Come fai a sorridere?

di Bluemiko
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Aprì gli occhi di scatto, risvegliata dal freddo.

Cercò di riprendere immediatamente sonno richiudendo gli occhi con forza, ma la fame che le attanagliava lo stomaco non glielo permise. Esasperata si mise a sedere, subito colpita dal gelo pungente che proveniva dall’entrata della tana d’orso nella quale aveva pensato di passare la notte.

“cavolo” pensò. Ora quella dannata fame non le avrebbe permesso di richiudere occhio. Doveva rassegnarsi a passare un’altra notte senza dormire, in preda delle dolorose fitte.

Erza cercò di non pensare all’enorme quantità di cibo che si trovava nella città ai piedi della montagna, la stessa dove avrebbe dovuto commissionare il suo lavoro…

Se solo avesse voluto avrebbe potuto recarsi nella città è comprare un po’ di cibo in una locanda come ce n’ erano tante lì…

No. Non poteva. Avrebbe compromesso il suo lavoro, senza contare che nessuno avrebbe accettato di vendergli qualcosa neanche per tutto l’oro del mondo…

Doveva aspettare che il demone si facesse vivo, terminare il compito e poi sarebbe tornata a casa con il denaro. Allora lì avrebbe mangiato e dormito. forse

Il sesto senso la riscosse di suoi pensieri.

“Il demone” pensò mentre si alzava velocemente, raccogliendo la katana*. Mentre usciva la grotta il freddo la colpì. La neve scendeva fioca mentre lei indossava solo una camicia logora e una gonnellina, non aveva neanche le scarpe…

Cominciò a correre nella direzione che le indicava l’istinto.

Un urlo lacerò la quiete della città dove la gente stava tranquillamente facendo una passeggiata notturna, godendosi il mercatino di Natale.

Erza accelerò il passo, diretta verso l’origine del grido. Quando arrivò a destinazione constatò che si trovava al margine del mercato natalizio che si stava svuotando rapidamente. Tutti strillavano, correndo scompostamente nella confusione generale.

Erza individuò il diavolo. Aveva le sembianze di un gigantesco ragno con delle chele. Stava attaccando una giovane donna e il suo ragazzo. Quello preso da una paura folle aveva spinto la ragazza avanti come scudo e senza girarsi si era messo a correre nella direzione opposta, mentre la donna gridando e implorando veniva afferrata dalle chele della bestia

La piccola Erza scattò immediatamente. In un istante era arrivata ai piedi del mostro che infastidito aveva cercato di afferrarla con un’altra chela. Lei schivò saltandoci sopra portandosi all’altezza della donna. Sfilò la katana dalla sua custodia e tranciò di netto la chela cha la teneva imprigionata con un movimento fluido. Un liquido scuro come quella notte macchiò il bianco della neve. La ragazza cadde svenendo per lo spavento. Erza atterrò con l’agilità di un gatto e subito si lanciò a prendere la donna al volo. Le ricadde incosciente tra le braccia, e lei l’appoggiò delicatamente contro il muro di una casa e si girò verso il demone. Quello, furioso per la perdita di un arto, si lanciò contro Erza. Lei, non potendosi spostare a causa della persona dietro di lei si preparò a difendersi. Prese a due mani la sua spada e parò l’attacco del mostro, respingendolo indietro. Si mosse velocemente, elegantemente, come solo lei sapeva fare. Passò subito all’attacco senza dare al diavolo la possibilità di riprendersi. Prese la rincorsa e saltò. La bestia si protesse coprendosi con le zampe. Erza alzò la katana sopra la testa, lo sguardo cupo. Abbassò la spada sopra il corpo del demone, tagliandogli le zampe, il sangue nero della bestia che la sporcava. Il grido disumano del mostro riecheggiò per le strade della città. Erza non si fermò, di nuovo assaltò il demone, stavolta con un tondo che lacerò il demone a metà, il liquido nero schizzò tutto intorno al corpo esanime del mostro che lentamente cominciò scomparire. La piccola Erza compì un gesto fulmineo con il polso, pulendo il sangue dalla katana riversandolo sul terreno. Dietro di lei Erza senti la donna rinvenire, girò la testa ancora macchiata di sangue verso di lei. Spaventatissima la ragazza cacciò un urlo e corse via. Erza si voltò subito dall’altra parte, cercando di trattenere le lacrime. Dopo un po’ si avviò lentamente verso il municipio. Mentre camminava cercò di pulirsi come meglio poteva. Quando arrivò davanti alla porta del municipio era riuscita a levare il sangue solo dalla faccia. Bussò tre volte e sentì una voce stanca e annoiata proveniente dall’interno dirle di entrare. Appena entrò vide l’espressione del uomo cambiare da noia a puro orrore. Represse la frustrazione.

