Se mantieni il volto in pieno sole, non potrai vedere la tua ombra di Neflehim (/viewuser.php?uid=118272)
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Cap I in fase di revisione
1.
Partenza.
Accade, in un momento
imprecisato, che il tuo mondo, la tua realtà venga
completamete distrutta, da poche e semplici parole.
Che il tuo punto di
riferimento, la stella che seguivi ciecamente, ti abbandoni, sparisca,
senza alcuna esitazione.
Accade che tu debba
lasciarla andare per non limitare il suo viaggio, la sua ascesa.
Le stelle devono
brillare alte nel cielo e non si accontentano di una luce tenue e
soffusa.
Tetsuya lo sapeva,da
sempre, ed era per questo motivo che si era costretto ad accettarlo,
anzi a renderlo reale lui stesso.
Aveva schiacciato
tutto il suo dolore in un piccolo anfratto della sua anima, aspettando
il momento opportuno per dargli sfogo.
Era perfino riuscito a
sorridere quendo gli era stato annunciato che sarebbe partito per l'
America e che probabilmente non sarebbe più tornato.
<<
Se è questo quello che desideri, allora sarò
felice per te, Kagami-kun>> gli aveva detto.
Il suo volto era
rimasto imperscrutabile, mentre il suo mondo gli crollava sotto i piedi.
Lo aveva accompagnato
all'areoporto assieme a tutti i loro amici e si era limitato a
salutarlo con un semplice
" Buon viaggio" senza
alcuna emozione nella voce, nè sentimento.
Era un così
bravo bugiardo, Kuroko Tetsuya, ma non fino a quel punto.
Sapeva nascondere i
sentimenti dietro una maschera impenetrabile,ma non riusciva a
esternare false emozioni.
A malapena riusciva a
tirar fuori quelle vere.
Ricordava lo sguardo
fisso di Kagami, come se si aspettasse qualcos'altro da lui.
Cosa voleva che gli
dicesse?
" Ti
chiamerò"?
Oppure un "ci sentiamo
appena arrivi"?
Se era
così, sarebbe rimasto davvero deluso,Taiga.
Non aveva intenzione
di chiamarlo. Mai più.
La sofferenza era
già troppa da sopportare, senza aggiungerci quella di dover
sentire la sua voce attraverso un apparecchio, con la consapevolezza
che lo aveva abbandonato.
Era rimasto in piedi,
silenzioso, mentre vedeva la sua luce, avviarsi verso il gate senza mai
guardarsi indietro.
Aveva seguito,nel
silenzio più assoluto - o almeno più del solito-
gli altri fin sopra il terrazzo, dove solitamente i parenti o gli amici
rimasti a terra salutavano i propri cari che probabilmente non li
vedevano nemmeno.
Ricordava gli sguardi
dei suoi amici fissi sulla sua nuca per tutto il tempo ma anche
così non aveva fiatato. Senza emozioni e con un debole
saluto se ne era tornato a casa per poi chiudersi in camera.
La luce spenta e le
finestre sigillate.
Solo allora aveva
sfogato il suo dolore in un pianto disperato e per la prima volta in
vita sua, Kuroko Testuya era stato violento.
Aveva perso la
lucidità e solo parecchio tempo dopo si era come
risvegliato, ritrovandosi in mezzo alla sua stanza semi distrutta,
qualcuno che urlava, freneticamente bussando da dietro la sua porta,la
mano insanguinata gocciolante sul pavimento.
Si era guardato
intorno sorridendo mestamente,constatando quanto in basso fosse caduto.
Niente sarebbe stato più lo stesso.
Quel suo cambiamento,
lo sfogare la sua rabbia e il suo dolore che da tempo teneva racchiusi
dentro di sè, non si sarebbero fermati.
Ora non riusciva
più a controllarli e ne ebbe completa certezza quando
aprì tremante la sua porta, trovandosi davanti un Aomine
Daiki- con cui da un paio di mesi divideva la casa- sconvolto nel
vederlo in quelle condizioni.
Ricordava che l'amico
lo aveva abbracciato in silenzio e di essere scoppiato in un nuovo
pianto, che mai si era permesso di far vedere in tutta la sua vita.
Sorrise amaramente tra
le lacrime : Kagami aveva raggiunto un nuovo primato, farlo piangere
davanti a qualcuno che non fosse lui.
Nei giorni seguenti se
ne era rimasto fermo in quello che rimaneva della sua stanza,
"apatico". Completamente in balia del mondo e incapace di reagire a
qualunque cosa.
