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2. Realtà o finzione?
I fuochi fatui tremolavano silenziosi fra gli alberi,
immobili, come se anche loro fossero curiosi di vedere cosa sarebbe successo ai
tre guardiani.
«Kenvster, mettilo giù.» ordinò Prometheus.
La chimera digrignò i denti aguzzi e gettò indietro
il figlio di Loki. «Io non mi chiamo Kenvster, come ve lo devo dire?! E poi che
cosa cazzo sta succedendo?!» Si prese la testa tra le mani. «È un sogno. Per
forza. Deve essere un sogno…»
«Ti sbagli, questo non è affatto un sogno. Tutto
ciò che vedi è reale, anche questa dimensione. Hai perso la memoria a causa di
un sortilegio…»
«Zitto!» gridò la chimera «Questo è un sogno!
Questo è un sogno! Adesso mi sveglierò e sarà tutto come prima…»
Ma non si svegliò. Quella realtà così inverosimile
rimase del tutto identica a se stessa e i due individui che erano lì con lui
non sembravano avere nessuna intenzione di scomparire.
Cadde in ginocchio. No, era impossibile.
Impossibile! Tutto quello che gli stava capitando non era reale! Non poteva
esserlo! Eppure non sembrava affatto finzione…
«Ohi Prometheus, è una mia impressione o manca
Bit?» notò Trickster.
Il carcarodon annuì. «Ci avevo fatto caso anch’io.
Probabilmente l’incantesimo che ci ha portati qui non ha effetto sugli oggetti inanimati,
del resto questo spiegherebbe anche la mancanza dell’edificio scolastico.»
«Mi sa che hai ragione… Adesso però cosa facciamo?
Non possiamo restare qui a guardarci in faccia…»
«Lo so perfettamente, prima però dobbiamo capire
dove siamo.»
«Magari siamo in una dimensione parallela o
qualcosa di simile.» suggerì il semidio «Di certo questi fuochi fatui e questi
alberi bianchi non fanno parte del giardino di un riccone eccentrico.»
«Quando parli di ricconi eccentrici non dare mai
nulla per scontato, quelli sono capaci di tutto.» ribatté Prometheus «In ogni
caso sono d’accordo con la tua idea della dimensione parallela, peccato che non
sappiamo quasi nulla di questa dimensione. Se è stata fatta da qualcuno, con
ogni probabilità avrà uno scopo ben preciso, ma quale potrebbe essere…?»
«Ehi, voi due! Smettetela di fare come se non ci
fossi!» imprecò Kenvster «Siete stati voi a trascinarmi in questa situazione,
quindi…» Non riuscì a trovare le parole e la sua frase terminò con un ruggito
di rabbia.
«Beh, se non fosse per il ciondolo che ti ho messo
al collo, adesso saresti a bruciare insieme ai tuoi finti compagni di classe.»
gli fece notare Trickster.
La chimera gli rivolse uno sguardo truce. «Dobbiamo
salvarli!» esclamò in direzione di Prometheus «Quelli sono miei amici!»
«Non metto in dubbio che sia il caso di riportarli
come prima.» convenne il carcarodon «Ma prima prova a pensarci: da quanto li
conosci?»
«Da… da sempre!»
«Sicuro? Prova a pensarci meglio…»
La chimera fece un verso di stizza, ma seguì la sua
richiesta. Quando li aveva incontrati per la prima volta? Era sicuro che la
risposta sarebbe arrivata subito, invece più si sforzava di ricordare, e più
capiva di avere un vuoto totale, come se prima dell’ultimo mese non fosse
esistito nulla. Ma non era proprio così. C’era qualcosa… ma non era quello che
si aspettava di trovare. Scosse il capo, come a scacciare via quelle memorie
assurde.
«Ehi, i fuochi si muovono!» esclamò Trickster.
Gli altri due guardiani sollevarono lo sguardo e
anche loro poterono constatare che ogni globo ardente aveva cominciato a
spostarsi, tutti nella medesima direzione e in maniera molto lenta.
«Li seguiamo?» chiese il semidio.
Prometheus annuì. «Speriamo che ci portino da
qualche parte.»
«E andiamo! Una bella scampagnata in una dimensione
sconosciuta!»
Sfortunatamente il vivace entusiasmo di Trickster
non riuscì a contagiare Kenvster. «Perché dobbiamo andare da quella parte? Chi
ci dice che non finiremo dritti in una trappola?!»
