Gli eventi qui narrati si svolgono nel contesto di Pokémon
Smeraldo.
Acciaio:
1.
Qualsiasi
forma alterata di ferro, prodotta artificialmente, e avente le
caratteristiche di durezza, elasticità e resistenza.
2.
Rendere
qlcn insensibile, inflessibile, irremovibile e/o determinato.
...
(a
volte gli
piace pensare di essere una fortezza)
...
Si
accovaccia
sull'apertura nel terreno, le dita bianche di polvere, il completo
elegante insolitamente
sporco, granuli di detriti sgretolati sui suoi capelli prematuramente
argentei.
Le sue mani affusolate scavano sempre più a fondo
nell'abisso, alla ricerca
dell'agognato premio.
Può
vederlo, è
di un azzurro scintillante, e ce l'ha quasi fatta, basta solo un filino
ancora.
La tensione nella curva elegante del suo braccio gli suggerisce di
smetterla,
ché non ne vale la pena, ma è arrivato fin
lì con uno scopo preciso, e allora
si allunga ancora di più, appena un millimetro.
Ne
ha giusto
sfiorato la dura - ma deliziosa - superficie, la accarezza con dita
ruvide, e
sta per condurre in salvo il suo premio nella sua tasca quando...
"Mi
scusi?"
Non
ha
affatto
intenzione di fermare il suo implacabile scrutinio, e dunque non si
volta verso
la voce piuttosto giovanile alle sue spalle, rimane in ginocchio. Senza
dubbio
quel timbro femminile è rivolto a qualcun altro.
Sotto
le sue
dita, la pietra si smuove lievemente, il letto di granito si dissolve a
contatto col suo tocco inquisitorio, un sospiro pacato ma esultante
sfugge alle
sue labbra screpolate (è uno zaffiro). Ritrae il braccio
indagatore dal buco,
il pugno saldamente serrato e schegge acuminate che ne scavano il palmo
(leggermente
umido).
"Signor
Petri?"
Ha
ormai destato la sua attenzione. Calmo come sempre e sicuro di
sé, si volta
lentamente, scrollando con una mano la povere dai pantaloni neri,
l'altra sempre
ben chiusa.
"Posso
aiutarti?"
Iridi
grigie
e
tempestose incontrano incredibili acque di zaffiro, e lui si
raddrizza
leggermente, ammirando la brillantezza dei colori che questa ragazza
indossa - smeraldo e topazio - a contrasto con l'oscurità
della
caverna umida.
Il
suo
completo nero e viola impallidisce in confronto a tonalità
tanto preziose.
È
un'Allenatrice
di Pokémon, nota distrattamente, guardando le
tre pokéball
appese alla sua cintura, di un verde vivace. Un minuscolo Torchic
sfrega contro
le sue gambe nude, sputando di tanto in tanto delle palle di fuoco.
"Sei
tu..." - getta un'occhiata veloce all'indirizzo sull'involucro del
pacco -
"Rocco Petri?"
"In
persona."
La
ragazza,
realizza, è più grande di quanto sembri. Sedici,
diciassette anni al massimo.
Si acciglia, aggrottando le sopracciglia, e rughe increspano la sua
pelle
bianca. Chi è?
"Ho
una
consegna per te, da parte della Devon S.p.A. di Ferrugipoli."
Accetta
il
pacchetto,
ovviamente (anche se dentro di sé vorrebbe che suo padre la
smettesse di
provare a comprare il suo ritorno coi regali), e lo fa scivolare in una
tasca
quasi invisibile.
Tira
fuori
un
disco metallico, liscio (grigio argento, naturalmente) e glielo
porge,
non senza esitazione. Due grandi lettere a stampatello sulla custodia
ne
esplicitano il contenuto.
Gli
risulta
strano dare a una ragazza sconosciuta una delle sue macchine tecniche
preferite, e tuttavia minimizza il suo gesto come segno di semplice
cortesia.
La ricompensa per avergli consegnato il pacco, nulla più.
"Ti
ringrazio, signorina...?"
"Vera."
...
