con terrore da svariati anni in tutti i
Caraibi, si era lentamente inabissata.
A nulla erano valsi i
tentativi della sua ciurma, forse l’unica ad aver avuto il
coraggio e la lucidità di sfidare il kraken delle maree.
Quel mostro dagli enormi tentacoli aveva inesorabilmente portato a
termine il compito per cui era stato richiamato dal crudele padrone
degli oceani cui obbediva, trascinando lo splendido veliero nelle
profondità marine.
E con esso scompariva
un pezzo di storia della pirateria.
Nessuno aveva osato
proferire parola dopo l’accaduto, ma soprattutto dopo che
Elizabeth aveva raccontato ai compagni di come fosse stata
volontà del capitano, Jack Sparrow, morire con la sua nave.
Nessuno aveva
ribattuto a quelle parole poiché tutti si erano pentiti di
aver giudicato quel pirata un uomo vile, egoista e sempre pronto a
fuggire davanti al pericolo. Egli invece era stato eroico e altruista,
offrendo la sua vita per risparmiare quella degli ultimi compagni di
avventure sopravvissuti alla furia assassina di quella creatura
mostruosa.
Mentre la scialuppa,
mossa quasi inconsciamente dalle bracciate di Pintel e Ragetti,
attraversava l’ampia distesa di acqua salata, un silenzio
pesante continuava a serpeggiare tra gli uomini a bordo che evitavano
di guardarsi negli occhi per non mostrare gli uni agli altri che
avevano versato qualche lacrima. Infine raggiunsero la foce di un
fiume, quando già era calata la notte, un fiume dalle rive
nascoste e in parte ostruite dalla lussureggiante vegetazione tropicale.
Non avevano deciso
espressamente di scegliere quel luogo come riparo e consolazione dalla
tristezza e dal senso di colpa che stringeva i loro cuori, ma in
qualche modo lo trovarono, come sospinti da una qualche forza che aveva
già deciso la rotta.
Anche lì
regnava una calma quasi irreale, nessuna increspatura nelle acque,
nessun suono dalla terra circostante. Quelle che da lontano apparivano
come decine di lucciole si rivelarono poi donne che reggevano delle
candele, con visi funerei, visione quasi spettrale che
atterrì ancora di più i viaggiatori della
scialuppa: sembrava che anche lì fosse giunta notizia di
quanto era accaduto.
La porta della
palafitta si aprì ancora prima che bussassero e la sua
proprietaria li accolse all’interno, senza proferire parola,
ma scrutando ognuno degli ospiti dritto negli occhi.
Will, Elizabeth,
Gibbs, Pintel, Ragetti, Cotton presero posto in angoli diversi della
stanza, tenendo sempre lo sguardo chino a terra. Poi Tia Dalma
portò loro da bere una bevanda dal gusto gradevole e
indistinto e di temperatura piacevolmente calda.
Allora Gibbs si
limitò a pronunciare le poche parole: - Il capitano non ce
l’ha fatta.
L’enigmatica
donna gli poggiò una mano sulla spalla e poi si
spostò lentamente, bisbigliando all’indirizzo di
Elizabeth che non riusciva più a trattenere lacrime
silenziose: - È per il freddo … e per il dolore
– offrendole un bicchiere di quello stesso infuso.
La chiromante si
avvicinò con passi silenziosi a Will Turner. Il ragazzo
continuava a conficcare e poi staccare il pugnale dal manico bianco e
nero donatogli dal padre su di un tavolo, scandendo tale gesto con
ritmo costante, quasi fosse un orologio. Le parole di Tia Dalma lo
distolsero da quel movimento ipnotico: - È un peccato: lo so
che pensavi che con la Perla potevi catturare il diavolo e liberare
l’anima del padre tuo.
Senza guardarla
né chiederle come facesse a conoscere le sue intenzioni,
rispose con un velo di rabbia e di malinconia nella voce: - Non
importa, ormai. La Perla è morta, e con lei il suo capitano.
Subito si fece avanti
Gibbs: - Sì, e il mondo già sembra aver perso un
po’ della sua luce. Ci ha imbrogliati tutti, fino
all’ultimo – pronunciò con rancore
– ma alla fine ha avuto il sopravvento la sua vena
d’onestà.