«Se vuoi, tu puoi benissimo restare qui.» gli fece notare
il figlio di Loki in tono indifferente «Da solo, in un luogo sconosciuto, con
ogni probabilità presto al buio e senza sapere se ciò che hai sotto i piedi ci
sarà ancora tra cinque minuti.»
La chimera prese in considerazione l’idea di
strozzarlo, ma dopo un aspro conflitto interiore la parte più razionale della
sua mente lo convinse a posticipare i progetti a quando fosse uscito da quel
luogo assurdo.
Si accodò al semidio e Prometheus lo affiancò.
Anche il carcarodon, pur essendo più alto di Trickster, veniva superato di
diversi centimetri dalla stazza della chimera.
«Non prendertela troppo, a volte è un po’ uno
scassaballe, ma infondo ci tiene agli amici. Sono sicuro che presto tornerete
ad andare d’accordo.»
Kenvster si limitò ad un mugugno seccato.
«Capisco che tutto questo non sia l’ideale per te,
avrei preferito spiegarti gradualmente come stanno le cose, però ormai siamo
qui e la cosa migliore che possiamo fare è cercare di andare subito d’accordo.
Ti prego di avere fiducia in me… e anche un po’ in Trickster, giusto quanto
basta per non mettergli le mani al collo. Ok?»
La chimera rispose di nuovo con un mugugno.
«Ohi, gente! E se provassi a chiamare Claire?
Magari lei potrebbe tirarci fuori di qui.»
Prometheus scrollò le spalle. «Dubito fortemente che
verrà, però se proprio non riesci a resistere, sei libero di provarci.»
«Chi è Claire?» domandò Kenvster.
«Un angelo uditore e una bella ragazza.»
La chimera fece un verso di stizza. «Trickster è
sempre il solito, dice a me che penso solo a mangiare e poi lui è il primo che
pensa solo alle ragazze!»
Prometheus sorrise. Dunque anche Kenvster stava
cominciando a ricordare…
***
Erano ormai quasi venti minuti che avanzavano e Prometheus
aveva approfittato di quel tempo per spiegare brevemente a Kenvster come
stavano le cose.
«Ma allora questo Midnight sa o no di noi?» domandò
la chimera.
«Purtroppo non ne ho idea. In teoria non dovrebbe
essere a conoscenza del sortilegio che vi ha colpito, tuttavia è molto
probabile che presto o tardi lo venga a sapere, e a quel punto farà qualsiasi
cosa per finire ciò che ha iniziato.»
Il ragazzo si limitò ad un mugugno di riflessione.
I due non ebbero modo di continuare il loro
discorso perché Trickster richiamò la loro attenzione: «Secondo me quelli non
sono qui per fare amicizia.»
I due guardiani seguirono la linea dello sguardo
del semidio e anche loro poterono vedere le creature a cui stava facendo
riferimento. Si trattava di esseri quasi completamente bianchi, con una
struttura fisica vagamente antropomorfa e gli arti più simili a rami contorti
che a braccia e gambe. Le loro teste allungate e senza espressione erano
dominate da una bocca grande e irregolare e il loro modo di muoversi li faceva
assomigliare a dei primati che saltavano agilmente da un punto all’altro lanciando
sibili e rantoli.
«Cerchiamo di evitare scontri inutili.» ordinò
Prometheus.
«Questo dovresti dirlo a loro…» ribatté Trickster.
Il semidio aveva appena finito di parlare che un
manipolo di quelle strane creature sbarrò loro la strada.
«Non vi preoccupate, li sistemo io.»
Il figlio di Loki caricò una grande quantità di
energia magica nella mano destra e poi la scatenò con forza sui nemici,
travolgendoli con una raffica che sapeva di mitragliatrice.
Le strane creature stramazzarono a terra e i loro
corpi incolori si illuminarono, tramutandosi in fuochi fatui. Subito i globi
bianchi scattarono nella medesima direzione degli altri, solo molto più
rapidamente e producendo delle tenui scie luminose.
La questione sembrava risolta, invece altri di
quegli esseri si fecero avanti, comparendo all’improvviso dalla vegetazione
circostante per impedire loro di avanzare.
«Ne volete anche voi? Benissimo, eccovi serviti!»
