Ragione e Istinto: un
equilibrio precario
Apro un libro, una pagina a caso. Talmente a caso che gli
occhi cadono su quella frase.
"Qualcuno
molto tempo fa disse che la ragione per cui gli esseri umani sono
superiori a tutte le altre creature e' che sono in grado di prendere
decisioni per mezzo del ragionamento, mentre gli animali si basano
solamente sull'istinto. Io credo invece che per essere veramente
superiori dovremmo trovare il giusto equilibrio fra istinto e ragione."
Sergio
Bambarèn
E' scritta su un post it: quindi non è stato un caso. Mi
trovo a
leggere meglio quel periodo, è solo una successione di
parole
che però mi colpisce come un pugno allo stomaco: guardando
meglio la scrittura la riconosco: è quella di Bella. Ma non
quella della Bella di adesso: quella della Bella di prima.
Gli esseri umani si servono del ragionamento, gli animali dell'istinto:
e allora io, che cosa sono? Nessuno dei due. Perchè sfrutto
la
ragione per domare l'istinto, ciò non toglie che esso a
volte
abbia il sopravvento. Io non sono un uomo. Nemmeno un animale. Sono un
mostro.
Sono passati anni dal
giorno che l'ho conosciuta, talmente tanti che
credo di aver perso il conto: eppure mi ricordo ancora il suo profumo,
dolce e irresistibile, come se l'avessi accanto a me in questo momento.
E in effetti lei è accanto a me. Solo che manca il suo
profumo.
Ed è tutta colpa mia. Anche se non ne ho bisogno, anche se
il
riposo è una cosa che non ho necessità di
donarmi, chiudo
gli occhi e lascio che la mente, dolcemente, torni indietro a quel giorno.
Quella sera eravamo a
casa mia: Bella aveva raccontato a suo padre che
avrebbe dormito con Alice, mentre in realtà eravamo soli in
casa. Erano andati tutti a caccia, lasciandoci soli, mentre io avevo
provveduto il giorno prima, pregustandomi già una serata
tranquilla, in cui non avrei dovuto poi far molto per resistere al suo
profumo.
Si era decisa a
sposarmi: all'inizio aveva accettato soltanto per ottenere quello che
voleva: me e l'immortalità.
Ma non lo
avrei
mai fatto, non le avrei mai rovinato la vita in quel modo:
speravo
che costringendola a sposarmi, facendole pressione, avrebbe cambiato
idea, avrebbe rinunciato alla trasformazione e mi sarebbe rimasta
accanto da umana, finchè il tempo ce lo avesse concesso.
Oppure
sarebbe fuggita via da me, sarebbe andata da Jacob, gli sarebbe stata
accanto per tutta la vita, avrebbe avuto dei figli, sarebbero
invecchiati insieme e un giorno la loro vita felice avrebbe avuto come
coronamento una morte da anziani. Lasciando me a sopravvivere solo, per
l'eternità che mi si prospettava davanti. E invece, ancora
una
volta, lei mi aveva stupito: aveva cercato un modo per superare
l'ostacolo del matrimonio, e aveva costretto me a cedere. Vederla
infelice subire l'entusiasmo di Alice e il dissenso di
Charlie,
vederla passiva aver preso una decisione che non voleva prendere, mi
aveva distrutto, piano piano, ma nel modo più doloroso
possibile. E avevo ceduto: quella sera, nella radura, le avevo detto
che non era il caso che ci sposassimo, mi ero dichiarato perfino pronto
a cederle, nella stessa sera, me e l'immortalità. Avevo
agito
d'istinto, spinto solo dalla voglia di vederla sorridere: e volevo
concludere prima di sera, perchè sapevo che se l'avessi
vista
dormire, se avessi avuto il tempo per pensare, me ne sarei pentito.