Daiki si era preso
cura d lui, facendolo mangiare e a volte anche di metterlo a letto.
"Come
un fratello maggiore"
si era detto in quei pochi momenti in cui poteva definirsi "vivo".
Gli era stato accanto
e aveva, inutilmente, cercato di farlo riprendere dal vuoto che sentiva
dentro.
Daiki lo aveva
lentamente, visto cadere nel baratro della disperazione senza riuscire
a fare nulla per poterlo aiutare.
"Era
rotto."
Così lo
aveva descritto tempo dopo.
Aveva urlato,Daiki,
cercando di scuoterlo da quel gelo che si era impossessato di lui. Si
era arrabbiato, aveva perfino pianto per lui e solo allora , Tetsuya si
era reso conto che stava facendo del male anche agli altri oltre che a
se stesso.
Ricordava vagamente di
aver ricevuto le visite dei suoi più cari amici in quel
periodo. Ma a stento rammentava i loro volti.
Solo quando aveva
visto quello distrutto della sua prima luce aveva compreso che doveva
cercare di reagire, almeno nelle apparenze.
Quel giorno era uscito
di nuovo di casa dopo mesi di reclusione,ma non aveva fatto molta
strada. Daiki non lo aveva lasciato un attimo, seguendolo fino al
campetto da basket.
Sapeva che in quel
modo si sarebbe solo inflitto più dolore.
Perché
mille volte, in quel campo si era allenato con lui.
Perché
tornarci non avrebbe fatto altro che mandare in frantumi la sua anima ,
facendo riaffiorare i ricordi di cui aveva vissuto nel suo stato di
apatia.
Eppure sentiva di
doverlo fare.
Così aveva
ribattuto alle proteste dell'amico.
Sentiva che il basket
era ormai l'unica cosa che ancora, lo poteva almeno un po' avvicinare a
lui.
Così era
risalito Tetsuya, ancora rotto e fragile come il vetro, ma con dello
scotch aveva rimesso in piedi i pezzi.
Era un restauro quasi
inconsistente ma che lo aiutava ad andare avanti, almeno per le persone
che gli volevano bene.
Aomine Daiki sembrava
aspettare qualcuno stravaccato sulla panchina del parco centrale.
Chi lo conosceva bene
poteva dire che era piuttosto nervoso e come conferma quasi
sobbalzò quando vide in lontanza quattro persone avvicinarsi
a lui.
Le osservò
per bene una ad una e si rese conto che formavano il gruppo
più strano mai visto: c'era un gigante con quasi tutto il
braccio infilato in una busta piena di caramelle gommose, un ragazzo
occhialuto con un orso intagliato che gli usciva dalla tasca della
giacca, un modello che messaggiava al cellulare ed infine un ragazzino
che faceva scattare pericolosamente le forbici che aveva tra le mani.
Daiki si
grattò la testa sconsolato ma con uno strano sorriso.
La Generazione dei
Miracoli quasi al completo.
Mancava solo una
persona che non aveva chamato.
<<
Aominecchi al telefono sembrava urgente... è successo
qualcosa a Kurokocchi??>>
Chi altri poteva
essere se non Kise ?
L'interpellato
alzò la testa ritrovando le facce preoccupate di quattro
persone.
<< Non
proprio.... oggi ho sentito Moritaka e mi ha detto di aver parlato con
un suo amico della situazione di Tetsu.>>
Niente saluto.
Non sarebbe stato da
loro.
<< E
quindi?>>
<< Pare
che questo amico sia più esperto di Moritaka e che abbia una
nuova proposta che potrebbe aiutare Tetsu forse addirittura del
tutto>>.
Ci furono esclamazioni
stupite ed entusiaste.
<< A
quando l'appuntamnto?>> gli chiese Akashi, dando per
scontato che avrebbero partecipato tutti per sentire questo specialista.
<< Beh,
se riesco a convincere Tetsu,tra due settimane
all'areoporto>> così sganciò la
bomba, aspettando che tutti la ricevessero.
<< Ok
quindi... cosa??>>
<<
Questo amico non è qui in Giappone, ma in America... a Los
Angeles>>
Akashi e gli altri lo
guardarono straniti.
<<
Aominecchi ... a Los angeles c'è...>> Kise
lasciò la frase in sospeso ma sapevano tutti come sarebbe
continuata.
