LA MUSA
“Stupido”,
mi disse la mia Musa, “guarda nel tuo cuore e
scrivi.”
Sidney
Goff
“Dicono
che nel campo di grano del vecchio Stanley ci sia una ragazza che suona
il violino ogni notte di luna nuova,” disse Josh ad Anne con
tono cospiratorio.
“Non è vero! Lo dici solo per
spaventarmi,” lo rimbeccò Anne.
“Non è vero!” le fece il verso Josh.
“Me lo ha detto Riley.”
Riley era il fratello maggiore di Josh: aveva sedici anni ed era uno
tosto.
“Riley ti prende sempre in giro,”
ribattè Anne con voce petulante.
“Stavolta no,” le assicurò Josh.
“Ha detto che ancora sono troppo piccolo perchè ho
solo otto anni, ma quando sarò più grande andremo
insieme dal vecchio Stanley e me la mostrerà!”
Anne scosse la testa.
Josh era entusiasta: finalmente sarebbe stato coraggioso come suo
fratello e tutti l’avrebbero ammirato. Anche Anne si sarebbe
ricreduta.
9 anni dopo...
Josh stava tornando a casa da scuola di corsa quel giorno. Aveva grandi
notizie sulla violinista fantasma e doveva assolutamente comunicarle ad
Anne, che era già arrivata da un pezzo a casa e lo aveva
sempre canzonato per quella sua fissazione.
Fin da quando aveva otto anni e frequentava la terza elementare con
Anne, Josh voleva vedere la bella ragazza triste che suonava il violino
ogni notte di luna nuova nel campo di grano dell’attempato
signor Stanley.
Tutti in città avevano dimenticato il suo nome per intero e
da tempo immemorabile chiamavano così l’eccentrico
vecchio che trascorreva la vita nella propria casa di campagna e
sparava pallettoni grossi come chicchi d’uva a chiunque si
avvicinasse al suo campo, fossero coppiette adolescenti nascoste dietro
un albero o ladruncoli disposti a rischiare la natica destra pur di
sgraffignare qualche ciliegia. Non risparmiava nemmeno le frotte di
curiosi che accorrevano persino dai paesini limitrofi per vedere la
leggendaria musicante fantasma. Il vecchio Stanley sosteneva infatti
che, ammesso che “un’ ectoplasma strimpellante
infestasse il suo campo”, non l’aveva mai dovuto
rincorrere a fucile spianato per avergli rovinato il raccolto, come
invece era successo con qualche ficcanaso un po’ troppo
azzardato.
Toby il meccanico amava vantarsi con i pochi che fossero ancora
disposti ad ascoltarlo di zoppicare sulla gamba sinistra
perchè una notte si era recato al campo per vedere la
violinista fantasma (“E vi assicuro che esiste,
l’ho vista con i miei occhi. È veramente bella
come dicono!”) e si era beccato una scarica di pallettoni da
parte del vecchio Stanley. Toby era riuscito a scappare, ma un
proiettile l’aveva colpito al ginocchio. A quel punto, di
solito, l’intera platea, solitamente vecchietti oziosi in
attesa che il circolo di bocce aprisse, mormorava impressionata qualche
commento non meglio identificato e, a quel punto, di solito,
interveniva la moglie di Toby, Clarice, sostenendo, molto meno
poeticamente ma molto più realisticamente, che il marito
fosse caduto dal tetto due Natali prima nello spavaldo tentativo di
voler sistemare le luci da solo e ora si fosse ritrovato con
un’articolazione a struzzo per aver fatto lo sbruffone.
Vecchio Stanley o meno, pallettoni o meno, Josh aveva sentito parlare
per la prima volta di quella ragazza da suo fratello Riley e da allora
la smania di vederla almeno una volta non l’aveva mai
abbandonato. Ma ora Riley era grande, si era trasferito ed era andato a
convivere con la sua fidanzata, dimenticandosi della storia.