Nonostante averla accanto per l'eternità, matrimonio o meno,
fosse l'unico mio desiderio. E
per l'ennesima volta, lei aveva mandato in fumo ogni piano: mai come in
quei momenti il desiderio di poter leggere i suoi pensieri mi bruciava
nel petto. Mi aveva rifiutato, si era dichiarata pronta a sposarmi,
pronta a fare le cose per bene: e in quel momento, ho capito che tutte
le mie speranze di vederla rinunciare erano andate in fumo. Ma non
l'avrei trasformata, le avrei chiesto una proroga: e senza di me, non
avrebbe potuto fare nulla. Nessuno della mia famiglia la trasformerebbe
senza
il mio consenso, neanche Carlisle. Ma a preoccuparmi c'era
sempre la visione di Alice: lei aveva
visto Bella come noi,
trasformata. E forse sarei stato proprio io: perchè glielo
avevo
promesso, se mi avesse sposato l'avrei trasformata. E Bella era sempre
stata terribilmente testarda.
< Edward....mi
stai stritolando.. >. La sua voce soffocata
mi riporta alla realtà: era rannicchiata tra le mie
braccia, stretta in una coperta, e non mi ero accorto che preso dai
miei pensieri avevo stretto eccessivamente la presa. Rilasso le
braccia poggiando le mie labbra sulla sua fronte, sentendola fremere al
minimo contatto. Quelle sue reazioni così umane mi facevano
sempre sorridere: e non ero ancora pronto a dirgli addio, a dire addio
al suo profumo, al colorarsi delle sue guance, al suo tremare quando
veniva a contatto con la mia pelle fredda, al calore del suo corpo. No,
avrei ottenuto una proroga, non l'avrei condannata a una vita dannata
adesso. Non ero pronto.
< Scusa Bella...
>, le dico con voce bassa. La sento accoccolarsi
meglio tra le mie braccia, cercando di nuovo il contatto che aveva
perso. Il suo profumo mi colpisce in pieno, terribilmente invitante. La
sposto, devo riprendermi, ma non voglio farle capire nulla.
Di malavoglia,la vedo
spostarsi,
scorrere sul divano e allontanarsi un pò da me...troppo.
Sentirmi privato del suo calore mi lascia spiazzato, non sono abituato
a questo tipo di reazione da lei. Mi volto a guardarla, ma non vedo il
suo viso: mi sta dando le spalle e guarda fuori dall'ampia finestra. Le
sue spalle subiscono una scossa improvvisa: un singhiozzo.
< Bella....
>, la chiamo dolcemente. Tendo una mano ma ho paura di
toccarla, di distruggerla.
< Mmmmm?
>, mi risponde lei senza voltarsi. Non ha detto una parola, non
vuole farmi capire che sta piangendo.
Non so cosa dirle:
è la
prima volta che mi trovo a reggere una situazione del genere, non aveva
mai pianto davanti a me. Improvvisamente mi trovo stordito, l'istinto
mi dice di prenderla e stringerla a me, con tanta forza da rischiare di
farle del male: ma la ragione ha sempre la meglio. Potrei ucciderla se
non mantenessi il mio autocontrollo.
< Bella.....che
c'è? >,
le chiedo di nuovo. Questa volta mi avvicino un pò a lei,
impercettibilmente, ma per me è un passo grande quanto un
salto
dal Grand Canyon. Ma questa volta il mio richiamo ha il suo effetto: la
sua testa si volta piano piano verso di me, troppo lentamente per i
miei gusti, e mi fissa. Sta piangendo.
Una lacrima solitaria le scende lungo la guancia, ma i suoi profondi
occhi color del cioccolato sono lucidi, bagnati e gonfi. Ed
è,
ancora una volta, irrimediabilmente, tutta colpa mia. Come sempre.
< Bella... >, dico ancora senza fiato. Bella Bella
Bella..non so dire altro. Sono un idiota!
< Che c'è? Cosa vuoi eh?! >, mi
chiede alzando il
tono della voce. < E non dirmi di non piangere!!!! >,
sbotta poi
con un tono appena isterico quando mi vede aprire la bocca.
Mi muovo in avanti, verso di lei, arrivandole vicinissimo: le poggio le
mani sulle spalle, poi lungo le braccia, fissando i miei occhi nei suoi.
< Bella....dimmi cosa... >, inizio io, ma lei non mi fa
finire di
parlare. Con le mani e una scossa violenta sfugge alla mia presa
alzandosi e allontanandosi dal divano tanto velocemente da lasciarmi
stupefatto. Cosa le prendeva?
