A different type of
cuddling.
Accadeva sempre allo stesso modo.
Non erano più due ragazzini, eppure ogni
domenica pomeriggio – che fossero sul divano o sul letto o sul tappeto di
fronte al televisore non faceva differenza – Johanna aveva puntualmente voglia
di farlo.
Iniziava tutto in maniera quasi docile;
la donna affondava il volto nell’incavo del collo di Gale, mentre le mani
scendevano ad accarezzargli il petto, cullate dal ritmo regolare dei suoi
respiri.
Tuttavia, quando il fidanzato era sul
punto di chiudere gli occhi, rilassato da quel tocco, Johanna tagliava corto
per fare altro.
E a quel punto incominciavano i guai.
*
Lo schiaffo lo beccò in pieno volto, facendolo
scattare a sedere.
“Ma sei impazzita?”
Gale placcò la fidanzata per i polsi,
mentre Johanna, con un ghigno, si divincolava per cercare di buttarlo giù dal
divano.
“Mettici più impegno, principessa”
lo schernì la donna, salendo a cavalcioni sulle sue gambe. “Usa un po’ di forza
bruta e fammi vedere che sei un uomo.”
“Non ho voglia di fare la lotta” replicò
Gale, spingendola per farla scivolare nuovamente al suo fianco. Avrebbe
trascorso la serata a tentare manovre spericolate su un aereo assieme al resto
della pattuglia acrobatica nazionale e non era dell’umore per farsi strapazzare
dalla fidanzata.
Johanna si liberò dalla sua presa e tornò
su di lui, allungandosi per afferrargli le braccia.
“Io invece ne ho voglia” ribatté sardonica,
spingendolo contro il bracciolo del divano. Resistette ai tentativi bruschi del
fidanzato di liberarsi, sferrando qualche calcio sulle sue gambe. “Se a te non
va, hai solo da fermarmi.”
Gale sbuffò, visibilmente innervosito.
Con uno scatto di reni, si sollevò a sedere e afferrò la fidanzata per i polsi,
invertendo le posizioni. La sospinse verso il basso e le placcò le gambe appoggiandoci
sopra le proprie.
“Basta così” dichiarò fermo a quel punto,
abbozzando un mezzo sorriso.
Johanna ricambiò, per nulla turbata dal
netto vantaggio del compagno. Appoggiò una mano al suo petto e la fece
scivolare verso il basso, fino ad afferrare un lembo della sua maglietta.
“Questa non ti serve” osservò poi,
sorridendo maliziosa.
Gale scosse la testa.
“È inutile, non riuscirai a distrarmi” ribatté,
rinforzando la presa sulle braccia della donna.
Johanna lo schernì con una risatina
ironica, prima di tornare a giocherellare con la stoffa della sua T-Shirt.
In quel momento un rumore di passetti
affrettati riempì il corridoio, attirando l’attenzione di Gale.
Una bimbetta dall’aria vispa e combattiva
s’intrufolò in soggiorno, facendo oscillare i codini castani. Aveva la
frangetta troppo lunga che le copriva in parte gli occhi, una maglietta del
fratello maggiore che le arrivava poco sotto le ginocchia e le mani nascoste da
due guantoni da boxe.
Il suo sguardo si illuminò, quando vide
la coppia.
“Gioco anch’io alla lotta!” esclamò,
fiondandosi di corsa verso il divano.
Gale le sorrise.
“Quei guantoni non te li levi proprio
più, eh, Sawyer?” osservò divertito, mentre la piccola si arrampicava di fronte
a lui. Cercò di dire qualcos’altro, ma non fece in tempo. Johanna sfruttò il
suo momento di distrazione per tirargli la maglietta. Gale si sbilanciò e finì
sul tappeto, soffocando a stento un gemito di dolore.
L’aria di sfida si disegnò subito nel suo
sguardo, mentre la bimba si arrampicava sul suo torace, per controllare che
stesse bene.
“Ti sei fatto male, papi?” chiese
preoccupata, passandogli la mano guantata sulla testa, come a volerlo
consolare.
Una volta assicuratasi che il padre fosse
tutto intero, tuttavia, incominciò a sferrare pugni contro il suo petto.
“Più forte, più forte!” la incitò
Johanna, mentre il padre la sollevava per aria, facendola ridere.
“Sei proprio figlia di tua madre” osservò
infine l’uomo, tornando a depositarla sul suo petto. La bambina annuì,
accoccolandosi a lui.
“Però il mio papi sei tu” dichiarò seria,
affondando il volto nella sua T-Shirt e aggrappandosi al tessuto con le mani. “Quindi
sono anche un po’ come te.”
Johanna li osservò in silenzio,
ostentando un’aria di sufficienza. Il cipiglio scettico, tuttavia, non riuscì
a mascherare del tutto la sua soddisfazione nei confronti di quella scena.
Gale approfittò di quel secondo attimo di
distrazione per sferrare un contrattacco, afferrando la fidanzata per un lembo
dei jeans. La fece cadere sul tappeto di fianco a loro, sorridendo soddisfatto
delle sue imprecazioni e delle risate della bambina.
“Questa me la paghi, bel fusto” lo
ammonì minacciosa la donna, prima di indirizzare un’occhiata d’intesa alla figlia.
Sawyer sollevò con aria i guantoni con
fare combattivo.
“All’attacco!” esclamò, sorridendo
malandrina.
E a quel punto, proprio come ogni
domenica pomeriggio, ricominciava tutto da capo.
Note Finali.
Questa storia doveva partecipare al terzo turno di un
contest di flash-fictions, ma ho tanto per cambiare superato ampiamente il
numero di parole consentito. Nel contest veniva richiesto di scrivere una
storia su una coppia con tanto di prole, per questo alla fine fa comparsa la
piccola Akir. L’idea di Johanna e Gale che fanno la lotta era nata tempo fa, perché
volevo scrivere una Ganna ispirata alla canzone “La mia ragazza Mena”
degli Articolo 31, ma ancora non l’ho scritta. Spero di riuscire a farcela,
prima o poi. Sawyer
Akir è ovviamente la bimba di Gale e Johanna e per ora ha fatto comparsa
solo in due capitoli di S.O.S. Hawthorne.
Come il suo papà e il fratello maggiore Joel ama la boxe (Gale l’ha
praticata per un po’ al Distretto 2). I guantoni sono un regalo del migliore
amico di Gale, Quinn, che per ora è comparso solo in Goodbye, My
Lover.
Buona Pasquetta a tutti!
Un abbraccio e a presto!
Laura