Autore: R e d_ V a
m p i r e
Titolo: Senza
Scappare Mai Più
Personaggi: Superbi
Squalo, Xanxus, Lussuria, Belphergor, Fran, Dino Cavallone, Romario,
Kyoya Hibari
Coppie: XS ,
accenni D18 e piccolissimo accenno se lo si vuole vedere Bel/Fran
Generi:
Introspettivo, Sentimentale, Comico, Drammatico, Slice of Life
Avvertimenti: AU,
Shonen- ai, What if...?, Linguaggio Scurrile, OOC
Rating: Giallo
Credits: Titolo
(così come le strofe della canzone che trovate nel testo)
dall'omonimo brano di Tiziano
Ferro. I personaggi non sono miei ma di Akira Amano e tutto
ciò non è scritto a scopo di lucro e bla bla bla.
Note: E' la prima
volta, per me, su questo fandom. E non poteva essere un giusto esordio,
se non avessi iniziato con quei due (e con Dino e Hibari, che ci stanno
sempre bene. Tranne Cavallone, lui è semplicemente come il
prezzemolo). Devo dire che è stato una specie di parto
durato all'incirca settantadue ore. Ma alla fine ha visto la luce
(giUoia, giubilio, chebbe- ok basta). Ammetto di non essere del tutto
sicura circa i caratteri dei personaggi. E' la prima volta che ci metto
mano ed è sempre un po' un problema. Spero però
di essere riuscita ad essere fedele quanto più possibile e
l'OOC riscontrabile spero si capisca sia dovuto a ciò che
accade. Detto ciò, li trovo più fighi nel futuro
e così di un probabile futuro parlo (per questo l'AU, mi
sono messa al sicuro - ugh). Se volete lasciarmi un parere, darmi
consigli o tirarmi uova (possibilmente di cioccolata, che siamo vicini
a Pasqua) ne sarò felice. Buona lettura!
Senza
Scappare Mai Più
Luce
buona delle stelle
dimmi
adesso dove andrò
Se
non lascio cosa faccio, dimmi se rifletterò
La prima boccata
è vita.
La prende a pieni polmoni e ad occhi chiusi stringendo le mani sul
freddo metallo della balaustra
con violenza,
incurante del breve dolore che sente ad uno solo dei palmi e dei
capelli che gli sono finiti in faccia perché, nella foga, si
è piegato in avanti.
Ha la bocca
spalancata ed inspira come se non respirasse da anni. L'aria fresca
della sera gli punge il viso e gratta la gola, ma non gli importa.
La seconda
boccata la prende più lentamente, se la gode, chiudendo poi
le labbra e serrando la presa delle dita sul ferrobattuto. Tremano, se
ne rende conto solo in quel momento, ma ignora questo piccolo
particolare e socchiude gli occhi sul paesaggio familiare dell'immenso
giardino della tenuta dei Varia. La notte è scesa senza che
se ne accorgesse, nascondendo nel buio le siepi e gli alberi, lasciando
ad illuminare il viottolo di pietra bianchissima - Marmo di Carrara,
ricorda distrattamente - soltanto la pallida luna e le numerose stelle
che lì, lontani dalla città, possono essere viste
tranquillamente e rendono il cielo una trapunta nera e oro.
Anche se i
suoi occhi non riescono a vedere nulla più che i contorni e
le ombre questo basta a calmarlo e regolare il suo respiro che era
diventato frenetico.
Non
è mai stato il tipo da attacchi di panico. Impulsivo certo,
facile a cedere all'ira senza dubbio. Ma la sua mente è
sempre stata fredda e non gli ha mai tirato stupidi giochetti del
genere. E non l'ha fatto neppure questa volta.
E'
semplicemente stanco.
Del resto è tornato solo da poco da una missione in
solitaria. E no, non è affatto paura quella che sente ancora
scorrere nelle vene e che pompa più sangue del dovuto al suo
cuore.
Lui
è il Capitano Superbi Squalo e la paura la fa provare ai
suoi sottoposti e i suoi avversari, non è certo una cosa che
appartiene a lui. Non l'ha mai provata neppure di fronte alla morte,
che pure ha provato a fargli scacco matto più di una volta
in questi anni ma che ha sempre fottuto salutandola alla prossima con
un bel dito medio.
Di certo non
la prova ora, e sicuramente non perché quel coglione
s'è quasi fatto ammazzare di nuovo.
Da un po' di
tempo ha iniziato seriamente a credere che quella testa di cazzo di un
Boss abbia istinti suicidi e che faccia di tutto per tirare le cuoia
mentre lui non c'è.
E, cazzo, non
può certo stargli attaccato al culo ventiquattr'ore su
ventiquattro a fargli da babysitter solo perché nel
maleaugurato caso in cui si distraesse un attimo se lo ritroverebbe in
una pozza di sangue, più di là che di qua. No?
- Vooooooooi!
Appena si riprende lo ammazzo io - sghignazza, annuendo alle sue stesse
parole.
Forse
perché la cosa lo rassicura, in qualche modo. Pensare che si
riprenderà anche stavolta e che potrà urlargli
contro e farsi prendere per i capelli e tirare dietro bicchieri pieni
di tequila, se gli va bene. Quello stronzo ha una ripresa fin troppo
rapida per i suoi gusti, paragonata ai danni che è in grado
di riportare.
La luna si
riflette nel suo sguardo fattosi improvvisamente distante, rendendo
dischi d'argento gli occhi che non riescono a vederla.