Non poteva giurare di
conoscerlo a fondo, ma aveva sempre creduto in quel lato del suo
carattere che Jack Sparrow, da pirata, aveva cercato sempre di
nascondere. E lo ammirava per questo, perché non era
malvagio nell’animo come tanti altri uomini che aveva
conosciuto, soltanto forse un po’ troppo orgoglioso e sicuro
di sé e sprezzante delle capacità degli altri.
Con commozione il marinaio alzò dunque il bicchiere dicendo:
- A Jack Sparrow!
- Non ci
sarà un altro capitan Jack! – gli fece eco Ragetti
con pari emozione nella voce.
- Era un pirata
gentiluomo, questo era! – aggiunse Pintel.
- Era un
brav’uomo – affermò seccamente
Elizabeth, senza riuscire a concludere quel brindisi bevendo, come
avevano fatto tutti gli altri.
Will la aveva
osservata tutto il tempo stando attento che lei non lo notasse, cosa
assai semplice dal momento che la ragazza sembrava essere ricaduta in
un torpore insolito: non sembrava più la fanciulla solare,
forte e piena di vita di cui si era subito innamorato. I suoi occhi
brillavano ma per le lacrime, le sue labbra che adorava veder sorridere
erano rimaste serrate, le sue mani si tormentavano, la sua pelle era
ancora scurita dalla polvere da sparo e teneva tutto il corpo raccolto,
quasi come non volesse essere guardata.
Lui si sentiva
impotente ma quelle ultime parole, pronunciate come un singhiozzo, lo
avevano fatto risvegliare dallo stato di collera e di sconforto che lo
aveva invaso dopo la vista di quel bacio che ora, aveva capito, era
stato un bacio d’addio. Lei era sempre stata attratta dalla
vita del mare e dai pirati, più volte glielo aveva
confessato. E Will sapeva che, pur amandola più della sua
vita, non avrebbe sopportato di vederla infelice, proprio per causa
sua. Ormai era lei tutto quello che gli restava e per lei avrebbe
tentato e patito qualsiasi cosa. Capiva però che forse non
c’era più nulla da fare.
Fu così,
solo per tentare di consolarla che, con il tono di voce, dolce e pacato
che era solito assumere quando le parlava, bisbigliò
alzandosi in piedi: - Se qualcosa si potesse fare pur di riaverlo
… Elizabeth …
- Tu la faresti?
– irruppe Tia Dalma spiazzandolo con quella domanda che
suonava inopportuna, per poi puntare il suo sguardo indecifrabile e
indagatore su Elizabeth: - E tu che faresti? – la
esortò aspettando una risposta, una reazione.
Poiché
nessuno dei due giovani aveva accolto la sua provocazione,
alzò il tono, interpellando gli altri pirati che erano
lì: – Che cosa sarebbe disposto a fare ognuno di
voi? Fareste vela ai confini del mondo e ben oltre, pur di riavere il
brillante Jack e la sua preziosa Perla? – aggiunse sorridendo
compiacente, cosa che gettò ancora di più nel
dubbio i presenti.
Fu mastro Gibbs il
primo a dare la sua risposta: - Sì! –
asserì deciso, mettendosi in luce. Lo seguirono uno dopo
l’altro Ragetti, Pintel e Cotton, che diede il suo assenso
tramite il fido pappagallo.
Tia Dalma
tornò allora ai due fidanzati dai quali non aveva ancora
ricevuto alcuna asserzione.
- Sì
– parlò Elizabeth con un filo di voce,
accompagnandolo con un cenno del capo. Will, che aveva aspettato fosse
lei a pronunciarsi per prima, a quel punto espresse anche lui, se pure
con rammarico e poca convinzione, il suo sì.
- D’accordo!
– concluse quindi la sacerdotessa sempre con il sorriso
– Ma se dovrete sfidare le infestate e arcane coste dei
confini della terra, allora vi occorrerà un capitano, uno
che conosca bene quelle acque – e così dicendo
volse lo sguardo verso delle scale che conducevano ad un piano
superiore, non notate prima dai pirati, che ora, uno dopo
l’altro copiarono l’enigmatica donna.
