That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Habarcat - I.015
- Mirzam
Alshain
Sherton
Herrengton Hill, Highlands - 18/21 giugno 1971
Hogwarts, Highlands - maggio 1949
Dal
Lago Oscuro iniziavano a salire i primi rumori della natura al
risveglio, la timida luce del sole, sorto da poco, filtrava basso tra i
tronchi degli alberi, e mi accarezzava le palpebre, ridestandomi. Mi
stirai appena e felice sentii, sotto il mantello, il corpo caldo e nudo
ancora accoccolato di fianco al mio: era la prima volta che mi facevo
cogliere dall’alba accanto alla ragazza con cui mi ero
addormentato. Aprii gli occhi e subito mi specchiai nei suoi, verdi
come l’Irlanda che l’aveva creata, non dissi una
parola,
semplicemente raggiunsi con le labbra quel naso deliziosamente
lentigginoso, mentre con le braccia l’attiravo di nuovo a me.
Come aderiva perfettamente il suo corpo al mio… non
l’avrei mai lasciata andare...
“Dobbiamo
tornare al castello… o tra poco si sveglieranno tutti e si
accorgeranno che abbiamo passato la notte nel bosco.”
“E allora?”
La interruppi con un
altro bacio
carico d’inviti sottintesi mentre le mani percorrevano la sua
schiena perfetta e con occhi divertiti sondavo i suoi,
straordinariamente indomiti, come sempre.
“Alshain
Donovan Sherton…. Anche se ho passato la notte con te, io
non
sarò il tuo trofeo del mese di maggio, quella che esibirai e
di
cui tutti qui a Hogwarts parleranno finché non passerai alla
prossima, quella…”.
Mi misi a ridere, quando
s’infervorava per qualcosa, le sue lentiggini erano ancora
più deliziose, se poi si accompagnavano a quello sguardo che
prometteva atroci vendette… perché in quel
momento quella
leggiadra creatura, l’unico motivo per cui valesse la pena
respirare, mi stava letteralmente fulminando con gli occhi, mentre con
i pugni serrati cercava di scostarsi allentando la mia presa.
“Mi spiace,
Deidra Eavan Llywelyn, ma è inevitabile: tutti parleranno di
te,
e anche a lungo, e non perché questa mattina tutti si
accorgeranno che hai accettato di seguirmi nel bosco, ma
perché
tu sei la prima e l’unica ragazza cui chiederò di
sposarmi, tutti i giorni della mia vita, finché non ti
avrò sfinita e avrò ottenuto il tuo
sì….”
Rimestai la legna e mi voltai verso i miei ospiti, facendo cenno ai
figli di Orion perché si sedessero vicino a me: quella sera
non
gli avrei raccontato una storia delle solite, ma qualcosa di
completamente diverso. La storia di una nuvola e della sua stupida
vanità di purosangue…
***
74,
Essex Street, Londra - novembre 1949
“Mia piccola strega intrigante, cosa tieni nascosto dietro
alla
schiena? Sai bene che le tue vesti non sono un nascondiglio sicuro, se
il tuo rivale sono io…”
La risata di Deidra
echeggiò
nell’austera dimora dei Meyer, al 75 di Essex Street, mentre
fuggiva per le scale; io la raggiunsi divorando i gradini con un paio d
balzi e, come sempre, l’avviluppai tra le mie braccia,
intrappolandola proprio di fronte alla stanza in cui ero nato, nella
casa dei miei nonni.
“Allora… che… cosa…
nascondi... là… dietro…”
Ogni parola era un bacio
che si
andava stampando un po’ ovunque, visto che Dei continua a
ridere
e a divincolarsi; alla fine riuscì a portare le mani sul mio
viso e mi accorsi che aveva gli occhi lucidi… Mi si strinse
un
attimo il cuore: perché era triste? Avevo mancato forse in
qualcosa, senza accorgermene?
“Seguimi…“
Mi prese per mano e mi
trascinò dietro di sé, nella mia vecchia camera,
mentre
oramai ero nella confusione e nella paura più totali: la
stanza,
in cui non entravo da tempo, era sempre la mia, eppure c’era
anche qualcosa di diverso, una presenza e un'atmosfera diversa,
qualcosa che non capivo…
“…Ti sta bene se tuo… se nostro...
figlio... occupasse la tua stanza?”
