un nuovo inizio2
Ecco
il capitolo due. NOn l'ho fatto troppo lungo perchè volevo
descrivere bene le situazioni. Buona lettura.
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“Briareos!!...Bri..!!”
Il
corpo possente del cyborg era riverso a terra, schiena sul polveroso e
rosso terreno, inerme e abbandonato. La testa ripiegata verso la spalla
sinistra, il vento che gli depositava sulla pelle artificiale folate di
terra.
Dopo
venti minuti nel tentativo di risvegliarlo, Deunan provò con
ogni mezzo a trascinarlo ma le era impossibile. Riusciva solo ad
alzargli un braccio, per il resto era impotente. Strinse i capelli tra
le dita, cercando di riflettere su cosa fare. Ormai sapeva bene che non
vi era più nessuno o anche un idiota totale avrebbe capito
che attaccarla in quella situazione era un azzardo possibile. Anche se
non sapevano quali erano le sue abilità, ogni uomo vedeva in
lei un bersaglio indifeso.
Provò
a calmarsi. Sicuramente spostare l’enorme compagno era
impensabile e per questo motivo non aveva altra scelta che restare in
quel posto. Erano in una zona scoperta, troppo rischioso restarvi ma
non poteva fare altro.
Frugò
nel suo zaino e in quello di Briareos, prese il necessario e
preparò un improvvisato campo base. Con delle tende
preparò la zona notte, quella del bagno con un secchio
bucato e un tubo da collegare a qualunque cosa potesse contenere acqua
da usare con una corda, come faceva sempre, per la doccia. Con un telo,
messo da parte, avrebbe protetto Briareos per la notte anche se era
perfettamente cosciente del fatto che con il suo regolatore di
temperatura, anche se ancora privo di sensi, non avrebbe rischiato di
congelare.
Sistemò
qualcosa per sedersi e si posizionò a lato di Briareos,
rivolta però a guardarlo, cercando di fare la guardia.
Più restava là a fissarlo e più le
veniva un dolore sordo al petto, che non riusciva a scacciare via.
Chiudendo gli occhi, se lo immaginava come un animaletto a forma di
goccia semitrasparente che volteggiava con la codina e la tormentava da
dentro. Era decisa a dare a quelle fitte questa spiegazione, anche per
evitare di ammettere la sua disperazione all’inevitabile. La
morte di Briareos.
Con
un cenno del capo, decisa, cercò di scacciare quel pensiero.
Non poteva morire per quello, lo sentiva. Poi le venne
un’idea e si accucciò di nuovo vicino al compagno,
poggiando delicatamente l’orecchio al petto del cyborg, e
attese. Il cuore, anche se un servo motore che lo aiutava in
realtà a vivere, sembrava funzionare. Sentiva alcuni ronzii
e senza che se accorgesse, il suo corpo strinse con le braccia sul
petto di lui rovesciando lacrime di felicità.
Posò
il mento sul petto di lui che si muoveva regolare per la respirazione e
si diede della scema per non aver pensato a fissarlo in quel senso. Poi
chiuse gli occhi e ricordò di aver pianto a quel modo solo
per lui, di nuovo, come la prima volta.Il giorno che entrò
in quella camera asettica e lo vide con il corpo temporaneo di cyborg,
quello che gli avevano applicato per lasciarlo vivere. Quello che
dovette abbracciare disperata, sapendo che avrebbe visto solo quello.
Non più il viso di un colore tra l’olivastro e lo
scuro, i suoi occhi chiari che non sapeva mai definire come
colore ma a volte diceva scherzosamente ‘color carta da
zucchero luminoso’, il naso dritto e definito per via della
chirurgia, la sua mascella definita. In un colpo solo, con un boato,
era andato perso tutto. E a lei, era toccata la parte penosa, mettere
la firma per definire quel cambiamento nell’uomo per cui
provava affetto. Rendendolo definitivamente cyborg.
Si
alzò, sistemò il fucile nell’incavo del
suo braccio con le dita sull’anello del grilletto e attese
qualsiasi cosa. Era come una speranza. Attendeva qualsiasi cosa che
potesse cambiare quell’istante.
Un
paio di ore dopo, quando ormai Deunan aveva finito di mangiare qualcosa
mentre il sole scivolava pigramente fra le rovine della
città e si perdeva agli occhi della ragazza in un tempo che
per lei pareva infinito, ma era ancora comunque giorno,mentre alcune
paffute nubi venivano sospinte dal vento, lei si alzò di
scatto dalla sua posizione. Briareos, alla fine, si era mosso.