<< Lo
so, ma non posso far sprecare un opportunità del genere a
Tetsu! Cercherò in tutti i modi di
convincerlo!>>
Restarono tutti un
pò in silenzio.
<< Los
Angeles... in effeti ero curioso di vedere le università di
lì e poi è la patria del
Basket...>> se ne uscì alla fine Akashi
stupendo tutti.
<< Vieni
anche tu??>>
<< Ovvio
che si... Abbiamo deciso assieme che saremmo restati uniti di fronte
alle difficoltà, inoltre per quanto mi riguarda non
dovrò neppure convincere mio padre visto che sono anni che
cerca di spedirmici.>>
Pian piano con suo
stupore , Daiki vide anche tutti gli altri annuire convinti.
Era questo che era
riuscito a fare Tetsuya: ricreare la vecchia famiglia che erano alle
medie, prima che i loro talenti si sviluppassero.
Alla fine decisero che
li avrebbe chiamati dopo aver parlato con Tetsu e così si
diresse verso l'unico posto in cui sapeva di trovarlo.
L'aria fresca della
sera gli scompigliava i capelli azzurri, mentre agilmente si muoveva
sul campo con il pallone da basket tra le mani.
Adorava sentire il
rumore della sfera di cuoio che rimbalzava sull'asfalto, le scarpe che
strusciavano sui piccoli ciottoli, il clang del ferro del canestro
quando la palla ci rimbalzava sopra.
Con la coda
dell'occhio poteva vedere sulle gradinate le sue cose: la borsa con cui
usciva tutte le mattine per recarsi al suo lavoro in biblioteca, la sua
giacca e poco lontano, il timer che scandiva il lento passare dei
minuti che gli rimanevano prima di essere costretto a fermarsi.
Una piccola fitta al
torace, il fiatone e i muscoli indolenziti lo avvisarono che quel tempo
presto sarebbe scaduto.
Fece ancora un tiro e
quando vide di nuovo la palla rimbalzare, saltò quel poco
che poteva per fare canestro.
Quando i suoi piedi
ritoccarono terra, le sue gambe cedettero e lui si ritrovò
frustrato in ginocchio sul cemento. Si passò una mano sul
volto per coprirsi gli occhi e togliersi il sudore che gli imperlava la
fronte.
Nel momento in cui la
mano gli ricadde sul fianco, Kuroko fece di nuovo forza sulle gambe per
rialzarsi e recuperò la palla con l'intento suicida di
continuare ancora un po'.
Di non arrendersi.
Di non perdere anche
quella flebile speranza che riusciva ancora a dargli quello sport che
tanto amava.
Quello sport che lo
collegava come un filo invisibile fino al di la dell'oceano, all'unica
persona che lo faceva andare avanti.
Chiuse gli occhi e
tornò a circa tre anni prima. Ad un delle ultime partite che
avevano disputato assieme, quando ancora lui e Kagami-kun giocavano nel
Seirin.
Cercò di
ricordare i movimenti di Aomine e con poca difficoltà
riuscì a riprodurli quasi tutti. Non era una copia perfetta
come quella di Ryouta.
Riproduceva
semplicemente ciò che ricordava e da quei movimenti ne
creava di nuovi per consolidare la sua tecnica.
Riprodurre quelli di
Kagami-kun era impossibile. Il suo stile cambiava costantemente.
Improvvisamente si
bloccò, rendendosi conto che quel metodo lo aveva solamente
portato a ricordare la parte più dolorosa di quella
vittoria.
L'annuncio
dell'abbandono.
Sentì
qualcosa rompersi di nuovo dentro di se e capì che pian
piano, tutti i cocci che con pazienza illusoria aveva cercato di
riattaccare assieme, stavano tornando in pezzi.
Ricordava di sfuggita
lo sponsor che, alla fine della partita contro Akashi, si era
avvicinato a Kagami dandogli un biglietto.
Non aveva sentito le
parole che si erano detti ma l'espressione piena di aspettativa
stampata sul volto dell'amico gli era rimasta bene impressa nella mente.
Strinse con rabbia il
pallone che aveva tra le mani e dopo aver mirato lo lanciò
verso il canestro .
Sarebbe entrata al
99%, se una mano non l'avesse afferrata poco prima del canestro
schiacciandocela poi dentro con forza.
<<
Daiki,
sarebbe entrato>> gli fece notare mascherando l'ira di
poco prima, con la sua solita espressione vuota.
<< E' da
un bel pò che quel coso trilla, Tetsu>> lo
rimproverò l'altro indicando il timer che emetteva un bip
inquietante.