Il mio cuore esplose in
una miriade
di stelle: quelle che illuminavano il firmamento erano nulla rispetto a
quelle che mi pulsavano nello stomaco. Salazar! Avevo sentito bene?
“Vuoi… vuoi dire che … vorresti mettere
in cantiere
un bambino... insieme… con me?”
“No, non con
te, borioso principe scozzese, no… ma col mio amore, con lui
sì… e non è solo che lo vorrei, Al,
è che
l’abbiamo già… è
già qui, tra me e
te…"
Mi prese la mano e se la
portò
al ventre… Non potevo crederci, avrei avuto un
figlio… Il
mio primo figlio…
Sirius e Regulus erano appena andati a dormire, Kreya mi aveva
confermato che era tutto a posto, mi tolsi gli occhiali, chiusi il
libro che ormai da qualche minuto fingevo d leggere, spensi il fuoco
nel caminetto con un colpo di bacchetta e scesi diretto alla torre
ovest, nelle stanze in cui erano conservate le vestigia del passato.
Appoggiai le mani sul legno antico, facendomi riconoscere attraverso le
rune e, senza chiavi o incanti, entrai.
***
Herrengton
Hill, Highlands - 20 maggio 1950
Erano
due anni che non mettevo piede a Herrengton.
“Non sei più persona gradita nella mia
casa!”
Mi aveva detto questo
mio padre,
quando aveva deciso di cacciarmi. Eppure avevo deciso di affrontarlo a
viso aperto perché, anche se quel fatto non poteva cambiare
nulla tra noi, non volevo affidare la notizia a un freddo scarabocchio
d’inchiostro sulla carta. Inoltre mia madre riposava in
quelle
terre ed io volevo dirglielo di persona, a qualsiasi costo: era
già difficile stare a kilometri di distanza, non poter mai
portare un fiore sulla sua tomba. Io dovevo farglielo
sapere… Si
era appena fatto giorno quando Doimòs mi vide
all’ingresso
del cortile delle rose, completamente fradicio, sotto la pioggia
battente, si mise a urlare tutto entusiasta e mi strappò un
sorriso: faceva sempre così, da quando non ero altro che un
ragazzino, ogni volta che tornavo a casa. Ma al contrario delle altre
volte, non potevo seguirlo, senza prima avere il permesso di mio padre.
Poco dopo, invece di vederlo tornare con un sorriso triste sul volto e
un NO come risposta, vidi proprio lui, il mio vecchio, apparire nella
sua piena magnificenza entro la cornice di pietra del portale,
l’espressione dura illuminata da un tono di sorpresa e
curiosità, trattenute a stento. Sapeva. Mi conosceva bene,
mi
aveva cresciuto incapace di piegarmi per chiedere perdono o ottenere un
favore, se ero lì doveva essere per qualcosa di davvero
importante, presi sicurezza e mi avvicinai, inchinandomi davanti a lui,
prendendogli la mano con l’intenzione di baciargli
l’anello
com’era d’obbligo per chiunque fosse delle Terre
del Nord
ma non fosse di famiglia, qualora fosse al cospetto del Signore di
Herrengton. Non me lo permise, m’invitò invece ad
alzarmi,
mi guardò negli occhi, scrutandomi, come se volesse carpire
tutta la verità su quegli anni in cui ci eravamo
allontanati… alla fine non potei fare a meno di abbracciarlo
e
lui annullò tutto il gelo che era tra noi e mi riaccolse,
senza
chiedere nulla, senza mettere condizioni. Mi baciò la
guancia,
io avvicinai la bocca al suo orecchio e gli dissi il motivo per cui ero
lì. Allora tutto il male, tutto l’odio, tutte le
incomprensioni si sciolsero nelle nostre lacrime di
felicità.