L’uomo evitò di guardarla in faccia e si precipitò sul telefono componendo il numero del sindaco

“è qui!”

Erza sentì dall’altra parte della cornetta la voce di un uomo bofonchiare un “cosa” interrogativamente.

“Sindaco, lei è qui!” ripete il signore. Questa volta dall’altra parte del telefono senti un rumore simile a un uomo che cade da una sedia e Erza capì che il sindaco aveva compreso la situazione, infatti, pochi minuti dopo la porta si spalanco facendo entrare un grasso sindaco piuttosto agitato che guardò con ribrezzo Erza.

“Ho concluso il mio lavoro, voglio la somma promessa insieme al mezzo con cui ritornerò alla sede” disse lei con voce atona, tentata di chiedere anche qualcosa da mangiare.

“C-certamente” rispose il sindaco che si diresse verso la scrivania dietro a cui stava seduto l’uomo che l’aveva fatta entrare, ne estrasse un sacchetto piuttosto grosso pieno di monete d’oro insieme a una chiave.

“Q-qui ci s-sono i soldi”deglutì “e questa e la chiave per la stalla del cavallo” disse il sindaco e con enorme dispiacere gliele allungò entrambi. Erza li prese e uscì velocemente da quell’edificio senza dire una parola, evitando che gli uomini vinti dal desiderio di vederla fuori di lì le urlassero di farlo.

Si diresse alle scuderie con passo lento, ondeggiante, dovuto al fatto che la stanchezza e la fame la stavano sopraffacendo. Quando vi arrivò, aprì la porta della stalla del suo cavallo, notando come aveva sospettato che il cavallo era vecchio. Però, per fortuna sembrava riposato e in buona salute. Lo svegliò e gli diede una carota che aveva trovato in una cesta lì dentro. Ne prese una anche lei, grata per poter quietare la fame per un po’. Aspettò che il cavallo si fidasse di lei e poi lo sellò, decisa a partire subito. Lo portò fuori dalla scuderia e gli salì in groppa. Prima cavalcò piano cercando di non stancare l’animale, poi notando che manteneva bene il ritmo si permise di galoppare più forte. Imboccò la strada per ritornare a casa, ripensando quell’ennesima missione uguale ad altre cento di quelle che aveva compiuto nei suoi dodici anni di vita.

La tristezza la pervase, tutte le volte tutti la guardavano come se il mostro fosse lei…

“sono solo ciechi” pensò cercando di ricacciare indietro le lacrime.

Con quest’ultimo pensiero si addormentò cavalcando veloce verso casa.

 

*katana è il nome delle tipiche spade giapponesi

 

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE

Salve a tutte quelle persone che sono riuscite ad arrivare fin qui.
Grazie per avere letto il primo capitolo della mia prima long!
In questo primo capitolo parlo della vita di Erza durante le missioni
SPOILER(nel prossimo parlerò della sua casa/sede, la vera storia comincia al terzo capitolo)
Vi avverto che sono una persona molto sadica, di conseguenza la storia sarà abbastanza triste
Cosa ne pensate? Vi prego di recensire per farmi sapere come vi sembra questa fic
Ciao

Bluemiko

 





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