Tutti si radunarono
proprio alla base degli scalini e udirono dei passi di qualcuno che
stava scendendo: dapprima videro soltanto degli stivali consunti ma,
poco a poco, l’ignota figura si mostrò del tutto.
Un’espressione
di stupore misto a paura si stampò sui loro volti: era un
antico nemico che tutti credevano passato a miglior vita, il Capitano
Barbossa. Accompagnato dalla sua affezionata scimmietta abbarbicata
sulla spalla sinistra, il redivivo pirata, come fosse inconsapevole
delle sconvolte emozioni che aveva suscitato nei presenti, li
incitò: - Orsù, ditemi: che ne è stato
della mia nave? – e ridendo fieramente diede un morso ad una
succosa mela verde, segno tangibile della ritrovata
corporeità.
- C …
capitan Barbossa?! – esclamò timoroso Pintel.
- Siete proprio voi?
Come avete fatto a fuggire? Noi siamo stati tutti catturati –
aggiunse piagnucolando Ragetti.
- Siamo finiti in
prigione – ribatté corrucciato Pintel.
- Ma poi siamo anche
evasi – precisò compiaciuto il compare,
indietreggiando mentre il Capitano si faceva strada in mezzo a loro,
scrutandoli con una certa insistenza uno per uno.
- Non è
fuggito … era morto! – li informò
attonita Elizabeth, guardandolo dritto nelle pupille acuminate, non
riuscendo a muoversi.
- Jack gli aveva
sparato – precisò allibito Will, mantenendo gli
occhi spalancati per l’incredulità.
- Aveva detto la
verità – ribadì Gibbs con ammirazione,
riferendosi all’amico scomparso.
- Già! E
devo dire che è stato molto preciso: un solo colpo, dritto
al cuore – tornò a parlare con il consueto sprezzo
il redivivo Barbossa.
- Ma allora come fate
a essere qui? – domandò con insistenza Pintel.
- Quando si hanno le
giuste amicizie … - si limitò a rispondere
sibillino quello, volgendo un sorriso riconoscente a Tia Dalma che lo
ricambiò, stendendo le labbra scure.
- Voi signora
… lo avete resuscitato? – azzardò ad
interrogarla Ragetti.
- Si chiama voodoo
– lo corresse seccata quella, allargando le braccia a
indicare tutte le bizzarre ampolle e cianfrusaglie che infestavano la
sua baracca.
- Basta parlare di me!
– urlò di colpo il Capitano, rosso
d’irritazione – Vi avevo posto una domanda e
nessuno ha ancora avuto il fegato di rispondermi! – si
lamentò battendo il pugno su un tavolo.
I presenti si
guardarono l’un l’altro, aspettando che qualcuno
raccogliesse mostrasse l’intenzione di esaudire quella
richiesta perentoria. Fu Will a prendere la parola: - La Perla Nera
è stata trascinata negli abissi dal kraken –
riferì con amarezza, inviando un rapido sguardo verso
Elizabeth, che stava in piedi con i pugni serrati e le labbra tremanti
– e con essa il suo capitano. Jack aveva la macchia nera
– concluse con scabrezza.
Barbossa non si
dimostrò molto sorpreso dalla rivelazione: - Ah, capisco, un
debito non saldato, vista la fine che ha fatto –
constatò sarcasticamente. –
C’è un solo modo per poterlo recuperare: occorre
raggiungere un mondo al di là di questo, lo scrigno.
- Lo scrigno?!
– chiesero in coro Pintel, Ragetti e Gibbs, accendendosi di
curiosità.
- È il
luogo in cui vengono confinate le anime di coloro che non hanno saldato
i loro debiti di sangue con Davy Jones – spiegò
torvamente Tia Dalma.
- Ma come ci
arriveremo? – domandò con curiosità
Gibbs, al quale intrigavano le storie impregnate di risvolti
sovrannaturali.
- Seguendo le
indicazioni delle carte nautiche – rispose semplicemente
Barbossa, instillando nuova speranza in quel mal assortita combriccola
di marinai.