Perchè quel
20 maggio 1950, alle 3 del mattino, Mirzam Alshain Sherton era venuto
al mondo…
Estrassi la spada di Hifrig dalla teca di vetro, la lama affilata aveva
protetto la nostra gente per secoli, ora dopo generazioni tornava nelle
mani di uno Sherton nel giorno più importante della sua
vita,
quello della consacrazione al Cammino del Nord. L’ammirai,
facendo scivolare con cautela la mano lungo il freddo metallo. Per un
giorno intero, non sarebbe stata solo un bel ricordo del passato, spada
e braccio si univano di nuovo nella lotta. Alla forza e precisione di
quella lama stavo per affidare la vita di mio figlio.
***
74,
Essex Street, Londra - aprile 1954
“Noooooo… Voglio salire anch’io sulla
scopa!”
“Tesoro,
tu ce l’hai già la scopa…”
“NO! Io
voglio una scopa vera, come quella di papà!”
Risi,
mentre mi perdevo nella figura affascinante di mio figlio che,
affondato tra le coperte, faceva impazzire mia moglie, dimostrando
tutto il carattere impossibile di un vero Sherton: la voce gli usciva
ancora impastata, il naso era ancora rosso e gli occhi po’
febbricitanti, ma il cipiglio di famiglia era comunque intatto. Mi
avvicinai al suo letto con ancora in mano la scopa e il boccino che
avevo catturato ponendo termine alla partita. Dei mi rivolse uno
sguardo implorante aiuto. Sorrisi. Mirzam si tirò su di
scatto
dalle coperte e mi si slanciò al collo, era un pulcino, un
pulcino di quasi quattro anni, l’orgoglio di tutti noi, con
quegli occhi di luna e i capelli ancora straordinariamente chiari.
“Questo è un anticipo per il tuo compleanno, Mir:
ora se
fai il bravo, non fai impazzire la mamma e te ne stai qui al calduccio
sotto le coperte finché non ti sei rimesso del tutto, ti
prometto che per il tuo compleanno avrai anche una vera scopa. Ci
stai?”
Gli
spettinai appena i capelli, mentre Dei seduta sul letto al suo fianco
prese il boccino come se fosse un’ancora di salvezza e glielo
porse, strappandogli un sorriso solare sul faccino smunto
dall’influenza. Fece di sì col capo, il primo di
una lunga
serie di patti era siglato. Mir si placò
all’istante, si
rimise buono sotto le coperte e Dei gli sistemò la riversina
con
cura, poi tornò a sedersi accanto a lui. Io mi rincantucciai
sulla poltrona vicino alla finestra, al suo fianco, con un libro di
fiabe in mano. Per tutta la vita non m ero mai chiesto cosa fosse la
felicità, avevo tutto e non mi ponevo nemmeno il problema,
avanzavo tra le cose e le persone come se tutto mi fosse dovuto, senza
apprezzare niente, ma ora sapevo senza ombra di dubbio di cosa fosse
fatta la felicità vera, si era appena ricomposta davanti ai
miei
occhi, come tessere di un puzzle, attorno a quel letto. Un figlio, una
madre e un padre, che leggevano fiabe sognando una scopa da Quidditch:
era questo solo questo, in fondo, la vera felicità.
Mi rimaterializzai all’ingresso della torre di guardia, la
notte
era oscura, ci avvicinavamo al novilunio, la foresta poteva
avvantaggiarsi anche di quell’aiuto dal cielo, mi affrettai a
entrare, non c’era tempo da perdere, salii rapido fino
all’ultimo piano, bussai appena e entrai, senza attendere il
permesso.
***
74,
Essex Street, Londra - giugno 1958
Alzai
al cielo la mia mano sinistra, mostrando a tutti il boccino appena
catturato, anche i Tornados erano stati battuti, il campionato di fatto
oramai era nostro. Johnny Fiztgerald, Digsy Cameron e Rodney Stenton mi
furono subito addosso per portarmi in gloria, ma i miei occhi corsero
alla tribuna, per intercettare lo sguardo di Dei e le urla di Mirzam
dagli spalti… Non li avevo visti mentre ero in campo, era
impossibile che mi fossero sfuggiti, ma la partita era stata breve e
concitata, e forse… invece restai deluso…
Perché
Dei e Mir non erano lì come sempre a sostenermi?Una
inquietudine
strana mi prese allo stomaco, all’improvviso anche i
festeggiamenti doverosi mi davano noia e fastidio. Qualcosa non andava,
Dei non aveva mai mancato una mia partita da quando stavamo insieme e
Mirzam aveva pregato per due settimane per potermi vedere,
quell’anno era stato così impegnativo per me che
spesso ci
vedevamo solo alla fine della partita e il giorno seguente. E a questo
si aggiungeva la sua evidente gelosia per il bambino che presto sarebbe
nato.