< Che cosa Edward? Cosa vuoi sapere? Cosa succede?
Perchè
piango? >, dice voltandosi a guardarmi con uno scatto repentino.
La
guardo a occhi sgranati: è una furia, nel vero senso della
parola. < C'è anche bisogno di chiederlo?? IO SONO
STANCA
EDWARD!! STANCA DEL TUO STUPIDO ESSERE IPERPROTETTIVO, DEL TUO
AUTOCONTROLLO!! SONO STANCA DI ESSERE RIFIUTATA COME SE FOSSI UN
CANE!!!! >. Sta letteralmente urlando, non la riconosco
più:
le guance sono rosse, i capelli scompigliati, non fa che
muovere in
aria le mani e urlare con quanto più fiato ha in gola. E non
posso fare nulla, semplicemente perchè ha ragione,
maledettamente. Ma non sa cosa vuol dire non essere mai liberi di
lasciarsi andare all'istinto, prenderla tra le mie braccia e farla mia.
Non lo sa: e non lo saprà mai. Mi alzo andandole incontro,
le
stringo le braccia ai fianchi nonostante le sue proteste e le fisso la
fronte contro la mia.
< Tu non sei un cane..io ti amo, sto solo cercando di
proteggerti..
>, le dico con tutta la dolcezza possibile. E non mi riesce
difficile, è solo la verità. Bella sembra
calmarsi, non
protesta più tra le mie braccia, ma non la lascio: il calore
del
suo corpo contro le mie mani riesce a farmi rilassare.
< Io...io vorrei soltanto che..per una volta..tu...ti lasciassi
andare, mi facessi sentire amata..mi dismostrassi che mi desideri...che
per una volta la ragione non predominasse sull'istinto...e non mi
importa quello che dici, io non ho paura..io mi fido di te... >.
Faccio una smorfia, non posso farne a meno.
< Vorrei tanto poterti accontentare Bella..ma la ragione trova
semrpe un modo per dominare l'istinto, è nel mio
carattere....non posso farti del male..e poi..mi sembrava che volessi
aspettare il matrimonio per.. >, inizio a dirle io. Ma non mi fa
finire, si fa prendere di nuovo dalla furia e si divincola. Un altro
singhiozzo spezza le sue parole.
< MA NON STO PARLANDO DI QUELLO!!! >, urla ancora. Non so
più come calmarla, resto immobile nella posizione che
occupavo prima che mi lasciasse per correre di nuovo per tutta la sala.
< A me basterebbe semplicemente, per una volta, baciarti,
abbracciarti, stringerti senza mai vivere con la paura costante che
all'improvviso tu possa respingermi!... non hai la minima idea di
quanto faccia male.... >, finisce poi, con un'altra lacrima che
le
scende lungo il viso, toccando il pavimento. Ne sento il chiaro rumore,
il pling secco. E scoppio. Le corro incontro tanto rapidamente che non
si accorge dei miei movimenti, la prendo per le braccia e la spingo
con la schiena contro il muro, inchiodando la fronte
contro la sua.
< Credi che io non ti desideri Bella? >, le soffio sul
viso. Le
sue guance diventano rosse, mi scappa un sorriso. < Credi che se
potessi, adesso non ti avrei già stretta e adagiata su quel
divano sotto di me? Dimmelo Bella, illuminami..perchè non lo
capisco.. >, concludo fissandola negli occhi. Un lampo di paura
attraversa quel castano scuro, poi sparisce, sostituito dalla
determinazione.
< No, edward..non è questo quello che penso, non
più
almeno...vorrei soltanto che, per una volta in tutta la tua
eternità...decidessi di vivere....>, finisce dopo una
pausa.
Si divincola dalla mia stretta, superandomi e muovendosi verso il
divano.