Perché ciò che hanno davanti è un
letto a baldacchino dalle pesanti coperte rosse e l'uomo fasciato al
capo ed al torace fra le coltri disordinate e sudate.
Ha avuto una
febbre forte per tre giorni, ha detto Lussuria parlandogli a voce bassa
e con una mano davanti alla bocca come si fa al cospetto di un
moribondo. O forse soltanto perché segretamente spaventato
dall'idea che il Boss addormentato riuscisse in qualche modo sentirli
nonostante il suo stato di incoscienza e rinvenisse solo per tirargli
dietro la flebo.
Che,
conoscendo il tipo, non sarebbe stata neppure un'eventualità
da scartare.
Ma Xanxus non
si è svegliato. E' rimasto sdraiato sulla schiena, il
respiro affaticato ed il viso contratto in una smorfia di sofferenza
capace di accentuare le vecchie cicatrici. Eppure così
maestoso e regale, proprio come un sovrano, anche nella malattia.
Incapace di perdere la sua compostezza sebbene il dolore dovesse essere
di sicuro atroce.
Non ha capito
bene cosa sia successo, Squalo. Quel principino suonato ed il ragazzo
ranocchia non la smettevano di litigare e cercare di ammazzarsi a
vicenda mentre raccontavano i fatti. Ma il sunto lo si può
facilmente esprimere in: la famiglia con cui stavano trattando
l'alleanza ha cercato di giocare un brutto tiro al Boss che si
è, com'è prevedibile, incazzato e ha deciso di
fargliela pagare.
A tutti.
Da
solo.
Ovviamente
è stata una carneficina e i Gambusi (o qualcosa del genere,
davvero non ricorda e neppure gli interessa) si sono ritrovati
dimezzati nel giro di poco. Ma neppure uno come Xanxus è
potuto uscire indenne da uno scontro uno contro trenta. E quindi eccolo
lì, l'ex candidato a Vongola Decimo. Un ammasso di bende,
cerotti e cicatrici. Come se fosse una novità.
Respira
più forte, lo spadaccino, dal naso. Forse per cercare di
cancellare la voce di quell'irritante ronzino che ha incrociato, per
pura sfiga, durante il suo soggiorno in quel di Torino in attesa del
suo informatore. E che adesso gli torna alla mente, fastidiosa come il
suo proprietario ed altrettanto inopportuna.
L'Ufficiale
dei Varia distoglie lo sguardo dall'uomo in piedi dietro il suo
interlocutore, sbuffando con un sopracciglio inarcato. Nonostante abbia
ormai trentadue anni suonati, e sia prossimo ai trentatre (il solo
fatto che si ricordi questo dettaglio lo induce ad accigliarsi ancora
di più), quel tizio è ancora una
nullità senza i suoi picciotti. Se non ci fosse Romario alle
sue spalle avrebbe sicuramente già fatto cadere qualcosa dal
tavolino o si sarebbe scottato con il caffé. O
chissà cos'altro.
Con
l'imbranataggine di Dino Cavallone non si può mai essere
sicuri di nulla, è quasi più imprevedibile di
quel sociopatico misantropo giapponese del suo compagno. Ed
è tutto un dire.
- Sai,
Squalo... - inizia il
biondo, dopo aver sorbito un sorso dalla sua tazzina di porcellana
bianca.
Per
contro riceve solo un'occhiataccia, che il Decimo Boss dei Cavallone
interpreta come un invito ad andare avanti col discorso.
- ...mi sono
sempre chiesto perché continui a rimanere con i Varia.
La
domanda, che pure domanda non lo è ma è implicito
lo sia (cielo, che ragionamenti complicati!), concorre a dare al viso
dello spadaccino un'aria sinceramente confusa. Ma dura poco, visto che
viene sostituita in una frazione di secondo dalla solita maschera di
sdegno ed ira che lo contraddistingue.
Dino
si chiede, distrattamente, come abbia fatto a risparmiarsi le rughe
nonostante tutte quelle smorfie.
- Voooooi. Che cazzo
di domanda è, Cavallone?
Il
mafioso biondo stringe fra le dita la tazzina ancora tiepida, fissando
assorto il suo contenuto, prima di sospirare e rispondere -
Ogni
volta
che ci incontriamo non fai che lamentarti di loro. Della loro
inettitudine, di quanto siano fastidiosi. Se non li sopporti,
com'è logico credere dalle tue parole, come mai non hai
ancora fatto i bagagli?
Squalo
rimane in silenzio per qualche secondo, poi si lascia andare di
malagrazia contro lo schienale della sedia appoggiandovisi con il
braccio destro in una posizione di - finta - rilassata strafottenza.
Sorride, mettendo in mostra i denti bianchissimi, anche se il suo
è più un ghigno sprezzante.
Cavallo Pazzo, che lo conosce da
anni e lo conosce bene, sa che è il suo modo per mettersi
sulla difensiva quando c'è qualcosa che lo spiazza o lo
mette a disagio. Non commenta, in ogni caso.
- Infatti sono
solo stupida feccia. E senza di me si farebbero annientare nel giro di
un giorno.
L'eloquente
espressione sul viso dell'ex compagno di scuola gli fa capire quanto
fiacca sia la sua scusa. Stringe le labbra fra di loro, fino a farle
diventare una linea bianchissima, e poi distoglie lo sguardo.
- Ho fatto una
promessa.
- E l'hai
mantenuta anche se non aveva più alcun motivo d'essere. E lo
sappiamo entrambi. Sono diciotto anni che la mantieni. Arriva un
momento in cui le promesse non vogliono più dire niente e si
sciolgono, Squalo. Soprattutto se valgono ancora soltanto da una parte.
