Heart burst into fire_Episode 14
Titolo: Strange love
story (Il nostro inizio)
Autore: My
Pride
Fandom: FullMetal
Alchemist
Tipologia: One-shot
[ 2224 parole ]
Personaggi: Roy
Mustang, Edward Elric
Genere: Slice
of life, Sentimentale, Commedia
Rating: Giallo
Avvertimenti: Shounen
ai, What if?
FULLMETAL ALCHEMIST © 2002Hiromu Arakawa/SQUARE ENIX. All
Rights Reserved.
[
FLASH CONTEST ]
EPISODIO
14: STRANGE LOVE STORY (IL NOSTRO INIZIO)
«Si
può sapere dove diavolo mi sta portando,
Colonnello?»
mi chiese
Acciaio con fare annoiato, infrangendo il silenzio che regnava ormai
da più di quarantacinque minuti nell'abitacolo della mia
auto.
Senza
staccare gli occhi dalla strada asfaltata su cui sfrecciavamo,
gli scoccai appena una fuggevole occhiata, non ritenendo necessario
rispondergli immediatamente. In
quella situazione era meglio concedergli il beneficio del dubbio.
Soprattutto
perché sarei stato io, dopo, a farne le spese. Ancora
mi chiedevo perché mi cacciassi in certi rompicapi che non
avrebbero fatto altro che farmi ritrovare, come si suol dire, cornuto e mazziato.
Innamorarmi
di un ragazzino quasi diciassettenne appena entrato nella
sua cosiddetta pubertà. Proprio
un bel problema, il mio.
«Allora?
Mi vuole rispondere?» la sua voce improvvisa fu in grado di
ridestarmi parzialmente dai miei catastrofici
pensieri.
Spazientito
quanto lui, gli lanciai un'altra occhiata,
accostando ad un lato della strada prima di spegnere il motore sotto il
suo sguardo alquanto confuso. Staccai
le mani dal volante e poggiai un gomito al di sopra dello
schienale del sediolino, voltandomi con il busto verso di lui in modo
da
poterlo osservare attentamente in volto.
Quell'aria
da so tutto
io che
aveva stampata sul viso si accentuò maggiormente quando
sollevò un angolo della bocca, dando vita ad un sorriso
ironico e
bastardo quanto i miei.
Deciso
più che mai a cancellargliela, mi sporsi un
po'
verso di lui come se volessi provare ad intimorirlo, gli occhi
ridotti a due fessure mentre lui corrugava le sopracciglia. «Riesci
a stare cinque minuti senza fare domande?» gli sbottai
contro
in tono esasperato, vedendolo aggrottare la fronte.
Edward si
scostò un po' da me indietreggiando sul sedile
quasi
senza un motivo preciso, incrociando le braccia al petto, non prima di
essersi scostato la treccia che gli era ricaduta su una spalla.
«Le ho solo
chiesto dove andiamo», borbottò con un tono di
voce che sfociava tra il sarcastico e l'offeso. «Non
mi va di fare la candela se deve rimorchiare, quindi mi sembra doveroso da parte
sua mettermi al corrente».
Non
mi andava a genio che mi considerasse anche lui un libertino, ma
ormai sembrava che ce l'avessi tatuato in fronte. Sono uno stallone in
cerca di giumente, lo dice anche il mio nome. Certo, uno
stallone che si ritrovava a girare intorno ad un puledrino, o meglio,
un pony. Non ero
certo che mi avrebbe creduto se gli avessi detto che provavo
qualcosa di speciale
per lui.
«Non devo rimorchiare
nessuna donna», risposi, voltandomi nuovamente
per
avviare il motore e tornare in strada, con la luce del sole morente che
ci accompagnava nella nostra bizzarra traversata verso
il nulla. Volevo
solo allontanarmi un po' con lui, non avevo una meta
precisa.
Acciaio si sporse verso il cruscotto e
poggiò
sopra un braccio, così da mantenere in precario equilibrio
il
volto nel palmo d'acciaio. «Difficile
credere che non sia in giro in cerca di un bel pezzo di figa,
caro Colonnello», mi sbeffeggiò con una punta
d'ironia e
amarezza,
come se ciò che lui stava immaginando non gli piacesse
affatto.