Faccio un sospiro: non per necessità di ossigeno, ma per
calmarmi, semplicemente per ritrovare il mio autocontrollo. Non mi
aveva mai parlato in quel modo, stava seriamente mettendo a dura prova
il mio istinto di uomo: quello di saltarle addosso. Una folata di vento
che proviene dalla finestra aperta le muove i capelli, il suo profumo
mi arriva dritto al cervello, facendomi ardere la gola: ma ancora
più forte, arriva quella sensazione di calore al basso
ventre
che ormai credevo di essere riuscito a dominare. E invece no: e forse,
che c'era di male a lasciarsi andare appena un pò, a dare
all'istinto campo libero per un attimo, appena un pò, e
vedere
che si prova? Mi volto di scatto, trovandola di spalle: accellero, la
raggiungo e tirandola per un braccio la faccio voltare, incollando il
suo corpo al mio e trattenendola premendole una mano sulla schiena.
< Saresti pronta a rischiare?.. >, le bisbiglio in un
orecchio, sentendola fremere.
< Sono nata pronta per te... >, mi risponde lei. Il suo
fiato
caldo sul collo mi provoca una scatto, ancora calore, nonostante il mio
corpo fosse freddo come il ghiaccio da quasi un secolo.
La stringo più forte, spingendola contro il tavolo, fino a
che
sento la sua schiena a contatto con il legno: lei si appoggia, trovando
un sostegno, ma io non ne ho bisogno, non più:
posso
controllarmi, mi basta solo lasciarmi andare un pò. Non
succederà nulla. Faccio scorrere le mie labbra dalla sua
mascella giù lungo il collo, la gola, aspirandone il
profumo:
dolce e terribilmente attraente. Ma in quel momento, la sensazione che
prevale non è affatto la sete: è qualcosa di
più
forte. E che con la sete non ha proprio nulla a che fare.
Sento
le sue mani calde correre lungo la mia schiena, le spalle, il torace..e
poi più giù. No questo non glielo posso
permettere, non
so cosa potrà succedere se dovessimo arrivare a quel punto.
Le
prendo i polsi spostandoglieli all'indietro, fino a farle toccare la
superficie del tavolo e la spingo con la schiena indietro: con un
gemito di protesta, non fa resistenza, poggia le mani sul tavolo,
mentre la mia scorre lungo la sua gamba, fino alla piega del
ginocchio,
costringendola a piegare la gamba, che istintivamente va a circondarmi
i fianchi, attirandomi verso il suo bacino. Ok, forse è
meglio
fermarsi: eppure, quando sto per staccarmi, mi rivedo in mente quei
suoi attimi di disperazione, di furia, le sue parole
mi trafiggono come
lame incendiate. E penso di essere in grado di controllarmi un altro
pò: addirittura oso rischiare, la mia mano si
intrufola sotto
la sua maglietta, su per il ventre piatto, fino a toccare il bordo di
pizzo del reggiseno. Evidentemente, lei interpeta quel mio gesto audace
come una concessione: infatti, poco dopo, mentre le mie mani stanno
ancora esplorando la sua schiena, avverto una sua mano calda chiedere
timidamnete accesso sotto la mia camicia. Non posso deluderla:
ma forse non è solo quello. In realtà, sono io il
primo a
desiderare quel contatto e mi avvicino a lei, facilitandole l'ingresso.
E la sua mano va a cercare la pelle del mio addome, del mio torace e
un'altra scarica elettrica, il calore aumenta. Basta, è ora
di
smetterla, sono al limite: potrei farle del male, incrinarle delle
costole. La voce della ragione manda l'impulso al cervello, ma quello
non recepisce, non esegue il comando: forse perchè la mano
di
Bella si è spinta un pò troppo in basso. Adesso
è
veramente troppo tardi.
La stringo freneticamente a me spingendola per la schiena, incollando
le labbra alle sue: la sento gemere, le sue gambe circondano salde i
miei fianchi, chiedo accesso alla sua bocca e al minimo tocco me lo
concede. Il contatto tra le nostre lingue mi provoca un altra scarica,
un sospiro, un gemito che lei accoglie stringendmi ancora di
più: la alzo dal piano del tavolo caricandomela
addosso e
poggiandola poi sul divano, facendola stendere sotto di me,. Continuo a
esplorare con la lingua la sua bocca, infilando le mani sotto
la sua maglia: le sue mani sulla mia pelle costituiscono ormai
una parte di
me, non potrò più farne a meno, per
l'eternità.
