"Sei qui per il mio bottone?"
Sousuke lo fissa in
silenzio per un momento, fermo sotto un albero in piena fioritura nel
cortile della Samezuka e sorride di sbieco, appoggiando la schiena al
tronco.
Potrebbe essere uno
scenario romantico, se Momo non sentisse il cuore pronto a balzare
fuori dal petto, farlo morire lì, sul selciato. E forse è
proprio perché c'è quell'atmosfera che si sente nervoso
come mai prima.
Il ragazzo più
grande allunga la mano, il palmo rivolto verso l'alto e Momotarou
sfiora il ciondolo che porta al collo, sotto la divisa che, per una
volta, ha indossato nel modo giusto, abbottonata fino in cima. Se ne
sta già pentendo, sentendosi costretto come se volesse
soffocarlo.
Per un momento
riflette, pensa di prenderlo in giro porgendogli il suo diploma e
ridendo per alleggerire l'atmosfera, ma si blocca quasi
immediatamente, intimidito.
Non è come se
non stessero insieme da due anni. Hanno condiviso tanto, pur lontani
per la maggior parte del tempo. Sanno segreti inconfessabili.
Almeno, Momo si è
sentito in dovere di dirgli tutto, di mettersi completamente a nudo
per lui, perché, una volta passato lo shock dell'essere
innamorato di un altro ragazzo, è stato inevitabile
abbandonarsi a Sousuke.
"Posso avere il
secondo bottone della tua divisa?"
La richiesta, così
formale nel suo essere tradizione, lo emoziona esattamente come
quando è stato lui, nei suoi panni, a chiedere il bottone che
ora è nascosto sotto la sua maglietta, legato ad una catenina
come un monile prezioso.
"Non è
come se non ci rivedessimo più." mormora, quasi senza
volerlo, perché il significato non è forse questo? Fare
sapere a qualcuno che ti piace, prima di dirgli definitivamente
addio. Non gli piace, quel significato, ma sospira, infilando le dita
nell'asola nascosta e tirando il bottone fino a staccarlo.
"Andrai
all'università, mi serve qualcosa per ricordarmi di te, no?"
Il tono di Sousuke è
amaro, come ogni volta che sembra restare indietro, lontano da lui,
irraggiungibile.
Scuote la testa con
energia, facendo un passo verso di lui e posando il bottone nella sua
mano, prima di lasciar cadere la testa sulla sua spalla. Quella sana,
quella senza cicatrici, quella che non lo costringe a restare in un
paesino ad imparare un mestiere per cui non ha mai mostrato un vero
entusiasmo.
"Sono così
poco memorabile?" chiede, con un broncio. La risata di Sousuke
gli risuona nelle orecchie, amplificata dal suo petto e Momo chiude
gli occhi, in pace.
"Mi piace
rispettare le tradizioni." commenta soltanto, posando una mano
tra i suoi capelli e facendolo sospirare, l'ansia di prima quasi del
tutto svanita.
Non hanno mai
parlato dell'università di Momo. Non hanno mai accennato al
suo futuro perché Sousuke non ha mai chiesto e Momo non ha mai
osato dire nulla.
Gli sembra ingiusto
avere un futuro, un sogno, anche se può sembrare ridicolo e
lasciare che Sousuke rimanga indietro.
"Vado a Tokyo."
confessa, con un filo di voce, allontanandosi quel che basta per
guardarlo, ma non riuscendo a farlo.
Gli tiene le mani,
però, strette come se temesse una sua fuga, come se volesse
trasmettergli tutto il bisogno che ha di tenerlo accanto oggi e per
tutto il resto del tempo.
Non andare più
al liceo significa anche questo, per Momo. Poterlo vedere più
spesso, anche da Tokyo, anche dall'altra parte del mondo. Tenerlo per
mano e portarlo dietro, trascinarlo in un posto sempre più
luminoso, in cui non vedere mai più lo sguardo triste che
Sousuke rivolge al mare.
"A Tokyo."
"Uhm, biologia.
Lo so che è strano, io che vado all'Università, ma..."
"Per gli
insetti." lo interrompe Sousuke e Momo finalmente nota il
piccolo, debole sorriso che gli sta rivolgendo. Annuisce, ricambiando
timidamente.
"Gli insetti,
sì. Non ti sembra strano?" domanda, il nervosismo che gli
blocca la gola, rendendo la voce stridula, come se stesse per
scoppiare a piangere.
"No, anche Ai è
lì, no? Almeno non devo preoccuparmi per te." ammette
Sousuke, lo sguardo di nuovo fuggente.
Sa cosa vuol dire,
riconosce lo sguardo addolorato di qualcuno che non può
seguirlo, che non può realmente stargli accanto.
"Vieni con me."
Non c'è
nessun nervosismo nella sua voce e sottolinea quella proposta con una
carezza sulle sue mani rovinate.
"A Tokyo.
Troviamoci un appartamento, stiamo insieme. Potresti adottarmi e
potremmo cercarci dei lavori part-time, non sei costretto a stare
sempre solo!" esclama, ormai preso dall'entusiasmo, dalla logica
dietro a quell'idea.
Momo non può
sopportare il pensiero di lasciarlo indietro e l'unica soluzione è
quella, punto.
"Cos'hai
detto?"
La voce del ragazzo
è stranamente fragile, come rotta e Momo si costringe a
guardarlo dritto negli occhi, la confusione e lo stupore che lo
riempono di dubbi, per un momento. Forse non è così che
funziona. Forse dovrebbe aspettare ancora, trovare un lavoro o finire
gli studi, invitarlo sempre più spesso e...
"Andiamo a
Tokyo insieme!" ripete invece, più convinto di prima.
Le mani scivolano
sulle sue braccia, fino al suo viso e sorride davvero nel guardarlo.
"Vuoi che ti
adotti?"
Quello... è
stato decisamente spontaneo, tanto che non ricorda di averlo detto.
Arrossisce di colpo, sentendo il caldo gelo dell'imbarazzo farsi
spazio nel suo petto. Scuote la testa, cercando di cacciare la
situazione.
"Non è
così che funziona? Non dobbiamo stare insieme da qui in poi?"
domanda, percependo il peso di quelle parole.
Gli ha chiesto di
sposarlo. Nel modo non convenzionale, con lo stratagemma che sono
costretti ad impiegare perché sono entrambi ragazzi, ma è
quello il significato.
"Mi hai detto
che quando mi sarei diplomato saremmo stati veramente insieme, perché
non sposarmi?" domanda, con tutta l'innocenza che quel
ragionamento semplice riesce ad ispirargli.
Si aspetta un
rifiuto, nel silenzio che segue. Si aspetta di aver capito male e che
quei due anni non valgano nulla per Sousuke, in qualche modo.
Invece il ragazzo lo
attira al petto, stringendolo abbastanza da rompergli qualche osso e
nasconde la faccia nell'incavo del suo collo, sparendo completamente
con il viso dalla sua vista, ma trasmettendogli una risposta molto
prima di riuscire a calmare il respiro affrettato ed aprire la bocca
per pronunciarla.
"Momotarou...
Yamazaki."
Momo sorride così
tanto da avere paura di esplodere come una supernova.
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