Deunan
si accasciò al suo fianco, carezzandogli il petto per
scuoterlo e vide il suo viso muoversi lentamente a destra e a sinistra.
Quando le sue ottiche iniziarono a mettere a fuoco, stridendo per la
polvere che si era annidata, lo sentì sussurrare il suo
nome. Deunan sorrise con quanta felicità poteva mostrare in
viso e gli chiese come stava.
“Non
… lo so…”
“Vuoi
restare ancora sdraiato o vuoi alzarti?”
“…voglio
alzarmi…”
Deunan
lo aiutò tirandolo per il braccio vicino a lei, il sinistro,
facendolo sedere e carezzandogli la testa in ogni sua parte per vedere
se aveva riportato danni.
“Dai
ragazza, resisto …ai proiettili e mi… controlli
per una caduta?”
“Una
caduta con la tua stazza, ragazzone…non piagnucolare e
lasciami controllare!”
Briareos
emise un brontolio gutturale, ridacchiò lievemente e la
cinse con il braccio sinistro stringendola a sé. La mise a
fuoco e si accorse che aveva il viso rigato da lacrime ormai seccate e
gliele pulì con il pollice dell’altro braccio.Ma
questo tremava.
“Non
essere in pensiero piccola, io…”
L’improvviso
gesto del cyborg di scrollare la testa e buttarla in avanti, come fra
le sue gambe, spaventò Deunan, che provò a
tirarlo su di nuovo.
“Briareos,
che succede?”
“…cazzo…ah!...”
“Bri…”
“NO!!”
Deunan
si irrigidì allo strozzato verso del cyborg che si colpiva
la testa con la mano destra con colpì via via sempre
più forti. Lei cercò di bloccarlo chiedendoli che
stesse facendo, provocando la rabbia di Briareos.
“lasciami…devo
farlo..:”
“Perché??”
“Perché…perché
non riesco a gestire l’OS..!”
Deunan
lo fissò incerta, senza capire, con le labbra schiuse come a
voler parlare ma non riuscire. Con il braccio sinistro, Briareos la
tirò a se stringendo la sua vita, con la mano destra le
spinse la testa sotto il suo mento, carezzandole con le dita la pelle
della guancia.
Briareos
era disperato, lo sapeva e non voleva esserlo. Lei lo aveva capito
bene, lo aveva intuito. Tra loro non cèra bisogno di parole
su certe cose, si comprendevano sempre. Gli chiese cosa stesse
accadendo, ricevendo solo una risposta.
“Sono
nei casini. Bimba…”
Deunan
tornò a guardare il fuoco che sinuoso scacciava le tenebre
intorno a lei, si morse il labbro e chiuse gli occhi. Si strinse con le
braccia, come a cercare qualcosa da un ricordo e alla fine, si
voltò verso la jeap a cercare con gli occhi la sagoma
dell’uomo che aveva scelto al suo fianco. Chiuse di nuovo gli
occhi, storcendo la bocca nel momento in cui qualcosa le
tornò in mente.
“Sono
nei casini ragazza e…”
Quella
frase lasciata a metà la lasciò basita. Lo vide
nel tentativo di alzarsi, chiedendole di farglielo fare da solo,
incespicare ma non cadere. Lo seguì con gli occhi, ancora
seduta a terra con le gambe di lato e le mani davanti a lei a stringere
fin sotto le unghie la sporca polvere,mentre evidenti problemi motori
gli impedivano di utilizzare un’andatura regolare. I problemi
erano fin troppo evidenti.E qualcosa le stava morendo dentro, alla sola
idea di saperlo invalido, incapace, bisognoso di aiuto. Proprio lui che
era autonomo in tutto dal cambio di corpo.
“Bri,
qualè il problema?”
“….”
“Bri…”
“….”
Qualche
goccia di pioggia improvvisa cadde fra le mani di Deunan, poi intorno
silenziosamente. Alzò gli occhi e le nubi che le erano parse
batuffoli nel cielo stavano alleggerendo il loro carico su di lei e le
parve che fossero in quel momento loro, al suo posto, a piangere.
Buttò la testa a terra, poi la rialzò quando
sentì Briareos camminare come in cerchio e lo
fissò. Pareva incerto, tremolante nei movimenti, si fermava
spesso e sembrava pensieroso. Si accasciò un ginocchio,
fissando a terra come se fosse stanco o fosse cascato a terra con tutto
il suo peso. Si rialzò, restando fermo in piedi.
Poi
alla fine, Deunan udì la sua voce.
