Le cronache dal pianeta dei morti: Quando la disperazione incontra la speranza

di Yulin Fantasy
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CAPITOLO 3
FRATELLONE…

Londra.
Era mattina, anche se non si capiva.
Diciamo che si capiva grazie alla sveglia del cellulare di Astral, che il ragazzo cercò inutilmente di spengere.
Allora si mise a sedere sul letto e si strofinò gli occhi, cercando di far andare via un po’ il sonno. Prese il cellulare e lesse l’ora: le 7:00.
Si alzò dal letto e si stiracchiò, sbadigliando.
Poi si avviò in cucina e rimase sorpreso nel vedere Dylan già svegliò.
- Buongiorno…-
- Buongiorno Astral. Dormito bene?-
- Beh, non tanto… diciamo che ho sempre un sogno strano.-
L’uomo aveva messo su il thé e guardò Astral.
- Che genere di sogno?-
- Diciamo che è strano da spiegare… non so se definirlo un incubo o un sogno…-
- Ti ricordi che lavoro facevo qualche anno fa?-
Chiese Dylan, mentre versava il thé al ragazzo.
- Sì… facevi l’indagatore dell’incubo… anche se non mi hai mai raccontato nessuna avventura.-
- Forse un giorno… però ora parlami di te.-
- Di te.-
Astral sorrise, stando con Dylan aveva imparato l’ironia e a volte la usava, però Dylan inizialmente sorrise, poi si fece più cupo in viso.
- S… scusa! Era una sua battuta?-
- Sì… ma non preoccuparti. È vecchia, anzi, era già vecchia quando la raccontava lui. La usano in molti.-
Invece sì, si doveva preoccupare: a ogni battuta Dylan prima sorrideva, ma dopo si faceva scuro. Ogni battuta per lui era come una bastonata, perché ogni battuta gli ricordava la persona per lui più importante… e che non potrà mai più tornare.
- Dylan, vuoi ancora sentire il mio sogno?-
- Certo. Siamo amici.-
L’uomo si era seduto davanti ad Astral e sorseggiava il thé.
- Come spiegarlo… diciamo che è come se mi svegliassi e non sono più io: sono uno spirito azzurro, un alieno… poi vedo delle immagini, ma sono sfuocate… e poi una voce, la sua voce che mi chiama…-
Astral abbassò lo sguardo e Dylan annuì.
- E poi ti svegli, ho indovinato?-
- Sì. Strano, vero?-
- I sogni sono sempre strani…-
- A volte desidero che sia quella la realtà… e questo un sogno…-
- Pure io una volta ho voluto scambiare il sogno per la realtà*…-
Dylan si alzò e scompigliò i capelli ad Astral.
- Io vado a lavoro.-
- Ancora!?-
- Abbiamo bisogno di soldi…-
- Un giorno mi dirai il lavoro che fai…-
- Va bene.-
Astral sentì la porta che si richiudeva. Il ragazzo si alzò e andò nello studio, guardando il modellino di un galeone sopra la scrivania: non era ancora finito.
Dylan gli aveva detto che per lui era impossibile, ci prova da anni e non ci è mai riuscito, anche perché tantissime volte si è rotto.
Da quando era arrivato lì, Astral era sempre rimasto affascinato da quel misterioso galeone, anche se era solo un modellino. Era come… se fosse magico, non sapeva spiegarselo.
Poi, vicino al giocattolo, c’era un clarinetto. Pure quello era di Dylan, lo suonava per rilassarsi, anche se l’unica composizione che sapeva suonare era “Il trillo del diavolo” (e a volte anche male) però, tutti e due quegli hobby gli faceva sempre meno.
Poi si sedette sulla sedia della scrivania e si mise a pensare: non riusciva a capire come mai Dylan fosse così riservato con lui… e ora che ci pensava, sapevo molto poco di lui: sapeva che lavoro faceva in passato, ma non quello di adesso, sapeva che aveva degli amici (anche alcuni che se ne sono andati), ma non gli ha mai parlato di loro e non gli ha mai raccontato nessuna delle sue esperienze, solo qualche cosa, solo qualche citazione…
Forse, poteva trovare qualcosa lì. Sapeva che era sbagliato, però Dylan non ricordava mai di chiudere a chiavi i cassetti della scrivania…
Ne aprì uno: c’erano proiettili per la sua pistola, una licenza da investigatore privato e un tesserino di Scotland Yard scaduto da tantissimo tempo.
Astral prese il tesserino e vide che era di Dylan. Rimase sorpreso a vedere che il suo amico era un poliziotto e non glielo voleva dire… chissà perché poi ha abbandonato.
Però, non c’era nulla per capire chi erano questi amici…
Decise di lasciare stare. Era sempre stato un curioso per natura.
Lui glielo diceva sempre.
Chiuse il cassetto, sospirando e dirigendosi verso camera sua.
Astral si chiuse in camera, osservando ancora una volta la foto. C'erano tre bambini, più o meno di cinque anni. La prese e lesse dietro cosa c’era scritto:
“La più bella giornata della nostra vita!
Astral, Black Mist e Yuma Tsukumo!”

Il ragazzo represse le lacrime e appoggiò di nuovo la foto. Prese il cellulare e andò in rassegna nella segreteria telefonica, sapendo di avere ancora tutti i messaggi.
L’ultimo messaggio risaliva a un anno e mezzo fa.
Lo ascoltò:
- Ascolta fratello: non so cosa mi succederà. Quando ascolterai questo messaggio, ormai sarà troppo tardi.-
La sua voce era traballante, fra la tristezza e paura.
- Però tu devi andare avanti: Yuma è ancora vivo, ma non so dove sia. Ora però devi andare, capito? Scappa, non so dove, rendi migliore il futuro… salva il mondo Astral. Io credo in te. Addio. Ti voglio bene fratellino.-
Lesse il suo nome: Black Mist. Il suo fratello gemello.
- Ti voglio bene anche io fratellone…-
Sussurrò, per poi raggomitolandosi nel proprio letto, con gli occhi bicolore pieni di lacrime.
Perché continuare a lottare?
Perché ha sempre finto?
Perché non può lasciarsi andare?
Forse… perché lui non avrebbe voluto… non avrebbe mai voluto…
Non si doveva arrendere.
Ma a volte… il mondo era difficile.
Quando voleva che tutto quello fosse un sogno… solo un brutto incubo da cui si poteva risvegliare.
E rivedere… rivedere i suoi amici.
È chiedere troppo, vero?
Sì, è chiedere troppo.


*Dylan sta parlando del Dylan Dog numero 77: L’ultimo uomo sulla Terra, di Sclavi\Roi (dove c’era anche la storia Incubus, di Sclavi\Piccatto)

ANGOLO AUTRICE
La storia sta andando molto lentamente, lo so, lo so.
Però dal prossimo capitolo iniziano i cambiamenti, questo è solo per far conoscere meglio Dylan a chi ancora non lo conoscesse. (Che non servirà a nulla, per chi lo conosce…)
Beh, che altro dire? Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Recensite in tanti, per favore!
Sayonara,
Yulin

 





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