Pennellate di
colore
La
tela è bianca.
La
stanza è bianca.
Io
sono bianca.
Io
mi confondo con l’ambiente.
Tutti
sono bianchi.
Cammino
in uno mondo bianco.
Tutti
sono bianchi: vestono mantelle bianche, che
nascondono la forma del loro corpo. Indossano maschere bianche, che
coprono i
tratti del loro volto, che lasciano vedere solo gli occhi attraverso
due
fessure.
In
questo mondo le persone non nascono con gli occhi
bianchi. Ognuno di noi ha occhi diversi, poi, mentre il tempo passa, da
quando
indossiamo i nostri vestiti bianchi, a poco a poco, anche i nostri
occhi lo
diventano.
Anche
io indosso una mantella, e una maschera, e
anche i miei occhi sono diversi, ma li vedo. Ogni giorno nel mio
specchio
bianco, li vedo schiarire sempre più.
Nel
mio mondo ci sono delle persone strane. Loro non
indossano le mantelle, né le maschere, e i loro occhi non
diventano mai
bianchi.
Loro
camminano da soli, agli angoli delle strade. I
loro passi lasciano una scia non bianca.
Nessuno
parla mai di loro. Loro non esistono in
questo mondo.
Eppure
come fa la gente bianca a far finta di non
vederli.
Io
rimango incantata a guardarli. E li potrei
guardare per sempre.
Vedere
quelle volute che i loro piedi fanno
sbocciare quando toccano la terra. Come, nella direzione del loro
sguardo,
tutto il mondo cambia sfumatura.
Ho
deciso di parlare con una di loro.
Lei
mi ha dato il suo indirizzo. Non è stato
difficile trovarla: la sua casa non è bianca.
Mi
ha portato però in una stanza, quando sono
arrivata.
La
tela è bianca.
La
stanza è bianca.
Io
sono bianca.
Mi
ha dato una tavola, con delle chiazze non
bianche.
Mi
ha detto che quelle chiazze si chiamano colori.
Mi
ha detto che dovevo togliermi la maschera e la
mantella, ma io le ho tenute lo stesso, perché sono parte di
me.
Affondo
le mani nei colori e le poggio sulla tela.
Traccio
parecchie strisce.
Mi
piace vedere come questi colori si mischiano. Mi
piace particolarmente quello che è simile agli occhi della
donna.
Lei
mi ha detto che si chiama verde.
Ha
sorriso, e ho sorriso anche io, ma lei non può
vederlo attraverso la maschera.
Un
altro colore che mi piace è quello che, a detta
della donna, è il colore del cielo.
Io
però non ho mai guardato il cielo.
Presa
dalla foga di quella nuova scoperta, mi muovo
sempre più freneticamente, e non mi accorgo che la mantella
scivola via.
Con
le braccia più libere, adesso provo anche il
colore delle labbra della donna.
Mi
ha detto che è il rosso.
E
provo il colore del mare.
Io
però non ho mai visto il mare.
E
il colore
del sole.
E
quello del tramonto.
Ma
dietro questi palazzi bianchi, non lo posso
vedere.
E
ne provo tanti e tanti altri. Tanti che non ne
ricordo più nemmeno il nome.
E
non mi basta più la tela.
Passo i colori
sul pavimento e sulle pareti. Stufa
di tutto quel bianco.
Scosto
la maschera, finendo per sporcarmi in viso.
La
donna ride.
La
guardo.
Lei
mi si avvicina, e mi porge la mano.
Vedo
che la sua mano è colorata. Non vorrei
stringerla, perché la mia mano è bianca, e me ne
vergogno.
Ma
lei me la prende con forza.
Nuovi
colori esplodono,
mi percorrono.
E
so che non vorrò mai più tornare bianca.
Adesso
anche io cammino agli angoli delle strade.
Ma
non
mi importa.
I
miei passi lasciano fiori,
lasciano volti,
lasciano colore.
Il
mio sguardo è rivolto verso il cielo,
e adesso conosco il blu
del mare. E l’indaco
delle tempeste.
E
il viola
delle montagne in lontananza.
E
il rosso del
sangue, delle labbra, il colore della vita.
E i miei occhi, adesso
sono colorati. Adesso brillano, nel
giallo del sole.
|