(c'è
una scheggia
nelle sue difese di ferro, ma viene ignorata o liquidata con una
spiegazione)
...
Rocco
incontra
Vera ancora una volta sul percorso 118, e il sole splende sorridente
sul mondo
come se tutto fosse perfetto, cosa assolutamente non vera. Ne ha
abbastanza
delle erronee illusioni di suo padre su eredi, successori e aziende, ed
è
alquanto irritato.
Vera
inizialmente non migliora la situazione.
"Rocco!"
Lui
continua
a
camminare, ignorando il richiamo come fosse indirizzato a qualcun altro
(di
nuovo). Andatura salda e svelta, passi regolari e cadenzati. E poi
arriva lei,
di corsa, arrancando goffamente sul sentiero zeppo di fango, sollevando
nuvole,
nebbie di polvere.
"Oh,
Vera. Scusami. Ero sovrappensiero."
"A
che
proposito?"
Rocco
realizza di aver raccontato più cose a lei
nell'ora seguente che a chiunque
altro negli anni passati. Non è granché,
d'accordo, ma
questa fonte di
energia è comunque un'eccezione alla sua convinzione di
essere del tutto
indifferente. Lui, a tempo debito, scopre che:
-
il suo
nome
completo è Vera Sapphire Haruka*
-
il suo
colore preferito è (com'era prevedibile) il verde
-
ha sedici
anni e tre quarti, ma ne dimostra molti di meno
-
il suo
Tipo
preferito è il Fuoco
-
non ama
né
il sole né la pioggia, e predilige invece il vento
("Perché ti tira
indietro i capelli e ti sembra di volare")
-
non ha un
buon rapporto con suo padre, il Capopalestra Norman
-
le piace
il
taro latte con le praline**
-
il suo
Torchic si chiama Kentucky, detto Ken, o Kentaro nelle occasioni
formali
("Lo
trovava divertente, anche se non gli piace il KFC")***
Al
momento
di
separarsi, in piedi l'uno accanto all'altra nella brezza estiva che
profuma di
Bellossom e erba appena tagliata, si accorge di essersi davvero
divertito con
lei.
Si
chiede se
ci sia qualcosa che non va in lui.
...
(la
scheggia è
diventata una piccola crepa, e si dirama come una ragnatela nel
labirintico muro di ferro che lo circonda)
...
Rocco
è in
piedi su un ponte pericolante, tenuto sommariamente assieme nient'altro
che da
solidi tronchi di legno e una corda di canapa. Il vento lo fa oscillare
pericolosamente, e per poco, una volta, non perde addirittura
l'equilibro.
Un
tuffo
nelle
acque lapislazzuli del lago sottostante non è la prima delle
sue priorità.
La
ragione
per
cui si trova su questo pericolante behemot se ne sta tremante alla sua
sinistra, avvolta in uno strato di vestiti piuttosto inconsistente per
essere
metà novembre. Sospira, poiché sa bene che non
c'è verso di farle indossare
qualcosa di caldo; d'altro canto adora il vento.
"Questo
è
un Devonscopio. Rivela la presenza di oggetti non visibili a occhio
nudo
."
Rocco
non
sopporta l'idea di avere tra le mani una delle "geniali" invenzioni
di suo padre. Ma dopotutto, è per aiutare Vera. È
la prima persona dopo tanto
tempo a poter definire qualcosa di più di una semplice
conoscenza. È quasi
magnetica. Emana un'energia irresistibile, e il suo sorriso smagliante
è
contagioso.
"Allora,
cos'è quella roba?"
"Lascerò
che lo scopra tu stessa; sarà molto più
interessante."
"...Che?"
"Sei pronta a combattere?"
"Cosa?!"
Quando
si
allontana
dal ponte pericolante, Rocco ha un lieve sorriso sulle labbra e una
calda
sensazione di felicità nel petto.