Provare a convincerlo che ciò
che volevo
l'avevo
già trovato sarebbe stato come gettare denaro ai porci: inutile
e infruttuoso.
Così
non ribattei e continuai a guidare, con quello strano
silenzio imbarazzante che era tornato a galleggiare pesantemente fra
noi, rendendo quella traversata peggiore di quanto credessi al
principio. Non
ero affatto abituato a trattare con i ragazzini, e
se si aggiungeva il fatto che il ragazzino in questione era Acciaio...
porcaccia,
perché mi ero ritrovato in quel pasticcio? Con
tutti quei pensieri che mi opprimevano le pareti del cervello, mi
fermai solo quando il paesaggio intorno a noi si oscurò,
attenuando ogni colore circostante. Eravamo
nei pressi di un motel fuori città, la nostra auto
parzialmente nascosta dalla quasi fittissima vegetazione che lo
circondava. Ricevetti
da Acciaio uno sguardo spaesato quando sfilai le chiavi dal
quadro e le tenni in mano prima di aprire la portiera per
scendere.
Vedendolo
ancora immobile, sbuffai, chinandomi a mezzo busto per
sbirciare all'interno dell'auto.
«Che
vuoi fare, Acciaio, dormire in macchina?» ironizzai, e lui,
a
quelle mie parole, sbatté perplesso le palpebre, come se non
capisse.
«Vuole affittare una camera?» chiese di rimando
decidendosi ad uscire e a chiudere - con
tanto di sicura - la portiera, deglutendo a disagio. «In
quel posto?»
aggiunse, indicando con il dito d'acciaio il motel.
Mi
limitai solo ad annuire risoluto mentre chiudevo a chiave l'auto,
incrociando poi le braccia al petto. E
seppur riluttante e con una certa agitazione, lui mi seguì
restando in silenzio mentre parlavo in fretta e senza giri di parole
con il proprietario, che gettava di tanto in tanto qualche sguardo a me
e poi a lui. Quando
mi consegnò le chiavi accompagnandoci entrambi fuori,
in
una delle camere adiacenti e poi si congedò, sentii Acciaio
emettere un basso lamento, chiudendosi la porta alle spalle. Faceva
scorrere come me lo sguardo sull'arredamento, soffermandosi
soprattutto sul letto matrimoniale
che occupava il centro. Ehi,
era già tanto essere riusciti a trovare una stanza... quello
del letto era un inconveniente valicabile.
«Ci
dormo io lì, vero?» fece indicandolo, con la testa
voltata verso di me.
Inarcai
un sopracciglio, scuotendo la testa. Beh,
non era esattamente quello che avevo in mente all'inizio, ma avrei
almeno potuto avere un pizzico di intimità con lui. «Il
lato di destra è mio», mi limitai a dire,
vedendolo
di
sfuggita restare di stucco; cominciai a togliermi la camicia e mi
compiacqui del suo sguardo e delle sue gote leggermente arrossate. Poi
mi coricai senza dire una parola disfandomi delle scarpe,
sbadigliando sonoramente e incrociando le braccia dietro alla testa. «Beh? Non
vieni?» gli dissi, sbadigliando ancora.
Il
rossore sulle sue guance andò ad intensificarsi. Che
fosse un tipo così pudico? Nay,
c'era dell'altro. E
se anche lui provava qualcosa per me? Era
mai possibile quel che stavo pensando? Nah, non dovevo farmi certe
illusioni.
«Guardi
che a me non sembra poi tanto normale dividere il letto con un altro
uomo, Colonnello», mi tenne presente, e mi sembrò
di
vederlo deglutire. «Strano
che proprio a lei la cosa non la disturbi».
Nonostante
l'espressione decisa e saccentemente distaccata che aveva in
volto, la sua voce aveva un leggero tremito che lo tradiva. In
quel momento non mi dispiaceva affatto ammetterlo. Era
adorabile.
Benché
stesse cercando di fare il duro.
