Profumi,
doni, sogni.
Non
ho mai gradito che qualcuno entrasse nei miei alloggi, e credo che
non lo gradirò mai.
Insomma,
ci sono le mie cose, i miei libri, le mie foto. Nemmeno Isane ne ha
il permesso, nonostante sia la mia tenente.
La
cosa che più particolare, e più privata, delle
mie stanze, è il
profumo.
Il
profumo che mi contraddistingue è quello della gardenia,
intenso e
penetrante; tuttavia, è presente anche un altro profumo:
quello
delicato dei frutti i bosco.
Però,
non mi appartiene. Quel profumo è dell'unica persona che
può
entrare e uscire dai miei alloggi, a parte me.
Lui
viene quasi ogni sera, e passa la notte con me, a chiacchierare o a
dormire, sul divano o sul letto.
La
cosa più strana è che lui non passa mai dalla
porta, ma sempre
dalla finestra della mia camera o del salotto. Non so quante volte
gli ho già detto di entrare dalla porta come le persone
normali, ma
lui dice di no, che sembrerebbe “strano”
-Abbiamo
deciso che è un segreto, no? Quindi tale deve rimanere.
-Ho
capito, ma potresti trovare una scusa per venire, anziché
arrampicarti su per il muro del giardino e bussare alla finestra
appeso al cornicione come un ragno. Attiri solo l'attenzione!
-E'
così mostrato, che è celato.
Così
mi ha detto!
Non
so più da quanto stiamo insieme. 500 anni? 700? Bho, non lo
so. Però
in questi secoli ho conosciuto il vero lui, quello nascosto nelle
profondità del suo petto e al di là di quel suo
sorriso, quello
malinconico, triste... E anche quello più tenero ancora: un
anno, in
occasione del nostro anniversario, mi regalò una sua
sciarpa, corta
e rossa, con dei ricami neri.
Mi
disse che era una sciarpa da cerimonia che gli uomini indossano
spesso, più per bellezza che per utilità.
-E'
molto bella, ma è tua ed è da uomo. Io non la
posso indossare.
Perché mi hai regalato qualcosa di tuo di così
particolare?
-Perchè
quando me l'hai vista indosso, qualche decennio fa, mi dicesti che ti
piaceva.
Non
ci potevo credere. Erano passati quasi cinquant'anni, da quella
festa, e lui se ne era ricordato!
Lui
mi aveva dato qualcosa di suo, qualcosa a cui teneva, così
io gli
regalai quello che avevo di più prezioso: il mio nome. Ma
non quello
che conoscono tutti, il mio vero nome, quello che solo io conosco, e
che, da quel giorno, conosce anche lui: Yachiru.
Lui
è molto intimo con me, quando siamo soli, ma non
è mai andato...
oltre. Cioè, oltre al coccolarsi, al baciarsi e al dormire.
Non
l'ho mai capito. Non l'ho capito nemmeno quando lui me l'ha spiegato.
E
ora siamo qui, sotto le coperte, e stiamo bisticciando, sempre sullo
stesso argomento...
-Io
non capisco perchè non vuoi!
-Non
voglio contagiarti.
-Contagiarmi?
Sono più di 700 anni che stiamo insieme! Come puoi avere una
paura
di un sciocchezza simile dopo tutto questo tempo!
-Non
è una sciocchezza! E' una cosa seria!
-Ma
perchè ti comparti così?! Non sopporto questo
lato di te, quello
così protettivo nei miei confronti!
-E'
così strano, che io cerchi di proteggere la ragazza che amo?
-Ragazza...
Non sono un po' troppo cresciuta, per essere chiamata ragazza?
-Non
per me.
-Ahahahahaha!!
Va bene, però non ha senso lo stesso, questa tua ostinazione.
-Yachiru,
per favore. Non chiedermi cose che non ti posso dare. Non posso
rischiare.
-Non
è che non puoi! Non vuoi!
-Non
posso e non voglio! Perchè insisti così tanto?
-Perchè
voglio essere sicura che tu sia davvero qui, che non sia solo
un'illusione, un bellissimo sogno che però poi scompare...
-Perchè
dici questo? Perchè sembri spaventata?
-Lo
sono. Ho paura che il mio incubo si materializzi.
-Cos'hai
sognato?
-Andavo
in obitorio, per un'analisi su un cadavere. E nell'obitorio c'eri tu.
-Beh,
se mi sogni e dici che è stato un incubo, mi preoccupo...
-Il
cadavere era il tuo! Eri tu la persona su cui dovevo effettuare
l'autopsia! È per questo che era un incubo! È per
questo che sono
spaventata...
Inizio
a piangere. Ho troppa paura che succeda davvero... Cosa farei se
dovesse succedere? Impazzirei, non c'è dubbio.
-Yachiru,
ascoltami. Ascoltami molto attentamente: Io. Sono. Qui. Io non me ne
andrò mai! Non è un sogno, non è
un'illusione e non lo sarà mai!
Io sarò sempre!
Mi
abbraccia, lo sento, sento il suo calore, il suo respiro, ma non
riesco a convincermi. La paura non mi abbandona, è ancora
lì,
attaccata alla mia gola.
-Vieni.