“Vieni Al,
Robbins ha promesso venti casse di firewhisky per festeggiare subito
negli spogliatoi…”
“No Rod, mi spiace, non prima di aver ritrovato mia
moglie…”
“Sarà dentro con gli altri, dai! Non avrai deciso
di fare il musone proprio oggi?”
“No ti dico”
Filai rapido negli
spogliatoi, quasi
gettando a terra chiunque mi fosse di fronte, presi la bacchetta e feci
un incanto di pulizia e asciugatura rapida, m vestii e ripresi la mia
scopa, nessuno, di quanti avevo interrogato, aveva visto
l’ombra
di Dei e Mir.
“Ma così si fa? Sei il re della festa e scappi
come un ladro?”
“Devo tornare a casa… sento che è
successo qualcosa…”
“Tutte
scuse, dillo che vai a festeggiare in privato a casa tua!
D’altra
parte con una moglie come quella nessuno di noi starebbe qui a
festeggiare negli spogliatoi….”
“Sì, sì, molto
divertente…”
Li lasciai ai loro
schiamazzi, e con
uno schiocco mi materializzai a Essex Street. Di Dei non
c’era
traccia, cercai ovunque un segno di cosa fosse successo, invano, tutto
faceva supporre che fossero partiti per vedere l’incontro
come da
accordi: perché allora non erano allo stadio? Presi gli
specchi
comunicanti di mio padre per chiamarlo, poteva scoprire qualcosa
guardando nelle sue pietre, ma non ce ne fu bisogno, un piccolo gufetto
malandato che non avevo mai visto prima, apparve alla finestra della
mansarda, portando un messaggio
“Deidra e Mirzam sono al San Mungo, vieni prima che puoi.
Eileen Prince.”
Non mi diedi nemmeno il
tempo di farmi prendere dagli abissi della disperazione. Mi
smaterializzai all’istante.
Mirzam era in piedi accanto alla finestra, in attesa, i bei capelli
raccolti in una coda, abiti comodi a strati, per affrontare il caldo e
il freddo, uno spolverino a proteggerlo anche dalla pioggia, lo sguardo
di chi è pronto per le ore d’inferno che lo
attendevano.
Come facevo a non essere orgoglioso d lui in quel momento? Erano
ventuno anni che aspettavo quel giorno, il giorno in cui avrei
presentato a Herrengton la mia creatura, il giorno in cui mio figlio si
staccava per sempre da me per iniziare davvero la sua vita di uomo
“Padre!”
Lo abbracciai, era alto quasi quanto me, ormai. Decisi di dirgli subito
le cose impersonali, ammantandole d’importanza,
perché in
quel momento sarei stato capace di mostarmi fragile, di manifestare le
mie emozioni e quello non era proprio il momento di lasciarsi andare.
“Credo di averti detto tutto,
Mirzam, sai
quali sono le condizioni, conosci i rischi, più o meno hai
un’idea di cosa ti aspetta durante e alla fine della prova,
voglio solo ricordarti che puoi ancora scegliere di non farlo, non
è obbligatorio, nessuno direbbe nulla
se…”
“Io sono tuo figlio, ho sempre
beneficiato di
questo, di ciò che tu e la nostra terra mi avete offerto,
ora
è giusto che anche io dimostri di saper affrontare
l’anima
di Herrengton, perché solo così la
saprò difendere
un giorno, se fosse necessario.”
Lo abbracciai ancora più forte.