Quel giorno a scuola, però, l’amico di Josh,
David, aveva ritirato in ballo la leggenda, informando i compagni che
una coppia di turisti che alloggiavano all’albergo di suo
padre avevano visto una figura luccicante la sera del loro arrivo,
mentre guidavano diretti in città.
Secondo il calendario, mancava una settimana alla luna nuova e Josh era
deciso a non perdersela.
Saltò di corsa il basso steccato che delimitava la casa di
Anne, tre porte più in giù della propria, e, con
lo zaino ancora in spalla e il fiatone, bussò
freneticamente.
Venne ad aprirgli l’amica che, con una ciambellina nella
destra e la sinistra appoggiata al portone, lo guardò
stupita.
“Grandi notizie,” annunciò Josh,
varcando la soglia e dando un morso alla ciambella. Anne lo
guardò male.
“Sentiamo,” gli disse, sollevando un sopracciglio.
Chissà perchè, ma aveva la sensazione che sapesse
già dove l’amico volesse andare a parare.
“Lunedì prossimo andiamo al campo del vecchio
Stanley,” annunciò Josh trionfante.
“Assolutamente no.” Anne diede un morso alla
ciambella.
“Ma – “
“Sei pazzo? Vuoi intrufolarti in una proprietà
privata – e neanche una qualsiasi – solo
perchè sei ancora convinto che quella vecchia storia
acchiappaturisti sia vera?”
“Il vecchio Stanley non è proprietà
privata!” esclamò Josh con tono leggero.
“E poi dice la leggenda che la ragazza suoni una musica
così bella da ispirare in campo artistico chiunque
l’ascolti anche una sola volta, garantendo al fortunato un
successo sicuro.”
Anne sbuffò e andò in cucina a prendere da bere;
sapeva quella storia a memoria e non ci aveva mai creduto, tanto
più che i fantasmi la terrorizzavano, fossero veri o finti.
“Pensaci, Annie,” la implorò Josh,
lasciando cadere lo zaino per terra e appoggiandole le mani sulle
spalle.
Anne voltò la testa per cogliere lo sguardo appassionato
negli occhi dell’amico.
“Quel libro che stai scrivendo... Non ti piacerebbe che
vedesse la luce un giorno?” la tentò, sapendo di
stare toccando il punto debole dell’amica.
Anne esitò, divisa tra paura ed eccitazione.
“E va bene!” sbottò alla fine.
“Ci vediamo alle nove qui davanti, ma sappi che sei stato
sleale e un sì estorto con la tentazione non vale
niente.”
Josh le dedicò un gran sorriso e le diede un bacio sulla
guancia, prima di riprendersi lo zaino e tornare saltellando a casa
propria.
Anne rimase a guardarlo dalla finestra della cucina.
“Uffa,” si lagnò Anne una settimana
dopo. “Siamo qui da un’ora e non è
ancora successo niente.”
“Succederà,” replicò Josh.
“Sono solo le dieci e mezza.”
Erano seduti spalla a spalla sotto un grande olmo con una coperta sulle
gambe; sebbene non fosse freddo, era comunque una sera primaverile e
l’aria notturna non si era ancora scaldata. Era una notte di
luna nuova ed era piuttosto buio.
“Sì, ma intanto mi sto annoiando,”
continuò Anne, agitandosi sotto la coperta. “Se
tra cinque minuti quella ragazza non si degna di apparire, me ne
vado,” asserì, guardandolo accigliata.
“E mi lasci qui ad aspettare da solo?” le
domandò Josh, entrando in modalità
occhioni-da-cucciolo-bastonato e sapendo già sarebbe stata
la risposta di Anne.
“Oh, e va bene!” roteò gli occhi la
ragazza dopo un paio di secondi, mezzo divertita mezzo seccata.
“Starò qui con te ancora mezz’ora.
È la mia ultima offerta, contento?”
“Grazie,” le soffiò Josh
all’orecchio, facendole oscillare la ciocca castana che le
copriva il lobo. Lei lo scacciò ridendo con la mano, ma
l’amico continuò a farle il solletico
così che Anne fu costretta a passare al contrattacco.
