— Lauren? —
Un altro singhiozzo mal celato.
— Lauren… —
La ragazza dalle iridi verdi era seduta su una sedia vicino la finestra, lo sguardo perso nel cielo e gli occhi bagnati.
— Non volevo svegliarti — si scusò, tirando su col naso, sentendo una presenza muoversi alle sue spalle.
— Cosa succede? — chiese Camila, la voce impastata dal sonno, avvicinandosi alla sua fidanzata.
Questa non rispose. — Non importa — sussurrò.
— Se ti porta a piangere vuol dire che importa — continuò la più piccola, in tono dolce.
— È per tua nonna? — azzardò cautamente.
L’altra scosse la testa.
— Non capisco allora… che succede Laur? — domandò ancora, sedendosi sulla seconda sedia, a fianco della più grande, la quale tacque.
Camila notò il cellulare della ragazza dagli occhi verdi spento in mezzo alle sue gambe e con uno scatto lo afferrò, pronta a ricevere una sgridata, che però non arrivò. Le pareva fin troppo strano.
Sbloccò il telefono con facilità, ricordando a memoria la password dell’altra ragazza: 3397, la sua data di nascita, 3 marzo 1997.
Si trovò di fronte la pagina principale di twitter, sopra a questa milioni di tweets riguardanti le foto uscite di loro due e Sinu in spiaggia.
A Camila si strinse il cuore. Sapeva quanto Lauren non andasse fiera del proprio corpo. Era l’unica a conoscere la parte debole di lei.
Spense il cellulare e lo buttò sul letto, richiamando poi l’attenzione dell’altra ragazza. Questa era spenta, gli occhi lucidi e le guance rigate fecero solo rattristire la più piccola.
— Alzati — disse dolcemente quest’ultima, porgendo una mano all’altra, che la afferrò, senza sapere cosa aspettarsi.
Non appena trovò la più grande perfettamente di fronte a lei, Camila posò le mani sui fianchi dell’altra, avvicinandola a se.
Poi spostò le mani, fino a salire sulle guance dell’altra che, davanti a lei, aspettava paziente le azioni di Camila.
— Ascolta Lauren, so che non ti piace il tuo corpo e non voglio obbligarti a fingere che non sia così, ma almeno puoi dirmi cosa non ti piace? — chiese cauta la più piccola, cercando un contatto visivo che l’altra negò, incapace di farsi osservare piangendo.
Questa si allontanò dalla ragazza dagli occhi di caramello e fece un lungo respiro. Poi si alzò leggermente la maglietta e indicò il suo ventre. — Questo — disse. Dopo spostò l’indice fino ad arrivare ai fianchi, e ripeté l’azione, sussurrando — E questo —. Abbassò il dito e concluse quasi impercettibilmente — E tutto il resto —.
A Camila faceva male vedere come Lauren fosse così insicura sul proprio corpo. Tra le due era sempre stata lei quella sicura di se stessa, e non sapeva precisamente quando aveva iniziato ad essere meno fiera, ma ora sembrava una quindicenne in piena crisi adolescenziale.
La più piccola scosse la testa e si riavvicinò all’altra, paziente. Poggiò la mano sul ventre dell’altra, sfiorando la pelle liscia e bianca, ancor più chiara al pallore della Luna. — Quello che tu odi di te stessa centinaia di ragazze lo amano e lo invidiano. Io per esempio. Penso da quando ci conosciamo e tutt’ora che tu con le tue curve, le stesse che tu detesti, sia più bella di una sottospecie di tavola da surf come me — disse, facendo ridere la più grande.
— E soprattutto a nessun Harmonizer piaci per il tuo corpo. Loro ti ammirano per come sei qui — continuò, portando una mano sul petto di Lauren, all’altezza del suo cuore. — E qui — disse ancora, unendo le loro fronti, indicando indirettamente la mente della più grande.
— Ti amo — sussurrò Lauren inaspettatamente.
Per due semplici parole tutto in Camila andò in subbuglio.
Le pareti del suo stomaco si trasformarono in farfalle, il cuore cominciò a batterle più veloce, le gambe divennero molli e il respiro irregolare.
Lauren sorrise al suo effetto sulla ragazza, ritrovandosi nei suoi panni dato che la cosa era reciproca.
— Anche io… non dimenticarlo mai — disse Camila, abbracciando la più grande, la sua amata.
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