SENTIRSI
LIBERA
Non ho mai pensato a come sarebbe stato quel momento.
L'avevo immaginato spesso, quasi ogni giorno ultimamente, eppure non
avevo mai pensato a cosa avrei provato una volta giunta lì.
Così in prossimità della mia morte.
O della mia liberazione.
Alle volte tutto dipendeva da un semplice punto di vista, come quando
si guarda un colore che, in virtù del contrasto con la luce, può
apparire in diverse tonalità agli occhi di chi lo guarda.
Una stronzata del genere l'avevo letta anche su facebook, riguardo un
buffo vestito del quale circolavano delle foto.
Sorrisi. Ormai il tempo dei giovani adolescenti e dei giovani adulti
era completamente speso sui social network, in balìa di un misero
smartphone.
Nessuno prestava più attenzione a nessuno.
"Lo sai, Anna si è lasciata con Marco" sentii dire un giorno a scuola,
due amiche parlavano tra di loro di una terza, assente.
"Davvero? Come fai a saperlo?"
"L'ho letto su facebook, lui ha aggiornato il suo stato sentimentale!
Ora è single" ammiccò la prima, dando un buffetto alla seconda.
Questo era solo un classico esempio.
Ormai, si erano tutti rincretiniti a tal punto da diventare dei veri e
propri dipendenti di internet.
Il vento mi scompigliò i capelli e ritornai, per un attimo, alla realtà.
Sbattei le palpebre e con il mio sguardo perlustrai il panorama che si
vedeva da lassù.
Sorrisi, un sorriso che di felice però non aveva nulla. Era solo un
sorriso malinconico, un sorriso che era dettato semplicemente dal senso
di rassegnazione che avevo nel cuore ormai da mesi.
La verità era che non sarebbe mai venuto nessuno a fermarmi.
La verità è che ero completamente sola, che lo ero sempre stata e che
questa cosa, fondamentalmente, mi pesava.
Avrei preferito non nascere.
Invece, ero costretta a sopportare il silenzio oppure le continue
pugnalato che tutte quelle sciocche ragazzette mi avevano inflitto,
fingendosi persone che invece non erano.
Ancora mi chiedevo cosa ci facesse la parola "amico" sul vocabolario.
Gli amici non esistono. Semplice.
Perchè ancora le persone ci credessero era un mistero.
Ognuno pensa a sè stesso e lo fa tramite qualsiasi mezzo.
Sorrisi, per l'ennesima volta quel giorno. Mi trovai a ripensare a
quando ero piccola...non avevo mai avuto quella spensieratezza
caratteristica dei bambini. Ero stata costretta a crescere, troppo in
fretta.
"Da grande vorrei fare il medico".
Già. Perchè, nonostante tutto, anche io avevo un sogno nel cassetto.
Poter aiutare le persone, le stesse persone che mi avevano fatto del
male.
Tutto questo, però, era cambiato con il passare degli anni.
Oggi come oggi, non credo che lo farei. Nessuno se lo merita perchè
nessuno si è interessato o ha cercato di salvare me, dalla mia
solitudine.
Dalla mia rabbia.
Dalla mia tristezza.
Nessuno è mai rimasto nella mia vita perchè nessuno ha mai tenuto
davvero a me da decidere di farlo.
Avevo perso tutti.
Mia madre aveva deciso che ingozzarsi di alcool era un passatempo
migliore che crescere sua figlia.
Era morta di cirrosi epatica, bevendo fino alla fine dei suoi giorni.
Mio padre, beh... lui non l'ho mai conosciuto. Aveva deciso che avere
una figlia e una moglie a carico sarebbe stato troppo per lui e così
era scappato, appena aveva saputo che mia madre era rimasta incinta.
A scuola mi chiamavano "orfanella". Non c'era nessuno che mi capiva,
che capisse quanto fosse stato difficile per me andare avanti.
I miei nonni pagavano, ma solo per non sentirsi in colpa. Mai una
visita, solo la telefonata annuale per dirmi che la tassa scolastica
era stata pagata, i libri erano comprati e che, una volta raggiunta la
maggiore età, avrei dovuto cavarmela da sola. Non rivolevano i soldi ma
solo la libertà.
Già, perchè valeva più la loro che la mia.
Mi strinsi nelle spalle, accorgendomi di quanto il mio sguardo fosse
diventato opaco.
A mio parere, anche la parola "amore" avrebbe dovuto essere cancellata
dal vocabolario.
"Ehi orfanella! Hai di nuovo la stessa maglietta di ieri!"
Era così che iniziavano a bullarmi, ogni volta che mettevo piede a
scuola. Quante magliette strappate avevo conservato nel mio zaino, solo
perchè non potevo permettermi di comprarne delle altre.
"Sai, mi piace un ragazzo" avevo detto un giorno alla mia prima
migliore amica, o almeno a quella che credevo lo fosse.
"Davvero? Chi è?"
"Davide, della 5B... è così dolce, ha un viso molto carino"
Non avevo idea che, il giorno dopo, sarebbe stato il più brutto della
mia vita.
"Eccola! All'orfanella piace Davide! Ha un viso carino" aveva urlato un
mio compagno di classe, il bullo del giorno.
"Davide, non sapevo frequentassi le orfanelle! Pensavo puntassi più in
alto!"
La cosa più umiliante non fu l'ennesima spinta che ricevetti, ma lo
sguardo che mi lanciò lui... uno sguardo di pietà che ancora oggi è
rimasto indelebile nella mia mente.
Quel giorno piansi e mi ripromisi di non farlo più.
A che serviva piangere se il mio destino era scritto?
Eppure, sapevo di poter interrompere tutta quella merda in cui ero
costretta a vivere.
Bastava un salto. E' come quando vuoi volare e nei sogni ci riesci.
Ti senti così leggera... così libera.
Guardai giù... il vento mi scompigliava ancora i capelli e mi ritrovai
a chiudere gli occhi, beandomi di quella brezza.
Libera... voglio essere libera.
Sorrisi, togliendo le mani dalla rete protettiva e facendo un passo in
avanti.
Iniziai a scendere e, per la prima volta, mi sentii libera.
Libera come non ero mai stata.
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