<<
Allora sei qui da un bel pò... come mai non mi hai
fermato?>>
Daiki
sospirò << Mi avresti tenuto il broncio per
una settimana, e poi lo sai quanto mi piace vederti
giocare...>> Il moro lanciò la palla come se
stesse buttando un pezzo di carta nel cestino.Ovviamente quella
entrò nel canestro esattamente come la carta sarebbe finita
nel cestino.
<< E'
ovvio che se avessi visto che ti stava affaticando troppo ti avrei
fermato molto prima.>>
<< E'
ovvio>> confermò Tetsuya irritato
<< Mi sei venuto a prendere?>> gli chiese
poi mentre metteva a posto le sue cose nella borsa.
<<
Già>> fece qualche altro tiro mentre aspettava
Kuroko quando alla fine decise di interrompere il silenzio che si era
creato.
<< Ieri
mi ha chiamato Moritaka... >> se ne uscì
all'improvviso.
Testu si
bloccò mentre si metteva in dalla la borsa
<< Daiki...>>
<< Visto
che tu non gli rispondi al telefono>> lo
rimproverò Aomine.
<< So
già di cosa vuole parlarmi... e la risposta è
sempre "no".>>
<< Non
era di "quello" che voleva parlare...>>
Quell'affermazione
attirò l'attenzione di Kuroko.
<< Ah
si, e cosa voleva?>>
<< Mi ha
detto di aver un amico a cui ha parlato di te e che vorrebbe
incontrarti>>
Tetsuya
sospirò << Sono stanco di parlare con "loro" e
di sentirgli dire sempre le stesse cose, Daiki.>>
<<
Moritaka
ha detto che il suo amico è specializzato nello studio
sperimentale di qualcosa che potrebbe aiutarti.>>
<<
Daiki, abbiamo ascoltato così tanti specialisti... sono
stanco di sentirne altri>> sussurrò il ragazzo
passandosi le mani tra i capelli.
Aomine lo
guardò, capendo che doveva giocarsi l'ultima carta
<< Questo amico non è qui in Giappone, se mai
decidessi di accettare di vederlo dovremmo prendere
l'aereo.>>
Kuroko lo guarda
stranito << Aereo? Dove dovremmo andare?>>.
Sentì il cuore accelerare in una strana attesa.
Daiki prese un respiro
profondo << In America,a Los Angeles.>>
Tetsuya si
gelò. Il respiro sembrò fermarglisi in gola e il
cuore sobbalzare.
<<
Los... Angeles...>> riuscì a
balbettare<< Daiki... mi sono promesso...>>
<< Si
Tetsu, lo so... non è detto che lo vedremo.>>
<<
Daiki, non so se ce la faccio...>> gemette Kuroko.
L'amico gli si
avvicinò passandogli un braccio attrono alle spalle
<< Non sarai solo. Verremo tutti assieme a te,
"tutti".>>
Tetsuya
alzò lo sguardo stupito verso di lui <<
Tutti?>>
<< Siamo
una famiglia che hai riunito tu... >>
Tetsuya scosse la
testa contrario.
<< Siete
sempre stati una famiglia, a volte succede che essa si divida ma torna
sempre assieme alla fine>>.
Daiki si
scostò un pò da lui guardandolo stranito
<< Parli come se tu non ne facessi parte... e poi,
seguendo questa logica tu e Kagami...>> si
fermò giusto in tempo quando sentì Tetsuya
irrigidirsi.
Lo fissò
meglio e si rese conto che gli occhi dell'amico si erano velati della
stessa rabbia e durezza -e nostalgia- che aveva impressa ogni volta che
si parlava di Kagami<< Io e Kagami non siamo mai stati
una famiglia, Daiki.>>
Lo disse in modo
gelido, sembrava di star parlando con una lastra di ghiaccio.
Il fatto che avesse
tolto l'onorifico dal nome di Kagami, diceva molto, anzi quasi tutto.
Sapeva più
di tutti Daiki, come si sentisse Tetsu, o almeno in parte.
Fino a quando non
aveva perso la partita contro di lui e il Seirin,fino a quando non
aveva visto Kagami porgere il pugno a Tetsu e quello ricambiare, non si
era reso conto quanto l'amico gli mancasse.
Poi quando aveva visto
Kagami portargli un Tetsuya quasi svenuto davanti e ricambiare con lui
il saluto con il pugno aveva capito molte cose.
Si era sentito solo,
nei mesi successivi all'ultima partita della Teiko.