“Lo so, l’ho sempre
saputo, da quando ti ho preso in braccio la prima
volta…”
Osservai con attenzione quegli occhi color della luna,
l’unica
eredità della nostra antenata Malfoy si era concretizzata
proprio nel mio primogenito: davvero bizzarro.
“Ora ti smaterializzerai nella
grotta della
Sorgente, lì prenderai quello che t serve, ti ho lasciato
anche
la spada di Hifrig, potresti averne bisogno. Non so quali creature il
Consiglio del Nord ha liberato nella foresta, quelle autoctone le
conosci e sai affrontarle, le altre, credo di averti preparato almeno
teoricamente… Mi raccomando, qualsiasi cosa accada, non
farti
aiutare dai centauri, quando è toccata a me per poco non
sono
finito nello strapiombo per le loro folli indicazioni.”
Annuì e mi sorrise, per anni mi aveva fatto raccontare
quella storia e altre simili prima di addormentarsi.
“Ma la scopa posso portarla,
vero?”
Sorrisi…. Era esattamente la stessa domanda che avevo fatto
io a
mio padre a suo tempo, non glielo avevo mai detto: come faceva a
saperlo?
“Puoi portare tutto quello che
vuoi, Mir,
tranne la bacchetta, sai che sarebbe inutile e dannosa in questa
prova…”
Lo baciai e lo guardai annuire, poi con uno schiocco si
smaterializzò davanti ai miei occhi. Strinsi le mani quasi a
ferirmi, avrei voluto poter andare con lui, difenderlo come avevo
sempre fatto… Un senso di vuoto sconosciuto mi stringeva lo
stomaco. Non era più mio. Da quel momento non era
più un
figlio, ma un uomo.
***
Ospedale
San Mungo, Londra - giugno 1958
“Che cos’è successo?”
“Babbani, dei maledetti criminali
babbani…”
“Babbani?
Che cosa vuoi dire Eileen, che cosa c‘entrano i babbani? E
come
stanno mia moglie e mio figlio?”
“Dei è stata gettata a terra
…”
“Salazar… Dei è incinta…
Cosa ne è del bambino?”
“Non lo
so… Davvero Al, non lo so… so solo quello che ho
visto:
tua moglie a terra, tuo figlio che si lanciava contro uno dei due per
difenderla e quello che lo colpiva con almeno tre
coltellate…
Non sapevo nemmeno che fossero loro, io… ho estratto la
bacchetta di nascosto e …”
“Oh, Eileen…”
“Stai tranquillo, Alshain, vedrai che si sistemerà
tutto, vedrai...”
Mi abbracciò,
cercando di
farmi coraggio, mentre io perdevo tutta la forza e la speranza su
quella poltrona in sala d’attesa… Merlino
santissimo!,
Quanto era grave la situazione? E come avevano fatto i babbani a
vederli e attaccarli? Mi rialzai, mi sentivo una belva in gabbia,
nessuno sapeva ancora darmi una risposta, persi il controllo e devastai
la vetrina della sala d’attesa, spaccandoci addosso il
tavolino e
tagliandomi il palmo della mano. Alla fine dopo ore interminabili, il
Medimago uscì, dicendo che Dei e il bambino erano fuori
pericolo, l’avrei potuta vedere anche subito, Mirzam invece
era
ferito gravemente e le sue condizioni erano ancora incerte.
“Al vedrai, ce la farà anche lui, è
forte, è tuo figlio…”
Ero di ghiaccio: avevo
sempre pensato
che tutto mi sarebbe sembrato semplice, una volta che fossi stato
assicurato sulle condizioni di Dei, e invece non… non mi
sentivo
nemmeno sollevato, perché il pensiero di Mirzam ferito
era...
Merlino, perché non me ne ero mai reso conto? Era questo,
quindi, il vero significato di essere un padre? Questo soffocamento e
questa cupa disperazione al pensiero che non l’avrei
più
avuto al mio fianco? Al pensiero che non ci sarebbero più
stati
progetti con lui? Non gli avrei più insegnato a salire su
una
scopa, né l’avrei portato con me a conoscere e
amare la
nostra terra? Non ci sarebbe più stato il mio Mirzam, a cui
insegnare quello che avevo capito del mondo, del nostro mondo, da
crescere come me contro i pregiudizi e i limiti che il resto del mondo
ci imponeva? Ero annichilito. Mai nella mia vita mi ero sentito
così, mai.