Stavano ridendo a mezza voce, quando un’altra risata si
unì alla loro, echeggiando tra i tronchi lì
attorno.
Anne si aggrappò terrorizzata a Josh.
La risata risuonò di nuovo. Aveva un timbro infantile.
“Cos’è stato?”
“Credo che ci siamo,” mormorò Josh con
gli occhi che gli brillavano.
Dal nulla spuntò una bambina di circa otto anni, vestita con
abiti di foggia antiquata: portava un vestito chiaro con la gonna a
balze e le manichette a sbuffo.
E rideva, osservandoli incuriosita, facendo oscillare i boccoli biondi
raccolti in un nodo elegante sulla nuca.
“Chi siete?” domandò loro.
Anne tremava convulsamente addosso a Josh, che la stringeva a
sè, impedendole di darsela a gambe.
“Chi siete?” ripetè la bambina.
“Io sono Josh e lei è la mia amica
Anne,” le rispose allora Josh con tono esitante. “E
tu chi sei?”
“Io sono Lucille,” disse la bambina di porcellana.
In mano stringeva un pierrot con il corpo di pezza e la testa di
coccio, leggermente incrinata; due lacrime scure erano disegnate sulle
gote laccate di rosso.
“Volete giocare con me?”
“Sicuro,” rispose Josh. Anne fece un verso
strozzato. “Però prima ci puoi dire se da queste
parti c’è una ragazza?”
La bambina lo guardò sorridendo. “Ci sono
io.”
“Certo, questo lo vedo. Ma sai per caso se oltre a te
c’è anche qualcun altro? Una ragazza grande, viene
ogni tanto e suona il violino.”
“Prima giocate con me!” esclamò Lucille,
incrociando le braccia dietro la schiena e dondolando a destra e
sinistra. Poi iniziò a sparire e a ricomparire tra i tronchi
alla velocità della luce.
“Giocate con me!” continuava a ripetere con voce
acuta, allontanandosi sempre più.
Josh scalciò via la coperta e si alzò in piedi.
“Dove stai andando?” squittì Anne,
aggrappandosi al bordo della sua maglietta. Josh la prese per mano e la
tirò in piedi.
“Forza, seguiamola, potrebbe portarci da lei!”
“Tu sei pazzo!” sgranò gli occhi Anne.
“Io non ho la minima intenzione di correre in mezzo al bosco
dietro a quel – quel – fantasma!”
“Benissimo. Allora aspettami qui,” disse Josh,
lasciandole la mano e iniziando a correre in direzione della bambina.
“Cos - ! No, Josh, aspetta!” strillò
Anne. Appallottolò la coperta e lo seguì.
Lucille continuava ad allontanarsi tra i tronchi, una macchia perlacea
nell’oscurità.
“Giocate con me!” continuava a ripetere con voce
acuta. “Giocate con me! Nessuno gioca mai con me, vogliono
tutti lei!”
Josh e Anne la seguirono fino in mezzo al campo, dove Lucille
svanì e i ragazzi si ritrovarono completamente soli.
“Dov’è? Dov’è
andata?” ansimò Anne.
“Laggiù,” indicò
all’improvviso Josh, piegandosi e appoggiando le mani sulle
ginocchia.
Su un rialzo proprio al centro delle spighe ancora acerbe
c’era una bellissima ragazza, anche lei vestita con un abito
di foggia antiquata: uno stretto corsetto nero ricamato con perle e
fili d’argento e una lunga gonna scura, il tutto di una seta
così lucida e morbida da far venire voglia di avvicinarsi
solo per toccarla. La ragazza aveva lunghi capelli corvini che le
scendevano fino alla vita e ondeggiavano lentamente ad un vento
inesistente.