Gli erano mancate le
volte in cui Tetsu appariva dal nulla spaventandolo a morte, o i loro
casuali incontri al ristorante .
Le volte in cui lo
riprendeva oppure gli infilava nella maglietta i ghiaccioli per punirlo
di qualche sua stupida affermazione.
Poter riavere quel
rapporto con Tetsuya lo aveva fatto tornare ad amare il basket -
ovviamente anche Kagami aveva fatto la sua parte-.
Allo stesso tempo
però, mentre tornava amico di Tetsu,vedeva morire l'anima
del ragazzo alla mancanza di Kagami.
Era appena riuscito a
rendergli il peso che costantemente sembrava ingobbirgli le spalle nel
mese successivo alla partenza di Kagami un po' più
leggero,e subito dopo ricevevano una notizia ancora più
dolorosa che lo aveva fatto ripiombare nel baratro della disperazione .
Ogni volta che tentava
di aiutarlo, qualcosa sembrava volerglielo impedire.
La seconda volta ci
aveva messo più tempo per farlo reagire.
Sorvolò su
quello che era successo la notte della notizia e...
<<
Daiki... >>
quella voce sottile lo fece tornare al presente.
<< Si?
>>
<< Va
bene... andiamo in America. >>
Daiki sorrise mesto.
Non aveva detto "Va
bene mi farò visitare".
No,lui aveva detto "Va
bene andiamo in America".
Lo conosceva bene
Tetsu, e in quel momento non stava pensando allo specialista ma solo a
"lui". Probabilmente alla quasi certa, possibilità di
rivederlo.
Sapeva che quello era
l'unico modo per convincerlo.
Che "lui" era l'unico modo per
convincerlo.
Avevano organizzato
tutto con calma.
Grazie ad Akashi, subito dopo che Tetsu aveva accettato la partenza, si
erano ritrovati studenti di una delle più famose
università di Los Angeles la cosidetta UCLA o Università
della California, Los Angeles.
Stranamente
la famiglia Akashi era una delle benefattrici e aveva donato ingenti
quantità di denaro ai laboratori di ricerca e quant'altro,
così non solo pagavano le tasse ridotte al minimo ma avevano
anche l'appartamento migliore dell'università nell'ala
più prestigiosa.
Non avevano avuto problemi con l'università,ne con i
biglietti aerei.
Un altro paio di
maniche era stato convincere i genitori degli altri Miracoli.
Alla fine
però, tra un litigio ed un altro erano riusciti a farsi dare
tutti il permesso di partire.
Una settimana era
passata in fretta, ed ora si ritrovavano schiacciati in sette in un
taxi - rischiando una multa sostanziosa- in direzione dell'aeroporto.
Potevano sentire
l'autista sbuffare e guardare continuamente lo specchietto per poi
tornare a fissare avanti dopo un'occhiata pittosto tagliente da quelli
seduti sui sedili posteriori.
Arrivati,
sembrò quasi cacciarli fuori a calci e poi sgommare via.
<< I
tassissti sono sempre dei gran maleducati!>>
sbottò Momoi togliendosi la polvere dai vestiti, mentre
Daiki s'incollava la sua borsa - che sembrava dannatamente pesante!- in
spalla come se fosse un sacco vuoto.
<<
Atsushi prendi quella di Tetsu!>>
Il ragazzo
annuì e stava per caricarsela quando Tetsuya lo
fermò<< Atsushi- san, è un trolley,
posso tasportarlo senza fare fatica.>>
Murasakibara lo
fissò un attimo e poi annuì sorridendogli con la
bocca piena -"strano!"- e scompigliandogli capelli << Non
affaticarti Kuro-chin >>.
<<
Tranquillo. >>
Si avviarono tutti e
sette all'interno arrivando giusto in tempo per dare le carte d'imbarco
e recarsi verso la zona riservata ai viaggiatori.
Passò
un'ora dove Midorima cercava di trovare dei passatempi per i
più problematici del gruppo, mentre Kuroko di non pensare
all'ultima volta che si era recato ad un aeroporto.
Akashi se ne era
lavato le mani leggendo una rivista sportiva, affermando che non aveva
firmato nessun contratto per tenere a bada tre bimbi dell'asilo nel
corpo di adulti e così aveva lasciato tutto a Midorima che
stava per aver un esaurimento nervoso.
<<
Shin-chaaaan! >>
Shintaro si
gelò terrorizzato.