Vera,
dal
canto suo, non si accorge (o forse non ne è consapevole) del
gran
numero di sguardi curiosi che riceve quando fa il suo ingresso nella
palestra di
Forestopoli per sfidare Alice. Pensa che la causa siano i suoi capelli
color
cannella tutti scarmigliati, o il suo accento (leggermente) straniero
ogni
volta che apre bocca (il che succede spesso).
Ottiene
la
medaglia, ovviamente. Rocco le ha dato dei consigli sulla lotta.
Solo
una
volta
al sicuro nella sua Base Segreta (strategicamente collocata appena
fuori
Forestopoli) si accorge che la giacca nera e viola tipica di un certo
qualcuno le
copre palesemente e in modo efficace le spalle nude.
...
(la
frattura è
ora abbastanza grande da poterci inserire una mano, e qualcosa comincia
a
filtrare. stranamente, non viene mai riparata)
...
Rocco
e Vera
si
incrociano ancora diverse volte, anche perché la strada per
Iridopoli e la Lega
Pokémon è a senso unico, e lei è
determinata ad arrivare fin là.
Non
decidono
mai dove incontrarsi, niente di tutto ciò. Rocco ancora si
rifiuta di credere
che Vera eserciti un qualche influsso su di lui.
Non
è nemmeno
stata sua l'idea di scambiarsi i numeri di
PokéNav. No, assolutamente. Non possono
certo essere diventati amici,
giusto? Rocco battaglia a lungo con quest'idea. Ha solo frainteso,
scambiandoli
per amicizia, l'ammirazione e il rispetto che nutre per il talento
della
ragazza. Tutto qui.
Dopotutto
Rocco Petri è fatto di pietra. E la pietra è dura
e insensibile e inflessibile.
Non è un caso che il suo tipo di Pokémon
preferito sia Acciaio. Ha scelto di
mantenere alte le difese e fredde le sue emozioni molto tempo prima.
...
Finché Vera
non fa una domanda inaspettata:
"Voglio
dire, sei mio amico, no?"
Rocco
risponde
di sì. E non sta mentendo.
...
(la
crepa si
espande giorno per giorno e lui sa che non può nascondersi
per sempre e che lei l'ha cambiato e non ci vorrà molto
prima che quel muro si frantumi
in mille pezzi senza possibilità di ripararlo)
...
Si
imbattono
letteralmente l'uno nell'altra al centro spaziale di Verdeazzupoli,
dove il
panico regna sovrano con l'aggiunta di caos e confusione. Il Team Magma
ha
deciso di seminare la distruzione che lo contraddistingue prendendo
possesso della
pietra miliare del luogo.
"Aspetta,
Rocco! Cos'hanno fatto?"
"Ancora
niente, credo. Vuoi visitare la città, mentre io aspetto
qui?"
"Ma...
!"
"Hai
bisogno della prossima Medaglia, no?"
Sorride
nel dirlo, perché non vuole che lei scorga il panico che gli
turbina nello
stomaco come un milione di Volbeat. Sa che ha già affrontato
il Team Magma e il
Team Idro in precedenza, e li ha anche piuttosto stracciati, ma
l'attuale
situazione gli sta sfuggendo di mano.
Non
vuole
ammettere di essere leggermente preoccupato per lei.
Quando
riemerge dalla palestra di Tell e Pat, il viso di Vera è una
maschera di
determinazione. Rocco si lascia sfuggire un gemito, poiché
sa bene che con
quello sguardo dagli occhi d'acciaio come i suoi, non si
fermerà davanti a
niente.
"Vengo
con te."
"Vera-"
"Lo
so
che è pericoloso! Ma è la cosa giusta da fare, e
poi..."
"Poi?"
"Non
posso lasciarti andare da solo."
A
questa
dichiarazione,
il cuore di Rocco, dalle (presunte) mura d'acciaio, fa un balzo e lui
si impone
di non lasciar trasparire alcun segno visibile di sollievo. In tutta
onestà, si
sente molto più al sicuro con Vera al suo fianco.
"Fai
attenzione, allora."
"Certo!
Non sono una bambina!"
A
quelle
parole Rocco fa una smorfia dentro di sé, dato che
c'è una bella differenza tra
i diciassette anni di lei e i suoi ventiquattro. Vera non sembra
accorgersi del
suo turbamento.