Il Capitano Superbi avverte una
fastidiosa fitta al petto e deve dar fondo a tutto il suo autocontrollo
per non fare una cosa così stupida come portarsi una mano al
torace e massaggiarlo. Non darà anche questa soddisfazione a
quel ruminante in forma umana. Anche se ha ragione.
Però
questo non può accettarlo, o forse soltanto non vuole.
Così si allontana dal tavolino con un calcio che fa
indietreggiare rumorosamente la sedia e girare, infastiditi, gli altri
avventori del bar. Persino lo scagnozzo di Cavallone gli rivolge
un'occhiata truce da dietro le lenti scure. Come se la cosa potesse
interessarlo.
- Ho perso
anche troppo tempo con te, Cavallone. Se mi salta l'incontro con
Accardi ti ammazzo. Ah, il conto lo paghi tu. Addio.
Dino non sembra stupito dalla
reazione dell'altro, ma aspetta che il Varia si sia alzato e gli abbia
dato le spalle per parlare. Anche se il suo non è un
richiamo. E neppure una risposta alle sue - scortesi, come al solito -
parole.
- I Cavallone
avrebbero bisogno di gente esperta con la spada. Pensaci, Squalo.
Gli occhi nocciola del Boss
notano perfettamente la schiena dell'altro uomo irrigidirsi, ma poi si
abbassano di nuovo sulla tazzina mentre quello esce dal locale con un
''voooi'' e dopo aver spintonato uno dei camerieri, sparendo nella
folla di Piazza Castello. Dino sorride, tranquillo, terminando di bere
il suo caffé. Ne dovrà portare un barattolo a
Kyoya, magari è la volta buona che lo convince a
disintossicarsi dal thé.
Squalo non ha pensato
neppure per un istante a quella proposta, dopo essere uscito dal bar.
Non c'ha pensato mentre incontrava Donato Accardi e nemmeno mentre lo
minacciava di appenderlo per le budella alla cima della Mole
Antonelliana se le informazioni si fossero rivelate sbagliate. Non c'ha
pensato mentre faceva fuori il corriere dei Garofano e men che meno nel
viaggio di ritorno, buttato malamente in un vagone merci puzzolente.
Però
ci pensa adesso, mentre riempie i polmoni dell'aria di casa e si
domanda senza reale curiosità, e già consapevole
della risposta, se quelle siepi a forma di osceni unicorni siano opera
di quel traviato di Luss.
Ci
pensa arrampicandosi sulla lastra di marmo della balconata, sedendosi
con le spalle contro il muro ed una gamba penzoloni nel vuoto, le
braccia serrate al petto e il viso rivolto al cielo. Il leggero vento
di una sera diventata ormai notte gli accarezza il viso e scompiglia i
capelli candidi ormai lunghissimi, senza però dargli
fastidio. Nonostante questo si ritrova a stringere una ciocca fra
pollice ed indice, sfregando i fili bianchi fra i polpastrelli e
piegando in un sorriso amaro le labbra. Non li taglierà mai,
perché mai verrà rispettato il voto che ha fatto.
Ma ormai cosa importa?
Non
interessa neppure più alla persona a cui quel giuramento
è andato. Non si stupirebbe se il Boss lo avesse persino
rimosso dalla sua mente fottuta dalla violenza e dall'alcool,
considerandola un'informazione di infima importanza.
Quel
coglione di Cavallo Pazzo ha ragione. Prende un respiro, chiudendo gli
occhi, perché ammettere una cosa del genere a se stesso
è quasi peggio del tagliarsi una mano per diventare
più forte - nessuno ha mai detto che i suoi metodi di
valutazione abbiano un senso logico, del resto.
-
Che cosa devo fare?
Si
riscopre a mormorarlo, stringendo la ciocca nel pugno con rabbia. O
forse solo disperazione. Quando si accorge di averlo detto, e non solo
pensato, sgrana gli occhi e porta quel pugno alle labbra premendovelo
forte contro.
Perché
è stufo, Squalo. Stufo di fare il babysitter a quella manica
di svitati, stufo di essere seviziato da un ancor più matto
Boss ed essere sfruttato da lui per sbrigare le noiose faccende
burocratiche - altro che suo secondo, è un fottuto
segretario.
Ma...
accettare la proposta di Dino è fuori discussione. Non
lavorerà mai alle dipendenze di quell'equino da quattro
soldi che ha bisogno di una squadra di supporto per evitare di legarsi
da solo come un salame con la sua frusta. Certe volte si domanda ancora
come diamine abbia fatto a conquistare il Guardiano della Nuvola dei
Vongola.
Per
carità, una pigna su per il culo quell'Hibari, ma lo credeva
quantomeno il più intelligente della combriccola di Sawada.
Ad
ogni modo non entrerà a far parte dei Cavallone. E dubita
che i Vongola possano dargli incarichi più importanti di
quelli che svolge con i Varia.
Sfiata,
dando un colpo col capo alla parete alle sue spalle e chiudendo di
nuovo gli occhi. Stanchezza, esasperazione ed indecisione si rincorrono
sul suo volto senza lasciargli un'espressione definita che possa
inquadrare cosa provi al momento.
Eppure,
se non lascia i Varia...
E
vorrei, imparare ad imitarti
Far
del male come sai
Ma
non posso non riesco non ho equilibri miei
- Ah, Squ, una tragedia!