“Ho
fatto una stronzata…” scuotendo la testa tenendola
con una mano come se avesse mal di testa “una
stronzata…!”
Deunan
cambiò espressione come se volesse piangere tutte le lacrime
del mondo, alzandosi e abbracciandolo come se ci fosse un qualche addio
difficile senza lasciarlo andare, affondando la fronte sul suo petto.
Singhiozzando debolmente avvertendo la pioggerella che era cresciuta
sulla sua pelle, scivolare sulla nuca e bagnarla, stretta al suo cyborg.
Arrivata
al bollore, Deunan tolse la cena dal fuoco. La lasciò un
attimo su un disco di tronco di albero usato come poggia pentola e
prese due ciotole di metallo, riempiendo subito una e lasciandola da
parte. Fece lo stesso, con il mestolo, con l’altra ciotola e
poi si buttò a sedere sulla sedia, mangiando lentamente e
come se non avesse fame. Invece stava letteralmente morendo di fame, ma
la zuppa in scatola ogni giorno, per mesi, non era una leccornia
invitante.E si sentiva sola.
Deglutì
l’ultimo boccone, controllò la temperatura della
zuppa nell’altra ciotola e poi ne aggiunse ancora da quella
che era rimasta nella pentola. Si alzò dirigendosi verso la
jeap, salì sul pianale e si fermo davanti Briareos.
Immobile, inerme. Sospirò, prese da uno scatolone un grosso
imbuto e mettendosi sollevata con un oggetto, con le dita
aprì i copri mascella del cyborg, poi la mandibola
spalancandogli la bocca.
“Farò
piano come al solito, te lo prometto…”
Inserì
l’imbuto stando attenta a non fargli male o facendoglielo
arrivare troppo in gola e poi con delicatezza rovesciò la
cena ormai non bollente nell’imbuto, attendendo che per la
gravità scendesse, sentendolo deglutire. Lui era
là dentro. La bocca, la trachea, gli organi, tutto era
ancora del vecchio Briareos. Non poteva fare errori, lui non poteva
parlare con le sue corde vocali tranne qualche verso gutturale che
ormai non emetteva più, non aveva forze per farlo. Era stata
lei stessa a chiederglielo, vedendo quanto fosse difficile per lui
farsi sentire. Non voleva vederlo soffrire.
Attese
che avesse finito, cercò di fargli arrivare tutta la zuppa
possibile. Tornò vicino al fuoco e riempì la
ciotola con la zuppa rimanente. Voleva che lui fosse ben nutrito,
avendo lei possibilità di mangiare quando ne aveva bisogno.
Prese una borraccia e appena terminò di versare il resto
della zuppa, gli fece mandar giù qualche sorso
d’acqua. Alla fine delle operazioni, tolto
l’imbuto, pulì il viso del compagno per essere
sicura di non aver fatto errori e richiuse la mandibola. Lo
fissò, triste, dandogli un profondo bacio e dicendogli di
aspettare che sarebbe tornata per la notte.
Tornò
lesta vicino il fuoco, pulì tutto e rimise gli oggetti nello
scatolone. Ormai era notte, era stanca e sapeva di dover dormire
abbastanza per poter guidare il giorno dopo. Portò tutto
sulla jeap, poi prese il visore notturno e la lattina di zuppa vuota e
disse a Briareos di aspettare qualche minuto. Si avvicinò a
qualche cespuglio, controllò con il visore che non vi fosse
nessuno e utilizzò la lattina per fare pipì.
Odiava dover fare così ma lo trovava un modo più
pulito del semplice farla per terra. Ancora di più,
detestava il dover andare in bagno dovendo scavare una piccola fossa
per bisogni più grossi. Si sentiva non solo sporca, ma
qualcosa simile a un’incivile. Era così che lo
vedeva. Detestava sopra ogni cosa il fattore bagno in situazioni come
quella.
Finito,
lasciò la lattina in piedi, si lavò come poteva
con un panno apposito imbevuto d’acqua e si
rivestì. Lasciare la lattina dopo i suoi bisogni la faceva
sentire un pizzico più civilizzata. Non si sentiva un
animale!
Tornò
alla jeap, salì sul pianale e lo alzò dietro di
lei. Prese una coperta da uno scatolone e si sistemò sulle
gambe distese del compagno, poggiando la guancia destra sul suo petto.
“Buona
notte ragazzone, riposati. Domani è un altro
giorno”.
Si
strinse nella coperta percependo il fresco della sera e si rannicchiò di più a
lui, sognando il giorno che potesse sentire di nuovo il suo abbraccio,
e quindi, il suo affetto per lei.
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