E poi Josh e Anne lo videro: un violino di legno lucido, stretto tra il
mento e la spalla nuda della ragazza, pronto per iniziare la sua
melodia. Lei non sembrava fare caso ai ragazzi e stava per cominciare a
suonare – aveva già impugnato l’archetto
tra l lunghe dita diafane – quando Lucille comparve e le si
avvicinò. Si fermò al suo fianco, bisbigliandole
qualcosa nell’orecchio, poi entrambe si voltarono verso i
ragazzi e Lucille tornò da loro.
“Le ho detto di suonare per voi,”
annunciò. “Perchè avete giocato con me.
Il primo pezzo è dedicato a te,” disse rivolta ad
Anne. “A te, gloria immortale.”
I suoi boccoli brillavano nell’oscurità
come se fossero colpiti dalla luce diretta.
“Grazie,” disse Josh, richiudendola bocca che non
si era accorto di avere aperto.
La bambina scomparve e rimaterializzò accanto alla
violinista, che prima di iniziare a suonare, voltò il viso
verso di loro, le guance rigate di scie rossastre. Stava piangendo. Poi
iniziò a suonare una melodia bellissima e malinconica, dolce
e inquietante allo stesso tempo. Sotto l’apparente armonia,
c’erano delle note stridenti.
“C’è qualcosa di strano,”
mormorò Anne.
Il tempo parve fermarsi e dilatarsi all’infinito,
poi la testa di Anne fluttuò beatamente nel nulla.
“Lasciati guidare,” le stava sussurrando Lucille
con voce morbida. “Segui la musica.”
E Anne seguì la musica, avvicinandosi alla violinista. Ma ad
ogni passo era sempre più difficile muoversi, si sentiva
sempre più debole. Tuttavia continuava ad avanzare.
Solo quando uno sparo riecheggiò nell’aria Anne si
accorse di Josh che strillava il suo nome, bloccato da mura invisibili
a qualche metro dal rialzo dove Anne aveva quasi posato il piede.
“Chi è là? C’è
qualcuno, vi ho visto!” gridò il vecchio Stanley.
“Continua a seguire la musica!” ordinò
Lucille, girando intorno alla violinista che continuava a suonare. Ora
le sue lacrime erano sangue denso e vischioso e assomigliava
tremendamente al pierrot di Lucille. “Segui la
musica!”
La bambina aveva perso ogni tratto infantile e il suo viso si era
trasformato in una maschera malvagia: gli occhi prima azzurri erano ora
neri e infossati, la bocca una smorfia maligna. Persino la sua voce si
era fatta più acuta.
“Anne!” strillava intanto Josh oltre il muro
invisibile. “Anne, torna indietro!”
“Segui la musica!”
Il vecchio Stanley arrancò fino a dove gli era consentito e
si fermò. Era bloccato anche lui dal muro invisibile che, a
quanto pareva, formava uno stretto cerchio attorno alla montagnetta
dove la ragazza stava suonando, e ora si trovava dirimpetto a Josh.
Il vecchio Stanley imbracciò di nuovo il fucile e fece
fuoco, mirando a Lucille. Josh gridò, ma l’uomo
pareva aver raggiunto il proprio scopo: Lucille era svanita, e con lei
anche la violinista e il muro invisibile, lasciando dietro di
sè solo l’eco di una risata infantile.
Anne si afflosciò a terra, spossata, e Josh corse da lei,
tirando un sospiro di sollievo nel vedere che non era morta.
Il vecchio Stanley riprese ad arrancare verso di loro a fucile
abbassato: era davvero vecchio.
“Andate via da qui!” disse imperiosamente
l’uomo. “Non ascoltatela!”
“Cosa?” chiese Josh, aiutando Anne a rialzarsi.
“Scappate, o prenderà la vostra anima!”
continuò a sbraitare il vecchio Stanley, fermandosi a pochi
passi da loro.
“Chi?” gracchiò Anne, tenendo
d’occhio il fucile.
“Lei!
La bambina,” soffiò stavolta con fare cospiratorio
l’uomo, gli occhi stralunati.
“Lucille?” domandò Josh.
“Lucille, Camille, Chantal, Cassandra, Yasmeen, Gabrielle,
quello che vi pare. È sempre Lei!”