Usciamo fuori.
-Perchè?
Sta piovendo a dirotto.
-Lo
so. È per questo che usciamo.
-Non
capisco...
Mi
prende le mani e va verso la porta-finestra, la apre e comincia a
uscire sull'engawa camminando all'indietro, per guardarmi negli
occhi.
-Se
è un sogno, allora mi dissolverò sotto il
temporale, tu ti
sveglierai e sarà come se questi secoli non fossero mai
trascorsi.
Ormai
è quasi sul bordo dell'engawa.
-Se,
invece, è tutto vero, io mi bagnerò ma non
scomparirò e tu potrai
toccarmi, senza che io mi dissolva.
Continua
a indietreggiare. È quasi sotto la pioggia. Non mi stringe
più le
mani. Si sta allontanando, ma io non riesco a fare nulla per
fermarlo.
-Aspetta...
Non uscire... Non voglio scoprire che nulla di tutto questo
è
successo...
Lui
non mi ascolta. Ormai è fuori, sul prato.
Io
chiudo gli occhi, non voglio vederlo scomparire.
-Yachiru.
-No!!
non voglio!!
-Yachiru!!
-No!!
NO!!
Mi
sento afferrare per il polso e trascinare all'esterno. Sento l'acqua
cadere su di me, i fulmini e i tuoni che squarciano il cielo. Nessuno
mi tiene più.
“Lo
sapevo... Non ci sei più...”
Le
lacrime scorrono, ininterrotte.
-Yachiru!
Apro
gli occhi. È lì, davanti a me. Mi sta guardando e
mi sorride, come
sempre.
Inizio
a correre. Gli salto addosso, lo abbraccio, lo bacio. Aveva ragione:
posso sentire il bagnato sul pigiama, sul viso, sui capelli.
-Visto?
Sono ancora qui.
È
qui. È qui, e lo posso sentire. Posso sentire il suo profumo
anche
sotto la pioggia.
Posso
sentire il suo respiro sui miei capelli, ormai intrisi d'acqua.
Posso
sentire il cuore nel suo petto, sotto la maglietta fradicia.
-Jushiro...
-Dimmi.
-Sarà
meglio rientrare: ti prenderai una febbre...
-E
allora? Dai, restiamo ancora un po'... E' piacevole stare qui...
-Ok,
ma non troppo, che poi non facciamo in tempo ad asciugarci.
-E
quindi?
-Come
“E quindi”?! Come hai intenzione di spiegare a
Kyone che sei
bagnato fino al midollo?
-Le
potrei dire che ho ritirato il bucato.
-Alle
3 del mattino?
-Insonnia.
-E
il temporale non lo conti?
-Mmm...
Sonnambulismo?
-Tu
sonnambulo? Dai, andiamo, prima che decida di rinchiuderti in un
manicomio!
-Ahahahahaha!!!
come se ne avessi il coraggio!!
-Vuoi
vedere?
Iniziamo
a rincorrerci come due bambini, ridendo sotto la pioggia, ora
divenuta più fine e meno violenta.
Le
nostre risa ormai risuonano forte nel giardino.
-Jushiro,
sarà meglio rientrare sul serio, adesso: il suono del
temporale non
c'è più e se facciamo baccano Isane si
sveglierà.
-Va
bene. Andiamo.
Mi
riprende le mani e rientrami dalla stessa finestra da cui siamo
usciti. Vado a prendere due asciugamani e due pigiami asciutti.
Gli
passo anche un elastico per i capelli.
-Legateli-gli
dico-altrimenti mi bagnerai tutto il tatami.
-Disse
colei che ha un velo da lutto in testa...
-Se
vuoi, me li taglio.
-No,
sono troppo belli, per tagliarli. E poi, sennò, con cosa ti
stuzzico?
-Eh
già, il bambino deve giocare con qualcosa della tata, giusto?
-Che
simpatica...
Ridendo
e scherzando, abbiamo bagnato davvero tutto il tatami; e inizia anche
ad albeggiare...
-Devo
andare: fra poco Kyone verrà a svegliarmi.
-Lo
so, ma hai ancora i capelli bagnati...
-Si
asciugheranno nella corsa, non ti preoccupare.
-Eh
sì! Così, come minimo, ti fai domani e dopodomani
a letto con la
febbre!
-Uffa!
La vuoi smettere di farmi la paternale?! Queta*, una buona volta!
-Va
bene, ma non mandare nessuno a chiedere per la novalgina*, chiaro?
-D'accordo.
Vado, che sennò scoppia un casino. Ciao.
-Ciao.
Mi
bacia e con lo shumpo raggiunge subito la fine del giardino, per poi
saltare sul muro.
-Lo
sai quanto ti amo?- gli grido.
Lui,
in piedi sul muro del giardino, si gira a guardarmi col sorriso sulle
labbra e l'alba alle spalle.
-E
tu?
E
con questo, scompare dietro il muro, lasciando che la luce del
mattino illumini e scaldi la stanza, il viso, il cuore.
*queta:
imperativo di quetare,
che equivale al verbo quietare.
*novalgina:
analgesico con funzioni antipiretiche che è usato per curare
anche
febbri e influenze.
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