Il
Team
Magma,
con grande sorpresa di Rocco, viene annientato con relativa
facilità; si
meraviglia nel vedere che Kentucky, detto Ken, Kentaro nelle occasioni
formali,
è già diventato un Blaziken. Si complimenta con
Vera per i suoi successi e lei
si illumina, letteralmente, d'orgoglio mentre stritola il feroce
volatile in un
abbraccio mozzafiato.
"Grazie
per il tuo aiuto, Vera."
"Aiuto?
Li ho massacrati praticamente tutti io!"
"Allora
la prossima volta mi asterrò dall'interferire."
"Non
oseresti."
Più
tardi si
trova a casa sua con Vera, appollaiata rigidamente su uno degli unici
due
divani della casa. Lui gioca con un filo randagio (verde agata, il
colore
preferito di Vera) mentre lei vagabonda
per la casa, osservando tranquilla la sua stravagante collezione di
rocce.
Averla
lì, nel
suo appartamento spoglio, lo imbarazza. C'è odore di polvere
e delle soluzioni
che usa per lucidare la sua collezione di minerali, ogni superficie
disponibile
è coperta da una sottile coltre grigia. Lei non ci fa caso,
o comunque non
commenta (probabilmente la prima).
Vera
prepara
il tè e addolcisce il suo con del latte e miele, ma si
limita a spremere un po'
di limone in quello di lui (poiché ricorda di averglielo
sentito dire una
volta), e si siede allegramente al suo fianco, indicando le pietre
mentre entrambi
bevono la propria bevanda, rispettivamente dolce e amara.
"Cos'è
quello?"
"Uno
zircone."
"E
quello?"
"Ossidiana,
e quella affianco è una pietra pomice."
"Dove
le
hai trovate?"
"A
Cuordilava. Hai presente la palestra di Fiammetta?"
"Mh.
Ehi,
e quello?"
"Sei
una
sorgente di curiosità infinita, eh?"
Il
lato
sinistro di Rocco (dove lei si era protesa) si raffredda spiacevolmente
quando
si alza per andarsene, dicendo di avere un appuntamento con quell'altro
ragazzo
(il rivale dal cappello assurdamente ridicolo) alla Grotta Ondosa,
quella sera.
I
suoi
capelli
color ambra ondeggiano mentre lei gli spiega tutta eccitata di voler
trovare
tutti i Gusciondosi di Hoenn, e la sua parlantina gli piove addosso
come acqua
ghiacciata. Ha il sospetto che le servirà la MN Sub se ha
intenzione di
arrivare a Ceneride.
Passano
dieci
minuti prima che lei si ricordi che sì, deve proprio andare.
Quando
se ne
va Rocco le spinge in mano un disco piatto e blu, e non si aspetta
certo di venir
placcato dall'esiguo peso di Vera, la quale gli si lancia addosso in
segno di
gratitudine.
È
dolorosamente
cosciente delle sue braccia snelle attorno alla nuca, e
del
profumo di sole e cannella che irradia. La sua prima reazione
è quella di
irrigidirsi, e ogni muscolo del suo corpo si tende incredulo
perché cosa
sta
facendo esattamente?
Avverte
le
labbra rosse di Vera curvarsi in un sorriso contro il tessuto della sua
maglietta quando lui ricambia l'abbraccio, esitante, facendole
scivolare le
braccia attorno alla vita sottile. È veramente minuta, nota,
anche se
non
sembra (sarà alta un metro e cinquantacinque).
Poco
dopo
essere uscita fa nuovamente capolino da dietro la porta, per appendere
la
giacca che gli ha diligentemente restituito, prima di sgattaiolare via
di
nuovo.
...
(la
scheggia
viene finalmente riconosciuta, assieme al sorprendente fatto che il
muro non si
sta sgretolando, bensì sciogliendo)
...
Il
terrore
allo
stato puro è un'emozione che dovrebbe esistere sono nelle
favole, pensa Rocco
mentre sprona il suo Skarmory affinché voli più veloce ti prego
è importante è
davvero importante.