Il semidio scatenò una doppia raffica di proiettili
magici dalle mani, ma questa volta i nemici non si fecero sorprendere e la
maggior parte riuscì a mettersi al riparo dietro ai tronchi più robusti. Ma
Trickster non si perse d’animo. Con un balzo felino andò a stanare i più vicini
e subito sparò una scarica elettrica abbastanza potente da eliminarli tutti e
tre.
Stava per generare un’altra scarica elettrica, ma i
nemici privi di volto lo presero alle spalle e in quattro gli bloccarono
braccia e gambe. Il semidio imprecò. Quei dannatissimi mostri gli stavano
risucchiando le energie!
Con un grido scatenò una folgore che gli attraversò
l’intero corpo, i quattro aggressori vennero investiti in pieno e anche loro si
tramutarono in fuochi fatui che sfrecciarono via descrivendo linee
scintillanti.
Il divario di forza tra quegli esseri e il figlio
di Loki era abissale, tuttavia il numero giocava a favore dei nemici, che
venivano rimpiazzati a ritmo vertiginoso. Per ogni creatura che veniva
eliminata, ce n’erano subito almeno altre due pronte a prenderne il posto,
creando un circolo apparentemente infinito.
«Devi aiutarlo.» affermò Prometheus «Trickster è
forte, ma da solo non potrà mai farcela contro tutti quei nemici.»
Kenvster sbarrò gli occhi. «Cosa? Io? No, non posso
farlo! Mi spiace, ma non ricordo niente di incantesimi e robe del genere, sarei
del tutto inutile…»
«Non è vero. Tu non ricordi nessun incantesimo
semplicemente perché non sei un mago. Tu sei una chimera, le tue armi
principali sono la tua forza fisica e la tua capacità di rigenerazione.»
Il ragazzo scosse il capo. «No, è impossibile. Sono
più forte degli altri ragazzi, va bene, ma tutte le volte che mi ferivo ho
sempre dovuto aspettare come tutti gli altri per guarire…»
Prometheus non disse nulla. Mosse la mano e una
lama di vento descrisse un segno rosso sul braccio della chimera.
«Oh, ma che cazzo fai?!»
Kenvster stava per passare alle mani, ma il
carcarodon lo anticipò: «Guarda, sei già guarito.»
Il ragazzo si osservò il braccio e con sua grande
sorpresa constatò che non c’era più traccia del taglio, solo una goccia di
sangue era rimasta a testimoniare che la ferita era stata reale.
«E ora vai, Trickster ha bisogno di una mano.»
Kenvster stava per andare, ma si fermò. «E tu non
ci aiuti?»
«Purtroppo la mia arma è rimasta fuori da questa
dimensione, senza vi sono solo d’intralcio.» mentì.
La chimera fece un mugugno di assenso e poi corse
in aiuto del semidio. Ormai il figlio di Loki era stato letteralmente sommerso
da quegli esseri privi di connotati e Kenvster dovette faticare per riuscire a
scacciare tutti i nemici.
«Serve una mano?»
Trickster, steso a terra, gli rivolse un mezzo
sorriso. «Se proprio insisti…»
La chimera lo aiutò a rialzarsi e solo allora si
accorse della trasformazione avvenuta: la pelle ramata dei suoi avambracci
adesso sfumava al verde e somigliava più ad un insieme di scaglie spigolose e
coriacee, le dita invece si erano allungate in artigli forti e aguzzi.
«Avanti uomo-coccodrillo, facciamogli vedere di
cosa siamo capaci!» esclamò Trickster.
La risposta di Kenvster arrivò automatica: «Sono un
uomo-alligatore, quante volte te lo devo dire?!»
Ma ormai il semidio non lo stava più ascoltando e
con una raffica di frecce di ghiaccio trafisse una mezza dozzina di nemici.
La chimera emise un verso che ricordava un ruggito
e anche lui partì all’attacco. Afferrò il primo nemico e lo stese con un
poderoso sinistro, quindi spinse indietro una coppia di creature grazie ad una
spallata e mandò al tappeto un altro aggressore colpendolo proprio sotto la
mandibola.
Prometheus osservò da posizione privilegiata il
combattimento dei due giovani guardiani e rimase piacevolmente colpito dalle
loro prestazioni. Entrambi erano lontani dalla forma migliore, tuttavia avevano
ingranato bene la marcia e se andavano avanti così, non ci avrebbero messo
molto per tornare ai loro soliti livelli.