Continuo a giocare con il suo labbro inferiore, mordicchiandolo,
disegnandone i contorni interni con la lingua, giocando. Mi lascio
andare, ho i sensi annebbiati, non riesco più a percepire i
suoni intorno a noi. Se la mia famiglia avesse deciso di entrare
adesso, non me ne sarei reso conto, potrebbero tranquillamente essere
vicino alla porta a godersi la scena. Non mi rendo conto più
di
nulla, eppure non riesco a staccarmi, a lasciarla, ad allontanarmi da
quel profumo così buono: in fondo, io non sono perfetto. Ho
il
mio istinto, che ho sempre cercato di celare. Ma è nella mia
natura, non posso farne a meno. E all'improvviso accade. Giocando con
il suo labbro, inavvertitamente, in risposta a un suo fremito
più intenso accompagnato da un sospiro, la stringo
più
forte......e la ferisco. Appena un taglietto, invisibile, lei
non se
ne accorge nemmeno: ma il sapore del suo sangue tocca la mia lingua, le
mie papille gustative. E il mio cervello non risponde
più, la
gola arde violenta, ma non posso: sbarro gli occhi, anche se non posso
vederli riflessi in uno specchio so che sono neri, neri come non sono
mai stati. Se fossi stato ancora lucido, se in quel momento non fosse
l'istinto a governarmi, sarei stato in grado di controllarmi: ma non
è così. Mi piego verso di lei, verso il suo
orecchio.
< Bella.... >, soffio con la voce roca.
< Edward.. >, mi risponde lei con un sospiro.
E non ce la faccio, non ho più un briciolo del mio famoso
autocontrollo, di quello che lei ha odiato, ma che fino ad ora le ha
salvato la vita: ed è la fine.
I miei denti affondano prepotentemente nella morbida carne del suo
collo: e lei urla, un urlo lacerante, pieno di dolore, tanto
agghiacciante che gli uccelli nel bosco prendono il volo, tanto forte
che sono sicuro che la mia famiglia lo abbia sentito, magari sta
già correndo qui. Mentre bevo, assaporo il suo sangue, gli
occhi
rossi come quelli di un vampiro neonato, i sensi
assueffati.....quell'urlo mi strappa dal torpore. Sbatto più
volte
le palpebre e la lascio, mi stacco da lei che ancora urla, si dimena in
preda al dolore, ha gli occhi chiusi: e non so che fare, non mi muovo,
sento il cuore che non ho lacerarsi. Non sono riuscita a proteggerla
fino in fondo, come avrei dovuto, come ero riuscito a fare. Mi erano
bastate le sue lacrime per farmi crollare: ancora una volta, Alice
aveva avuto ragione. Inizio a raccogliere le idee, a tornare in me, a
farmi prendere dal panico: mi muovo verso Bella , la prendo
tra le
braccia mentre si dimena, ma non urla più. La poggio sul
tavolo,
stringendola in una coperta, cercando di bloccare l'emorraggia, il
sangue che copiosamente le esce dalla ferita al collo che io stesso
avevo provocato. Bella sbarra gli occhi fissandomi: so che nei miei
legge il disprezzo, la rabbia, il disguto..solo e unicamente
verso me stesso. Non ho il coraggio di guardarla, ho paura di
leggere nei suoi occhi il rimprovero e l'odio nei miei confrotni: ma
lei alza una mano, costringendomi a guardalra. E lo faccio: ma non
leggo ciò che mi aspettavo. No: leggo la riconoscenza, il
desiderio, si anche il dolore....ma soprattutto l'amore. Ancora una
volta. Incondizionato. E mi odio più di quanto non abbia mai
fatto nella vita. Mi abbasso verso di lei stringendola tra le braccia,
cercando invano di spegnere con la mia pelle fredda il fuoco che le
arde
dentro. Ma so che non è possibile. E quando sento dietro di
me
una porta chiudersi di scatto e l'urlo di mia madre, non ho il coraggio
di voltarmi. La fine era già arrivata.
< Edward? Amore..a che pensi? >, sbarro gli occhi. sono
ancora
nel salotto di casa Cullen, la casa che mi ha visto passare gli ultimi
60 anni della mai vita. A infestarmi i pensieri però
c'è
sempre e solo quella sera. Bella ha una mano poggiata sulla mia spalla,
mi alzo per guardarla: bellissima, i capelli lunghi sulle spalle, gli
occhi ormai dorati. Le passo un braccio intorno alla vita, facendola
sedere sulle mie ginocchia, tenendo il libro aperto nell'altra mano.