Se
credeva
di
conoscere il panico a causa dell'(ora famigerato) incidente al Centro
Spaziale
di Verdeazzupoli, si sbagliava di grosso. Il panico non erano i Volbeat
nello stomaco.
Quello era nervosismo.
Il
panico
assoluto era la sensazione di avere braccia e gambe pesanti, un vortice
di rimorsi,
paura e terrore nello stomaco, e un'orribile sensazione di tensione nel
petto.
Senza contare il tremore che minacciava di prendere il controllo del
suo corpo
da un momento all'altro.
...
Era al
corrente di quanto accaduto, naturalmente. In teoria. Kyogre era stato
risvegliato
e al momento si stava dirigendo da Groudon per combatterlo, per gentile
concessione di Team Idro e Team Magma.
L'unica
cosa
che non sapeva era dove si trovasse Vera, ed è per questo
che stava quasi
implorando il suo fidato uccello d'acciaio affinché lo
portasse in fretta al
centro della tempesta infuriante. Forse
diluvio sarebbe una definizione più
accurata, pensa, sentendo gli schizzi d'acqua gelata
bagnargli la pelle come
spilli.
La
trova in
ginocchio in mezzo all'oceano, su un banco di sabbia bagnata, immersa
nell'acqua gelida fino alla vita. Non sa dire se il suo viso sia
bagnato dalla
pioggia o dalle lacrime. Non è nemmeno sicuro di volerlo
sapere.
"Vera."
"..."
"VERA."
"...Ho
fallito."
"Cosa?!
No. No, non è così!"
"E
allora
questo cos'è? Il mondo sta per finire, Rocco. Il mondo sta
per finire perché
non sono stata capace di sistemare le cose."
"Oh,
Dio,
Vera..."
Lei
rimane
in
silenzio, sconvolta com'è, mentre lui la avvolge, per la
seconda volta, nella
sua giacca quasi del tutto zuppa e attira il suo corpicino malconcio
tra le
braccia, mentre il suo Skarmory li porta entrambi in volo a Ceneride.
...
(il
muro è
stato ridotto in un sol colpo in tante schegge di metallo iridescenti)
...
Rocco
cammina
su e giù per la stanza, quando lei si sveglia, e apre e
chiude le palpebre sui
suoi occhi di zaffiro mentre osserva l'ambiente. Non può
fare a meno di sentirsi
turbato quando vede il suo volto cereo, la confusione stampata in ogni
curva
dei suoi lineamenti baciati dal sole.
"Dove
mi
trovo?"
"A
Ceneride.
Adriano, un mio conoscente, ci ha gentilmente permesso di atterrare
qui."
"Perché?"
Il
rombo di
un
tuono fa tremare i vetri delle finestre nelle loro cornici di legno.
Vera
lancia un'occhiata alle gocce traslucide che scivolano sulla lastra, e
il
sangue defluisce ulteriormente dal suo viso già pallido,
rendendola simile a un
fantasma. Ha ricordato.
Rocco
stringe
Vera tra le braccia mentre lei piange sulla sua maglietta.
Adriano
ha
abbastanza tatto da rimanere al piano di sopra.
Una
delle
ragazze in città si offre generosamente di prestare a Vera
un paio di jeans e
un maglione, nonostante nelle circostanze attuali si sia a corto di
impermeabili. La giacca di Rocco (asciugata di recente) si trova ancora
una
volta sulle spalle di Vera, e ogni verso di protesta viene subito
zittito.
Quando
lui
starnutisce lei prova a restituirgli la giacca, ma lui rifiuta.
Successivamente,
si chiede quando è stata l'ultima volta che ha messo il
benessere altrui prima
del proprio, e non riesce a ricordare. La cosa lo spaventa un po'.
"Riprenditi
la giacca!"
"Vera,
ti
assicuro che sto perfettamente bene."
"Ti
ammalerai, Rocco!"
"Disse
quella che è rimasta in ginocchio nell'oceano, sotto la
pioggia, per almeno
quarantacinque minuti."