La
voce allarmata di Lussuria che proviene da dietro la porta della sua
stanza, in corridoio, e che probabilmente si sente per tutta la villa
per poco non gli fa perdere l'equilibrio e compiere un volo di tre
piani con tanto di spiaccicamento artistico finale sul viale. Immagina
che Levi si lagnerebbe del sangue che non va via dal vialetto e la cosa
lo fa quasi dispiacere di aver evitato una così penosa
dipartita.
Arriva
persino ad ignorare l'irritante diminutivo con cui il travestito lo
chiama perché, davvero, ha usato un tono preoccupante e
che gli ha procurato un brivido lungo la schiena.
Per
questo spalanca con furia la porta, gli occhi sgranati che gli danno
un'aria spiritata che quasi induce l'altro Ufficiale ad indietreggiare,
spaventato.
-
Voi! Cos'è successo?
L'uomo
sistema i suoi inseparabili occhiali da sole con un gesto nervoso,
borbottando qualcosa a proposito del fatto che Squ sia proprio
spaventoso, ma ad un'ennesima occhiataccia dell'altro sembra ricordarsi
il motivo per cui si trova, alle due di notte e in un'assurda vestaglia
rosa con tanto di pellicciotto, davanti alla porta del Capitano.
E
allora unisce le mani in preghiera poco sotto il mento, agitandosi e
scuotendo il capo - Il Boss! La febbre è salita di nuovo e
sta delirando!
Squalo
sbatte un paio di volte le palpebre ed è seriamente tentato
dall'appendere quella vergogna di uomo - o qualsiasi cosa sia in
realtà - per la sua oscena vestaglietta ad uno dei lampadari
del corridoio. E poi squartarlo, magari, per avergli fatto prendere un
colpo e aver attentato alla sua vita per una... una cosa del genere.
-
Di, ti sembro un medico? - domanda, con insolita calma. Lussuria lo
guarda perplesso.
-
No.
-
Un'infermiera?
-
Oh no, però sono certo che staresti benissimo con una divis-
- l'ex candidato Guardiano del Sole si zittisce, forse percependo
l'aura di morte che proviene dalla figura del suo sorridente
interlocutore.
Ed
il sorriso di Squalo è davvero inquietante,
perché sembra proprio quello di... uno squalo. Se gli squali
potessero sorridere, ovviamente.
-
VOOOOOI! E allora che cazzo vieni ad urlarti alle due di notte?! Dagli
l'antibiotico, chiama il dottore, un esorcista o rompi le palle a Levi!
Sarebbe ben contento di farsi strangolare da quel coglione.
Respira
pesantemente, Squalo, fissando ancora allucinato uno sconvolto Lussuria
che si stringe pudicamente nella sua vestaglietta.
-
Oppure lascialo crepare. Fosse la volta buona che ce lo togliamo dalle
palle - conclude, abbassando la voce e sorpassandolo con uno spintone.
Fa
orecchie da mercante al suo gridolino indignato, sparendo dietro
l'angolo.
Luss
si passa una mano fra i capelli, cercando di riprendere contegno,
però poi sorride. Squ ha girato a destra.
Può
tornarsene a letto, adesso, che se non dorme almeno otto ore filate la
sua povera pelle poi si rovina.
Squalo rimane a
fissare la porta della stanza del Boss, indeciso su cosa fare.
Xanxus odia
che le persone non bussino prima di entrare. In effetti odia anche
bussino.
Diciamo pure
che odia che qualcuno entri nella sua stanza in generale, poco importa
il come ed il perché.
Ma al momento
il Boss non può farci proprio niente perché
è costretto a letto e la gente deve entrare per forza se non
vuole davvero ritrovarsi in una bara a trentacinque anni. Che
è comunque un traguardo ragguardevole nel loro mondo.
Mah, si dice lo
spadaccino mentre abbassa lentamente la maniglia ed apre la porta nel
modo più silenzioso possibile, forse alla fine è
proprio quello che vuole.
E chi
è lui per impedirglielo?
- Ohi, Boss -
lo borbotta piano, mentre si chiude la porta alle spalle. E si ritrova
a dover abbassarsi di scatto per evitare che un'abat jour volante gli
si stampi in fronte.
Lo schianto
dell'oggetto contro il legno della porta gli fa socchiudere di riflesso
gli occhi, ma la sua reazione dopo l'attimo di sorpresa non tarda a
presentarsi.
- VOI! Ma che
cazzo hai in quel fottuto cervello?!
Sbraita, come
suo solito. Peccato che, questa volta, non gli arrivi nessuna
rispostina sfrontata o altri oggetti potenzialmente contundenti a far
compagnia al primo proiettile d'arredamento.
Strano.
Questo lo
induce a muoversi, cautamente, verso il letto. Ed accorgersi che l'uomo
che c'è sdraiato sopra respiri a fatica ed abbia il viso
rosso e sudato, i capelli appiccicati alla fronte e tremi in maniera
penosa.
Che comunque
gli fa domandare come abbia fatto una persona ridotta così
ad avere la prontezza di lanciargli contro una lampada o a sentirlo
entrare. Ma sono i misteri del figlio adottivo del Nono dei Vongola.
- Come ti sei
ridotto... fai pena, grande Xanxus - mormora, sfiorando distrattamente
le coperte con la punta delle dita mentre si avvicina al suo capezzale.
Sa
perfettamente che se l'altro fosse lucido probabilmente l'avrebbe
ucciso prima ancora che potesse terminare la frase. Ma c'è
in qualche modo affetto, più che disprezzo. E' colma di
amarezza e tristezza e non di scherno.