Sapeva che Oh Hasa non
sbagliava mai, ma aveva sperato che il capello texano che aveva in
testa sarebbe bastato per mitigare la sfortuna.
Dopotutto il Cancro
non era in ottima posizione quel giorno.
<<
Takao...>> mormorò sconsolato vedendo il moro
e gran parte della squadra del Seirin, salutarli fuori dalla zona
viaggiatori.
Kuroko si
avvicinò alla coach e al capitano con un sorriso tirato.
<< Siete
venuti...>>
La ragazza gli
accarezzò i capelli sorridendo intenerita <<
Certo che si! Io, Hyuuga e Teppei prenderemo il prossimo aereo tra due
settimane, dopo aver sistemato le faccende con
l'università>>
<< Sul
serio sempai, non ce ne è bisogno...>>
mormorò Tetsuya guardandoli però con gratitudine
di quell'affetto.
<< Non
dire stupidagini idiota!Siamo i tuoi sempai e come tali ci prenderemo
cura di te, chiaro?!>>
Hyuuga emanava un aura
piuttosto intimidatoria che Teppei- nonostante cercasse di farlo
calmare- riuscì come al solito solo a far intensificare.
<<
Si!>> per istinto, probabilmente, sia lui che gli altri
membri dei Miracoli si ritrovarno sull'attenti -tranne Akashi- del
tutto assoggettati.
<< Ok
allora ci vediamo tra due settimane, tra poco parte il vostro
volo...>> detto questo dopo vari saluti i membri ed ex
del Seirin, se ne andarono lasciando solo Takao che stava stressando
Midorima sopra oltre ogni limite.
Era paradossale come
quel ragazzo riuscisse a sfinirlo il triplo degli altri cinque al di
là della zona risevata.
<<
Shin-chan! Il tuo segno è al penultimo posto oggi! Speriamo
che non crolli l'aereo!>> disse il moro ridendo dopo aver
visto Kise sbaiancare. Midorima lo guardò preoccupato e
rivolse uno sguardo carico di rimprovero all'amico.
<< Takao
non dirlo neppure per scherzo! >>
<<
Suvvia Shin-chan! Non prenderla troppo sul serio!>> gli
rispose con il suo solito tono divertito per poi rirendere
<< Prenderò l'aereo insieme alla coach Riko e
agli altri del Seirin tra due settimane>>
<<
Takao, ti ho detto che ...>>
<< Non
voglio sentir ragioni Shin-chan!>>lo interruppe il moro
che detto questo, gli lascia un bacio umido sulla guancia -davanti a
tutti!-, saluta gli altri andandosene poi saltellando tutto contento.
Non c'era bisogno di
specificare che l'algido Midorima era arrossito a quel contatto, ma non
riuscì a dire nulla che il loro volo venne chiamato
dall'altoparlante.
Salvato sulla linea.
Kuroko s'irrigidisce e
tutti se ne accorgono.
Daiki gli passa un
braccio sulle spalle per fargli forza e lui gli sorride grato, mentre
il peso sullo stomaco si alleggerisce di qualche chilo.
Stavano davvero per
partire per l'America.
E c'era il 70% di
possibilità che lo avrebbe incontrato.
Fece un respiro
profondo. Non doveva pensarci se non quando sarebbe arrivato il momento.
Come se fosse facile!
In qualche modo riesce
a spazzare via tutti i pensieri infausti dalla sua mente e a
concentrarsi solo sull'imminente viaggio.
<< Sei
sicuro? >> Kuroko annuisce alla domanda gentile di Akashi.
Si ritrova
però, a tremare mentre la signorina prende il suo bagaglio
per caricarlo nella stiva e timbra la sua carta d'imbarco per farlo
salire sull'aereo.
Decide che fare un
esercizio di resperazione è la cosa migliore per calmarsi.
Inspira.
Espira.
Inspira.
Esp..
Qualcuno gli va
addosso e lo insulta, mentre Daiki viene a malapena fermato da
Murasakibara prima che possa darle a quel maleducato.
"Si, ce la
posso fare"
si dice per farsi forza mentre sale sull'aereo.
Poi quando si siede
sul suo posto, lo sente.
Kise dietro di
lui,pare ancora terrorizzato dall'affermazione di Takao e geme un <<
Crollerà l'aereo!>> mentre Midorima accanto al
ragazzo lo guarda rassegnato e Kuroko davanti, si ritrova a sospirare.
Sarebbe stato un "lungo
e snervante"
viaggio.
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