"Rocco."
"Sei
tu
che devi andare là fuori, non io, giusto?"
"..."
Vera
fa un
passo all'esterno con riluttanza e vede infine ciò che ha
tanto preoccupato i
due uomini. Pare che due titani si siano infine risvegliati e stiano
ingaggiando una guerra di proporzioni epiche nell'enorme piazza di
Ceneride.
Rocco le lancia occhiate preoccupate quando lei non guarda.
Al
riparo
sotto il tetto sporgente di una casa (di chi sia, non ne ha idea
né gli
interessa al momento), analizza i danni. Enormi eruzioni di vapore e
del magma vorticoso
ribolliscono e colano lentamente ai piedi del Leggendario di Terra,
solidificandosi
all'istante a contatto con l'acqua.
Kyogre,
per
vendetta, lancia a Groudon bombe d'acqua ghiacciata, mantenendo sempre
costante
l'infinito diluvio nel cielo. Accanto a lui, Vera emette un lieve
gemito e
vacilla. Rocco si appoggia al muro di mattoni in cerca di sostegno. Le
labbra
di Adriano, solitamente sempre in movimento, sono serrate in una linea
di cupa
determinazione.
Rocco
si
volta
verso il vecchio amico e i due uomini si scambiano uno sguardo esausto,
stremato, e i loro occhi tetri celano il peso di migliaia di parole non
dette.
Sa cosa sta per succedere, e sa che non può interferire con
il corso della
natura né con il ciclo della storia.
"Vera...
Per favore, fa' attenzione. Non fare niente di avventato."
La
trattiene
per il polso pochi secondi prima che si allontani, sentimenti
inconfessati vorticano tra i due Allenatori. E lui non si sente
rassicurato
quando lei non replica al suo saluto. Capisce che non può
promettergli nulla
del genere.
Il
cataclisma diventa
sempre più incontrollabile. E Rocco sa che lei è
l'unica a poterlo fermare.
...
(i
frammenti si
sciolgono in piccoli rivoli argentei, scivolano via come mercurio
liquido e
filtrano nella terra)
...
Rocco
non sa
dire di preciso cosa sia successo.
I
giorni
passano in un susseguirsi di torrida siccità, precipitazioni
burrascose e
preoccupazione. Non ha idea di cosa stia succedendo, e se
c'è una cosa che non
sopporta, è proprio non sapere.
I
servizi
gracchianti
dei telegiornali (quando non manca la corrente) parlano di un
misterioso drago
verde che solca i cieli di Hoenn, e delle assurde e imprevedibili
condizioni meteorologiche.
Non ha notizie di Vera.
...
Quando
la
Torre dei Cieli crolla sotto la forza di quella che pare una lotta
apocalittica, lui teme il peggio, e si rifugia al sicuro tra le sue
rocce e i
suoi minerali, nell'oblio più forzato, incapace di
affrontare le conseguenze.
Rocco
sa di
essere un codardo, e cerca di scendere a patti con sé stesso
nelle notti
insonni, infestate dai ricordi del viso radioso e sorridente di Vera.
Dopotutto, le emozioni non si addicono alle sue difese d'acciaio.
Finge
che
non
gli importi, nonostante una vocina irritante in fondo alla sua mente (straordinariamente
brillante) gli suggerisca
il contrario.
Alcuni
giorni
dopo, quando tutto sembra finito, Adriano bussa alla sua porta. Non
ottiene
risposta.
...
(le
mura sono
tornate, persino più forti di prima, e se allora lei
è riuscita a distruggerle con
tanta facilità, ora la sua fortezza deve essere
assolutamente impenetrabile)
...
Si
rifiuta
di
pensare alla faccia che farà Vera quando (se)
troverà il biglietto sul tavolo
polveroso della cucina.