Ad ogni modo
non è sicuro che il Boss avrebbe potuto riconoscere certe
sfumature nemmeno al meglio della sua forma, figurarsi quando il suo
corpo e la sua mente sono ridotti in quello stato.
Si ferma al
fianco del suo capo e lo osserva, in silenzio. Scruta la fasciatura
stretta attorno alla fronte da cui spiccano ciocche dei lisci capelli
neri e quasi trova divertente che non abbia i suoi soliti ninnoli
legati alle ciocche; evidentemente Lussuria o il medico devono
averglieli tolti per poter fare la medicazione.
Sospira e si
morde le labbra, abbassando lo sguardo sul resto del corpo. Muovendosi
le coperte sono scivolate in avanti e ricadute di lato, mostrando parte
del torace muscoloso fasciato stretto, anch'esso, fin alla spalla
destra. La sua pelle arde, lo avverte pur senza toccarla, per quanto il
desiderio di farlo sia forte. Percorrere una delle cicatrici scure che
adornano il suo corpo e di cui conosce perfettamente il significato.
Perché
lui conosce Xanxus più di quanto conosca se stesso e
potrebbe elencare come e chi e dove si è procurato ognuna di
quelle cicatrici. Lui è sempre stato al suo fianco, del
resto.
- ...quanto mi
fai incazzare.
E' un sussurro
lieve, mentre si sporge sul comodino per recuperare da una bacinella
una pezzuola bagnata e prodigarsi a tamponare, con inaspettata
delicatezza, il viso sofferente dell'uomo.
E' diviso dal
bisogno di picchiarlo e fargli provare dolore - altro dolore, diverso
da quello che sicuramente sente adesso, più simile a quello
che causa sempre a lui
- e di prendersene cura e vederlo stare meglio.
Sarebbe
più facile, davvero più facile, se riuscisse a
vedere il mondo con gli occhi di Xanxus. Non avrebbe alcun dubbio, non
si sentirebbe come adesso sull'orlo di un precipizio. Riuscirebbe a
ripagarlo con la sua stessa moneta, come si meriterebbe, senza
mostrargli invece questa disgustosa ed assurda devozione.
Il corpo del
Boss dei Varia ha un altro brusco scatto, sussulta e Squalo non si
accorge, non fa in tempo, della mano che scatta con sicurezza e forza
sulla sua maglia e la stringe strattonandolo con violenza verso il
basso. Si limita solo a sgranare gli occhi e lasciare che la pezzuola
cada di lato, sul materasso.
Sai
sai sai sai sai che
[...]
Forse
potrei fingere ma poi non ci crederei io.
Xanxus ha gli occhi
sgranati e sono rossi e lucidi di febbre. C'è qualcosa di
folle in quelle iridi che ricordano il sangue delle sue vittime e
sembrano avere intrappolate la sua stessa Fiamma.
Non lo vede,
realizza Squalo che trattiene ancora il respiro ed ha il viso
così vicino al suo da poter sentire il suo respiro
frammentato sulle labbra. Lo sta fissando, è vero, ma in
realtà non lo vede veramente. Chissà cosa
c'è in questo momento al posto della figura dello
spadaccino. Forse uno dei suoi nemici.
Forse il
Decimo dei Vongola, o lo stesso Nono. E' difficile da definire se
l'altro si limita a strattonarlo, e la mano che stringe la stoffa trema
visibilmente - e non sa se sia la febbre o l'ira che gli circola nelle
vene come sangue.
Il Boss
schiude le labbra, cerca di articolare qualcosa. Il suo braccio destro
non fa il minimo rumore e quasi ferma il proprio cuore, per poter
sentire. Ma non capisce cosa l'altro scandisca, non lo afferra.
Forse
perché ha nelle orecchie il frenetico pompare del muscolo
cardiaco che ha, senza successo, cercato di zittire. E gli gira la
testa, ma non lo ammetterebbe mai.
Così
come non ammetterebbe mai di provare una fottuta paura. E no, non si
tratta di quello che il possessore della Fiamma d'Ira potrebbe fargli
nel suo delirio, scambiandolo per Dio solo sa chi.
Ha timore che,
questa volta, abbia esagerato. Esagerato davvero. E che non ci sia modo
di tornare indietro.
Gli occhi
pizzicano fastidiosamente, anche se si costringere a non battere le
palpebre neppure per sbaglio, al pensiero che da questo il Boss
possa non riprendersi più. Ha rischiato tante volte la vita,
è vero, ma non è mai stato così male.
E le sue ferite non sono mai state tanto gravi. Ma, ovviamente, quella
testa di cazzo non ne ha voluto sapere di essere portata in ospedale.
- Preferisci
crepare in casa, eh? - la sua voce non gli sembra neppure sua,
è quasi estranea alle sue stesse orecchie. Febbrile e bassa,
con una nota di isterica disperazione. - Sei così stronzo da
volerci fare questo
splendido regalo?
Gli occhi del
falso Vongola sono vitrei, quasi assenti. Continuano a fissarlo,
però. Anche quando la presa della sua mano sembra
allentarsi, venire meno, fino a che il braccio non ricade pesantemente
sul materasso. Emette un gemito, che sembra il verso di una belva
ferita più che quello di un uomo. Ma, in effetti, Xanxus di
umano ha sempre dimostrato di avere ben poco oltre che il loro aspetto
e i loro vizi.