Non tutti
però si sentirono confortati. Will, in particolare, aveva il
sentore che si trattasse di un nuovo viaggio pericoloso che non
escludeva la possibilità di un fallimento e non si sentiva
del tutto pronto a rischiare la vita per un uomo che in fondo lo aveva
soltanto ingannato ed era perfino riuscito a derubarlo
dell’unico tesoro che aveva: l’amore di Elizabeth.
Capitan Barbossa aveva
notato che in quel ragazzo qualcosa fosse cambiato da quando lo aveva
conosciuto, ma non poteva mettersi a discutere, lo credeva
l’unico capace di aiutarlo validamente fra quelli rimasti. Fu
perciò che gli si rivolse diretto: - Dal vostro sguardo
intuisco una certa perplessità, mastro Turner! Sono ancora
molte le cose che non conoscete di questo mondo, ma sono sicuro che
avrete modo di apprenderne qualcuna nel lungo viaggio che ci aspetta da
qui a Singapore.
- Singapore?
– esclamò stupita Elizabeth.
- Sì, miss,
è lì che dovremo andare. Suddette carte sono
infatti custodite in un tempio antico e appartengono a Capitan Sao
Feng, un mio vecchio amico – la informò
sogghignando.
- Sembra tutto troppo
facile! – bisbigliò Pintel a Ragetti,
guadagnandosi un’occhiataccia del veterano capitano.
- Capitan Barbossa
c’è un’altra cosa che dovete sapere
– lo interruppe Turner, richiamando la sua attenzione prima
che rimproverasse i due – Jack Sparrow ha tentato di
annullare il suo debito mettendosi alla ricerca del forziere di Davy
Jones e minacciando di ucciderlo.
- Bé
è tipico di Jack fuggire le responsabilità. Ma
immagino che questa volta non ci sia riuscito –
attestò quello con la consueta dissacrante ironia.
- Effettivamente noi
lo avevamo trovato – iniziò Elizabeth, messa da
parte l’aria di rassegnazione – ma poi è
stata un’altra persona ad impossessarsene: James Norrington.
- Non ho
l’onore di conoscerlo – ribatté Barbossa
incuriosito e sospettoso.
- Lavora per la
Compagnia delle Indie Orientali – gli fece sapere Will con
stizza.
- La Compagnia era
sulle tracce del forziere ancora prima di noi: mira al controllo del
mare e con l’Olandese Volante al suo servizio è
molto probabile che l’otterrà –
riconobbe con rabbia Gibbs.
Barbossa ebbe uno
scatto di collera: - Pezzo di idioti! E che cosa aspettavate a dirmelo?!
- Questo cambia
qualcosa? – chiese timidamente Ragetti.
- Non del tutto in
verità – affermò il redivivo pirata,
mettendosi a camminare nervosamente avanti e indietro – Vuol
dire solo che la nostra missione sarà duplice.
- Perché?
– esclamò Pintel, facendosi portavoce dei dubbi
degli altri.
Tutti pendevano dalle
labbra di Barbossa che esitava a esprimersi, aumentando la loro
apprensione.
- Considerando la
situazione che si è instaurata, bisognerà
convocare un nuovo Consiglio della Fratellanza e per farlo
occorrerà la presenza di tutti e nove i pirati nobili
– decretò stentoreo, lanciando
un’occhiata furtiva alla fattucchiera.
Soltanto Gibbs ed
Elizabeth afferrarono il senso delle sue parole, al che Will
domandò alla fidanzata, che gli pareva particolarmente
informata su questo genere di argomenti: - Che
cos’è il Consiglio della Fratellanza?
- È
un’assemblea generale cui prendono parte tutti i pirati del
mondo attraverso i loro rappresentanti, i pirati nobili, e viene
riunita quando bisogna discutere dei problemi riguardanti la sorte
della pirateria stessa – illustrò la ragazza con
straordinaria sicurezza.
- Vedo che siete ben
informata, Miss, i miei complimenti – esclamò il
Capitano, realmente sorpreso dalle sue conoscenze – Ma dato
che stabiliremo un rapporto di collaborazione, mi farebbe piacere
conoscere il vostro nome, quello vero naturalmente – le si
rivolse poi con tono affabile.