Né
si
concede
il lusso di pensare a quando, inevitabilmente, Vera farà
irruzione in casa sua,
spalancando la porta e annunciando (tutt'altro che discretamente) di
essere il
Campione oh mio Dio
Rocco ho battuto Adriano! (perché non ha
dubbi che lei
diventerà Campione)
Si
rifiuta
di
immaginare i suoi grandi occhi sgranarsi, le pupille dilatarsi, quando
le lame
affilate del tradimento e dell'abbandono affonderanno in lei. O al modo
in cui
contrarrà le labbra, tanto da farle sbiancare.
O
a come non
capirà subito la situazione e dovrà rileggere la
lettera una seconda volta, e
alla fine indietreggerà vacillante, incredula.
Perché non avrebbe mai pensato
che proprio Rocco l'avrebbe abbandonata come già suo padre
aveva fatto, e senza
nemmeno degnarsi di salutarla decentemente.
Si
pente di
aver usato un tono così formale, e di non essersi dilungato
a spiegare dove
andava, cosa faceva e perché. In retrospettiva, naturalmente.
Vorrebbe
essere in grado di affrontare la bruciante vergogna della sua
passività.
Una
parte di
lui desidera credere che Vera lo conosca tanto bene da capire
immediatamente
dove rintracciarlo (benché Hoenn sia piena di caverne).
L'altra vuole scappare
lontano dove nessuno potrà mai trovarlo, e starsene in
tranquillità a dissotterrare
rocce e vivere isolato come un eccentrico eremita.
Un
breve
biglietto redatto frettolosamente (su un fazzoletto, per giunta),
bianca nuvola
eterea, e un Pokémon abbandonato non possono compensare la
mancanza di un
amico.
...
"Per
Vera;
Ho
deciso di intraprendere
un viaggio di ricerca interiore e mi allenerò lungo il
cammino. Non penso di
tornare a casa per un po'.
Ho
un favore
da chiederti; vorrei che tu prendessi la pokéball sul
tavolo. Contiene un
Beldum, il mio Pokémon preferito.
Conto
su di
te.
Spero
che le
nostre strade si incroceranno ancora.
-
Rocco
Petri"****
...
È
buio.
E
umido. E senza dubbio spiacevole per chiunque non sia un appassionato
esperto
di pietre, ragion per cui Rocco conclude che nessuno sarà in
grado di trovarlo
qui.
Né
suo padre,
maniaco del controllo, il famigerato Presidente Petri. Né
Vera. Né i suoi
vecchi fan di lunga data, quando ancora era il Campione. Nemmeno
Adriano.
Nessuno.
Le
Cascate
Meteora possiedono una sorta di bellezza glaciale, riflette. Magari
è dovuta al
riflesso della luce emessa da alcuni Pokémon, che
occasionalmente si rifrange
sulle (imponenti) stalagmiti e stalattiti.
Potrebbe
anche
essere il quasi impercettibile plic,
plic, plic della condensa, che
gocciola
con fragore dal soffitto, così simile a quello di una
cattedrale, e che
raggiunge terra con un morbido splash
formando cangianti pozze color
ametista.
Oppure
è per
via dell'isolamento. L'evidente mancanza di presenze umane permea di
calma il
rombo dell'acqua che scorre e i distanti richiami degli Zubat.
(Tre
cose
sono
infinite, ad Hoenn: l'universo, la stupidità umana e il
numero di Zubat in una
grotta.)
Ovviamente,
la
maggior parte delle persone non noterebbe lo stesso splendore di un
geologo esperto.
Vedrebbe bei cristalli, una bella cascata, e l'uscita della grotta, la
luce del
sole che filtra e promette di asciugare i piedi bagnati, niente
più ragnatele e
il familiare rumore di scavi.
Rocco
estrae
un piccolo pennello dalla sua immancabile cintura degli attrezzi e con
movimenti veloci e precisi , comincia a spolverare la pietra che ha
appena scavato
dal muro di fronte a lui.
E
quando
spazza via i frammenti di detriti, le sue dita si stringono
involontariamente
allo zaffiro appena portato alla luce. Persino quando va via e prova a
dimenticarla, trova sempre il modo di infiltrarsi nella sua mente.