Vorrebbe
fingere che vada tutto bene, Squalo. Potrebbe farlo, dovrebbe farlo.
Così come dovrebbe fingere che non provi niente nel vedere
ridotta così la persona a cui ha sacrificato la propria
stessa esistenza. Che non gli faccia male, un male cane, più
di qualsiasi ferita abbia mai subito in battaglia.
Potrebbe
riprendere ad insultarlo, che è la cosa che gli riesce
meglio, augurargli di tirare le cuoia nel più breve tempo
possibile senza rompere ulteriormente le palle a loro e lasciarlo
tornare a dormire.
Ma non ci
crederebbe neppure lui.
Così
recupera la pezzuola, la immerge di nuovo nella bacinella, e riprende a
passarla sulla pelle del suo Boss.
Correrei
a salvarti a dirti che così non può durare
Correrei
a parlarti a consolarti niente più dolore
Correrei
a fermare il tempo e insieme a lui le sue torture
Correrei
da te e ti stringerei senza scappare mai più
Correrei
da te e ti stringerei senza scappare mai più
Squalo non sa
più che ore siano e forse neppure gli importa. Sa solo che,
nonostante le sue premure, la febbre non si è abbassata.
Però adesso il Boss sembra dormire in modo tutto sommato
tranquillo.
Ogni tanto il
suo viso è attraversato da una smorfia di sofferenza, o di
rabbia, che si preoccupa di cancellare con la carezza fresca del panno
che ha tentato di assorbire, senza successo, quel malsano calore.
Sente il corpo
pesante, lo spadaccino, gli occhi li tiene aperti a fatica e
chissà con che forza di volontà. Pensa che il
malato non se la prenderà troppo se recupera una delle
poltrone e l'avvicina al letto, lasciandocisi crollare sopra.
Chiude gli
occhi per un solo istante, avvertendo tutta la stanchezza provata. Sia
fisica che mentale.
E poi lo
sente.
- F-feccia...
Quasi cade
giù dalla sedia, mentre spalanca gli occhi e si affretta ad
allungarsi verso il letto, preparandosi a ricambiare lo sguardo colmo
di rabbia e disgusto del suo occupante.
Ma Xanxus ha
ancora gli occhi chiusi. Eppure l'ha sentito, quella era la sua voce. O
forse la stanchezza gli tira brutti scherzi ed ha anche le
allucinazioni, adesso.
Appoggia le
braccia sul materasso, lasciandovi ricadere il capo sopra e rimanendo a
guardare il viso dell'uomo.
E' bello, il
Boss dei Varia. Lo ha pensato anche la prima volta in cui l'ha visto,
alla festa dei Vongola. In cui ha capito che non avrebbe mai potuto
battere quella persona, e ha deciso di seguirla.
Che sciocco
ragazzino che è stato. Fare una promessa del genere ad un
altro ragazzino e dedicargli la sua stessa esistenza. Privarsi persino
di una mano, per diventare più forte e dimostrare la sua
totale fedeltà.
Ed ecco a cosa
l'ha portato tutto questo.
A vegliare un
uomo che forse non passerà la notte e per cui non
è niente di più che un oggetto. Una pedina, per i
suoi scopi, come tutti gli altri.
Non si
impedirà niente, decide in quel momento. Non si
frenerà più e fanculo a quello che
succederà. E così allunga una mano, titubante -
perché per quanto la sua convinzione sia salda, il timore
che prova nei confronti di quel pazzo è molto di
più -, e con il dorso sfiora delicatamente il volto del
Boss.
Trattiene il
respiro, mentre lo fa, ma quello non reagisce in alcun modo. La sua
pelle è ancora troppo calda, persino per qualcuno che caldo
al limite del sopportabile lo è sempre stato per natura, ed
è ruvida per l'accenno di barba e le cicatrici. Quando
è sicuro che non si sveglierà di colpo e non
proverà a mozzargli anche quella, si arrischia a sfiorarlo
con la punta delle dita e farle scivolare a percorrere il disegno delle
sue labbra. Sono morbide e bollenti sotto i polpastrelli, sente il
flebile respiro contro la propria pelle e quasi trema.
- ...feccia -
di nuovo quel mormorio. Ma questa volta non lo sente soltanto, lo
percepisce anche contro la propria mano.
Xanxus ha
parlato davvero, anche se non ha aperto gli occhi neppure questa volta.
Chiama lui? Del resto così ci chiama praticamente tutti,
potrebbe stare invocando chiunque.
Allora Squalo
chiude gli occhi e getta alle ortiche qualsiasi premura, premendo il
viso contro il suo petto e lasciando che le bende assorbano l'unica
lacrima che sfugge dai suoi occhi chiari.
- Shhh...
stupido di un Boss. Cosa cazzo credevi di fare, eh? Cosa pensavi di
dimostrare? Sono passati undici anni. Undici fottuti anni. E ancora non
hai capito quando è il momento di smetterla. Di arrendesi e
chiedere aiuto. E - prende un respiro, come a volergli impedire di
interromperlo. Cosa che il più grande non potrebbe fare
ugualmente, fosse solo perché probabilmente non lo sta
neppure ascoltando davvero - non mi dire che tu non ti arrendi mai. Non
dirlo o giuro che ti mando al Creatore con le mie stesse mani. Ho
sperato che capissi quali sono i tuoi limiti, che lo capissi da solo e
che questa sarebbe diventata la tua forza. E se non fossi stato forte
abbastanza ci sarei stato io, perché sono il tuo braccio
destro. Ma non basta, vero? Non è mai bastato.