Eileen m guardava
smarrita, probabilmente ai suoi occhi ero irriconoscibile.Mi feci forza
e recuperai la mia maschera.
“Ti
ringrazio, davvero, comunque andrà a finire questa storia,
Eileen, sappi che oltre a essere amici, ormai io sarò sempre
in
debito con te, perché non avrò mai da darti
quanto mi hai
appena ridato tu… Di qualsiasi cosa tu debba aver bisogno,
io e
Dei saremo sempre al tuo fianco… non dimenticarlo
mai…”
“Non è per questo, lo sai…”
“Lo so, ma voglio che tu ne tenga comunque conto,
Eileen…”
Mi accompagnò
fino alla stanza
di Dei, ma non volle entrare, ci abbracciammo sulla porta, regalandomi
un timido sorriso di incoraggiamento.
Sirius era esattamente dove immaginavo si trovasse: in bilico sul
crinale più pericoloso di tutta la tenuta. Da quanto sapevo
di
lui da suo padre, non ne rimasi stupito, e mi dissi che avevo fatto
bene a innalzare le difese di Herrengton appena Mirzam era partito,
quella notte. Amavo Orion, era più che un fratello per me,
ma
era evidente che con i suoi figli era un perfetto incapace. Mi
dispiacque per lui, ma appena guardai quel ragazzino negli occhi, capii
che i miei progetti sarebbero andati in porto molto più
facilmente del previsto, proprio grazie all’inettitudine del
mio
migliore amico. Tutto iniziava in quel momento, mentre tendevo la mano
e l’anello finalmente tornava a casa. Sirius Black non poteva
sapere, ma mi aveva appena aiutato a dare scacco ad un re. Ed ora la
caccia era aperta.
***
King's
Cross Station, Londra - 1 settembre 1962
“Mi raccomando, Mirzam, quest’anno cerca di dar
retta ai
professori e pensa anche a studiare, non solo a svolazzare sulla
scopa!”
Mio
figlio più grande mi rivolse un’occhiata che
prometteva
solo monellerie e subito mi sfuggì dalle mani per andare ad
abbracciare il suo grande eroe, Rodolphus Lestrange. Dei
sospirò, quel ragazzino, a parte la scelta delle amicizie,
ogni
giorno diventava più simile a me: di certo nel giro di
nemmeno
un anno sarebbe entrato come cercatore nella squadra delle serpi, e
appena finita la scuola, nel Puddlemere, al mio posto,
perché
nemmeno io ero così bravo alla sua età. Sul
binario 9 e
3/4 incrociammo Cygnus, sua moglie e le sue figliolette,
quell’anno entrava ad Hogwarts anche Bellatrix, la maggiore:
anche se quelle fantasie non mi piacevano troppo, perchè
amavo
la libertà e la desideravo anche per loro, tante volte mi
ero
già ritrovato a immaginare un futuro in cui Mirzam e Rigel
erano
sposati a due delle sorelle Black e la mia piccola Meissa…
beh
per lei avevo sempre pensato al figlio di Orion, appena i MediMaghi mi
avevano detto che straordinariamente era nata una bambina, quanto aveva
festeggiato il mio vecchio a quella notizia… Tormai al
presente,
era un peccato, sì, davvero un peccato che Orion non fosse
lì, che avesse avuto un figlio così tardi
rispetto a me:
sarebbe stato bello se i nostri ragazzi fossero diventati amici come
eravamo noi due… Avrebbero potuto fare grandi cose insieme.
Il rumore inconfondibile di un cervo che si muoveva guardingo nella
boscaglia mi richiamò al presente, lanciai un petrificus a
fior
d labbra, la bestia rimase immobile e indifesa. Mi avvicinai e vidi i
suoi occhi terrorizzati, l’unica cosa ancora viva in quel
corpo
“Non voglio ucciderti, stai tranquillo, mi serve solo un poco
del
tuo sangue…”. Sangue. A volte mi sentivo un
vampiro… il pensiero tornava sempre e solo
sangue… Me lo
caricai sulle spalle e invitai i ragazzi a seguirmi, ormai era tutto
pronto, tra poche ore tutto sarebbe finito… Sempre e solo
sangue…
***
Amesbury, Wiltshire - gennaio 1971
“Andromeda è molto affascinante e non ha i grilli
per la
testa che ha sua sorella. Sono felice della tua scelta, Mir, davvero.