Il
suo
secondo
nome è infatti Sapphire e i suoi occhi hanno sempre avuto
quella stessa
sfumatura di azzurro intenso (ed è una cosa che Rocco non
è mai riuscito a
scordare), sia che piovesse, splendesse il sole o soffiasse il vento
(che tanto
amava); persino quando pioveva cenere.
Stringe
la
pietra talmente forte che le punte ruvide e affilate gli si conficcano
nella
pelle screpolata. Non vuole rievocare il ricordo del suo profumo alla
cannella
e la sua ridicola bandana verde (il suo colore preferito),
perché si è ormai
lasciato tutto alle spalle e nessuno lo troverà mai
più.
Non
è forse ciò
che desideravi?, si ammonisce. Non volevi forse dimenticare
ogni cosa e
tornare
ad essere insensibile, freddo, fatto d'acciaio? Eppure non
riesce a
dimenticare
il modo in cui le sue labbra pronunciavano il suo nome;
"Rocco?"
Fantastico.
Adesso ha anche le allucinazioni. Ha sentito dire che l'isolamento
prolungato
può portare alla pazzia. Forse dovrebbe lasciar perdere
quest'idea e tornare a
fare l'eremita a Verdeazzupoli.
Non
si
accorge
dei passi titubanti o dell'odore di cannella che aleggia nell'aria
finché non gli
piombano addosso cinquanta chili, e le lacrime filtrano attraverso la
sua
giacca elegante fino alla maglietta.
Si
volta
lentamente, incapace di credere a quanto sta accadendo, convinto
com'è che si
tratti di un'allucinazione nonostante ne abbia la prova vivente proprio
davanti
agli occhi.
Non
è Blaziken
quello che illumina con vampate irritate la sua piccola grotta. E
sicuramente
non è un Metang quello che levita quieto in fondo alla
stanza e scandaglia con
i suoi occhi rossi gli attrezzi e i minerali sparpagliati.
E
non
è Vera
quella che si aggrappa alla sua maglietta lasciando una grossa chiazza
bagnata
sulla sua sciarpa rossa (poiché la sua altezza non le
consente di arrivare
oltre).
"Pensavo
mi avessi abbandonato."
"...È
quello che pensavo anch'io."
Una
pausa.
"Sul
serio, Rocco, non ci si libera di me tanto facilmente."
Senza
fermarsi
a riflettere, Rocco avvolge le braccia attorno alla vita di Vera e le
si
avvicina (perché sente che è la cosa giusta da
fare) e lei sospira di sollievo,
appoggiandoglisi contro. Lui affonda il viso nei suoi capelli
(scarmigliati
come sempre), e inspira a fondo, inalando il profumo di sole, risate e
primavera.
E
quando
infine lei gli afferra la mano in una morsa d'acciaio e comincia a
trascinarlo
verso l'uscita e poi nella luce abbagliante (strizza più
volte gli occhi), non
oppone resistenza. Perché forse, solo per questa volta,
può piegare le sue mura
d'acciaio per questa ragazza.
...
(quel
giorno,
lui impara che le sculture più belle non sono forgiate da
strumenti di rame e
d'acciaio, ma dal tocco gentile del vento e dell'acqua che lavorano a
loro
piacimento).
...
Note della traduttrice
(translator's notes):
* Sapphire è
il nome di Vera nel manga Pokémon
Adventures,
e Haruka è il suo nome originale giapponese.
** Il taro latte
è un latte vegetale, e per praline intendo le palline di
cioccolato che spesso si mettono come topping (immagine).
*** Il KFC, per chi non
lo conosce, è una catena di fast food specializzata in pollo
fritto; l'ironia sta nel fatto che Torchic sia un pulcino.
**** Non ho giocato a
Smeraldo e in OR/AS non sono ancora arrivata al punto della lettera,
per cui la traduzione non è quella ufficiale.
Modificherò appena avrò l'occasione, per il
momento mi sono attenuta al testo inglese.
Per PokéNav,
Gusciondosi, MN e MT penso non ci siano problemi di identificazione, in
alternativa c'è Wikipedia.
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