Con
un sorriso, mi rialzai e mi avvicinai ad una spanna da lui,
abbassando lo sguardo per poter meglio incontrare i suoi occhi dorati. Non
parlammo per niente, ma dopo poco, deglutendo, lui distolse lo
sguardo, ritrovandosi ad osservare il mio petto. E
non potei non sorridere maggiormente, nel vedere il rossore che gli
saliva sempre di più al viso. Seppur
avrebbe considerato sfacciato il mio comportamento, mi chinai
verso di lui in modo da potergli sfiorare appena un orecchio con le
labbra, sentendolo sussultare al tocco.
«Io
non ci vedo nulla di male a dormire con un uomo»,
sussurrai, con una voce roca e sensuale che ero solito usare nei
momenti d'intimità. «Soprattutto
se l'uomo sei tu».
Da quelle mie parole ambigue e provocatorie, adesso, dipendevano
le mie condizioni nei
prossimi secondi che sarebbero passati. Mi
stavo preparando psicologicamente ad un rifiuto o ad incassare
qualche pugno, ma stranamente non ricevetti nessuno dei due. Sentii
solo la sua risatina. Infantile
e incerta, vero. Ma
cristallina. Un
suo sguardo dorato e luccicante, subito dopo, mi incatenò
completamente al suo volto dai lineamenti morbidi e ancora
fanciulleschi.
«Si
è dato alla caccia
agli uccelli,
a quanto sembra», disse scherzoso ma con voce titubante,
forse nel tentativo di alleviare la tensione.
Non
resistetti molto, gli cinsi i fianchi con entrambe le braccia
attirandolo verso di me così tanto da farlo quasi aderire al
mio
petto nudo, nonostante la sua espressione stupita. Gli
rubai un bacio, appena uno per assaporare la consistenza delle sue
labbra di sfuggita, non volendo approfondire nulla, fra noi. E
quando lo guardai nuovamente in quegli occhi d'ambra, erano
sì
dilatati per la sorpresa, ma con quel velo trasognato d'imbarazzo che
quasi mi sembrò sfociare nell'erotico. Ma
forse era colpa della mia astinenza
da sesso, quel particolare.
Lui
si allontanò un po' da me e mi poggiò le mani
sulle
clavicole per evitare il petto, deglutendo sonoramente mentre si
leccava inconsciamente le labbra. Per
non far sparire la sua solita aria, Acciaio cercò di
sollevare le
labbra in un sorriso sardonico ma, non riuscendoci, diede invece vita
ad un sorriso così dolce che stentavo a credere gli
appartenesse.
«Lo scapolo
d'oro d'Amestris che bacia un uomo»,
sghignazzò, ma con imbarazzo. «Immagino
che questo spezzerà il cuore di molte donne».
Mi
lasciai andare ad una risata liberatoria, non sentendo
più
quella strana aria di pesantezza ad opprimerci e avvolgerci come un
lenzuolo. «E
a te la
cosa sta bene?» replicai solo, con un enorme sorriso stampato
in
volto e che vedevo riflesso nei suoi grandi occhi dorati.
Annuì e sorrise a sua volta, abbassando le braccia lungo i
fianchi. «Finché
sta bene a lei, perché non dovrebbe star bene a
me», fece,
distogliendo appena lo sguardo senza però abbandonare il
sorriso. «E
lo confesso, non potevo sperare di meglio, in
realtà».
«Stessa
cosa vale per me», ribattei mormorando dolce, arrischiandomi
a
prendergli le mani fra le mie prima di baciarne delicato i dorsi,
portandolo poi verso il letto. E
quella sua aria d'audacia sfumò del tutto. Si
agitò un po', provando a farmi mollare la presa, ma
provai a rassicurarlo, stringendogliele ancor più forte
per calmarlo. «Non ti
preoccupare, non ti tocco», sussurrai, ben sapendo quale
fosse il suo timore, in quel momento, dopo quel mio gesto. Roy
Mustang più letto... uguale
sesso. Equazione
molto semplice per chiunque.