La ragazza
accennò un sorriso e poi gli rivelò nome, cognome
e provenienza, sotto lo sguardo contrariato di Will che non riusciva a
decifrare la strana intesa creatasi tra i due, un tempo nemici giurati.
Ma un attimo dopo si dette dello stupido: ormai erano tutti dei
fuorilegge e gli uomini come Barbossa erano gli unici cui potevano
rivolgersi. Perciò accantonò le sue vacue
riflessioni e si apprestò ad ascoltare quali sarebbero state
le prossime mosse stabilite dal Capitano, sebbene non
trascurò la possibilità di poter tentare di agire
per conto suo.
- A questo punto devo
rivelarvelo – cominciò con serietà
Barbossa – Jack Sparrow era uno dei pirati nobili. Questo
significa che la sua presenza è indispensabile per riunire
il consiglio, a meno che lui non abbia lasciato a qualcuno il suo pezzo
da otto …
Tutti si guardarono
con aria interrogativa, poi si rivolsero ad Elizabeth che era stata
l’ultima ad aver visto il Capitano, ma questa rispose un
secco no che non nascondeva un certo imbarazzo.
Hector
sbuffò: non aveva certo voglia di salvare l’antico
odiato rivale, ma la situazione lo costringeva ad un forzato atto di
eroismo. In ciò i suoi pensieri coincidevano perfettamente
con quelli di Will. Entrambi, inoltre, avevano uno scopo nascosto nel
volersi cimentare in quel recupero: il giovane Turner sperava di
ottenere il controllo della Perla Nera e quindi di poter sfidare
nuovamente Davy Jones e ucciderlo per salvare suo padre
dall’eterna dannazione; Capitan Barbossa sapeva che solo
liberando la dea del mare dalla sua prigione corporea avrebbe avuto la
speranza di restare tra i vivi.
Per tutti e due,
quindi, Jack costitutiva un prezioso strumento ma anche un ostacolo:
Will non aveva idea di come avrebbe reagito una volta avutolo di nuovo
davanti, dopo quello che era successo tra lui ed Elizabeth; Barbossa
non avrebbe avuto scrupoli ad ucciderlo, ma prima doveva sapere quale
fosse il suo pezzo da otto, cosa che si prospettava non facile data
l’estrema abilità del pirata
nell’ingannare impunemente i suoi avversari.
Mentre era calato di
nuovo un silenzio di attesa ritmato solo dal ticchettio delle unghie
del Capitano sul legno consunto della tavola, Elizabeth studiava il suo
fidanzato con angoscia: aveva una strana espressione sul viso, dura e
nervosa, e i suoi occhi scuri erano fissi alla lama del pugnale di suo
padre che continuava a roteare tra le mani, assorto in
chissà quali pensieri che lei non voleva o non sapeva
decifrare, nonostante credeva di conoscerlo molto bene.
Tia Dalma, che si era
allontanata da qualche minuto, rifugiandosi nel retro dell'abitazione,
ricomparve, non sentita, a rompere quella tensione: - Mentre il caro
capitano progetta quel che dovrà essere, immagino che
qualcuno di voi senta il bisogno di ristorarsi –
parlò volgendo lo sguardo ad Elizabeth, che però
non la notò poiché si era fermata davanti ad una
finestra affacciata sul fiume.
- Vi ringrazio,
signora! In effetti abbiamo una fame! - proruppe con una grassa risata
Pintel.
- Credo che si stesse
rivolgendo a Miss Swann – lo ammonì sottovoce
Gibbs.
Fu direttamente la
padrona di casa ad avvicinarsi alla ragazza e, poggiandole una mano
sulla spalla: - Venite con me, credo che sentiate il bisogno di
cambiarvi e riposare un po' – la convinse a seguirla con tono
gentile.