Andrò a parlare con suo padre oggi stesso, non ci sono
problemi.”
“A dire il vero… io credo che un problema ci
sia...”
“Un
problema? Di che genere? Non credo che Cygnus possa lamentarsi della
proposta che vorresti fargli…”
“Rigel dice che ci sono strane voci a scuola. Anche Rodolphus
dice che …”
“Di cosa stai parlando?”
“Se hai
notato, durante le feste di Natale, Meda non era mai con gli altri
Black… Non credo siano solo voci…”
“Di grazia,
mi spieghi cosa vorresti dire? Lo sai che non amo i pettegolezzi e non
m’interessa approfondire queste cose, ma la situazione cambia
radicalmente se d mezzo ci sei tu….”
“Alcuni
dicono che Meda abbia fatto amicizia con un nato babbano. Persino sua
sorella Bellatrix lo dice.”
“E quindi?
Mirzam… per favore… tu sei mio figlio, non il
figlio di
Lestrange o di Black, mi pare di averti già insegnato la
differenza tra amicizia, che per noi Sherton è sempre
lecita, e
gli altri rapporti, che invece sono leciti solo con determinate
famiglie...”
“Io credo sia qualcosa di più di
un’amicizia lecita…”
“Se lo
ritieni possibile… allora non so a cosa serva questa
conversazione: perché continui a curarti di lei se pensi
stia
con un SangueSporco? La questione, dovrebbe essere chiusa, a questo
punto, nn credi?”
“Io penso a
lei da … dalla fine della scuola… è
così
bella… e… non è una idiota come le sue
sorelle e
la maggior parte delle altre ragazze serpeverdi che ho conosciuto a
scuola, che mi ronzano intorno solo perché sono tuo
figlio…”
“Non
è comunque un motivo sufficiente per impelagarsi in una
situazione dubbia… Tra l’altro hai appena
vent’anni,
non è urgente programmare un tuo matrimonio, mi pare, hai
tutto
il tempo per trovarti una ragazza migliore di lei…
Salazar… ora inizio anche a capire perché
Walburga ci
teneva tanto a incastrarti… lurida...”
“Tu non capisci… io…”
“Questo
discorso è chiuso, Mirzam, come non vorrei quella pazza di
Bellatrix in giro per casa, tanto meno potrei lasciare che una ragazza
discutibile sia la moglie dell’erede di Hifrig… ti
rendi
conto che se ora andassi da Cygnus, è più che
naturale
che te la rifilerebbero bella e infiocchettata…”
“Questo lo
so…. Infatti io… ormai è da un pezzo
che ci ho
messo una pietra sopra, ma devo sapere la verità, lo
capisci?
Non posso vivere col dubbio che siano solo voci… se non
fosse
vero, io avrei rinunciato a lei per niente…”
Lo guardai, mentre
bevevo del Whisky babbano con indolenza….
“Tu non hai
rinunciato a niente Mirzam, se fosse amore, a quest’ora m
avresti
già atterrato con un pugno per gli insulti che le ho
rivolto,
infischiandotene delle conseguenze… se fosse davvero amore,
non
te ne importerebbe niente del sangue, delle chiacchiere, della terra a
cui dovresti rinunciare per lei…. Assolutamente niente! Non
staresti qui a chiedermi di andare da suo padre per sapere la
verità, saresti già alla sua porta, e lo
chiederesti a
lei, guardandola negli occhi, fregandotene dei pettegolezzi che ne
nascerebbero….”
“Io non sono te…”
Lo guardai con un
sospiro. E risi degli scherzi del destino.