Ha il fiatone
e si detesta, reputandosi disgustoso da solo. Sembra tanto uno di quei
discorsetti strappalacrime che tanto piacciono a quell'idiota di
Sawada.
- Quella
promessa... dimmi, ha mai avuto valore per te quella promessa?
Chiede, in un
sussurro disperato. Perché ormai la sua dignità
è stata calpestata abbondantemente, c'ha ballato da solo
sopra il tip tap. Tanto vale sputare fuori tutto e farlo ora,
perché probabilmente un'altra possibilità non ce
l'avrà.
Il respiro di
Xanxus, contro il suo orecchio, muta ancora. E muta in modo malsano, in
modo del tutto sbagliato. E Squalo si fa quasi prendere dal panico ma
non ha la forza di alzare lo sguardo. Di lasciarlo.
- Ti prego no.
Non puoi lasciarci così, non puoi lasciarmi così.
Non è giusto. Non me lo merito. Sei uno stronzo, un fottuto
egoista, lo sei sempre stato. Vedi cosa mi costringi a fare? A pregarti, io.
Rimarrò ancora al tuo fianco, resterò. Ma non
puoi
morire. Non ora. Hai ancora delle cose da fare, poi avrai tutto il
tempo del mondo per morire. Solo, non ora. Non oggi. Ti prego...
Forse sta
piangendo, ma non se ne accorge. Sarebbe un'umiliazione troppo grande.
Però si accorge del peso che, all'improvviso, sente sul
proprio capo.
La mano del
meridionale è grande, preme quasi con delicatezza fra i
capelli bianchi. Gli stessi che ricoprono il lenzuolo ed il suo stesso
petto. Le palpebre fremono, si sollevano con sforzo, così
che il rosso faccia di nuovo capolino. E questa volta veda realmente
cos'ha davanti.
- Squa... lo...
Vento
buono dell'estate scalda in pace chi già sai
Fai
che la mia rabbia invece si raffreddi casomai
sai
sai sai sai sai che..
- VOI! Se non la
smettete immediatamente vi ammazzo!
Belphegor e
Fran si fermano e si scambiano un'occhiata. Com'è possibile
dato che Prince the Ripper abbia come al solito gli occhi costantemente
coperti dalla frangia bionda, non è dato saperlo e forse
è meglio così. Ma devono avere una sorta di
segnale concordato, qualcosa di loro - ed è strano da dire,
visto i tentativi storici dell'uno di fare la pelle all'altro - che
renda impossibile agli altri capire quando arrivi davvero il pericolo,
perché l'istante dopo puntano i superliquidator contro
l'urlante Capitano.
Fuoco
incrociato. Impossibile sfuggirgli.
I due fermi
l'uno di fianco all'altro arrivano addirittura a darsi il cinque,
portandosi le armi alle spalle con una mossa a loro dire figa.
- Shishishi...
però, ranocchia,
non sei così male
- La tua mira
fa davvero pena, senpai.
L'hai colpito di striscio. L'ho sempre detto che quei capelli ti
avrebbero rovinato la vista.
Squalo, che ha
la giacca della divisa e la maglietta completamente fradice e sta
letteralmente fumando di rabbia, interrompe il tentativo del genio dei
Varia di spaccare la testa del suo allievo con il fucile ad acqua. A
modo suo, ovviamente.
- Voooooi!
Spargerò le vostre interiora nel cortile e le
farò mangiare dai merli!
Il giovane
Illusionista, che ha fatto sparire il giocattolo di mano al compare
sostituendolo con un salvagente a forma di paperella e bloccandogli
così le braccia lungo i fianchi per impedirgli di ricorrere
ai suoi coltelli, si volta verso il più grande e gli rivolge
una delle sue occhiate assenti. C'è da dire che la cosa non
sia meno ridicola di Bel-paperella, visto che indossa una canotta a
righe verdi ed un costume a pantaloncino con l'immancabile enorme
copricapo a forma di anfibio sul testolino.
- Eppure
l'acqua dovrebbe essere il suo habitat naturale...
Quello
è l'ultimo commento che fa, prima di scappare via facendo
rotolare in avanti il suo senpai - che nel frattempo è
caduto per terra, nel tentativo di liberarsi - e sparire con lui e le
sue urla e minacce di morte prima che il Capitano si decida a portare
davvero avanti le proprie.
Squalo inspira
e si massaggia le tempie, nel tentativo di calmarsi, dicendosi
mentalmente che alla fin fine con quel caldo un po' d'acqua non
è certo un dramma. Anche se dovrà presentarsi
all'incontro con i Boss delle famiglie alleate in quelle condizioni.
Lo sguardo
grigio si solleva, per un istante, a contemplare i finestroni aperti
del secondo balcone a partire da destra del terzo piano.
Da quando
Xanxus si è ripreso, la solita routine sembra essere tornata
alla Villa. Solo che il Boss è ancora convalescente, e non
può lasciare in alcun modo la sua stanza. Trova strano che
non si sia lamentato più del dovuto, mandando in ospedale
solo uno dei suoi medici ed evitando fughe strategiche.
Anche se da
una parte è sollevato che quella testa calda non ci abbia
lasciato le penne, dall'altra è ancora tremendamente
incazzato con lui per la paura che gli ha fatto prendere.
Non
è una cosa che passerà presto, e anche l'altro
mafioso sembra averlo capito e cerca come può di
rispettarlo.
- Voi! Cosa ci
fai fuori dal letto, stupido di un Boss?!