Elizabeth
tentennò perché voleva ascoltare quello che
avrebbe detto Barbossa, ma poi decise di accettare, riconoscendo che
aveva davvero bisogno di un po' di ristoro perché sentiva la
testa scoppiarle e tutte le membra indolenzite. La sacerdotessa la
guidò nel retro del capanno, dove, con sua sorpresa, la
giovane notò una vasca da bagno già colma d'acqua
calda e sali profumati la cui essenza risaliva insieme al vapore. Nella
stessa stanza c'erano anche un letto e un armadio con le ante aperte,
in cui erano appesi diversi vestiti dalle fogge e dai colori piuttosto
insoliti.
- Potete rimanere qui,
se volete, e usare tutto ciò che trovate. Nessuno
entrerà e così avrete modo di riflettere da sola
sul vostro destino – mormorò poco dopo Tia Dalma e
così dicendo si congedò, chiudendo la porta.
Elizabeth era rimasta
un po' turbata sia dall'ambiente sia dalle parole enigmatiche della
donna. Si sedette sul letto dalla struttura in legno rossiccio
modellata con motivi marini; cominciò a togliersi i vestiti
ancora un po' umidi ed entrò nella vasca cercando di mettere
da parte le preoccupazioni della giornata ...
-
Dobbiamo trovare un passaggio per Singapore. Proveremo a raggiungere
Tortuga e da lì ci faremo indicare quali navi fanno rotta in
Oriente – stabilì con consumata oculatezza
Barbossa.
- Navi della Compagnia
delle Indie Orientali – suggerì di rimando Gibbs.
- Non possiamo
muoverci troppo liberamente, visto che siamo tutti condannati al
capestro! - esternò Will, che non si fidava troppo
dell’incredibile incoscienza di quei pirati.
- Proprio per questo,
mastro Turner, ci muoveremo su navi della Compagnia. Se l'Olandese
Volante è nelle loro mani, le prime navi a correre rischi
nel navigare verso Oriente sono proprio quelle dei pirati –
spiegò velocemente Barbossa, sicuro di non poter essere
contraddetto.
- Ma il mare
è grande, capitano! - buttò lì Pintel,
mettendo invece in dubbio il suo proposito.
Ragetti non
mancò di appoggiarlo: - Ha ragione, ed è
più facile che ci scoprano a bordo di una nave della
Compagnia che a bordo di navi pirata!
- Per una volta sono
d'accordo con loro due – ammise a malincuore Will e anche
Gibbs, pur temendo di inimicarsi un uomo della sua risma,
annuì.
Al che Barbossa
restò indispettito: aveva forse perduto il suo carisma di
Capitano o quelli davanti a lui erano gli uomini più
permalosi e malfidati che avesse mai incontrato?
- A spasso sull'asse!
– gracchiò quasi in spregio il pappagallo di
Cotton, mentre il suo padrone si era appisolato su una sedia.
- Ci sarebbe
un’altra opzione, ma dovete tener conto che non possiamo
sapere quale situazione troveremo – ritentò di
guadagnarsi il loro benestare il redivivo pirata. Al suo piglio
intraprendente tutti quanti si misero sull'attenti –
Sbarcheremo a Maracaibo e da lì proseguiremo via terra fino
all'Oceano Pacifico, coprendo il resto del viaggio a bordo di qualche
mercantile diretto per l'Oriente che magari parta da Panama. In questo
modo sfuggiremo al controllo della Compagnia, che certamente
provvederà in primo luogo a liberare il mare dei Caraibi
dalla piaga della pirateria. Che ne pensate?
Appena il suono delle
sua ultima frase si spense, gli parve di riuscire a sentire i pensieri
degli interlocutori vorticare.
- Io penso che sono
troppo stanco per pensare – esordì tuttavia
Pintel, mentre Ragetti lo appoggiò sbadigliando e irritando
così il Capitano.
- Faremo quello che
dite voi! – acconsentì spicciamente Will
– In fondo siete quello che ha maggiore esperienza. Io sono
solo un fabbro, sapete – aggiunse seccato, conficcando il
pugnale sul tavolo con una grinta che piacque a Barbossa nonostante lo
avesse al tempo stesso un po' inquietato. Avrebbe dovuto guardarsi le
spalle da quel ragazzo: era più pirata di quanto non
credesse!
- E sia! - disse Gibbs
alzando il pugno per aria.
- Partiremo domattina
all'alba – decretò allora Barbossa.
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