Trickster scansò un nemico che si era buttato su di
lui e con una folgore lo tolse di mezzo, quindi creò un’onda d’acqua per
ripararsi dalla carica di un terzetto di creature. Gli aggressori vennero poi
prontamente investiti da un vortice pieno di aguzzi cristalli di ghiaccio e in
pochi istanti si tramutarono in innocui fuochi fatui.
A poca distanza, Kenvster sollevò senza alcuna
difficoltà uno di quegli esseri e senza volerlo lo strinse con tanta forza da
farlo diventare un globo luminoso. Ormai la sua parte di alligatore stava
emergendo in maniera sempre più prepotente e la forza dei suoi muscoli si era
quanto meno triplicata. Le scaglie verdi e coriacee ora lo ricoprivano quasi
completamente, le file di punte sulla schiena erano diventate cinque e il muso
allungato presentava la tipica fossetta per contenere il grosso quarto dente
della mandibola, che anche a bocca chiusa risultava chiaramente visibile.
La chimera eliminò con una doppia artigliata una
coppia di nemici e poi ne scaraventò a terra un altro che aveva cercato di
prenderlo alle spalle. Il combattimento stava risvegliando in lui delle
sensazioni familiari e più di una volta gli era capitato di trovarsi davanti
agli occhi immagini lontane ma conosciute, come i ricordi di un sogno fatto
molto tempo prima: un laboratorio, delle persone dai tratti indefiniti, figure
sfocate che sapeva essere amici…
Colpì con un tremendo mancino il nemico che aveva
davanti e l’energia fu tale da spedirlo contro un albero posto ad almeno sette
metri di distanza. Il bizzarro essere si illuminò e come tutti i suoi simili si
tramutò in un fuoco fatuo che sfrecciò chissà dove descrivendo un’impalpabile
scia di luce.
«Direi che era l’ultimo.» constatò Trickster dando
un’occhiata in giro.
Kenvster si guardò intorno ed effettivamente non
trovò nessuna di quelle strane creature bianche. Solo in quel momento si
accorse di avere il fiato corto, ma non si sentiva stanco. Al contrario, si
sentiva più carico che mai!
«Ehi Ken, adesso puoi tornare normale, sai?» gli
fece notare il semidio.
La chimera lo guardò stranito, poi però capì a che
punto era arrivata la sua trasformazione e ne fu quasi spaventato. Non solo il
suo corpo era completamente rivestito da scaglie, ma gli era anche spuntata una
coda e il muso tozzo e allungato non aveva nulla da invidiare a quello di un
alligatore vero e proprio.
Subito si voltò verso Prometheus, che li stava
raggiungendo in quel momento. «Come faccio a tornare normale?!»
Il carcarodon acquisì un’espressione stupita. «A me
lo chiedi? Dovresti saperlo tu.»
«Non me lo ricordo! Ho perso la memoria!»
«Non ti preoccupare, tanto eri brutto anche prima.»
lo consolò Trickster.
Kenvster gli rivolse un gesto di stizza. «Sta’
zitto Hildr!»
«Non chiamarmi Hildr!»
«Sei tu che hai cominciato!»
I due stavano per venire alle mani e Prometheus
dovette intervenire per dividerli. «Non mi sembra il momento adatto per
litigare. Adesso vediamo di uscire da questa dimensione e poi vi potrete
pestare quanto vorrete. Chiaro?»
I due guardiani borbottarono dei versi di assenso.
«Bene, e adesso rimettiamoci in marcia, prima che
arrivi qualche altra sorpresa.»
I tre ripresero il loro cammino sulla strada dei
fuochi fatui e Kenvster continuò a guardare quelle mani artigliate e ricoperte
di sceglie che mai avrebbe detto essere sue.
Davvero la vita che aveva trascorso fino a mezz’ora
prima non era altro che un’illusione? Gli sembrava impossibile, però più ci
pensava e più i suoi dubbi aumentavano.
E poi quella dimensione come poteva essere reale?
Andava contro tutti i principi alla base di un mondo razionale, e con la sua
esistenza cancellava in maniera indelebile quella linea un tempo così chiara e
definita che separava il concreto dall’immaginario.
Ma ora che quella linea non esisteva più come avrebbe
fatto a distinguere la realtà dalla finzione…?