Nonostante
la mia rassicurazione quindi, mi costrinse a lasciarlo
sfruttando la forza del suo braccio d'acciaio, allontanandosi un
po' da me.
«Me
lo giura?» mi chiese, con un rossore che non gli avevo mai
visto.
Con
decisione, annuii energico, portandomi una mano alla fronte come
per fare il saluto militare. «Parola
di soldato», dissi sicuro, vedendolo ancora
tentennare. «Non sono
così depravato da sedurre
un minorenne e portarmelo a letto», soggiunsi a mo' di
rassicurazione ancor più risoluta.
Anche
se non era del tutto convinto dei miei principi morali, si
riavvicinò un po' scrutandomi ancora insicuro
prima di sedersi sul bordo del materasso. Restando
con quella sua solita maglietta a giro maniche nera, si tolse
solo la giacca del medesimo colore poggiandola sul comodino, sfilandosi
poi gli stivali.
Aggraziato
ai miei occhi, si tolse anche l'elastico rosso che
contrastava con il colore dorato dei suoi capelli cominciando a
sciogliersi la treccia, e quei fili di grano gli ricaddero in un'onda
morbida e ambrata sulle spalle. Restai
a guardarlo quasi estasiato, ricevendo una sua occhiata
perplessa. Il
biondo sopracciglio inarcato d'altronde, non faceva che accentuare
la sua espressione scettica.
«Perché mi guarda in quel modo?» mi
domandò, sollevando maggiormente il sopracciglio.
Sorrisi,
stringendomi nelle spalle. Mica
potevo dirgli che mi piaceva un casino con i capelli sciolti, no? «Nulla di
che», mi limitai quindi a dire, facendo nuovamente
spallucce. «Pensavo
che in quasi quattro anni è la prima volta che ti vedo con i
capelli sciolti».
Sbuffò
impercettibilmente, passandosi le dita fra quella
chioma dorata che stavo rimirando e elogiando mentalmente.
«Scusi se lo dico, ma lei è proprio idiota,
Taisa», rispose semplicemente senza aggiungere altro,
sdraiandosi
accanto a me quando lo feci anch'io.
Evitò
accuratamente il minimo contatto fra noi, tenendosi le
coperte fin sotto al naso e lanciandomi di tanto in tanto delle
occhiate come per controllare che tenessi le mani a posto. Ne
intercettai una, sorridendogli. E
senza che lui potesse dire nulla lo attirai a me facendo in modo di
abbracciarlo da dietro, non approfondendo però il contatto
fra i
nostri corpi. Non
volevo si agitasse; ma
sussultò comunque, voltando appena la testa verso di me.
«Tenga
a cuccia Fido,
mi raccomando», mi ammonì, tra il severo,
l'ironico e l'imbarazzato. «Non
vorrei avere sorprese che premono
quando mi sveglio, grazie».
Ridacchiando,
mi avvicinai una mano al viso e ne baciai due dita
delicatamente, portandomele poi al petto con grazia. «Ho un
perfetto auto-controllo»,
garantii, posando il mento sulla sua spalla prima di chiudere gli occhi
con un sorriso. «Fidati».
Forse
troppo stanco per ribattere, lui si limitò ad annuire. Come
se fosse naturale farlo, lo cullai fra le mie
braccia finché non si addormentò beatamente sul
mio
petto, i capelli biondi e morbidi che vedevo per la prima volta sciolti
mi solleticavano appena la pelle, una
sensazione piacevole e serena.
In
quel momento, nel nostro abbraccio, non c'era nulla di erotico. E
non ero abituato a quella strana... purezza che sentivo. Con
quel nostro bizzarro modo di fare ci eravamo bene o male confessati
il nostro amore, e la cosa mi andava bene anche così. Avevo
la certezza che, quella, fosse solo una delle tante notti che
avremmo passato insieme. Restai
così a godermi ogni singolo respiro che sfuggiva
dalle
sue labbra rosee e il calore del suo corpo contro il mio, ispirando il
profumo dei suoi capelli con bramosia.
Quella
gemma imperfetta ma preziosa era mia, e
non l'avrei mai più lasciata andare.
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