Il segreto della doppia K

di KiarettaScrittrice92
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Angolo dell'autrice:
Ormai la fanfic ha preso il suo ritmo, anche se effettivamente questa prima parte è solo un'introduzione alle altre due. 
Ho un piccolo avviso per questo capitolo, un avviso che avevo già annunciato ad uno dei miei lettori e che ribadisco a tutti in questo momento. Quando iniziai a scrivere questa fanfic Kaito lo conoscevo solo tramite Detective Conan, ergo non conoscevo Akako. Infatti non solo non vedrete la strega rossa in questa fanfic, ma allora ero anche una KaitoxAoko convinta, quindi non vi stupite se non vedrete la mia OTP di Magic Kaito in questa fanfic.
Inoltre mi scuso se l'immagine è un po' fuori contesto rispetto al capitolo che leggerete, ma non ne ho trovate di più vicine alla situazione.
Prima di cominciare ringrazio nuovamente i miei tre accaniti lettori, che mi rendono sempre contenta delle loro recensioni.
Buona lettura ^-^

Due imprendibili amici



Problemi d'amore
 

Passarono così le vacanze invernali. Avendo fatto il viaggio proprio nel periodo in cui conobbi Kaito, andai finalmente ai miei primi giorni di scuola in Giappone. Era un imponente istituto di Tokyo, uno dei tanti, ma mai mi sarei aspettata che fosse lo stesso liceo di Kaito.
Dopo le noiose lezioni di un professore di letteratura che ci faceva sempre leggere solo gialli che parlavano di stupidi detective come Kudo, suonò finalmente la campanella e corsi giù al cortile della scuola per prendere una boccata d’aria.
Proprio lì, sotto l’albero di ciliegio, che però non era fiorito, lo vidi. Aveva l’aria parecchio divertita e parlava con una ragazza della sua stessa età. Lei aveva gli occhi azzurri e i capelli di media lunghezza castani.
Con passo tranquillo mi avvicinai a loro e quando fui dietro Kaito, gli picchiettai sulla spalla. Lo vidi girarsi di scatto e poi la sua espressione da divertita si trasformò in stupita.
«Ki... Kiaretta? Che ci fai qui?»
«Te l’avevo detto no? Che avrei iniziato a frequentare un liceo di Tokyo.» risposi io con un sorriso, mostrandogli la mia divisa, uguale identica a quella della ragazza che aveva di fianco, quella stessa ragazza che subito dopo la mia risposta si rivolse a lui incuriosita.
«Chi è Kaito?»
«Beh ecco… vedi… come te lo posso spiegare… sì insomma…»
«È il mio migliore amico!» intervenni io facendole l’occhiolino.
Non l’avessi mai fatto. Mi era venuto d’istinto e non pensavo che con quella sola frase e con quel piccolo gesto avrei combinato così tanto danno.
«Migliore amico eh? – disse rivolgendosi a Kaito – Sono contenta per te allora!» e così dicendo se ne andò, furibonda.
«Aoko aspetta io… Accidenti… Che ti è saltato in mente?»
«Scusa, io non pensavo che si sarebbe offesa.» risposi stupita da quella reazione. 
«Certo, non pensavi…»
«Dico sul serio io volevo solo…»
«Stai zitta, solo perché sei la mia compagna di avventure non vuol dire che devi ferire i sentimenti miei e quelli delle persone che mi stanno attorno chiaro?» disse con un filo di voce.
Sembrava pronto ad esplodere da un momento all’altro.
«Kaito io…»
«Vattene, non ti voglio vedere più…»
«Kaito…»
«Vattene, ho detto!»
Tornai a casa e mi buttai sul letto, scoppiando a piangere, sembravo una bambina a cui gli avevano preso il lecca-lecca. Non riuscivo a trattenere le lacrime, pensavo a tutti i furti che avevamo fatto insieme nelle vacanze invernali, alle sue battute, al suo carattere da sbruffone. Non riuscivo a farmene una ragione, che lui non mi volesse più, perché? Io non sapevo ci tenesse così tanto a quella ragazza. Non la conoscevo nemmeno. Insomma, forse si poteva dedurre, ma non sapevo fosse così gelosa, altrimenti non avrei detto quelle cose.
In quel momento però mi sentivo una bambina di quattro anni abbandonata davanti a una porta dai suoi genitori, mi sentivo persa e non sapevo cosa fare. Ogni volta che cercavo di tranquillizzarmi mi tornava in mente la sua faccia arrabbiata che mi diceva che non voleva vedermi più e così tornavo a piangere.
Come sarebbe stato senza di lui? Nessuno mi avrebbe più chiamata “mia fanciulla” e la nostra sfida con Kudo sarebbe andata in fumo.
Dovevo dimenticare tutto perciò decisi di andare alla grotta per l’ultima volta. 
Chissà forse era stato solo uno scatto d’ira, forse vedendomi là mi avrebbe perdonata e sarebbe tornato tutto normale.





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