“Sì, purtroppo me ne sto rendendo
conto…”
Con uno schiocco Malfoy e Lestrange, accompagnati dai rispettivi figli,
apparvero sulla spiaggia, io serrai la mano sulla bacchetta, che
già stavo studiando attentamente da un po’. Tirai
fuori la
mia facciata migliore, da bravo padrone di casa. Probabilmente quella
era l’ultima volta che ci vedevamo tutti e tre lì,
in
apparente amicizia. Presto non sarebbe stata più solo una
vecchia rivalità, ma le sponde opposte della vita a
dividerci.
Sapevo che stavano tramando contro di me, almeno quanto io stavo
tramando contro di loro. sorrisi tra me… Ma solo io avevo
capito
che comunque avessimo giocato quella partita, l’unico a
uscirne
vincitore sarebbe stato uno sporco Mezzosangue. Mi alzai e andai
incontro ad Abraxas Malfoy.
“Cugino, questa notte sei una
visione per gli occhi! Come sempre del resto!”…
***
Herrengton
Hill, Highlands - 21 giugno 1971
Mirzam era finalmente di fronte a me, completamente avvolto nel
mantello rituale: mi avvicinai e secondo il rito, gli chiesi chi fosse,
cosa volesse da Salazar e cosa fosse disposto a donare a Herrengton per
ottenere ciò che aveva chiesto. Rispose nella lingua dei
nostri
padri, dicendo il proprio nome druidico, il nome della sua famiglia,
dei suoi genitori e dei suoi fratelli, offrì il proprio
cuore a
Herrengton chiedendo in cambio il sostegno dei padri e della madre
terra perché lo aiutassero a vivere unendo
razionalità e
coscienza. Recitai una preghiera antica, dopodiché sollevai
leggermente il cappuccio che nascondeva il volto di mio figlio, posando
le labbra sulla sua fronte, sugli occhi bendati, sulle orecchie, sulle
labbra, e mi chinai a baciargli il petto all’altezza del
cuore.
Presi il pugnale, incisi con la mano sinistra il mio palmo, presi la
mano sinistra di mio figlio, l’incisi a sua volta e unii i
palmi.
Rigel versò da l’acqua di Herrengton sulle mani
unite e
bevemmo quello che rimase nel contenitore. Quando poi si
avviò
la cerimonia al cospetto di tutti i maghi, Mir, accanto a me sotto il
serpente di pietra, bruciò le piante che avevamo raccolto io
e i
figli di Orion, mischiò gli ingredienti con i pestelli
mentre i
due vecchi maghi incisero con una sottile lama uno degli zoccoli del
cervo, facendo scorrere poche stille di sangue nel composto. La bestia
fu quindi lasciata andare, riguadagnando la libertà, come le
avevo promesso. Preparato il composto che aveva al tempo stesso
funzioni rituali e lenitive, porsi il bastone ai maghi, estrassero la
testa argentea del serpente e la bagnarono nel miscuglio, tolsero il
mantello a Mir, sollevando il velo che lo copriva fino al torso, e
lì notai immediatamente i graffi e le unghiate, forse aveva
affrontato un orso, proprio come me 19 anni prima. I vecchi incisero la
runa a pochi centimetri dalla base del collo, giù fino alla
V
rovescia che segna l’attaccatura inferiore delle costole:
appena
la testa di serpente fu messa a contatto della pelle, il disegno prese
forma, come se fosse stato già tracciato, senza che la mano
del
vecchio dovesse intrattenersi a fregiarlo. L’inchiostro
magico si
diffuse seguendo nitido e sicuro il disegno invisibile e apparirono le
righe e le ali ricurve sulla pelle di mio figlio che, naturalmente, non
proferì verbo. Anche se per esperienza sapevo quanto quelle
tracce che incidevano la carne e quel liquido che andava a mischiarsi
al suo sangue provocassero un dolore indicibile. Quando il disegno fu
completato, la grotta ormai si stava illuminando delle prime luci del
nuovo giorno. Mirzam aveva appena pagato il suo primo vero debito di
sangue a Herrengton.
Ora c'era solo una giornata di stupide e false chiacchiere e un'
inutile festa.
*continua*
NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc,
hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui
migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio 2010).
Valeria
Scheda
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