L'uomo
affacciato al balcone, con indosso degli abiti leggeri e ancora bendato
- anche se la fasciatura alla testa è stata tolta da un paio
di giorni - gli scocca un'occhiataccia e sembra quasi intenzionato a
tirare a quello che sta giù la flebo con tutto il suo
supporto. Però non lo fa, limitandosi a stringervi contro la
mano e stamparsi in viso un'espressione annoiata.
- Prendo aria.
E non sei mia madre, quindi non devo renderti conto di niente feccia.
A Squalo viene
sempre da sorridere quando sente la sua voce e si accorge che non
è più quella di un moribondo. Ma il sorriso lo
trattiene, mostrandogli invece i denti
- Va a farti
fottere. Io vado all'incontro. Non ti sforzare troppo - si raccomanda
ugualmente, sistemandosi alla meglio la giacca e spostando la cravatta
per coprire una macchiolina che non s'è ancora asciugata
sulla camicia.
Il Boss lo
fissa per qualche istante, facendo spallucce. Poi il suo sguardo si
affila ed uno strano sorriso gli increspa le labbra.
- Ehi, feccia
- Che?
- Ti sei
pisciato addosso per l'emozione? - ed accenna col capo alla macchia ben
più vistosa al lato del cavallo dei pantaloni. Quella non
l'aveva notata.
Lo spadaccino
diventa rosso per la rabbia e già progetta come torturare ed
uccidere nel più cruento dei modi quei deficienti minorati,
che in due hanno quarantasei anni ma che cerebralmente non raggiungono
i dieci - sempre in due, ovviamente.
Ma la risata
di Xanxus blocca la sfilza di epiteti ingiuriosi e lo induce ad alzare
di nuovo lo sguardo. E quello che vede sul viso dell'uomo è
un sorriso, un sorriso vero e sinceramente divertito. E non il solito
ghigno da presa in giro.
Sente di
arrossire di nuovo, e non per la rabbia stavolta.
- Va o farai
tardi e mi farai fare una figura di merda. E sarò costretto
ad ammazzarti. E non mi va che mi lasci prima del tempo, sai. Hai promesso.
Squalo sgrana
gli occhi e sorride anche lui. Sorriso che si trasforma in un ''voi''
sbuffato quando il Boss gli regala un elegante dito medio e se ne
ritorna in stanza. Ma ha ragione. Deve darsi una mossa. E sperare che
il sole estivo sia così clemente da asciugare i suoi abiti
prima di arrivare a Villa Vongola.
- Fottuti
mocciosi...
Dal
punto in cui correvo
E
stavi fermo tu
Ti
persi ma non scapperò mai più
Non
scapperò mai più io
Non
scapperò mai...
- Ehilà,
Squalo!
- Ah, sei tu
Cavallo Pazzo. Uhm... sociopatico.
- Erbivoro.
Hai problemi di incontinenza?
Niente,
Squalo continua a chiedersi come facciano quei due a stare insieme. Il
broncio cosmico sul viso del Guardiano della Nuvola, evidentemente
tutto meno che felice di trovarsi lì, viene però
pareggiato dal sorriso accecante del Boss dei Cavallone che gli sta
vicino, quasi del tutto attaccato al suo fianco.
Il
sopracciglio sinistro del Varia freme, ma si costringe a stare calmo e
coprire come può con la giacca la dannata macchia che ancora
non si è asciugata. Onestamente preferiva quel giapponese
quando non parlava e si limitava a minacciare di mordere a morte
chiunque.
Con
il compagno deve avere appreso l'arte del sarcasmo, oltre a quella di
stare in mezzo alla gente senza causare una strage.
Grazie tante a
Dino, eh.
- VOI! E'
stato un incidente. E' solo acqua. - si affretta a precisare,
stringendo un pugno con cui spaccherebbe volentieri il viso di Hibari
che continua a fissarlo con aria a metà fra lo scettico ed
il
sornione. Il suo ragazzo, che ormai fiuta il pericolo come certi cani i
tartufi, si affretta a rivolgersi verso di lui con un gran sorriso -
Ah, Kyo, mi è sembrato che ci siano dei problemi fra i
Donato e i Del Capo. Potresti andare a controllare?
Onestamente
Kyoya non sembra molto convinto, forse più infastidito per
il
modo in cui il compagno l'ha chiamato - soprattutto davanti ad un'altra
persona - ma decide comunque di credere a quella palese bugia e
congedarsi dai due per allontanarsi verso il buffet. Ha bisogno di
alcool se vuole sopravvivere a questa dannata festa senza mordere a
morte nessuno.
Dino
si lascia sfuggire un sospiro sollevato, voltandosi poi verso l'ex
compagno e guardandolo in silenzio per qualche istante. Squalo trova la
cosa a dir poco fastidiosa.
- Voooi. Che
c'è, Cavallone?
- Hai pensato
alla mia proposta? - chiede
l'altro, senza troppi giri di parole.
Il
Braccio destro del Boss dei Varia si passa distrattamente una mano fra
la corta zazzera bianca, rivolgendogli poi un sogghigno prima di dargli
le spalle ed allontanarsi a propria volta.
- Puoi
ficcartela nel culo la tua proposta.
E Dino sorride, annuendo,
guardandolo allontanarsi. Per poi voltarsi e guardarsi attorno,
esordendo in un ben poco discreto ''Kyoooo!'' la cui risposta è uno
scontato ''Haneuma, taci'' ed una tonfata in pieno petto.
Certe
abitudini sono dure a morire.
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