< L'hai scritto tu questo, vero? prima...prima di quella sera..
>, le chiedo con un filo di voce. La sua mano mi carezza
dolcemente
i capelli, le sue labbra si posano sulla mia fronte. Ma non mi
risponde. D'altronde, la risposta è scontata. <
Bella...
>, inizio io, ma non so come continuare.
Lei mi prende il viso tra le mani, alzandomelo in modo da incontrare i
suoi occhi. Mi sta sorridendo, come si fa con un bambino testardo che
non riesce ad accettare una cosa che gli hanno spiegato milioni di
volte.
< Edward...quando smetterai di autocompiangerti? >, mi
chiede
semplicemente. Come se fosse facile. Sbuffo vistosamente, ma lei non mi
lascia il viso.
< Mai.. se il mio istinto non si fosse fatto corrompere
dalle tue
lacrime.. >. Lei non mi fa finire, prende il libtro tra le mani.
< Qualcuno molto tempo fa disse che la ragione per cui gli
esseri umani sono superiori a tutte le altre creature e' che sono in
grado di prendere decisioni per mezzo del ragionamento, mentre gli
animali si basano solamente sull'istinto. Io credo invece che per
essere veramente superiori dovremmo trovare il giusto equilibrio fra
istinto e ragione...
>, legge, poi chiude il libro tra le mani. < tu
quell'equilibrio
non lo avevi trovato, ti limitavi soltanto a dare retta alla
ragione..ma l'amore è irrazionale, non avresti potuto
viverlo al massimo senza quel momento di puro istinto che ti
sei concesso.. >
< E infatti vedi qual'è stato il risultato..
>, sbotto io
testardo. Non le avrei mai permesso di intaccare quel muro di sensi di
colpa che mi ero costruito con tanta fatica. Era l'unico modo per
guardarmi ancora allo specchio. Lei si alza rapida, inginocchiandosi
poi davanti a me.
< Lo vedo Edward, lo vedo chiaramente..il risultato è
noi due
che viviamo insieme felici per l'eternità..esattamente
quello
che volevo...>, dice poi carezzandomi una guancia. Ma non sono
disposto a cedere.
< Ma.. >, faccio per controbattere, ma ancora una volta
è più veloce di me, mi ferma.
< Niente ma, se non fosse stato per quella sera
adesso magari sarei
morta vecchia, sola e infelice..Edward....hai sempre detto che,
nonostante cerchi di far prevalere la ragione, la tua vita
ruota
intorno all'istinto no? >. Si ferma, aspettando la mia
risposta. Annuisco, non sono in grado di fare altro, almeno in quel
momento. Ma a
lei sembra bastare: o forse mi trova con un'espressione tanto idiota da
farsi andare bene tutto. < Ebbene...allora..sarò io
il tuo
istinto... >, conclude sensuale.
< Tu sei già tutta la mia vita... >, riesco ad
articolare. E straordinariamente la voce decide di accompagnarmi. Lei
sorride,
poggiando una mano sul mio viso.
< Credi che quando ti ho fatto quella sfuriata non avessi
pensato
prima mille volte ai rischi che correvo?.. >, mi chiede alzando
il
tono della voce. E' sempre stata un punto più testarda di
me. La guardo cinico alzando un sopracciglio, strappandole una
risata.
Poi mi prende una mano, mettendosi a cavalcioni su di me. Mossa
sbagliata, Bella: mi vengono subito alla mente strani pensieri. Scuoto
la testa
e sento le sue mani sul viso.
< Adesso chiudi gli occhi..voglio farti vedere tutto quello che
ti sei perso di me... >, mi soffia in un orecchio.
Chiudo gli occhi, e in un attimo i sensi mi abbandonano per perdermi
nella sua mente.
Forse non sono poi un mostro. Ho sempre permesso alla ragione di
governarmi.
Ma se nella mia vita dannata ho fatto qualcosa di buono..beh...quella
cosa l'ho fatta grazie all'istinto.
FINE
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