“Ma lei chi?” domandò Josh, un
po’ intimorito dal tono esaltato del vecchio Stanley.
“Non ha un nome preciso, o, se ce l’ha, io non lo
so. Io la chiamo Lei.”
“Ma, signor Stanley, lei come fa a sapere - ?”
attaccò indecisa Anne.
“L’ho sempre vista, dal primo giorno in cui sono
venuto ad abitare qui. Si presentava ogni notte di luna nuova e ogni
volta aveva quel suo stramaledetto pierrot e una ragazza diversa che
suonava quel suo stramaledetto violino!” Il vecchio Stanley
sembrava impazzito. “È quella la sua arma,
l’arma con la quale imprigiona le anime delle sue vittime e
le costringe a suonare finchè un’altra anima
disgraziata le si avvicina.”
Scosse la testa. Josh ed Anne ascoltavano basiti. Poi gli occhi
spiritati del vecchio Stanley si posarono sulla ragazza. “A
te cosa ha promesso? Soldi? Amore? Potere?”
“Gloria immortale, ha detto,” bisbigliò
Anne.
Il vecchio Stanley fece un verso derisorio con il naso.
“A mia figlia aveva promesso bellezza eterna,”
disse. “E ha mantenuto la sua promessa. Ma,
d’altronde, la mantiene sempre.”
“È sua figlia la violinista fantasma?”
domandò Josh spiazzato.
“Sì, è mia figlia, ma non è
una violinista nè tanto meno un fantasma. È
qualcosa di diverso ancora.”
“Signor Stanley, potrebbe partire dall’inizio,
siamo un po’ confusi,” disse Josh, cercando con lo
sguardo Anne, che annuì.
Il signor Stanley sedette con un grugnito sul cumulo di terra.
“Trent’anni fa io, mia moglie e mia figlia siamo
venuti ad abitare qui. Era una notte di luna nuova, lo ricordo ancora,
e proprio qui, in questo punto, era comparsa una ragazza con un violino
e quella bambina che le saltellava intorno, sempre con quel suo pierrot
in mano. Mia figlia aveva all’incirca la vostra
età, allora. Per un paio d’anni, abbiamo osservato
il susseguirsi di ragazze sempre diverse, ma con lo stesso abito, che
suonavano il violino in compagnia di quella bambina. Una sera, non
trovando più mia figlia in casa, la vidi percorrere il campo
in camicia da notte, diretta verso – verso quella cosa,” i
suoi pugni si contrassero, “e le corsi dietro con il fucile
in mano, sapendo che non era niente di buono. Arrivai troppo tardi: in
un attimo, Lei aveva scambiato le ragazze. Al posto di quella
precedente c’era ora mia figlia, che mi guardava come se non
mi riconoscesse. Io sparai, non sapendo cos’altro fare, e
colpii il pierrot, che cadde a terra e si incrinò
leggermente la testa. In quel momento, mia figlia parve riscuotersi e,
piangendo, mi disse che Gabrielle – Lei – le aveva
promesso eterna bellezza e mi chiese scusa. Io cercai di interromperla,
ma mia figlia stava già iniziando a svanire. Il suo ultimo
desiderio fu quello di voler essere l’ultima sciagurata e io,
da allora, ho sempre fatto tutto quello che potevo per allontanare
chiunque si fosse avvicinato.”
Il vecchio Stanley smise di parlare e Josh ed Anne rimasero in
silenzio. Poi l’uomo si rialzò, appoggiandosi al
fucile, e si preparò a rientrare.
“Sparite,” disse, prima di voltar loro le spalle e
tornare arrancando verso casa.
Josh ed Anne non se lo fecero ripetere due volte: ripresero le loro
cose e tornarono di corsa in città.
Nessuno nominò più Lucille o la violinista
fantasma e anche oggi che Josh ed Anne sono adulti sentono riecheggiare
quella risata infantile nelle notti di luna nuova, anche se non lo
ammetteranno mai.
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